8. Benvenuti all'Origine
"E quest'altro chi è?" Disse la figura sconosciuta trovandosi davanti Pexit a fargli un inchino.
"Stavo spiegando al Guardiano che lo abbiamo trovato insieme allo straniero e che-" rispondeva una guardia prima di venire zittita con un cenno.
"Andiamo con ordine: prima l'invasore." Disse lo sconosciuto in nero avvicinandosi a me ed alzando la testa per guardarmi negli occhi.
Mi osservò a lungo senza dire niente, ispezionando senza toccarmi dalla punta dei miei capelli alle scarpe rotte e sporche di terra.
Dietro di lui, un Fidato si sporse dalla porta per guardare meglio. Sul petto della sua tunica scintillava una stella con l'incisione 'Betelugeuse' scritta sopra.
"Ehc arrendo areaturc è lueq origionierp?" disse divertito. Una seconda guardia si affacciò accanto a lui e mi guardò, indossava la stessa stella ma con la scritta 'Rigel'
"È ouellq oadutc lad oielc?" domandò all'altro stupito.
La creatura in nero, che in seguito capii chiamarsi Attilius, continuava ad osservarmi, ignorando quella strana e incomprensibile conversazione.
"Am è oiscil e ooser eomc nu eaialm!" commentò Betalugeuse.
"De è ofigurats, rep oaccb! Ilg oannh eorsf oagliatt li oasn?" Continuò gesticolando all'amico che arricciò la proboscide e rise.
"Betalugeuse, Rigel non dovreste tornare dal Guardiano?" disse finalmente la figura davanti a me.
"Il Guardiano ci ha detto di tornare da lui con lo straniero. Quindi, se Sua Potenza Attilius ha osservato a sufficienza..." disse quello Rigel in una lingua comprensibile.
Eppure fino a un momento prima avrei pensato che, insieme all'altro, fossero loro i due stranieri che condividevano una lingua a me ignota.
"D'accordo...portatelo via. Quanto a quest’altro" disse la 'Potenza Attilius' riferendosi a Pexit "perché si trova qui?"
"Dicevo a Sua Potenza che-" riprese a dire la guardia che scoprii chiamarsi Spica. Era la stessa che si era imposta per non farci portare via dai Saveri e la cui autorità sulle altre guardie era così naturale da sembrare essere stato eletto a un grado più alto.
In seguito capii il motivo in quanto, ovunque si svolgesse una missione, lui era sempre chiamato a partecipare poiché tenuto in grande considerazione da coloro che erano realmente ai gradi più alti.
"Dicevo a Sua Potenza che costui è un cittadino accusato di-" riprese Spica.
"Ma non è stato lui!" lo interruppi.
Mi guardarono tutti. La creatura in nero era vigile e fredda.
"Aarlp encha!!"disse Betalugeuse.
Ormai avevo iniziato a parlare, restare zitto ora mi avrebbe fatto sembrare un completo idiota.
"Io...ho rotto il cristallo. Pexit si è trovato vicino a me ma lui non ha fatto nulla"
Pexit mi guardò sgranando gli occhi già naturalmente grandi per poi correre a nascondersi faccia al muro.
"Il cittadino non è accusato di questo" disse la guardia autoritaria "ma di furto e tentata fuga"
Restai un momento interdetto, poi credetti di capire. Il furto del mio sacchetto e la fuga dalle guardie...dovevo iniziare a tenere presente che si passava per criminali con poco. Se mi avesse ridato ciò che era mio, io lo avrei anche semplicemente potuto perdonare.
"I-io" balbettò Pexit.
"Non c'è bisogno che tu dica niente, il Guardiano Nas ha appena chiesto che sia condotto anche tu dinanzi a lui" disse Spica.
E come te l'ha chiesto se tu eri qui?
Avrei voluto chiedere alla guardia ma pensai che fosse stato meglio farmi gli affari miei.
La guardia si avvicinò e ci costrinse ad uscire, incerti e turbati, fuori da quella stanza.
"Voi andate, io ho da scambiare una parola con loro e vi raggiungo" disse Attilius prima di voltarsi verso i Severi.
