23
Mi sveglio stropicciandomi gli occhi: ho dolori ovunque, mi stiracchio nella speranza di mandarli via. Erix mi ha messo il cappotto addosso a mo' di coperta, sorrido istintivamente, non mi aspetto una tale gentilezza da parte sua.
«Dormito bene?» chiede appoggiandosi con le braccia sopra lo schienale.
«Come su una nuvola» commento massaggiandomi il collo, non ho mai passato una notte in un posto più scomodo. «Se dovesse succedere di nuovo, svegliami. Preferisco dormire sul pavimento».
«Tieni, ti ho preparato la... colazione. O almeno, spero sia qualcosa di commestibile».
Annuisco, prendendo la scodella che Erix mi porge, mangiando senza troppi problemi il contenuto: ho smesso di chiedermi cosa sia wakin fa ed è bene non saperlo e ormai mi sono abituata al sapore pessimo che hanno le razioni.
«Fanno schifo, lo so. Sono wakin che non mangio altro» gli dico appoggiando il cucchiaio nella scodella vuota; sorride appena prima di riporla via vicino a un'altra che presumo abbia usato lui.
La nave è piccola, c'è soltanto la cabina di pilotaggio e una piccola zona con due sportelli in basso dove si trovano le razioni e poche stoviglie. Ne ho scelta una a caso, non sapendo quanto ci saremmo allontanati dal pianeta.
Credo abbia passato la notte in bianco: ha gli occhi gonfi, occhiaie piuttosto evidenti e l'aria stanca, provata.
«Vieni. Ho preferito non svegliarti, ma ho davvero intenzione di farti vedere il motivo per cui siamo qui».
Mi alzo dal sedile e lui subito mi stringe a sé, accarezzandomi una guancia. «Sei bellissima».
Scendiamo a terra in silenzio, è un pianeta artificiale, camuffato da pianeta vero e il metallo rimbomba sotto i nostri piedi, anche se l'aspetto è quello di una superficie rocciosa. Un vero gioiellino, figlio sicuramente di una mente brillante, che potrebbe essere utile in mille modi. Ma perché mi ha portato qui? Vuole uccidermi lontano da tutti?
«Dove siamo?»
«Era uno dei tanti progetti di tuo padre, non so se lo conosci» mi risponde fissando l'orizzonte.
«Un pianeta falso? – scuoto la testa – Probabilmente ci ha lavorato prima che nascessi o non me ne ha mai parlato». L'unico ricordo vivido che ho della mia prima infanzia è lo studio di mio padre, invaso da fogli di progetti riusciti e di prove fallite. Solo lui li conosceva tutti, io mi divertivo a leggerli senza capirci più del dovuto.
«C'è di più. Contiene un'intera flotta al suo interno».
«Che cosa?»
Tutto questo non può essere vero. Tutto questo non ha un senso logico: prima fai il ruffiano, poi ti trasformi in un carnefice e ora mi offri una flotta? Sei impazzito, per caso?
«Doveva essere una riserva per l'Atlantis in caso di guerra» mi risponde Erix. «Ho rubato il progetto wakin fa, credevo di poterlo usare per dare il benservito a Nayla una volta finita la guerra, ma mia madre me l'ha ricordato l'altro giorno. Credo sia meglio se adesso lo prendi tu. Serve più a te che a me una flotta. Ci ho riflettuto stanotte... su di noi, sulla guerra, su tutto insomma».
«Mi stai seriamente offrendo una flotta? Tu?» Lo guardo negli occhi. «Che c'è sotto?»
«Niente. Sono solo un cretino».
«Che vuoi dire?»
«Che stavo cercando il potere quando ho rischiato di perdere qualcosa di più importante. Se non vuoi perdonarmi me ne farò una ragione, non preoccuparti per me».
Gli tiro uno schiaffo con tutta la forza che ho addosso. Come se ieri sera non l'avessi baciato. Come se non gli avessi procurato una nave. Come se non mi fossi fidata di lui nonostante i suoi e i miei sbagli. «Ti dovrei ammazzare per come ti sei comportato. Sei stato uno stronzo, ho cercato in tutti i modi di dimenticarti, ma non ce l'ho fatta. Continuavo solo a ricordarmi di te, in qualunque momento».
