12. Diviso a metà
"Okiro guarda, piume bianche! Lo sai che significa questo?"
La voce di Lyvet. Il mio bosco. Casa.
"Sta per iniziare tutto, me lo sento. Immagina catapultarsi in una storia assurda, dire addio alla monotonia di una giornata normale ...una di quelle avventure con intrighi, misteri, magia..."
"Lyv non correre troppo, magari è una specie di uccello che non conosciamo." Dico io
"È come cenere bianca, un merlo dalle piume candide non lo avevo mai visto! Vedrai che ho ragione." Mi risponde gioiosa.
Le credo, per me è molto facile farlo, per quanto incredibile possa essere la sua esclamazione.
《Ed ecco a voi, nei meandri dei pensieri cosa vibra nella vostra mente o meglio ancora, cosa barcolla. 》diceva una vice amplificata. 《Signori miei, rimarrete affascinati da cosa non è o è la realtà, dallo spazio e il tempo stravolti, vi perderete e troverete voi stessi, ma ricordate...dietro il fascino c'è l'illusione, e l'illusione è il braccio della magia. Questo ed altro al circo del Coniglio Bianco. 》
Mi guardai attorno e vidi un cumulo di persone sbottare in una fila scombinata per raggiungere un tendone arancione mandarino. All'interno riuscii a vedere un uomo seduto ad un tavolo che distribuiva fogli dello stesso colore sfavillante.
Alle mie spalle c'era un grande cartello con su scritto "1 ticket a 1 desi, sconto 3 ticket a 2 desi"
È da lì che dovevo essere saltato fuori, come fossi stato risucchiato in un portale collegato a questo.
Incredibile. Era incredibile che stesse succedendo a me, un semplice ragazzino dei boschi. Mi sembrava di star continuando a sognare, una di quelle volte in cui ti addormenti e fai più di un sogno di fila. Se era davvero così, non aveva senso pensare troppo: tanto l'indomani mi sarei svegliato e avrei avuto modo di rifletterci su, ma adesso...in un sogno si può fare tutto quello a cui la mente può arrivare.
Immerso in questi pensieri mi avvicinai al tendone e presi posto nella fila di persone.
Più la fila si faceva corta e più riuscivo a notare i dettagli di quel cassiere. Era un uomo alto ed elegante, seppur vestito con una giacca a strisce alterne di verde smeraldo e rosso carminio, con il papillon dello stesso verde intenso.
Per ogni persona prendeva una scatolina della grandezza variabile in base al pacchetto scelto per l'acquisto del biglietto.
La coda di persone rimpiccioliva e, pagato il biglietto, si muoveva come un serpente diretto verso il circo.
"Un ticket" Mi domandò il cassiere.
"Ehm..si, non credo di avere altre due persone con me" dissi guardandomi attorno. Se avessi trovato Stiven e Pexit avrei anche potuto avere lo sconto!
L'uomo mi porse una scatolina dalle dimensioni di 10 × 7×5 cm.
Io la presi in mano e mi avviai verso il circo non capendo bene a cosa mi servisse.
"Giovinotto torni indietro, non vorrei farla rinchiudere all'istante nel seminterrato"disse l'uomo mantenendo un tono di voce calmo. Io mi guardo indietro per capire se casualmente ce l'avesse con me e...si, guardava proprio me!
"Che cosa non ho pagato? Io credevo di...non lo so. Che devo darle?"
"La scatolina..."
Io presi la scatolina e la ripoggiai sul bancone.
"È vuota, deve pagare" Mi disse guardandomi come se fossi un imbroglione.
"Guardi, le chiedo di avere un po' di pietà con me, sono nuovo da queste parti. Come posso pagare? Non sono sicuro di avere alcun "desi" con me."
L'uomo mi guardò incuriosito e una scintilla fu come un lampo nelle sue iridi.
"Andiamo giovanotto, sforzati un po', avrai sicuramente desideri che ti porti dietro. Oscuri, gioiosi, sogni d'amore inespressi, ambizioni di vita...non posso veder povero un giovane della tua età."
"Mi scusi, non sono sicuro di aver capito...le devo raccontare un mio desiderio e avrò pagato il biglietto?"
L'uomo mi guardò ancora più incuriosito.