Le altre guardie, i Fidati, ci condussero oltre il corridoio in pietra e svoltando l'angolo si aprì l'immensità. Tutta l'altezza della montagna scavata nel suo interno si presentava possente e maestosa. Enormi finestre scorgibili appena a grande altitudine si aprivano su, nel picco della montagna, adornate di cristalli castani che quasi ne mascheravano l'esistenza. Le pareti erano cosparse di incisioni, di figure stilizzate in bassorilievo e simboli che continuavano la loro narrazione durante tutto il tragitto lungo le scale.
Salimmo: <Primo gradino, secondo gradino> ripetendo questa sequenza almeno un centinaio di volte.
Finalmente i Fidati si fermarono davanti una spessa porta, e considerando che non vi erano altre scale per avanzare all’interno della punta della montagna, compresi che quella fosse l'ultima stanza accessibile.
Entrammo.
La stanza era enorme e maestosa, come se fosse stata in passato una grande sala da ballo. Alle murature in pietra si alternava una grande presenza del colore rosso, da cui trapelava eleganza e nobiltà. Enormi tappeti persiani erano appesi alle pareti e dal soffitto altissimo pendeva un lampadario di cristalli che splendevano inspiegabilmente di luce. Persino i pilastri in pietra erano stupefacenti, levigati forse attraverso una magia, poiché erano arrotolati su se stessi o modellati in stile clessidra.
In fondo alla stanza, dietro due pilastri finemente scolpiti, c'era un enorme tavolo ovale sopraelevato da una piccola scalinata di cinque o sei gradini. Molti Fidati erano appostati in ogni punto dell'enorme stanza ed alcuni, in piedi nei pressi del tavolo, fecero passare con un inchino un personaggio nuovo, che avrei osato pensare "surreale", eppure era davanti a me in corpo e gelatina. Egli non era verde come tutti gli altri, ma la sua pelle era rivestita da grandi macchie di vitiligine color ocra e i suoi occhi erano di un nero intenso.
Il Guardiano vestiva di rosso.
Pexit s'inchinò di nuovo, fino a schiacciare quasi la testa al pavimento.
Dubbioso, io chinai appena il capo.
"Non abbiate paura, in questa stanza non è lecito versare alcuna goccia di sangue" disse il Guardiano.
Poggiò una mano grande e viscida sul testone di Pexit invitandolo ad alzarsi. Gli sussurrò qualcosa, così a bassa voce che dubitai che Pexit stesso avesse sentito, ma lui rispose ad alta voce "I-io, E-egregio Signor Guardiano, chiedo perdono...vo-volevo scoprire il mondo e..."
"Ah la curiosità... una bella dote, sai, richiede coraggio ma anche prudenza."
"I-io" Pexit s'inchinò di nuovo "pagherò per le mie c-colpe p-potente Guardiano."
Questo sorrise increspando leggermente la proboscide, poi si avvicinò a me.
"Da dove vieni, viaggiatore?" disse
"Ehm...ecco, da una foresta con...con tanti alberi, non so se qui sapete cosa sono"
Alcuni Fidati si avvicinarono minacciosi alle spalle del Guardiano.
"Non intendevo che...volevo dire che da queste parti non ne ho visti... con tutto il rispetto, ovviamente."
"Dunque, vediamo...statura gigante, chioma sul capo, naso incredibilmente poco sporgente...conosco tutte le mie terre, eppure...
Non sai da dove vieni, mio caro?" disse affabilmente il Guardiano.
"Certo. Da una foresta dove vive la mia tribù, ci sono le tende e il Grandefaggio... a proposito ho bisogno di aiuto. La mia foresta è sotto l'attacco di Strambo"
Mi guardarono tutti come se fossi pazzo.
Riconobbi Betalgeuse e Rigel ridere di gusto dietro ad un pilastro.
"Strambo è un vulcano...ho dimenticato di dirlo" dissi abbassando lo sguardo. In quel momento cadde un mattone dal muro della mia mente e capii che della mia vita sapevo così poco ed ero così illuso da non aver mai chiesto di sapere qualcosa in più. Vivevo in una foresta, e poi? Chissà quante altre foreste esistevano, ed io non avevo che un misero posto nel mondo in una fetta di verde senza nome di cui mi era anche proibito varcare la soglia. Non sapevo niente del mondo, conoscevo solo la mia tribù.
"Ascoltami giovane" mi disse il Guardiano "puoi darmi qualche dettaglio in più per riuscire a capire da che posto provieni? Cosa vedevi, magari un'indicazione che hai sentito... conosco bene questo mondo, un dettaglio può farmi capire molto."
