4. La festa dei ciclamini

Non siamo fatti per ricordare tutto, nel bene e nel male, eppure mi sforzavo di aggrapparmi ai ricordi sfocati di quella che mi sembrava una vita passata e segnata da un punto. Se avessi potuto scegliere, sarei voluto tornare indietro per crescere nei miei ricordi. 


Era una calda mattina di fine agosto e Keira, mia mamma, respirava il dolce torpore dell’amore che quel giorno, appena sveglia, profumava di caffè.

Aprì gli occhi sorridendo e si rigirò fra le coperte.
“Ti sei svegliato prima di me, a cosa lo devo?” disse serena.

Nella sua visuale non c’era nessuno ma sapeva che dall’altro lato della tenda c’era il suo uomo che stava cucinando per lei. Infatti, egli attraversò il telo che li divideva e la raggiunse per darle un bacio.

“Ti sei svegliata, tesoro” le accarezzò la guancia con il naso “E’ quasi mezzo dì. Mi hai incantato a vederti dormire per ore”

“Ah ho capito. Non ti sei svegliato prima per me, sono io che ho dormito di più.” fece lei scherzando “Ed io che pensavo fosse romantico”
Risero entrambi e si accoccolarono ancora un po’.

“’Mezzo dì’ hai detto, ma oggi è…”
“Si”
“La festa dei ciclamini!” si mise a sedere di scatto. “Devo andare da Alyssa”

“Già, ma prima” la guardò ammiccando “ti va di mangiare uova calde e caffè con tuo marito?”

Keira ricambiò l’occhiata “Sono già in ritardo ma mio marito ‘cuoco’ non posso perdermelo”

Elias la baciò e si alzò per primo. “Allora dammi un minuto” e scomparve dietro il telo.

Dopo meno di quanto aveva detto, la invitò a venire. Sul tavolo di legno assemblato a mano aveva sistemato la colazione, avendo cura di mettere in un vasetto un mazzolino di fiori freschi come centrotavola.

“Ti ho portato una cosa” disse Elias e le mostrò un fiore che nascondeva dietro la schiena, un fiore dal valore simbolico ben più grande delle margherite e della lavanda al centro del tavolo. “Quando stasera staranno tutti festeggiando il primo ciclamino dell’anno, non sapranno che in realtà l’ho rubato per te.”

Keira sorrise e lo prese tra le mani.
Non avrebbe potuto desiderare una vita migliore, se lo ripeteva ogni giorno. Aveva l’amore e si sentiva piena di tutto.
“Sei proprio un cattivo ragazzo” lo baciò
“Sono un uomo perdutamente innamorato, la colpa è tua.”

Fecero colazione con la calma di tutti i giorni, come se esistessero solo loro, come se non fossero in ritardo e non fosse giorno di preparativi in tutta la tribù.
“E Okiro?” chiese Keira

“Il piccoletto stamattina si è svegliato anche prima di me. Mi ha accompagnato nel bosco a prendere quello” fece un cenno in direzione del ciclamino “dovevi vedere com’era contento”

“Farò finta di non aver capito che lo ha portato a togliere il festeggiato dalla festa”

“Festeggeranno ‘il secondo ciclamino dell’anno’ e nessuno se ne accorgerà. Poi se non te, non ci sarebbe persona più degna che potesse averlo. Comunque Okiro è voluto rimanere a giocare nel bosco” bevve un sorso di cafè “non era l’unico bambino già in piedi. Questa generazione diventerà più arzilla della nostra” rise

“Dici? Devo ricordarti che a cinque anni scappammo insieme dopo che tu ti dichiarasti davanti a mio padre?” disse Keira

“E non so come siamo riusciti a tornare a casa” continuò Elias arrossendo un pochino “ma noi eravamo l’eccezione”

“Già” ammise Keira “E questo giorno non potrà essere magico senza la nostra presenza durante i preparativi” Keira si alzò e per un momento mentre era felice le mancò il sorriso.
Elias se ne accorse subito “Hey, stai bene?”

“Si” Keira si riprese velocemente “Ho avuto solo una strana sensazione”

“Qualcosa di brutto?” disse Elias preoccupato

“Stai tranquillo” Keira tornò a sorridere “e godiamoci questa giornata. Alyssa e Ivan ci aspettano”

Fuori dalla tenda si immersero nel caotico movimento degno di una festa.
La festa dei ciclamini avveniva una volta all’anno allo spuntare del primo fiore sfumato dei toni del rosa.
Dopo i primi ciclamini la fioritura poteva continuare anche diversi mesi fino a ricoprire intere sezioni del bosco di colore dal violetto, al rosa e al bianco. Erano il simbolo di abbondanza e di amore ma, soprattutto, rappresentavano un’occasione per mettere da parte ogni astio e unirsi a festeggiare tutta la notte fino al nuovo giorno.

