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«E quindi ti ha semplicemente portato qui?» chiede Axel, mentre osserviamo una LWSS avvicinarsi alla superficie del pianeta.
«Sì... non so cosa sia scattato, però... mi è parso sincero».
«Io sono pronto a picchiarlo di nuovo».
«Non sarà necessario, gli ho già detto che alla prima mossa falsa finirà nello spazio e lo farò esplodere con Minerva...»
«Sai, da una parte sono felice che tu sia tornata a sorridere, dall'altra ho paura. Perché continui a sbatterci la testa su di lui?»
Alzo le spalle. «Credo faccia parte di tutti quei problemi che mi impunto a risolvere e per cui sto male per due settimane per poi scoprire che la soluzione era... be', facile».
«Fammi un fischio, nel caso abbia bisogno di altri schiaffi per tornare con la testa a posto».
Annuisco, tornando a guardare il pianeta: vicino si nota che non è un vero pianeta, la superficie è liscia, omogenea.
«Com'è che non l'abbiamo mai notato?»
«Ho guardato il progetto mentre venivamo qui: ha un sistema di sensori che producono uno scudo che lo rende non ritracciabile dai radar e un altro che mantiene l'aria respirabile».
Axel annuisce piano con la testa. «Posso sfruttarlo per una piantagione di caffè dopo la guerra? Tanto la flotta ce la teniamo di sicuro».
«Come... vuoi» rispondo sbattendo le palpebre. Di tutte le proposte che poteva farmi, questa è la più assurda.
«Qui a7648. Le navi sono in perfette condizioni, sembrano appena uscite di fabbrica» gracchia il comunicatore. È uno degli uomini che ho inviato a visionare l'interno. «Dall'interno si vede i portelloni di apertura, sono all'incirca all'altezza della linea dell'equatore; la maggioranza sono BS, solo tre sono BC. Torniamo a bordo, per portarle via abbiamo bisogno di rimorchiatori e piloti. Passo e chiudo».
Il trasporto sarà la cosa più difficile: abbiamo bisogno di alcune navi di pattuglia, altre come avanguardia e retroguardia per evitare eventuali attacchi dell'Orlan che potrebbero costarci cari.
È notte fonda quando torniamo, atterrando dopo che tutte le nuove navi sono state sistemate: sono quarantadue BS e tre BC, insieme alle cinquanta rimaste alla Federazione, potrebbero bastare. Brillano, sotto la luce gialla delle luci vicino alla pista di atterraggio; sta piovendo, si sentono le gocce sbattere con forza sulle lamiere della Starfall quando i motori si spengono.
Non vedo l'ora di infilarmi al caldo, sotto le coperte.
Non credevo di trovare Erix sulla pista di atterraggio, bagnato da capo a piedi: poteva ripararsi in qualche modo, ma se uno è cretino, cretino rimane.
«Ti prenderai un raffreddore. Dai, andiamo al caldo». Cerco di proteggermi il più possibile con il cappuccio, ma non ho un ombrello, non ho nient'altro con cui ripararmi. Erix mi prende il viso fra le mani.
«Sei una stronza pure tu. Cosa ti costava farti baciare prima?»
Piccola vendetta personale. «Ho scommesso pure io con Axel... se gli avessi fatto vincere una scommessa con te avrebbe lavato tutta la Starfall. E poi cosa sarà mai un caffè?»
«Linfa vitale. È ciò che da un senso alla vita».
«Ovviamente... dai, andiamo, cretino».
«Mi dispiace» mormora non appena arriviamo al chiuso. «Pensavo che il tempo reggesse».
«Vivi qui da quando sei nato e ancora non hai capito come funziona il tempo?»
«Mia madre l'aveva detto di portarmi un ombrello».
«Dovresti darle retta di più».
«Lo so».
«Io vado a dormire» gli dico sbadigliando, ma Erix mi afferra un polso, bloccandomi prima che potessi avviarmi.
«Camera mia è dalla parte opposta... se vuoi stare con me stanotte».
