25
Mi passo una mano sulla faccia: è già la sesta volta che il Consiglio viene convocato per nominare comandanti e ufficiali delle nuove navi. La maggior parte di loro non ha esperienza sul campo, alcuni non sono nemmeno riusciti ad arrivare all'anno del diploma e già si ritrovano lanciati in battaglia, in una fazione che non è quella con cui sono cresciuti.
I tempi sono stretti, non possiamo perdere nemmeno un secondo: le riunioni, per quanto stancanti, sono necessarie; il sistemare la flotta, tuttavia, rimane la mia priorità. L'Orlan potrebbe arrivare qui da un momento all'altro e se non fosse stato per Reesha che ha continuato ad amministrare la politica, saremmo nei guai. Ma organizzare e addestrare i nuovi equipaggi è un lavoro più complicato del previsto perché molti non hanno la minima idea di come funzionino i comandi... in ogni caso sanno perfettamente chi sia Axel – si è già fatto conoscere dalle nuove reclute, come buona parte del mio equipaggio.
Il sesto consiglio è finito; guardo l'orologio: è tardissimo e la nave dovrebbe decollare tra dieci ked. Scendo le scale a corsa, rischiando di inciampare in più di un gradino – è quasi un'abitudine ormai cercare di evitare di sfracellarsi a terra. Arrivo in tempo con il fiatone e trovo sì l'equipaggio al proprio posto, anche Axel – solo che è circondato da un gruppetto di ragazze, probabilmente reclute; gli altri si scambiano occhiate, ridono sotto i baffi. Mi avvicino da dietro e lo prendo per un orecchio: non ho altro tempo da perdere.
«Se non fai decollare la Starfall entro due ked ti tolgo il caffè per tutto il tempo che resti sotto il mio comando».
Borbotta, si scusa con le sue ammiratrici e poi mi guarda serio. «Perché devi sempre rovinarmi tutto?» Le ragazze mi guardano storto, Axel è deluso, ma non ho intenzione di farmi fregare da quella faccina da cucciolo ferito.
«Perché sono ol che non fai altro che corteggiare le reclute, mentre io sono sempre a sistemare cose e a saltare da qui alla sala del consiglio. E non so nemmeno dove dobbiamo andare adesso. Anzi dammi i documenti e mettiti al tuo posto prima che cambi di nuovo primo ufficiale».
«Dovresti prenderti una camomilla» mi dice passandomi una cartellina che sbatto sul tavolo prima di avvicinarmi al thermos. «Non un'altra tazza di tè. Sei troppo agitata».
«Cosa vuoi dire? Non è mica l'ottava tazza di tè che bevo oggi». Me ne verso un'altra, l'ottava appunto. La teina non mi farà dormire stanotte, ma pazienza. «Insomma che dobbiamo fare oggi?»
«Controllare Minerva. L'ultima battaglia ha provocato un accumulo di energia che va verificato. Sembrava tutto regolare, poi i sistemi hanno rilevato alcune variazioni sospette» mi spiega tranquillamente.
Il tè mi va di traverso, tossisco, poi riprendo fiato e riesco ad articolare una frase sempre tossicchiando: «Decolla, va'. Prima arriviamo, prima torniamo».
«Decollo consentito, la pista è sgombra» rispondono all'interfono dalla zona di controllo.
Mi fermo dietro a uno dei programmatori, sta controllando l'ultimo codice inserito su Minerva, bisogna trovare cos'è che non va.
«Quindi l'errore nel codice non è uno di quelli che pensavamo...»
«Esatto: dovremmo davvero riscrivere dall'inizio, perché non è un bug: il codice compila regolarmente, ma... potrebbe fare meglio. Continueremo a cercare nelle righe che regolano le tempeste magnetiche, dato che il sovraccarico riguarda quelle, probabilmente è lì il punto che non torna».
«D'accordo. Continuate a lavorare».
Prendo il comunicatore dalla tasca, non mi aspettavo chiamate adesso, non capisco perché Erix voglia sentirmi adesso.
«Pronto?»
«Vivi?»
«Spero tu abbia un buon motivo per chiamarmi adesso, cretino. Sto lavorando».
«Sempre al lavoro sei, possibile che non puoi mai venire a cena con me? Sono ol che cerco di passare un po' di tempo con te».