Ecco perché, per assicurarsi di restare svegli il più a lungo possibile, era importante preparare una grande scorta di cibo così che se i giochi si sarebbero esauriti, ci si poteva cimentare nel più efficace passatempo testato nel corso della storia: mangiare in compagnia.

La tenda di Alyssa e Ivan, i genitori di Lyvet, si era trasformata in una cucina a cielo aperto dove sarebbe stato difficile impedire ai passanti di non sgraffignare qualche frittella o tartina al tartufo.

“Alla buon’ora Keira” li salutò Alyssa non appena furono abbastanza vicini. “Non sai quanto è stato difficile difendere la cucina tra i passanti e mio marito senza nessuno ad aiutarmi. La metà di quello che ho cucinato l’hanno già anche digerita” alle sue spalle Ivan rideva sotto i baffi arricciati all’insù.

Keira e Alyssa erano molto amiche ma prima di loro si erano conosciuti Elias e Yvan.
Quando erano ragazzi, erano due terremoti nella tribù. Ogni giorno per diletto sceglievano la tenda oggetto dei loro scherzetti, come quando rubarono la famosissima torta di mirtilli della signora Rosita che, ignara, l’aveva poggiata fuori la tenda a raffreddare.
Le sue grida di costernazione si udirono per tutto il pomeriggio fino a quando comprese che non l’avrebbe più rivista e si rassegnò a farne un’altra.

E questo accadeva nei giorni fortunati per la tribù, quando i due amichetti non si sentivano particolarmente ispirati. Altrimenti non si limitavano a far sparire oggetti o togliere le sedie alle persone in procinto di sedersi, ma davano libero sfogo alla loro fantasia.

Tra i loro più grandi trofei vi è sicuramente quella mattina nel periodo del pascolo dei maialini neri. Come d’abitudine, si erano avventurati nella foresta per scoprire cosa avrebbe potuto offrirgli di buono la pioggia degli ultimi giorni. Si ritennero particolarmente fortunati nel trovare il tronco di un giovane pino caduto che che ostruiva metà del sentiero da cui sarebbe dovuta passare la mandria.

Non so chi fu il più folle da avere l’idea, sta di fatto che senza pensarci due volte, invece di spostare il tronco per liberare il passaggio, lo chiusero del tutto e si ritirarono soddisfatti in attesa di assistere agli effetti di quel misfatto. Quello stesso giorno verso ora di pranzo si udì un pesante scalpitio avvicinarsi rapidamente.

Elias e Yvan, ben sapendo cosa stesse per accadere, sgattaiolarono all’ombra del Grandefaggio per godersi la scena. Prima che gli anziani della tribù potessero impedirlo, la tribù fu invasa da una mandria di maialini neri affamati che si fiondarono sulle tavole apparecchiate rendendo quella domenica un giorno memorabile.
Dopo il matrimonio le rispettive mogli, Keira e Alyssa, non poterono che avvicinarsi condividendo l’imprevedibilità di un marito sempre pronto a tornare ragazzo.

Tornando al giorno della festa dei ciclamini, Elias salutò Alyssa e si rivolse con fare complice all’amico.
“Yvan mi hai messo qualcosa da mangiare da parte, vero?” i due si girarono per non farsi vedere, senza sapere che all’occhio di una donna non sfugge mai niente.
Da una tasca nascosta nella sua maglietta, Yvan, inaspettatamente perfino per Elias, tirò fuori degli stuzzichini al formaggio incartati in un fazzoletto.

“YVAN” strillò la moglie “se non la smetti, oltre ad essere di cattivo esempio per i bambini, stasera dirò a tutti di rivolgersi direttamente a te per il banchetto. E voglio proprio vedere come sazierai la pancia di tuo cugino Alfred!”

“Signore” li interruppe ad un certo punto mio padre “togliamo il disturbo.” Poi si rivolse ad Yvan con fare modesto “mentre loro preparano gli antipasti, noi andiamo a cacciare il piatto principale”
Elias rise e si vide arrivare in faccia uno strofinaccio. Prima che uscissero Keira gli raccomandò “Non ti scordare la fascia di protezione”

Così, mentre le donne si sbracciavano le maniche in impasti e farine e la gente iniziava a passeggiare con ghirlande di fiori al collo strimpellando tamburi e flauti di canna, i due uomini si addentrarono come mine vaganti nel bosco. La prima preda non tardò a farsi ma prima che la vera caccia avesse inizio si guardarono “Come ai vecchi tempi?” disse Yvan
“Come sempre!” rispose mio padre Elias.