Non ho idea di cosa possa succedere, non so come comportarmi con lui. C'è sempre una vocina che mi dice di non fidarmi, che tutto ciò è sbagliato, ma una parte continua a tirarmi verso di lui, come se ne avessi bisogno per mantenermi in vita. Lo seguo in silenzio lungo tutto il corridoio, di tanto in tanto mi passo il dito nel collo della camicia azzurra, ormai incollata alla pelle da quanto è bagnata. Ho necessità di aria. Avanzo lentamente nella camera; non c'ero mai stata, ma è così diversa da quelle del dormitorio in cui ci siamo sistemati. Si vede che fa parte della famiglia reale ed è così strano essere legata a lui: non avrebbe dovuto nascere niente tra noi. Lo sento ridere, poi mi alza la mascella, facendomi chiudere la bocca che avevo spalancato mentre mi guardavo intorno.
È molto più grande, sembra il triplo della stanzina che mi sono beccata. Le pareti sono rosse, ha appeso varie foto alle pareti – non lo facevo così amante della fotografia, ma a quanto pare mi sbagliavo. Solo ora mi rendo conto quanto poco lo conosca veramente: non ho mai visto un aspetto diverso da quello che mostrava in guerra e nei nostri incontri segreti. Adora i paesaggi, sono la maggioranza delle foto. Solo una rappresenta tutta la famiglia reale al completo, quando sia lui che l'Orlan erano dei semplici ragazzi sorridenti. Ha distrutto tutto, la guerra, e noi siamo complici.
«È l'unica foto in cui sembriamo una famiglia normale...»
«Assomigli davvero tanto a tua madre».
«Mi sono reso conto troppo tardi che aveva ragione, che seguire gli ideali di mio padre avrebbe portato solo alla distruzione». Appoggia una mano sulla mia spalla. «Avevo sedici wakin quando fu scattata, fu l'ultima volta che vidi sorridere mia cugina. Lei prima della guerra conobbe gli orrori di Kalea e dell'Operatio Mortis... ma quella è un'altra storia».
«Mi dispiace».
«Di cosa?»
«Se non... se non fossi fuggita dall'At5, se non ti avessi portato con me... molti di loro sarebbero sempre vivi. Lo so che la nave su cui si trovava tuo padre fu distrutta da Minerva».
«Vivi. Guardami». Alzo lo sguardo, ma non riesco a fissare i miei occhi nei suoi. «Guardami, ti prego. La guerra non conosce confini né legami familiari, hai fatto quel che dovevi. L'abbiamo pianto wakin fa, ma è morto». Mi stringe a sé, accarezzandomi lentamente la schiena. «Abbiamo sbagliato tutti, non fartene una colpa. Potremmo ricominciare tutto da capo: l'ho capito quando forse è stato troppo tardi, l'unica cosa che posso fare adesso è cercare di rimediare il più possibile».
Rimango in silenzio, stringendo appena le mani sulla sua camicia.
«Credevo ci metteste meno con quel pianeta, avevo intenzione di farti vedere ciò che avevo trovato negli archivi. Ricordi che mi hai detto che cercavi casa?»
Annuisco, Erix mi prende le mani tra le sue. «È ancora in piedi».
«Cosa?»
«Tutto ciò che era di vostra proprietà fu sequestrato dopo il processo, ma nessuno ha comprato la casa. È sempre lì».
«Non stai scherzando, vero?»
«No, assolutamente».
«Non credo che... adesso sia il momento giusto».
«Come vuoi» dice accarezzandomi una guancia. «Volevo solo che tu lo sapessi visto che adesso possiamo farlo insieme stavolta... possiamo sceglierla noi la strada da far prendere alla storia».
«Parli bene, ma...»
«Ma?»
«Non lo so...»
«Credo non sia importante adesso» mormora. Si sposta di qualche passo, mi abbraccia da dietro.
«Ti credevo pazza, ma non avevo idea che sarei stato insieme a te alla vigilia dell'ultima battaglia». Inizia a baciarmi il collo, mi lascio sfuggire un mugolio mentre sbottona la giacca, rabbrividisco quando mi toglie anche la camicia, facendola cadere a terra; torna subito a stringermi a sé, appoggiando il petto sulla mia schiena. «Se qualcuno me l'avesse detto su Minerva, gli avrei riso in faccia. Perché mi hai perdonato?»
«Non lo so. Non riesco a trovare una risposta convincente a quella domanda. Reesha mi ha chiesto se ti odiasse davvero e non ho saputo risponderle... forse... forse non ti ho mai odiato... non lo so, ecco».
Erix sospira, si siede sul letto e scuote la testa. «Non credi che avremmo risolto la guerra... wakin fa, se solo avessimo parlato?»
«No. Penso che tu mi avresti riso in faccia».