"Devi metterlo nella scatolina. C'è chi glielo sussurra sul fondo, chi ha desideri così preziosi da riuscire a trasmetterli con il pensiero in questo contenitore. Poi lo custodirò io, ti prometto che non farò aprire la scatolina da nessuno. Comunque da dov'è che vieni?"
"Da molto lontano" afferrai la scatolina, la aprii e cercai di pensare a quale desiderio metterci dentro.
"Ti prego fa che il Mangiatempo Ernest non faccia del male a Lyvet. Fa che non glielo abbia già fatto, ti prego." Pensai intensamente.
Il cassiere mi guardò e per un istante imbarazzante io non seppi cosa dire, se avessi pagato oppure no, se dovevo andar via o potevo entrare nel circo.
"Riprova ragazzo, focalizzati sul tuo desiderio."
Capendo ben poco di quella strana forma di pagamento, ci riprovai.
"Ti prego fa che Ernest non abbia fatto del male a Lyvet, che il Mangiatempo non le abbia fatto del male, ti prego." Sussurrai
La scatolina si sigillò ingrossandosi un po' davanti ai miei occhi: sembrava troppo piccola per contenere quello che c'era dentro, come una valigia compressa sul punto di esplodere tutti i vestiti che ha dentro.
"Va bene?"dissi
"Bene giovanotto, hai espresso due desideri invece di uno, quindi ecco a te 3 ticket"
"Ne è sicuro?" II ne avevo espresso uno.
"Sono sicuro di saper fare il mio lavoro" Mi rispose come per farmi un rimprovero dal tono scherzoso.
Io presi i miei tre biglietti e finalmente mi avviai al circo. -Che strano modo di pagare- pensai. -Se in tutto questa epoca sulla linea temporale i desideri sono ricchezze, non è che sono milionario? -
Ridacchiai al pensiero e mi diressi su un sentiero indicato da una freccia come《Accesso a te stesso》.
La musica giocava con lo spazio saltando dentro e fuori da un prodigio di magia ad un altro.
Il primo trucco illusionistico che mi fermai ad osservare era presentato dal cartello "Diviso a metà".
Incuriosito, entrai nel tendone e mi accontentai di restare in piedi appena all'ingresso poiché tutti i posti a sedere erano occupati, ognuno con in volto un'espressione stupefatta e sbalordita.
Lo spettacolo era già iniziato, le luci erano divampate dal palco accompagnando i movimenti della mano guantata e il cappello a cilindro dell'uomo che li maneggiava, quindi non mi restò che integrarmi agli applausi precedenti il suo ultimo numero.
Salì sul palco un altro uomo, basso e con i baffi arricciati all'insù, che puntò una pistola a pietra focaia verso il suo compagno.
"Fermi, vi prego di non spaventarvi. Non userò quest'arma contro nessuno di voi" disse puntandola verso il pubblico. Un po' di agitazione emerse nella sala ma presto si confuse con il desiderio di scoprire l'evoluzione del numero.
"Il mio nome è Jack e adesso dividerò perfettamente in due metà il bel faccino del vostro illusionista. Vediamo se siete stati attenti: qual è il suo nome?"
"Tiago!" rispose un eco di voci tra il pubblico.
"Mmh bravi. Vedete, questo è il momento prima che un piccolo proiettile rosso s'incastrerà tra i suoi occhi e poi sbucherà dall'altro lato della testa. Sapete quanto dura un momento?"
Tutta l'attenzione era riservata su di lui e Tiago rimaneva immobile sul palco.
"90 secondi. Quasi tutti questi granelli di tempo sono volati via da quando ho preso in mano lo show e continuano a cadere inesorabilmente ad ogni singola parola che pronuncio. Con tutto questo temporeggiare, a Tiago non restano di vita intera che 3,2,1..." il colpo di proiettile partì violento sferzando l'aria e giunse perfettamente a destinazione, incorniciando il suo sguardo di un terzo occhio.
Questi si inabissò nel suo cranio, lo perforò e con difficoltà ne evase schiantandosi in un bersaglio posto appositamente per intrappolare il proiettile. Tiago si stava aprendo a metà come un foglio di carta strappato.
La cosa strana che lasciava credere ci fosse un intervento magico in atto, era che non una goccia di sangue fuoriusciva dal suo corpo sezionato longitudinalmente. Bensì delle nuvolette intense evadevano dal suo cervello e dal suo cuore nudi davanti al pubblico.