Con la grinta che avevano nessun cinghiale o cervo sarebbe stato così veloce da batterli. Così fu abbattuto il primo, e il secondo, e anche un fagiano cadde al suolo con facilità.
La quarta preda, però, fu particolare.
“Io vado a destra e tu a sinistra” gli urlò Elias lanciandosi all’inseguimento di un cinghiale. Pensavano di accerchiarlo e bloccarlo in un fosso che utilizzavano da anni come trappola.

Yvan stava correndo, tutto sudato, con l’arco alla mano quando d’un tratto la sua preda sparì. La ritrovò più avanti dietro un groviglio di more, sorrise all’idea di aver battuto Elias sul tempo, prese la mira e la sua freccia centrò il bersaglio. Bersaglio sbagliato, però. Elias cadde a terra.

Intanto Alyssa e Keira avevano preparato una valanga di stuzzichini che sarebbe bastata a nutrire un esercito di cento uomini per una settimana. Avevano infatti pensato di divere gli avanzi tra i membri della tribù e consumarli con moderazione ai pranzi e alle cene successive.
C'erano così tante dozzine dei buonissimi funghi ripieni che Alyssa e Keira si convinsero a darne qualcuno ai bambini che li fecero scomparire volentieri tra un gioco e l’altro. Ricordo che io ne divisi uno con Ernest, completamente ignaro di come saremmo finiti per comportarci dieci anni dopo.

“Ohibò quanta carne avete portato” disse Alyssa chinandosi sul sacco che Yvan si era appena tolto di spalla.

“Stavo per finirci anche io in quel sacco” disse Elias portandosi uno spiedino di pomodori e olive alla bocca per consolarsi.

“Come?” domandò Keira.
I due si lanciarono un’occhiata.

“Stai tranquilla, per fortuna mi avevi fatto mettere questo panciotto da spaventapasseri” si tolse la maglia e slacciò la spessa fascia di cuoio dove era evidenziato un piccolo foro al centro del petto. In corrispondenza di esso, sulla pelle chiara emergeva un segno violaceo tendente al rosso.
“Prevedi sempre tutto. Sarei letteralmente un uomo morto senza di te” continuò Elias dandole un bacio sulla fronte.                                                                                                                                                                                                                                                                               
La sera giunse fulminea incoronando la quiete e le stelle sovrane.
Mani avare trovarono il buono in quella notte sognante per la grazia di un fiore.
Falene verso la luce, la tribù si raccolse attorno ai petali chiari del fiero ciclamino che si impadronì senza remore delle odi che invece spettavano al vero primogenito della terra.

Questo, intanto, sedeva sereno in un vaso nel buio di una tenda vuota e si stupiva come un bambino di quanti infiniti cambiamenti possano varcare il futuro, che sono ossigeno nuovo in una stessa dimora.

Nel bosco, il tempo fu divorato dal cibo e dai balli. Il cugino Alfred banchettò come se il suo pancione non avesse fondo imponendosi l’obbligo morale di assaggiare una porzione di tutto ciò che camminava nei vassoi passando tra le mani dei presenti.

Yvan non amava ballare ma Alyssa riuscì a sedurlo per due o tre balli. I miei genitori, invece, danzarono dalla sera alla notte fino al principio del nuovo giorno. Ballarono tenendomi in braccio, o sulle spalle di mio padre, e quando mi addormentai, ballarono ancora, nell’intimità dei loro sguardi o nella follia della felicità. Inebriati l’uno dell’altro, sembrava che la vita di dieci persone fosse contenuta in quelle sole due anime che l’amore avrebbe tenuto unite per sempre.

Ma il destino non volle questo per loro.

Nei meandri dei ricordi che il mio stato di dormiveglia mi permette di ricordare, vidi mia mamma alzarsi prima che i raggi del sole inondassero l’aria. Sembrava che qualcosa la stesse chiamando, lontano dagli altri, lontano da me e da mio padre.
Ricordo vagamente una sagoma sfocata scomparire dietro ad un albero. Avevo solo tre anni.
Quello fu l’ultimo giorno che la vidi, il mio ultimo giorno di libertà.


••••••Angolo autore•••••••
Caro lettore,
mi scuso per il leggero ritardo nella pubblicazione di questo capitolo.
Esso è una portale che ci apre al mondo nascosto del nostro Okiro, ricordandoci che dentro ognuno di noi vive una storia.
Spero che il viaggio ti stia piacendo, tieni la cintura allacciata e reggiti forte.❤️

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