9. Nuovo giorno

Mentre dall'altro lato della stanza veniva radunata una scorta di Fidati pronta a partire il prima possibile, Attilius ed il Guardiano Nas se ne stavano in piedi accanto al tavolo scambiandosi una conversazione che sembrava piuttosto confidenziale.

"Secondo te di cosa stanno parlando il Guardiano e Attilius?" chiesi a Pexit che stava guardando uscire un Fidato dalla sala e dirigersi verso un'altra stanza dove Ephesto distribuiva gli armamenti.

Si girò verso il Guardiano.
'"Oh, penso che si stiano salutando. Il Potente Attilius è l'unico che possa godere di questo onore, credo. Ma in fondo è normale se sono fratelli. Andiamo?..."

Fratelli?
"Sisi vai ti raggiungo" gli dissi.
Rimasto solo, aspettai qualche secondo per poi avvicinarmi abbastanza da poter udire cosa stesse dicendo il Guardiano.

Iniziai a tastare affascinato il primo pilastro che mi trovai davanti.
"Ho fiducia in te come in nessun altro" disse la voce del Guardiano.

"Ti salverò Nas" disse Attilius

"Ci salverai tutti"

Ci fu un momento di silenzio.
"E lo straniero? Pensi sia saggio portarlo con noi?"

"Deve esserci" disse il Guardiano, nella sua mente correvano veloci i pensieri.
Sentendomi chiamato in causa avevo inevitabilmente alzato lo sguardo verso di loro e un'occhiata, seppur quasi impercettibile, del Guardiano verso di me, mi convinse che mi aveva notato a origliare.

Smisi di percorrere con la mano l'intreccio di quel raffinato pilastro e, sentendomi adesso inopportuno e sgamato, mi allontanai.
Raggiunsi Pexit nell'altra stanza, più piccola e meno graziosa della precedente. Ehesto aveva sistemato davanti le pareti in pietra un grande tavolo colmo di armamenti con i quali stava rifornendo la scorta di Fidati che Spica aveva ben presto radunato.

"Che cosa sarebbe questo coso?" chiesi abbassandomi all'altezza di Pexit che mi era corso gelatinosamente incontro e cercava di fissarmi una spilla a spirale sulla maglietta.

"Non lo so, l'ha perso quella guardia, ma almeno lui potrà chiedere al grande Ephesto come farli funzionare. AaAAaaa noi l'abbiamo combinata grossa con lui, invece"

"E queste sarebbero le armi che si trovano all'Origine? Non sono un tantino troppo coreografiche e poco funzionali?"

"Sst...per favore...AAaaa voglio morire... il grande fabbro Ephesto ha appena guardato verso di noi...aaAa"

"Quindi, fammi capire" dissi abbassando la voce "tutti questi marchingegni li ha fatti lui?"

"In persona".

Pexit sospirò e assunse un'aria afflitta "aaaAAa gli abbiamo distrutto... gli a-abbiamo d-d-distrutto..."

"Basta Pexit!" Lo interruppi "È stato per errore, dimenticalo adesso"

"Il grande Ephesto non lo dimenticherà aaAa"

"Voglio farti notare che ci stanno mandando verso un posto sconosciuto, per me anche in un mondo sconosciuto, rifornendoci di armi. Questo vuol dire che corriamo qualche pericolo."

"Non è sconosciuto il luogo, sappiamo dove andiamo: alla Fonte"

"Certo, e sai dirmi dove si trova?"

"Dove il grande Attilius ci porterà"

"Ah, magnifico!"

"Fenicottero, tu seguiresti il Guardiano se ti dicesse di sapere la strada per riportarti a casa? Tu non sai dov'è casa tua."

Uff, sospirai.
“Il viaggio non sarà breve, prendete tutti uno zaino e abbiate cura di non perdere lo sciroppo che vi è dentro. E’ il vostro unico modo per tornare direttamente qui al temine della spedizione. Conto su tutti voi…” disse Attilius.
La piccola spedizione di una ventina di Fidati, un cittadino e il "gigante" (che sarei io) attraversò il castello nella montagna e prima di mettere piede sull'ultimo gradino Spica domandò:
"Che strada prendiamo?"