Si avvicina, allunga titubante una mano, accarezzandomi una guancia con il dorso di essa. «Vivi, io ti...»
«Per favore, no. Non adesso. La guerra non è finita».
Annuisce, abbassando lo sguardo. «Voglio aiutarti, per davvero questa volta».
«Come posso fidarmi di te? Dopo... dopo tutto quello che mi hai fatto?»
«Non ti sto mentendo. Posso mostrarti tutto il progetto, se vuoi».
Sospiro, scuotendo la testa. «Mi stai davvero offrendo aiuto?»
«Posso giurartelo su cosa desideri, è la verità. Qui dentro c'è davvero una flotta. E tu ne hai bisogno» mi risponde accarezzandomi una guancia. Rabbrividisco.
«Tua madre mi aveva detto di parlare, di chiarirci. Mi sembra... eccessivo tutto questo».
«Lo immaginavo. Non mi aspetto che tu mi creda o mi dia una seconda possibilità. Ho solo pensato che sarebbe stato meglio offrirti una flotta piuttosto che un mazzo di fiori a cena».
«Te li avrei lanciati in faccia» rispondo con un mezzo sorriso. Faccio per continuare a parlare, ma il comunicatore mi vibra in tasca: oltre ai dieci messaggi di Axel senza risposta, ce n'è uno da parte del Consiglio. Lo leggo con le mani che tremano, poi alzo lo sguardo di scatto.
«Spero davvero che tu non mi stia mentendo, perché ho bisogno di questa flotta. Adesso» gli dico scandendo le sillabe dell'ultima parola. «L'Orlan è fuggita, deve essere stata aiutata da alcuni sostenitori e ha pensato bene di portarsi dietro Aesta, non so se il primo ufficiale è impazzito del tutto o se le serve solo come ostaggio».
«Andiamo. Non possiamo rimanere qui». Mi afferra il polso, iniziando a correre verso la nave. Si precipita a prendere la sua borsa che probabilmente teneva sotto il cappotto – ieri sera non l'avevo notata – e tira fuori una chiavetta USB che mi sbatte con poca grazia in mano. «È scritto tutto qui. Sono disposto a firmare la resa dell'Atlantis se vinci».
È il progetto del pianeta, firmato da mio padre in persona: comprende l'elenco di tutte le navi che sono al loro interno, lo scorro velocemente dopo averla collegata al computer di bordo.
«Quante e che navi ci sono all'interno?»
«Non lo so, mi intendo poco di queste cose, lo sai. Credo che siano Battle Ship» mi risponde agganciandosi la cintura e io lo imito subito dopo.
«Come la Starfall. Be', potrebbero bastare. Abbiamo abbastanza carburante per il salto?»
«Sì» mi risponde mentre ci stacchiamo da terra. Afferro il comunicatore dalla tasca: la situazione inizia a peggiorare e non ho tempo da perdere, non posso stare qui a chiedermi se Erix sia cambiato o no, tanto vale rischiare e accettare la sua flotta.
«Qui α001. Ho bisogno del consiglio radunato tra un'ora».
«Sarà fatto». Chiudo la chiamata non appena ricevo conferma, per poi voltarmi subito verso di lui.
«Arriviamo comunque tra meno di un'ora, ieri sera ti ho lasciato dormire, non volevo disturbarti.... E avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere».
«Procedi al salto, non ho altro tempo da perdere» taglio corto. «Non possiamo presentarci così».
«Presentarci?»
«Vuoi aiutarmi? Sì o no? Ho bisogno di una risposta seria e rapida, Erix, non del tuo ennesimo giro di parole!»
«Io... sì, te lo prometto davvero questa volta».
«Allora cerca di essere convincente. Sei più in gamba di me a parlare: non saranno molto disponibili visto ciò che hai fatto a me e alla Federazione, ma potrebbero chiudere un occhio se sai come raggirarli in Consiglio... la flotta è una questione che riguarda tutti, la maggioranza deve essere d'accordo».
Annuisce, abbassando la leva. Sembra fin troppo preoccupato, ma è comprensibile. Atterriamo dopo neanche dieci ked; c'è fermento sulla pista, stanno già iniziando a organizzare le poche navi rimasteci.
«Muoviti. Ci penseranno gli altri a sistemare la nave. Oh, ciao Axel». Mi volto sentendo i suoi passi, dopo aver preso i fogli e il cappotto.