"I-io" cosa avrei dovuto dirgli? Sospirai e mi preparai a rendermi di nuovo ridicolo "non so che dire... c'erano i ciclamini, può essere utile? Crescono nel periodo dell'anno in cui, seppur ci sia il sole, non fa così caldo."
Il Guardiano mi scrutò con il suo volto impassibile.
In quel momento entrò la figura in nero, Attilius, che avevo visto prima nella caverna del palazzo.
"Mi son perso nulla, Nas?" disse avvicinandosi al Guardiano. Questo tacque guardandomi ancora un istante.
"Costui dice di aver visto il sole" disse lentamente.
"Il sole?" Ripeté la figura in nero, ridendo.
"Ricorre spesso nei sogni di molti. Forse il nostro straniero ha brama di possederlo...e se fosse qui con questo intento, di rubarlo..." disse facendosi serio e minaccioso.
"Solo un folle tenterebbe di rubare il sole, è custodito con la massima sorveglianza" disse il Guardiano.
"Un folle o qualcuno che non è di queste parti e ignora che lo custodisci tu." disse Attilius.
Il mio sguardo correva veloce tra i due interlocutori.
"È così? Sei qui per questo, straniero?" domandò il Guardiano.
"Non voglio rubare niente, lo giuro!" dissi
"Io non so cosa ci faccio qui né perché non sono con la mia tribù, ma sarei felice di togliere il disturbo. Se davanti a me ci fosse davvero il Guardiano...voglio dire, il Potente Guardiano dovrebbe avere il potere di rispedirmi da dove sono venuto, o sbaglio?"
Attilius si catapultò ad un dito dalla mia faccia "Dubiti nella Potenza del Guardiano? Non sai con chi hai a che fare."
Dubito nell'incarnazione del Guardiano, che è diverso.
Pensai, ma non osai dirlo.
"Dubiti di me" disse il Guardiano, come se mi avesse letto nella mente.
Rimasi in silenzio.
Capii presto che il Guardiano fosse una creatura la cui mente volava alta e veloce tra le idee, pensando l'impensabile sotto quel suo volto statico e impenetrabile. Sapeva ma non diceva, conosceva ma non accusava se non quando fosse stato certo delle sue ipotesi. Seppur non credessi che fosse davvero il Potente ed immortale Guardiano divinizzato dai credenti, potevo dire di ammirare in lui questa nobile caratteristica.
"Tu non sei un viaggiatore, non vieni da una delle terre di questo mondo, almeno, non di oggi." Disse il Guardiano Nas "Hai fatto un viaggio ben diverso, un viaggio contro il Sole- si fermò un istante -sei una creatura di un altro tempo."
Attilius arretrò di qualche passo e parve trovarsi d'improvviso assorto in un pensiero tutto suo.
"Tutti quelli che sono in questa stanza vorrei che uscissero. Betalugeuse, Rigel, voi restate. Anche tu Spica" le guardie stavano obbedendo e Pexit, esitante, usciva anche lui, lasciandomi solo in mezzo a cinque sconosciuti.
"Pexit!" Lo chiamai e gli lanciai uno sguardo che rimpiazzava le parole 'non mi abbandonare con questi qui!'
Lui mi guardò, poi guardò il Guardiano ma vedendo che il permesso di restare non gli veniva concesso, mi guardò triste e si girò.
"Puoi restare" disse all'ultimo il Guardiano, sorrisi appena vedendo Pexit muoversi con la sua corsa budinosa mentre si avvicinava a me.
Ci fu un lungo istante di silenzio, Attilius aveva lo sguardo perso, le guardie aspettavano i prossimi comandi e il Guardiano... aveva gli occhi fissi su di me come se volesse penetrare attraverso i miei.
Io lo guardavo a mia volta, senza abbassare lo sguardo. Per fortuna, alla fine, si girò altrove con andamento fiero e degno, camminò verso il tavolo in fondo alla sala e si sedette.
"Benvenuto all'Origine, creatura del futuro" disse accompagnando le parole ad un cenno che mi fece intendere di raggiungerlo e sedermi.
E così feci, e anche Pexit.
Attilius, per conto suo, si muoveva avanti e indietro tra i pilastri illusorei.