"La più veloce è quella di sotto" rispose Attilius, in testa alla ciurma.

Qualcuno sgranò gli occhioni, altri mormorarono "tra i Severi?!"  ed un altro disse "Oh ointv al acommesss!".
Quest ultimo era Betalugeuse accanto all'amico Rigel.

Riconobbi il corridoio da cui eravamo entrati, da qualche parte più in là nella parete ci doveva essere l'ingresso nascosto alla caverna dove avevamo aspettato io e Pexit. Attilius tuttavia non prese quella direzione e si fermò davanti la parete opposta. Toccò qualcosa, forse fece un movimento con i piedi (non riuscii a vedere in tempo) e una botola si aprì sotto i suoi piedi facendolo scivolare in un tunnel di corrente fredda.

Spica lo seguì attraverso lo stesso varco e dietro di lui gli amici con le stelle in petto. Qualunque cosa fosse quel varco, Pexit non voleva essere l'ultimo ad attraversarlo e vi si lanciò dentro, mentre io fui spinto da un Fidato dietro di me.

Ci trovammo a scivolare in un vero e proprio canale sotterraneo, una specie di tubatura trasparente che aleggiava sospesa nell'aria.
Si, nell'aria.
Perché sottoterra non c'erano né sabbia, né rocce né acqua, c'era una vera e propria fabbrica, una città nascosta sotto quella conosciuta.
Quell'enorme ramificazione di canali in cui ci spostavamo in una grande tubatura trasparente, è inteso, si trovavano molto molto più in alto rispetto a quel secondo pavimento, così che era possibile vedere tutto il via vai di creature che si spostavano tra i macchinari.

Riuscii a scorgere un deposito di ciotole di metallo da un lato e un'altra fila di creature che facevano una catena di montaggio per spostare piccoli oggetti in un altro deposito.

Tra loro non riuscii a non notare una creatura con l'occhio fulmineo che interruppe la catena di montaggio per alzare la proboscide verso di me. Vidi perfettamente lo scenario delle altre creature che si facevano irrequiete, che lanciavano ciò che avevano in mano e che si sporgevano per capire cosa avesse interrotto il loro passaggio ormai meccanico alla creatura accanto.
Credetti quasi di vedere due gemme nere scintillare sopra quella proboscide e fui percorso da uno strano brivido.

Di lì a poco Pexit smise di gridare come aveva fatto lungo tutto il tragitto del tunnel e mi ritrovai gettato come uno spruzzo d'acqua di nuovo con i piedi in superficie.

"Ivresta oolutv encontrari nu oeverS?" Disse Rigel

"Cosa?" Chiede un Fidato vicino a lui

"Non dicevo a te" rispose Rigel

"Ools rep iarglf al ainguaccil ad nu oubt lla' oltra. Eomc ol ais?" Disse Betalugeuse mentre si ripuliva la spalla da un granello di polvere.

Poi si rispose da solo "Am ehc eomand oaccif!"

"Sst silenzio! Attilius, Signore, ha sentito anche lei?" Disse Spica aguzzando l'orecchio.

Il paesaggio era cambiato. Dietro di noi non si vedeva che la punta lontana della montagna-palazzo e nessuna abitazione su quella terra arida. Davanti, avrei potuto immaginare un bosco, ma altro non era che una rete di alberi secchi e lugubri, spogliati da un incendio o nati figli dei fantasmi.

Attilius non rispose a Spica ma mise mano al taschino della sua tunica per prendervi una spirale di Ephesto.
"Da qui in poi dobbiamo continuare a piedi: i collegamenti sotterranei non portano oltre." disse

"Dobbiamo entrare in quella boscaglia?" Fece uno dei venti Fidati

"Di cosa hai paura?" disse Betalugeuse "che ti mangi vivo uno spettro?" e rise, assecondato da una smorfia di scherno di Rigel.

Avanzammo.
Robusti scheletri di alberi creavano varchi e ostacoli, alcuni rami si innalzavano verso il cielo tetro per poi ricadere a picco nel terreno, si contorcevano, piegati e prosciugati da una sorta di maledizione, ma non spezzati.

Per colmare l'inquietante silenzio del paesaggio, i Fidati chiacchieravano l'un l'altro, tranne Attilius che tacitamente perseguire la sua missione.
"Pexit" lo chiamai sussurrando, approfittando del vociare in sottofondo.