«Ciao, Vivi... ma che hai combinato? Prendi una nave, sparisci per tutta la notte con lui, non mi rispondi e torni convocando il Consiglio».
Immagino che non sia la situazione migliore del mondo – il trucco sbavato, i capelli arruffati e il vestito stropicciato. Probabilmente è anche ambigua, visto che Erix ha la camicia mezza slacciata.
«Abbiamo chiarito». Gli faccio un buffetto sulla guancia. «Stai tranquillo, non è successo nulla, forse abbiamo solo una flotta con cui provare a vincere la guerra ora».
Alza le braccia. «Io mi rifiuto di crederci. Devo venire pure io al Consiglio a sentire qualche altra cazzata?»
«Sì, mi farebbe piacere. Anzi, devi, visto che ora sei tu il primo ufficiale. E poi, non è una cazzata, ma almeno posso avere un'altra opinione oltre alla mia e alla sua».
Per quanto la cosa mi abbia ferito, non riesco proprio a pensare a una pena da poterle infliggere — mi viene in mente solo il privarla del caffè per sempre.
Axel annuisce. «Ci vediamo dopo, allora. Di lui che ne facciamo?» chiede fissando Erix in maniera non molto amichevole; lui sbuffa, incrocia le braccia, ricambiando lo sguardo di Axel.
«Avete entrambi la parola e un cervello, voglio sperare. Potete anche discutere civilmente da soli».
***
«Perché dovremmo fidarci?»
Si alza un mormorio non appena finisco di parlare, scatenato da quella frase di De Algy; gli occhi di tutti sono rivolti su di me. Cerco di non incrociare lo sguardo di nessuno, osservo distrattamente la sala dalle pareti riccamente decorate nell'angolo che si forma tra muro e soffitto. Sotto, sono ricoperte da pannelli elettrici adesso spenti: servono spesso nelle riunioni per fare il punto della situazione. Ci sono tre tavoli lunghi disposti a ferro di cavallo, pochi ol fa sarebbero stati tutti pieni, oggi sono pochi i posti occupati. Solitamente il Consiglio riuniva i capi politici della Federazione e i comandanti delle navi, ma oggi, come caso straordinario, sono presenti anche alcuni ufficiali. Alcuni scuotono la testa: non si fidano affatto di Erix; altri mi guardano con disgusto, come se la mia proposta di usare la flotta offerta da lui sia la peggiore idea che potessi tirare fuori. Persino Axel non sembra convinto dal discorso che ho appena finito di fare, ma non posso dargli torto con tutto quello che è successo.
Sospiro, abbassando lo sguardo. In fondo hanno ragione: perché dovremmo fidarci di lui? Non sappiamo quali siano le sue vere intenzioni. Il mormorio continua, abbasso lo sguardo, fissando una mattonella bianca, uguale a tutte le altri. Cala il silenzio quando qualcuno bussa alla porta, gli sguardi di tutti si spostano sulla spia che è entrata.
«Avevamo dato ordine di non interrompere per nessun motivo la riunione straordinaria del consiglio» dice uno dei capi con fare accusatorio e il giovanotto si irrigidisce, per poi fare un veloce gesto con la mano.
«Lo so, signore. Ma è appena arrivata la notizia che il sovrano dell'Atlantis è morto. Nayla Orlan ha preso il suo posto al comando. Hanno un'altra flotta, secondo alcuni ci punteranno addosso in pochi ol».
«Questo cambia le carte in tavola».
Sfoglio i progetti stampati che ho in mano, è la nostra unica possibilità questa flotta. La Starfall da sola non può vincere la guerra. Sono consapevole degli errori miei e di Brunnos, ma la proposta di Erix deve essere approvata. Non chiedo troppo, solo un voto favorevole allo sfruttarla perché in caso contrario che senso avrebbe avuto combattere per dodici wakin?
«Posso parlare pure io?»
«Va bene».