"Signori miei, se solo sapeste cosa fossero questi segni di fumo non sareste ancora lì seduti con le mani in mano. Ebbene, ve lo dico io?"
Nessuno fiatava.
"Solo un eccellente miratore come me che non sbaglio mai un colpo, poteva colpire perfettamente la sfera emozionale di una persona. Ad evadere dal suo corpo sono i desideri, profondi e personali, grandi e segreti... Nessuno ha voglia di diventare ricco?"
Il frangente di silenzio in cui la notizia vibrava nell'aria prima di essere recepita si trasformò presto in tumulto. Il pubblico, da cui io cercavo di estraniarmi, si muoveva con ferocia spinto dalla sete di guadagno...cosa importava che un uomo fosse aperto in due e svuotato della propria essenza?
L'avidità è misera di desideri e rende burattini del cinismo.
Jack rise "Fermi, fermi, fermi o Tiago mi ucciderà. E' il momento di rinsavire, tutti noi, e ridare unità ad un corpo a metà."
Così dicendo sparò un altro colpo, piccolo e rosso che passò come un soffio nello spazio che intercorreva tra le due parti del povero Tiago. Come frutto di un incantesimo i desideri che man mano stavano volando via rientrarono come pulcini al nido nel loro proprietario e ogni ferita si ricompose, restituendo l'anima a Tiago che affannosamente tornò a respirare la vita.
Il pubblico, che già era in piedi, scoppiò in un applauso fragoroso.
Fischi di acclamazione, grida di complimenti accompagnarono la fila scomposta delle perone che prima di allontanarsi volevano stringere le mani di Tiago e Jack, quest'ultimo intento a raccogliere gli esiti di un simile successo.
Io non riuscii a muovermi, incapace di lasciarmi alle spalle una simile esperienza. La gente mi passò accanto, svuotando la stanza e lasciando vuote le sedie.
Rimasi solo io, il palco sgombro e un altro signore dalla pelle scura seduto ancora nelle file posteriori. Sopra alla camicia indossava un panciotto nel quale era elegantemente sistemato un fazzoletto di seta.
Un medaglione d'oro gli pendeva dal collo e in mano aveva un bastone con un serpente d'oro su cui risaltavano due grandi occhi verde smeraldo.
Jack e Tiago erano già dietro le quinte e non potevano sapere di avere ancora pubblico. Avevano iniziato a discutere. Sentii Tiago esclamare "Io non lo voglio più fare, basta, non ci sto più!" e Jack rispondere "Ma scherzi? Hai idea del successo che stiamo riscuotendo?"
"Gli altri numeri posso farli ma non voglio più essere sparato e diviso a metà" diceva Tiago
"Tiago è proprio questa la ciliegina sulla torta, la gente non si accontenta di vedere farfalle uscire da un fazzoletto. Vogliono altro, il pubblico vuole stupirsi, restare esterrefatto, crogiolarsi nel dubbio e nella suspence..."
"Ho capito ma tu non mi ascolti. Io non voglio più fare l'ultimo numero."
"Ma insomma, perché? Tu sei nato ricco, hai forse paura che ti farò derubare dal pubblico? Ancora non capisci che se continuiamo così la gente pagherà profumatamente per assistere al numero? Ci staccheremo dal circo, ne apriremo uno nostro e-"
"Non si tratta di ricchezza Jack. Io sento di non doverlo più fare. Ogni parte di me continua a ripetermi di smettere."
"Tiago..."
Le parole caddero nell'oblio quando un signore dalla divisa arancione, dopo essersi avvicinato a noi e averci rammentato che non dovevamo essere lì, ci invitò ad uscire... invito che non poteva essere rifiutato.
Abili acrobati, ironici giocolieri si esibivano al circo del Coniglio Bianco e ogni esibizione era capace di stupire e lasciare lo spettatore con le labbra schiuse e gli occhi sgranati. Vidi cerchi di fuoco issarsi metri dal suolo e ricadere in equilibrio su uno spiedino tenuto in bocca dalll'"Infiammatore d'anime", come diceva il cartello all'ingresso.
C'era un bambino di pochi anni con un palloncino ad elio alla mano che urlava "Lì, mamma lì! Voglio andare lì" indicando quella che dall'esterno sembrava una piccola bottega di cianfrusaglie dal nome "Quello che non vedi...in te".