"Mhm"

"Chi erano quelle persone là sotto?"

"Sotto dove?"

"Sottoterra! In quella specie di industria sotto al palazzo"

"Ah sottoterra dici! Mhm...c'erano delle persone? Come te?"

"No, come te!" inarcai le sopracciglia "come hai fatto a non vederle?!"

"Beh ecco...credo di aver dimenticato di aprire gli occhi mentre cadevo. E poi...mi sono ritrovato già fuori."

"Oh Pexit!" Mi portai una mano in faccia.

"MA TU HAI VISTO TUTTO! AAaaA devi raccontarmi aaaAA chi erano? Cosa facevano?"

Ero in cerca di risposte e mi ritrovai a doverle dare; capii quindi che avrei dovuto tentare di averle da un'altra fonte. Mentre esaminavo con gli occhi tutti i presenti cercando il modo più discreto di fare domande, colpii due volte la spalla di Pexit.
"Ahi, fenicottero! Che c'è?"

"Pexit, credo di non aver sentito bene prima" mi chinai leggermente e abbassai la voce "prima hai detto che il Guardiano e...Attilius” sbiascicai, adocchiandolo “…sono fratelli?"

"Si" mi sussurrò di rimando "È così. Perchè?"

Riflettei un istante.
"Il 'Potente ed Eterno'  Guardiano ha un fratello?! E ha poteri come i suoi?"

"Noo, nessuno può possedere il Sole al di fuori del Grande Guardiano Nas, però...il Potente Attilius ha ereditato una sua stessa caratteristica"

"Sarebbe?"

"È immortale come il Grande Guardiano. Per questo siamo piccole e inutili creature al confronto. Lo capisci, vero? aaAAa"

"Si, cioè no! Forse...lasciamo perdere. Si può sapere cosa diavolo è il Sole per voi?"

"Summum Omnia Lex Exsistensia. È l'immenso e divino potere gestito dal Grande Guardiano Nas. È quello per cui esiste il tempo...la vita, la morte, è la base di tutte le nostre misere esistenze"

"Fin qui ci sono, ma evidentemente c'è qualche falla in questo potere se io mi ritrovo qui, forse anni e anni prima del big bang e prima ancora che l'uomo nascesse ed evolvesse fino a me. Ci rendiamo conto... l'ORIGINE, CAVOLO! Potrei trovarmi in un tempo antecedente alla creazione dell’ universo!"

"Beh...non so cosa sia l'universo, ma il Potente Attilius ha detto che da quando sei piombato qui, e tra l'altro DAVANTI A ME (è stato scioccante, eri un fenicottero che tentava di volare senza avere le ali!) i cristalli hanno iniziato a rompersi e l'Origine rischia di andare a pezzi. Questo significa che presto saremo tutti morti. Ti senti in colpa per questo? Oh, stai tranquillo, saremmo morti comunque come comuni mortali. Per fortuna a differenza del Grande Guardiano Nas e del Potente Attilius. aaaAAAaa Loro vivranno sempre ed è sufficiente così, sono più importanti di noi...i m m o r t a l i... sono nati dèi."

"Pexit! Non parlare come se fosse inevitabile, non è ancora successo niente di così drammatico! Nessuno deve morire."

"Sai che se muore l'Origine e visto che tu sei del futuro, come ha detto il Grande Guardiano, penso di doverti far notare che scompariranno tutte le linee temporali che vengono dopo la nostra, compresa la tua. Non ci può essere futuro senza il passato e siamo noi il tuo passato. Magari io sono un tuo antenato. Waaauuu che cosa stranissimaaa."

“Capisco”

“No aspetta, ho sentito dire che i fenicotteri hanno un cervello abbastanza piccolo quindi forse non hai ancora capito che questo significherebbe che tu sarai senza un presente e potrai dire 'ciao ciao' alla tua Lyvet? AAaaa com'è triste la vita AAAaaa sono davvero terribilmente dispiaciuto”

"Ok basta. E smettila di piangere, sei assurdo, nessuno morirà. Troviamo questa Fonte e...ufff...non sono io quello che va incontro al pericolo per salvare tutti” dissi pensando a lei, a Lyvet. “I-io... aaAAa va bene, okey. Pexit guai a te se mi contagi con il tuo 'AAAaaaa'. Sono così plasmabile? Sto già avendo i primi sintomi."