Non è un clima amichevole quello che accoglie Erix perché tutti i presenti qui sanno bene quanto possa essere infimo, nessuno si fida di lui e chiunque si aspetta l'ennesimo volta faccia. Brunnos avanza dal fondo della sala, dal buio in cui l'avevano rilegato come a volersi dimenticare della sua presenza. Ci scambiamo uno sguardo fugace, quasi disperato, mentre si porta al centro della sala e io ritorno al mio posto, appoggiando i fogli sul tavolo. Si vede che è abituato a parlare alle assemblee, a differenza mia. Ho sempre delegato i rapporti a qualcun altro, li ho sempre scansati con la stessa abilità che Axel ha nell'evitare collisioni con oggetti vaganti. È nel torto – siamo nel torto io e lui.
Prendo una penna, mordicchiandone l'estremità opposta al tappo, tengo gli occhi fissi sulla scheda di una nave. Non saranno sufficienti, ma sono meglio di nulla per cercare di opporre una qualche resistenza.
Quando guardo l'orologio, è mezz'ora che sta parlando, ma ho smesso di ascoltare appena ha aperto bocca, anche volendo adesso non riuscirei a riprendere il filo del discorso. Mi riscuoto quando sento applaudire e mi guardo intorno, quasi spaesata. Sono caduta dalle nuvole, non ho la minima idea di cosa abbia detto. La decisione è stata praticamente unanime, un astenuto – io – e nessun contrario. Adesso dobbiamo sistemare le navi, sono wakin che sono chiuse lì dentro, e reclutare uomini. Qualcuno ha proposto gli schiavi dei satelliti, non so se sarà dura convincerli: sono stati imprigionati dal sistema, probabilmente hanno accumulato l'odio verso la classe dirigente; altri hanno proposto i cadetti dell'accademia militare. Ma questa è politica, la lascio volentieri agli altri.
Mi massaggio gli occhi, ora arriverà il vero problema dato che tocca a me ritornare su quel pianeta falso. Mi alzo lentamente, Axel è scappato a prendersi un caffè prima della partenza, ho perso le tracce anche di Erix, spero solo che non siano ad ammazzarsi in qualche angolo buio visto che ho bisogno di entrambi.
Li trovo fuori dalla sala del consiglio impegnati in una discussione. Passo loro accanto con tutte le schede in mano, cercando di captare l'argomento: parlano civilmente solo perché il loro oggetto di conversazione sono le varietà di caffè dei loro pianeti natali. Alzo gli occhi al soffitto, sarà una lunga e dolorosa convivenza.
«Vivi!» urlano in coro e io mi fermo, sospirando.
«Che volete?» chiedo loro voltandomi lentamente.
«Abbiamo fatto una scommessa» mi risponde Axel sorridendo.
«Non voglio essere coinvolta ancora nelle tue scommesse, Darinell».
«Sei ancora arrabbiata per quando ti ho fatto bere il caffè?»
«Sì, ma non solo: anche per quando mi hai fatto ballare sul tavolo. E per quando mi hai messo il miele nel cappello, facendomi arrivare in ritardo di tre ore al consiglio e lasciamo stare il resto. Volente o nolente mi sono ritrovata sempre nel mezzo alle tue idee, fossero scommesse o altro».
«Comunque, dice che non avrei il coraggio di baciarti qui». Brunnos lo indica con la mano.
«E cosa avete scommesso?» chiedo loro. Sarà qualcosa di scemo.
«Il caffè della colazione di domani». Ecco appunto, come volevasi dimostrare.
«Credevo tu l'avessi capito che a me non piace perdere» ghigna Brunnos guardando Axel. Alzo gli occhi al soffitto, mi spiace per lui, ma stavolta non finirà con la sua vittoria.
«E io ho una flotta da sistemare e niente tempo da sprecare con voi due. Ho una guerra da vincere, quanto me ne può importare delle vostre scommesse?» borbotto spingendolo di lato e Axel scoppia a ridere. «Grazie» mi urla.
«Sempre un piacere aiutarti a vincere. E soprattutto far perdere lui» gli urlo di rimando fermandomi sul pianerottolo.
L'angolino buio e misterioso
In ogni caso, ho rimaneggiato un po' le scene e credo di aver tagliato pezzi inutili - se c'è qualcuno che ha letto anche la versione precedente (o anche come lettori nuovi), come vi è sembrata in questa circa prima metà la storia?
A me sicuramente convince un po' di più della prima, ma la sentenza la lascio a voi^^
Erix farà sul serio questa volta o sarà un'altra delle sue trovate per vincere? voi che ne pensate?
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