«Siamo letteralmente alla vigilia di una battaglia e tu pensi ad andare fuori a cena?» È la quinta volta che me lo chiede in una settimana, ma l'ho sempre rifiutato.
«Sì. Sei troppo stressata» mi risponde Erix. «Finirai per farti del male un'altra volta, dico davvero, stacca per qualche ora».
«Non lo so...»
«L'hai detto troppe volte, non ci credo più».
«Sei un bastardo, Erix».
«Sei troppo stressata». Rincara la dose, il cretino? Avrà quel che si merita.
«Appena ti vedo ti picchio, così, per sfogarmi».
«Tanto non ci arrivi» ride Axel. Ma non ha altro da fare che ascoltare le conversazioni altrui?
«Picchio pure te, Darinell».
«Uh, che paura». Alza le spalle. Qualcuna delle reclute ridacchia. Sospiro, passandomi una mano sugli occhi, devo cedere a Erix a cui finalmente rispondo all'invito a cena. «D'accordo. Hai vinto, appena torno andiamo a cena. Ma paghi te, cretino».
«Ti vengo a prendere allo spazioporto» cinguetta prima di chiudere la chiamata.
«Il primo che fa commenti lo lascio su Minerva. Senza caffè... o tè» sibilo all'equipaggio. Quelli sorridono, qualcuno ridacchia mentre Axel continua a fare il dongiovanni e le ragazze gli ronzano intorno di continuo.
«Coordinate inserite, portale aperto».
«Atterra direttamente nel cuore. Preparatevi ad attraversare la tempesta».
«Sicura di voler scendere?» Axel si volta, ci guardiamo a lungo prima che io faccia un cenno con la testa. Abbiamo attraversato la tempesta nel cuore, senza ricevere troppi danni oltre al solito contraccolpo. Ormai ci sto facendo l'abitudine.
«Qui non si tratta di me, qui si tratta dell'intera guerra. Lo sappiamo tutti quanto vantaggio ci dia Minerva, anche con una flotta non perfetta ed equipaggi poco preparati. Non guardare chi è su questa nave, siamo sopravvissuti a tutto, siamo sempre i soliti. Conosciamo meglio la Starfall di casa. Pensa alle altre navi. Ai comandanti che hanno perso la loro, a tutti quelli che sono caduti in battaglia. Abbiamo bisogno di sistemare il pianeta, abbiamo bisogno di usarlo in tutta la sua potenza».
«D'accordo. Ho capito, ho capito» mi interrompe lui alzando una mano.
Si tratta di diventare di nuovo il mostro che voglio distruggere, come nella battaglia dell'Atlantis.
Atterra senza problemi, stringo i pugni, mi mordo un labbro fino a farlo sanguinare. Ripensare a quella battaglia mi dà i brividi, ripensare al massacro mi fa venire la nausea; non ero in me, ero... pazza.
«C'è qualche problema?» Axel mi mette una mano sulla spalla quando inciampo nei miei piedi e per poco non finisco in terra.
«No, va tutto bene. Va tutto... bene...»
Axel appoggia anche l'altra mano, si abbassa appena per guardarmi negli occhi. «Sei pallida, torna a bordo e riposati, qui ce la possiamo cavare anche da soli. I tecnici sanno cosa fare, puoi aspettarci sulla Starfall».
Annuisco. Sì, forse è meglio. Li lascio andare avanti, ritorno sui miei passi a testa bassa, cercando di non pensarci, ma qualsiasi cosa mi riporta a rivivere quei momenti, ricordarmi tutto quello che è successo.
Mi ritrovo a singhiozzare sul sedile, con la faccia nascosta tra le mani. Ho di nuovo la nausea, ho paura che possa succedere di nuovo, che il mio incubo torni a essere la realtà. Ingoio a vuoto, allungando una mano verso il comunicatore, chiamo Erix, rannicchiandomi contro la spalliera. Non ho nessun altro.
«Che succede?»
Singhiozzo, non riesco a rispondere alla sua domanda.
«Vivi... tu non stai bene, che succede?»
«Ho paura...»
«Non c'è nessuno dell'Alleanza su Minerva adesso. Io sono qua, l'Orlan è chissà dove. È tutto finito, è tutto finito. Nessuno vuole farti del male adesso, sei sulla Starfall, non in quella cella».
«Io non riesco a dimenticare. Io... perché l'hai fatto?»
