14. Colpito e spezzato

“Oh pexit c’è mancato un pelo!” dissi poggiandomi una mano sul cuore martellante.

“Io provavo a dirtelo ma tu non i ascoltavi” disse Pexit.

“Sul serio Pexit? Magari la prossima volta sii un po’ più diretto a dire ‘lì c’è una chiave’, d’accordo?”

“Fenicottero…dobbiamo tornare indietro” affermò Pexit.

“Sei folle?”

“I miei amici sono ancora lì sotto, devo liberarli.”

“Quali amici?”

“Le altre creature, imprigionate come me fino a poco fa” disse con ovvietà “e poi rivoglio la mia tunica…con questa veste selvaggia la gente penserà ch’io sia così rozzo e brutale.”

“Cosa ti importa di quello che pensano” dissi alzandomi e facendo alcuni passi sulla scia dell’uomo che quella notte stessa avrebbe compiuto un omicidio.

Pexit mi tirò per i pantaloni con una presa inaspettatamente forte. “AaaAA fenicottero, non mi ascolti di nuovo! I miei amici sono da questa parte, non di certo là dove stai andando ”

“Ti ho sentito Pexit” feci un profondo respiro e mi abbassai alla sua altezza ”Per compiere grandi cose bisogna essere disposti a sopportare grandi sacrifici.”

“Non capisco” gli occhi di Pexit si ingrossarono di lacrime “tu non vuoi darmi una mano a salvarli, fenicottero?”

“Cerca di capire, se torniamo lì sotto l’uomo che ti ha catturato, Dominic, potrebbe farlo di nuovo e sia io che te finiremo complici di un omicidio che potevamo sventare.”

“No, non puoi farmi questo”
Mi si riempì il cuore di tenerezza.

“Ti ho salvato, Pexit, e lo rifarei altre mille volte”

Pexit indietreggiò, ferito.
“E ora ti comporti proprio come ha fatto il Potente Attilius con Icarius ed Earendel… dicendo di salvare qualcuno, lasci indietro noi”

“Pexit mi dispiace tantissimo, devo correre, mi dispiace” dissi con un peso nel petto.
Stavo facendo la scelta giusta. Dovevo farlo.

“Si, anche io devo andare anche io…a salvare i miei amici” disse Pexit voltandosi e il suo AAaaaa afflitto e tradito lo accompagnò durante la corsa verso quella dannata porticina.

Non ero un mostro. Dovevo salvare quell’uomo, mi ripetei.

Un secondo. Rimasi sospeso per un lungo secondo tra il seguire Pexit, proteggerlo e salvare quelle creature o andare verso l’uomo innocente che stava per essere ucciso in nome del Mangiatempo in un mistero di cui non riuscivo a venire a capo.
Fu un solo, lungo secondo.
Non voglio essere un mostro.

“Fermi, vi prego di non spaventarvi, non userò quest’arma contro nessuno di voi” disse Jack.

Mi tremavano le gambe dall’angoscia e la paura che gli scaricavo addosso. Dovevo impedire a Jack di sparare Tiago. Dovevo essere più veloce.
“Vediamo se siete stati attenti, qual è il suo nome?”

Il sottopalco ospitava una stanza di ristoro per gli artisti prima di andare in scena. Il mio piano era di impedire a Tiago di esibirsi convincendolo a dar retta al suo istinto che già aveva preannunciato il pericolo.

Quando raggiunsi la tenda pullulante di persone l’assassino sedeva come la prima volta in fondo alla fila chissà quante volte era stata la sua postazione d’analisi del bersaglio e progettazione dei dettagli della sua vittoria.
Tiago era già sul palco.

Credevo di avere più tempo. Ero in un catastrofico ritardo.

“Vedete, questo è il momento prima che un piccolo proiettile rosso s’incastrerà tra i suoi occhi e poi sbucherà dall’altro lato della testa.”

Che potevo fare adesso? Ero in preda alla disperazione.
Avevo ancora 90 secondi, ricordai.
Balzai fuori dalla tenda con i fulmini sotto le scarpe ed entrai senza bussare nella piccola bottega della strega.

“Okiro” mi guardò, non ricordavo di averle detto il mio nome.

“C’è poco tempo, un uomo, l’illusionista, verrà ucciso sul palco stanotte”

“Come avverrà?”

“Un proiettile…lo dividerà a metà”

Mi sorpresi io stesso delle risposte che sapevo dare.
“Prendi questo” mi diede un fischietto d’avorio “guarda intensamente l’oggetto che vuoi comandare e il fischietto farà in modo che tu ne sia il capo. Ora corri.”
Fu esattamente quello che feci, con il cuore ormai sotto le scarpe.
“-a Tiago non restano di vita intera che 3,2,1…”

Il sibilo acuto e penetrante dell’aria che soffiava nel piccolo oggetto che avevo portato alle labbra si interpose tra Tiago e il prodigio della morte.

La piccola sfera nera mortale vibrava sospesa e resa immobile dal mio sguardo.
Il fischietto funzionava alla perfezione
Tiago mi guardava, il pubblico spaesato si domandava in cosa consistesse la fine del numero.

“Vieni, vieni verso di me” pensavo fissando il proiettile per fargli cambiare direzione “vieni verso di me, esci dalla tenda e poi vola in cielo. Avveniva tutto come speravo, stava andando tutto bene.

Il proiettile mi stava raggiungendo , tutta la mia attenzione era concentrata su di esso da non percepire la minaccia alle mie spalle che mi scaraventò a terra.

“No, no, no” sospirai
Persi il contatto visivo con il proiettile che come attratta da una calamita ritornò sulla linea d’azione dello sparo e fece il suo percorso naturale.

Uno sparo nel vuoto.

Il mio viso era schiacciato al suolo e una persona che non potevo vedere mi teneva premute le mani dietro la schiena schiacciandomi un piede addosso.
Jack aveva gridato dal terrore, lasciando cadere la pistola che teneva in mano, che non avrebbe mai dovuto uccidere nessuno.
Sentii il bastone marciare sul suolo al passo dell’assassino a piede libero.

Tiago, dov’era Tiago?

Ricordo le scarpe lucide fermarsi davanti a me, il bastone d’oro che si sollevava e poi un altro colpo freddo e ovattato.
Il pubblico iniziò a gridare, si agitò cercando l’uscita mentre il caos dominava su quell’orribile spettacolo.

“Sei dei nostri?” disse l’uomo col bastone macchiato del sangue della sua vittima a colui che mi teneva immobile.
Sentii una puntura sul braccio e poi i miei ricordi si fanno sfocati. Mi voltarono, avevo la vista annebbiata.

Nel piccolo orizzonte che si dibatteva tra le mie palpebre e il sonno indotto riuscii a scorgere una figura appannata arretrare davanti al mio sguardo morente.

Era stato Stiven a sabotare il mio piano.

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