"Sono desolato per l'accoglienza che hai trovato ma non c'è tempo di perdersi in troppe parole. Il mondo di oggi rischia il collasso. Dal momento in cui hai messo piede in questo tempo, i cristalli- fece un cenno elegante con la mano verso uno dei tanti cristalli aggrappati alle pareti- hanno iniziato a rompersi, sono diventati friabili. Questo mondo ha bisogno dei cristalli."
"Non dovresti dirgli tutto, Nas. Ti ricordo che è stato il suo arrivo ad aver dato inizio ai nostri problemi." Disse Attilius risvegliandosi dal suo trance.
Lo guardai in panico e poi tornai al Guardiano:
"Non crederà che sono stato io?!" dissi.
"’Potente Guardiano Nas’...non mi è parso di sentirtelo dire" puntualizzò Attilus.
"Attilius lo crede. Bisogna porre fine a questo problema il più in fretta possibile" disse il Guardiano e notai che avesse evitato di esprimere il suo parere sulla mia colpevolezza.
"Perchè Ephesto non è ancora qui?" Chiese il Guardiano.
"È stato trattenuto da un imprevisto ma dovrebbe essere qui a momenti" rispose Spica dopo essersi inchinato con rispetto.
Vidi Pexit trasalire accanto a me.
In effetti, costui che attendeva il Guardiano non tardò ad arrivare, ma quando spuntò sulla soglia, trasalii anche io.
Ephesto, con indosso la sua tunica verde cinabro, era il fabbro di corte, esperto in tutti i tipi di lavorazione e di così ineguagliabile talento che si diceva di lui che avesse bagnato le mani in una fonte di magia.
Quando entrò e lo riconobbi cercai di portare il mio sguardo in qualunque altro posto al di fuori di quella creatura e sperai di farmi piccolo e basso quanto loro. Purtroppo per me, non riuscii a mimetizzarmi.
Mentre si inchinava dinanzi al Guardiano, lanciò a me e Pexit uno sguardo spregevole di amara vendetta.
"Scusi il ritardo Potente Guardiano, sono stato trattenuto da uno spiacevole imprevisto" enfatizzò la penultima parola e ci additò con gli occhi, mancava poco a che lo facesse anche a parole.
"Ora che sei qui non c'è un minuto da perdere, Ephesto. Hai trovato un modo per salvare i cristalli?"
"Ebbene, ho analizzato i frammenti di cristallo e cercato di capire cosa avesse potuto mutare la loro natura da resistenti a friabili."
"E?" Disse Attilius impaziente.
"E non sono riuscito a trovare niente che potesse farli tornare al loro stato iniziale. Sono riuscito a riassemblarne qualcuno ma sono come pezzi di un puzzle montati insieme dalla colla. Una volta rotti, nemmeno il mio ingegno può riaggiustarli." Ephesto abbassò lo sguardo.
Terminate le sue parole, ci fu un momento di silenzio in cui vidi il Guardiano portarsi una mano al petto e diventare, per un istante, più pallido. Poi, con tutta la sua nobiltà, ripristinò la potenza della sua figura e come un comandante dal sangue freddo, diede voce al suo secondo piano.
"Se non c'è modo di aggiustare i cristalli, da qui non si può fare molto: il problema è alla fonte, è lì che bisogna andare."
"La fonte" mormorò Attilus.
"Attilus" lo chiamò il Guardiano con uno sguardo speranzoso.
"No, Nas"
"Non ci avrebbe abbandonati facilmente"
"Non importa. Se lo ha fatto, ovunque sia, la troverò."
Gli occhi neri di Attilus scintillarono guardando il Guardiano.
"Quando partiamo?" domandò Spica
"Partiamo subito." rispose Attilus.
Lo guardai far girare la sua lunga tunica nera come l'oscurità e spostarsi rapido tra i pilastri illusorei.
****Angolo autrice****
Ciao cari/e lettori/e lettrici,
scusate per il ritardooo nella pubblicazione. Gli impegni mi sommergono e cerco di mantenere la scrittura agli apici della mia lista delle priorità, tuttavia è molto difficile. Spero possiate comprendermi🥺❤️❤️
Ad ogni modo, che ne pensate di questo capitolo? Vi sta piacendo la compagnia di Pexit e dei nostri nuovi personaggi?
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