«Forse hai ragione, se non avessi mai rischiato di perderti sul serio, non l'avrei mai capito. Non credo possa mai scusarmi abbastanza per quel che ti ho fatto su Minerva». Abbassa lo sguardo, fissando le mani intrecciate sulle ginocchia.
«Io... io non ti avevo mai visto in quel modo».
«Cercavo di convincermi del fatto che sarebbe andato tutto bene... cercavo di illudermi. Nayla avrebbe voluto che usassi una pistola, che ti sparassi davanti ad Aesta. Ma io non volevo ucciderti, non avrei mai potuto chiederti scusa».
Rimando il silenzio, con la mano destra che stringe il braccio sinistro. Fisso il pavimento, senza sapere che dirgli: non ho ancora capito cosa sia ciò che mi lega a lui, non so come comportarmi.
«Erix». Trema, la mia voce, quando lo chiamo.
«Dimmi».
«Smettila di parlare di quegli ol... per favore».
«D'accordo». Si alza, avvicinandosi di nuovo. «Possiamo... possiamo provare a ripartire da zero?»
«Io... va bene» mormoro. Erix sorride, accarezzandomi una guancia. Si china lentamente, chiudo gli occhi quando mi bacia.
Rimango abbracciata a lui anche quando interrompe il contatto, appoggiando la testa sul suo petto; Erix mi accarezza i capelli.
«Grazie» mormora baciandomi la fronte.
Sento il rigonfiamento dei suoi pantaloni premere contro la coscia mentre continua ad accarezzarmi, scendendo fino alla cintura. Mi mordo un labbro, ma sono incapace di fermarlo.
«Ti prego, Vivi. Dimmi solo che proveremo a rimediare ai nostri errori insieme».
Mi volto lentamente, fino a trovarmi faccia a faccia con lui. «D'accordo» gli sussurro mentre lo abbraccio, appoggiando la fronte sul suo petto, beandomi del calore sprigionato dal suo corpo.
«Mi sei mancata, Vivi. Da morire».
«Anche tu mi sei mancato, cretino».
***
Erix mi bacia la spalla, stringendomi a sé.
«Il fatto di ricominciare da zero non significa che devi dare fondo alle tue smancerie».
Scoppia a ridere, allontanandosi e puntandosi sul gomito; mi giro sull'altro fianco, voltandomi verso di lui.
«Credevo ti facessero piacere, ma...»
Scuoto la testa. «Non è quello... è che... la guerra non è finita, non voglio che tutto questo rappresenti una distrazione per me. Non so se abbiamo corso troppo con i tempi, se ho sbagliato a baciarti l'altra sera. Tutto quello che ti ho detto... sì, era vero, ma ho bisogno che tutto si assesti con calma».
«Non ho intenzione di fare qualcosa che non ti va bene. Se hai bisogno di spazio, se hai bisogno di qualsiasi cosa... dimmelo».
«Una tazza di tè sarebbe l'ideale ora» gli dico mettendomi a sedere e stiracchiandomi. Erix appoggia il mento sulla mia spalla.
«Sicura di non voler provare il caffè?»
«Questo rientra nella lista dei passi falsi».
Mi bacia il collo, facendomi rimettere distesa; intreccio le mani dietro il suo collo, inclinando la testa per continuare a baciarlo.
«Dovrei andare, cretino» mormoro accarezzandogli i capelli. «Ho una flotta da organizzare».
Sorride, tornando a baciarmi. «Non saranno questi attimi rubati che ti faranno perdere la guerra. Puoi lasciarti andare un'altra volta».
«È questo quello a cui puntavi?»
Mi stringo a lui, mordendomi un labbro, mentre continua a baciarmi il collo. Non riesco mai a dirgli di no, continuo a volere quel contatto. Inarco la schiena, abbandonando le mani ai lati del corpo e stringendo il lenzuolo – già stropicciato da ieri sera.
Forse ha ragione, forse è giusto lasciarsi andare, forse è un bene godere di questi momenti.
L'angolino buio e misterioso
Benché l'abbia cambiato un po', questo rimane uno dei miei capitoli preferiti, non so, credo che Erix abbia finalmente capito quel che ha fatto davvero e che le botte prese da Axel gli abbiano fatto aprire gli occhi. Io comunque mi immagino Aesta, Axel e Nayla a urlare "Just kiss" da lontano.
Comunque, vi bastano questi feels?
Sì?
Peccato, perché nei prossimi libri sarà forse peggio♡
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