«Mi dispiace, Vivi. Mi dispiace. Pensa ad altro. Pensa a quando eravamo ragazzi sull'At5, quando passavamo le serate a guardare le stelle fregandocene di qualsiasi cosa. Quando eravamo solo noi due»
Annuisco, asciugandomi le lacrime con la mano. Rimango su questo sedile per tutto il viaggio, non ho affatto voglia di muovermi. Sono l'ultima a scendere dalla nave, sembra essere tutto risolto su Minerva da quanto mi hanno riferito e da quanto ho letto nel rapporto. Continuo a scrivere sul tablet nonostante gli occhi che, di nuovo, mi bruciano: voglio finire il documento così che domani possiamo provare se tutto va bene – bisogna solo trovare un pianeta disabitato da far esplodere e a dirla tutta non vedo l'ora.
Sento delle risatine, saranno di nuovo le reclute che dobbiamo addestrare. Alzo lo sguardo, Erix è salito a bordo. Sorride, rimanendo in piedi di fronte a me.
«Hai finito?»
«Quasi». Lo firmo, inviandolo al Consiglio.
«Possiamo andare ora?»
«Sì, certo» gli rispondo infilandomi il cappotto.
«Axel ha fatto colpo sulle reclute?»
«Non si nota, eh?» Mi cinge la vita con un braccio, appoggio la testa sulla sua spalla. «Ha passato il tempo a civettare».
«Immagino sia divertente ora».
«Per gli altri sì, per me sarebbe meglio se pensasse a fare il suo dovere».
«Ma che è successo su Minerva? È stato orribile sentirti piangere» mormora sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ho cercato di soffocare tutti i ricordi, non ce l'ho fatta. È stato un brutto colpo ricordarsi tutte le botte prese, ripensare a quanto tu mi abbia fatto soffrire».Mi stringe a sé, accarezzandomi i capelli.
«Mi dispiace, Vivi, sul serio. Non te lo ripeterò mai abbastanza, non credo ci siano parole adatte. Ma ora va tutto bene, qualunque cosa succeda non ti abbandonerò un'altra volta, te lo prometto. Dai vieni, è bene che tu lasci da parte quelle razioni schifose».
«Sono commestibili una volta che ci fai l'abitudine. Mediamente ci vuole un wakin e mezzo». Mi guarda poco convinto, la faccia mostra un'espressione di disgusto. Scoppio a ridere, probabilmente uno si abitua perché perde il senso del gusto.
È strano sentirsi così osservati, soprattutto essere all'interno di uno dei ristoranti più famosi dell'Atlantis; lo ricordavo diverso, pieno di ogni specie esistente, la crema di ogni società veniva qui a cenare, ma ora ci sono solo alti funzionari e nobiltà – tutti eleganti, persino lui. Sono io quella fuori luogo con indosso la divisa: in questo ristorante la tecnologia si fonde con la tradizione, le pareti sono coperte da schermi che cambiano ciclicamente, mostrando paesaggi alieni di pianeti che la gente che cena qui vedrà solo in foto. Non ci sono camerieri, solo piccoli robot dalle sembianze umanoidi che portano il cibo: sono alti circa un metro e quaranta, si muovono con movimenti lenti e aggraziati e ciò che stona con la presentazione curatissima del cibo e con l'eleganza del locale è la loro voce sgraziata. È tutto automatizzato, tranne che la cucina: lì continua la tradizione, chi ci lavora è uno chef conosciuto in tutta la galassia. E il prezzo... be', se non offrisse Erix io vedrei andare in fumo gli stipendi degli ultimi due mesi. Non sarei dovuta venire qui, non avrei dovuto accettare il suo invito... in fondo, non sono in molti ad aver accettato il fatto che l'Atlantis ormai sia dalla parte della Federazione.
Erix continua ad accarezzarmi il dorso della mano, stiamo aspettando il cibo, ma io sono distrutta e sto pensando al mio letto, non vedo l'ora di rannicchiarmi sotto le coperte.
«Come stai?» gli chiedo quando stringe la mia mano. «Sono ol che non ci vediamo».