Attilius si girò indietro e i suoi occhi profondi e scuri incontrarono i miei. Sembrava avesse voluto dirmi qualcosa, come se potessi capire da quel solo sguardo. Si rigirò.
Restai confuso. Doveva aver sentito almeno l'ultima parte del discorso: quando avevo smesso di fare attenzione a non farmi sentire. Il mio tono di voce mi aveva tradito di nuovo, come...come in quella che mi sembrava una vita fa, con il maestro Kay.

"Fenicotterooo" cantilenò Pexit. "Possiamo rallentare il passo? Ti muovi su due wrustel giganti ed un mio passo è pari a quello di una formica in confronto. E poi...credo che stiano parlando di noi, non voglio stargli davanti affinché ci guardino, preferisco essere superato."

"Ma chi ci guarda?"
Pexit mi indicò con la proboscide i due Fidati inseparabili che si isolavano da ogni altra conversazione per ridere a crepapelle in una lingua tutta loro. In effetti stavano guardando noi, non si premuravano nemmeno di nasconderlo.

Camminammo per ore in quella boscaglia senza foglie e senza vita. Al di fuori di noi su quel suolo sembrava non ci fossero che ombre nascoste dietro ogni filo d’aria.
I Fidati iniziarono a lamentare i primi segni di stanchezza e a poco a poco non si parlava altro che del cibo negli zaini che aspettava di essere consumato.

In effetti anche a me era venuto un certo languorino visto che non avevo avuto modo di mangiare da quando ero precipitato all'Origine e, pensandoci bene, mi sarebbe convenuto approfittare meglio del banchetto della festa dei ciclamini prima di perdermi in questo sogno assurdo. Alla tribù saranno rimasti così tanti avanzi che avrebbero potuto saziare tutti i Fidati.

Purtroppo non immaginavo di certo che, sognando, avrei sentito fame.

Sì, mi sembrava facile credere in un sogno piuttosto che alla realtà di tutto ciò che stava accadendo: creature aliene con la proboscide, il Guardiano in carne e ossa, terre di cristalli, la Fonte e il sole come Potere Supremo.

Diavolo, cosa c'entravo io con tutto questo? Non credevo neanche che la mia mente potesse avere tutta questa immaginazione.

Alla fine fu Spica a chiedere ad Attiius, in rappresentanza di tutti i Fidati, che si manifestava il bisogno di accamparci prima che la notte si facesse più profonda.
Attilius indugiò e ci fece camminare ancora mezz'ora. Poi la nebbia iniziò a scendere dai rami più alti e a poco a poco divenne difficile distinguere perfino le figure dei compagni più lontani.

Attilius acconsentì a farci montare le tende lì dov'eravamo, nel bel mezzo di quell'arida terra immersa nel buio.

Si iniziarono a spiegare i teli, fissarli a terra con dei pezzi di metallo (probabilmente dono di Ephesto) e si pensò persino ad accendere un fuoco.
La prima impresa ebbe buon fine, se non fosse che scoprii che le tende fossero gigantesche ma solo tre. Mi parve di sentire Spica spiegare agli altri Fidati che fosse per comodità e sicurezza: stando tutti più vicini si limitava il pericolo di perdere guardie, o qualcosa del genere.

La seconda impresa ebbe minor successo. La fiamma non aderiva per via dell'umidità dell'aria e della terra arida ed il cerchio di Fidati che se ne stava occupando fu costretto ad arrendersi.
Ci ritirammo tutti nelle tende, indolenziti e infreddoliti, e tirammo fuori il cibo ciascuno dal proprio zaino.

Fu imbarazzante. Non solo perché la mia tenda era l'unica con sei ospiti, visto che io occupavo spazio per due, nè perchè i Fidati preferirono stringersi in tre quarti di tenda piuttosto che avvicinarsi troppo allo 'straniero', no, la cosa più imbarazzante fu dover cercare di comportarmi come se nulla fosse sotto lo sguardo rapace di Attilius.

Non a caso aveva scelto di stare nella tenda con me, (o meglio era a me che era stato espressamente detto che il 'Potente Attilius' mi obbligava a prendere posto nella sua tenda per poi esservi scaraventato dentro...quanto meno ero riuscito a trascinare Pexit con me)  credo che pensasse che io volessi scappare.

Certo, perchè scappare in una terra fantasma sconosciuta lasciandomi alle spalle le uniche anime vive era un'opzione per me? Non ero certo così eroico!

Aprii il mio zaino con la pancia che mi brontolava.
Allungandovi una mano dentro sentii qualcosa di ruvido come la carta arrotolata a un panino, poi la mia mano toccò qualcosa di freddo come un contenitore.
Affamato, estrassi il panino, lo scartocciai e diedi un bel morso.

Era buo-...era un po' molle e...viscido... qualcosa mi si incastrò tra i denti.

Tirai fuori qualunque cosa fosse, immaginando un ossicino della bistecca di carne nel panino che doveva essersi un po' rattrappita durante il viaggio.
Alla fioca luce della lanterna che Attilius aveva con sé dall'altro lato della tenda, vidi nella mia mano un piccolo e candido dente.

"OH MIO GUARDIANO!" Mi sfuggì

"È...questa è...ho dato un morso a una testa!!" dissi inorridito.
Tutti nella tenda presero a ridere. Tutti, eccetto Attilius, ovviamente, che non accennò neanche un sorriso.
Mi girai verso Pexit.

"Tu…tu che stai mangiando?"

"Abbiamo tutti la stessa cosa negli zaini" sussurrò facendosi giallo perchè ora tutti guardavano anche lui.

"E perché lo mangi??"

"Eh? Vabbè ci dovrebbe essere altro nello zaino. Magari prova con quello."

Tirai fuori il contenitore, impaziente, e lo aprii.
"OH MIO-" mi bloccai in tempo. Richiusi il contenitore e respirai tre volte.

"Mangiate rettili all'Origine?" dissi cercando di mantenere un tono di voce normale. Pexit si guardò intorno sperando di non essere interpellato nuovamente. Tuttavia guardavo solo lui e si vide costretto a rispondere.

"Questa è un'iguana cotta al dente insaporita di ginepro, non ho mai mangiato niente di così buono!" Disse Pexit.

Per poco non vomitavo sul mio e sul suo pasto.
"Ah certo, questo cibo viene dal Palazzo: tutto quello che mangeremo sarà un piatto gourmet." Continuò Pexit alzando la proboscide dalla gioia.
'Questo significa che non mangerò niente!' pensai sconsolato.

Tirai fuori la borraccia che era rimasta sul fondo della prima tasca dello zaino e me la misi accanto. Almeno avrei bevuto.
Ma prima dovevo verificare che in tutte quelle tasche piene di cibo ce ne fosse almeno una con qualcosa di decente da mangiare. Tentai di aprire la seconda zip ma sembrava bloccata. La tiravo e non si smuoveva di un millimetro.

"Quella la vedo già rotta!" Si prese beffe uno dei Fidati che a quanto pare non aveva smesso di guardarmi.

"Perchè non si aprono queste cavolo di zip?" dissi a Pexit esasperato

"Non si apriranno fino a domani" rispose una voce profonda di basso che anche in un altro contesto avrebbe dominato senza fatica qualsiasi rumore. Era la voce di Attilius. "Ephesto le ha progettate affinché si apra una tasca al giorno, in ognuna c'è cibo in abbondanza per tutta la giornata. Domattina ripartiamo appena la nebbia si sarà diradata e tra due giorni al passo di oggi saremo arrivati." disse

I Fidati e Pexit consumarono felicemente il pasto e io mi consolai bevendo quel succo di frutti rossi conservato nella borraccia. Aveva un gusto intenso e concentrato, quasi mi sembrava di sentire le fragoline di bosco in bocca, e tirai un sospiro di sollievo nel giudicare che almeno le bevande fossero 'normali'.

Poi Attilius ci raccomandò il sonno per recuperare le forze per l'indomani e le piccole creature lo ascoltarono subito così, accovacciate nelle loro tuniche, presto Morfeo prese il sopravvento portando troneggiante il silenzio.

O quasi.

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