«Lo so. Voglio solo dormire, in realtà. Non ne posso più delle riunioni del senato, ma è l'unica cosa che posso fare per cercare di evitare una crisi politica... è inutile che ti spieghi che sta succedendo, crolleresti sul tavolo». Ridacchio appena, ha perfettamente ragione: la politica a me non interessa e se proprio deve toccarmi, lo fa come una tangente su una circonferenza – in un punto solo.
«Non sei il solo, ho un sonno tremendo».
«Hai lavorato troppo, dovresti prenderti un giorno di riposo e non fare nulla».
«Non posso, siamo in guerra». Non posso abbandonare il lavoro ora, non devo abbassare la guardia. Non voglio cadere di nuovo nelle trappole dell'Orlan. Voglio solo mettere la parola fine a tutto questo.
«Hai fior di ufficiali a bordo, io credo che ti possa fidare di loro e fare l'egoista per un giorno».
«Mi vuoi togliere il divertimento di far esplodere qualcosa? È rilassante».
«Non ne dubito, ma hai una faccia distrutta. Dovresti riposarti e rimandarlo di un giorno, abbiamo tutti i sistemi di allarme in funzione, per ora non c'è nessun movimento sospetto».
«Tu hai intenzione di fare qualcosa». Adora girare intorno al nocciolo della questione: parte da lontano, per poi arrivare anche alla più banale delle domande. La cosa può essere snervante, ma non credo possa cambiare abitudine.
«C'è qualcosa di male se voglio passare un po' di tempo con te fuori dal lavoro?»
«No, non credo». Non so nemmeno come definirci adesso: per quanto cerchiamo di stare il più lontano possibile l'uno dall'altra, le voci che ci sia sotto un ennesimo accordo politico ci raggiunge sempre anche se stavolta non c'è.
«Allora te lo prendi questo giorno di vacanza?»
«E va bene». Tiro fuori il comunicatore, mandando un messaggio ad Axel. Chissà se è una buona idea lasciargli il comando per un giorno visto che ha tutte le reclute intorno. «Allora, che vuoi fare?»
«Che ne dici del lago?»
«Ci sono andata la mattina del processo in realtà. Axel mi ha impedito di presentarmi e... forse ha fatto bene. È stato bello rivedere quel posto... credevo si fosse prosciugato, in realtà».
«No, è l'unica cosa che è rimasta uguale. L'hai visto anche da sola. La città è cambiata, si è evoluta e la tecnologia ha preso sempre più spazio. Ora ci è rimasta solo la nobiltà; gli strati sociali più poveri sono caduti nella rete dei debiti, finendo a lavorare sui satelliti per permettere che lo stile di vita non mutasse nemmeno durante la guerra. Tutti i sistemi assoggettati dell'Atlantis dovevano lavorare le materie prime e fornire uomini mentre il governo di mio zio tendeva ad assumere la forma della tirannia».
Annuisco, guardando poi il cibo nel piatto: sembra Iashian in confronto alle razioni che mangio da wakin.
«Vuoi che rimanga con te? Axel mi ha raccontato dei tuoi incubi, spero non sia un problema». Indugia a lasciare andare la mia mano anche se ormai siamo arrivati davanti alla porta della mia camera.
«Se vuoi, a me fa piacere».
Mi bacia la fronte. «Vado a prendere il mio pigiama».
Lo aspetto seduta sul letto, la divisa già appoggiata per bene sull'attaccapanni. Ho lasciato la luce accesa: ora si notano molto le pareti bianche screpolate in più punti e l'arredamento minimo che serve per vivere – il letto scomodo e duro, un attaccapanni, un tavolo e un bagno con il minimo indispensabile anche lì. Non è il massimo il dormitorio della ex base militare che abbiamo occupato, ma meglio di niente.
Sorrido, quando Erix arriva. Si china a darmi un bacio sulle labbra, sistemandosi poi sotto la coperta: allarga le braccia e subito mi rannicchio vicino a lui. Forse è la prima volta che davvero mi sento protetta tra le sue braccia.
L'angolino buio e misterioso
Sappiate che se il capitolo è dal pov di Erix si preannuncia angst. Ma tanto. Questo non è niente, davvero.
Come "crescita" del personaggio che ve ne pare? Credete che sia cambiato veramente o che sia pronto a tradire di nuovo?
sono curiosa, non siate timidi, non mordo né pungo e non faccio del male a nessuno, a meno che non siate i protagonisti, lì rischiate di avere anche una mazza da baseball in faccia°^°
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top