"No, lì non è il posto per te. E' per i grandi, tu sei ancora piccolo"
"Ma mamma!"
"Guarda quello, vedi, sta scritto "Sulle ali di Pegaso", non ti piace di più?"
Il bambino riflette un istante "Potrò volare?" domando illuminandosi.
"Beh possiamo scoprirlo"
"Si! Si! Andiamo, andiamo!"
Io mi fermai davanti alla piccola bottega che probabilmente, se non me l'avesse fatta notare il bambino, non avrei neanche visto. Pensavo alle parole della madre -Lì non è il posto per te, è per i grandi- e una gioiosa e un po' meschina sensazione mi guidò ad entrare.
Non avevo nessuno che mi dicesse cosa potessi o non dovessi fare.
Al mio ingresso un campanello di conchiglie segnò dolcemente la mia presenza e una donna anziana, incurvata sul suo bastone, mi rivolse il suo sguardo avvolto in una cornice di rughe.
"Ragazzo accomodati, ti raggiungo tra un attimo" disse mettendo da parte alcune fiale da cui evaporavano bollicine.
Mi sedetti su una delle due sedie accostate ad un piccolo tavolo. Un orologio a cu-cu dalla forma di un gufo scandiva i miei pensieri.
Destra, sinistra- destra, sinistra.
C'erano mensole strapiene di oggetti dall'aura misteriosa, fischietti, orecchie plastificate in barattolo, denti di animali come ciondoli di collane. Fili d'edera si arrampicavano alle pareti, macchie di muschio andavano alla conquista de pavimento.
Il bastone strisciò stridente per terra.
"Dimmi ragazzo, perché sei qui?" la vecchia si sedette di fronte a me. Sul tavolo c'era un planisfero trasparente in cui si agitavano nuvole viola.
"Non dovrebbe dirmelo lei?" dissi
La vecchia sorrise "Vuoi che ti legga i pensieri?"
Non era una domanda ironica, il suo tono era come quello di un venditore che chiede all'acquirente se vuole acquistare quel preciso prodotto.
"Può farlo?"
Non tentennò minimamente: "Riscatto. Te lo si legge negli occhi. Sei evaso dalla tua gabbia e stai provando come funzionano le ali. Mmh e sei tormentato dall'angoscia, preoccupato per qualcuno, si, per tante persone in effetti."
Se aveva buttato ad indovinare dovetti ammettere che aveva centrato bene il bersaglio.
Eppure tutti sono preoccupati per qualcuno, no? Era carta facile da giocare.
"Posso fare altro per te?" mi domandò penetrandomi gli occhi. Il suo sguardo mi catturò in un vortice di cui in principio non distinguevo l'origine.
"Quali sono i suoi numeri? Come stupisce il pubblico? Non dovrebbe cercare di incantarmi con qualche trucchetto magico?"
Lei sorrise di nuovo, divertita da me.
"Lo stupore è la conseguenza alla scelta di credere all'inverosimile. Se non ci credi non ti stupisci."
Mentre il suo sguardo mi scrutava cercavo di rammentare dove avessi già visto quegli occhi di zaffiro nero.
"Il mio tempo è prezioso quindi per l'ultima volta ti chiedo: perché sei qui? Quale risposta cerchi davvero? Non ti capiteranno spesso persone a cui puoi fare inimmaginabili domande eppure siedi qui davanti a me perdendo questa occasione."
Inimmaginabili domande... Dentro di me rivissi tutti i miei dubbi: chi ero? chi stavo diventando? credente o diffidente?
Una serie di momenti riaffiorarono nella mia mente.
La voce di Lyvet si ripeteva in testa -è colpa tua che mi stai facendo diventare diffidente-
Colpa mia. Era colpa mia.
Mio padre era lì, seduto sotto il salice, con gli occhi gonfi e la fiaschetta alla mano e mi diceva -è stata uccisa-
"Mia madre" sussurrai senza sapere se parlassi nella mia testa o nel mondo reale. Ogni pensiero s' agitava, si scavalcava in una confusione imperiosa che non riuscivo a frenare.
-Che cosa hai fatto?- il volto di Ernest grondava di sangue. Potevo essere io un assassino. Ero un assassino?
-Credi che tuo figlio vorrà seguirti?- -Mi seguirà-
Avevo quasi ucciso il quasi assassino di Lyvet mentre mio padre cercava ancora l'assassino di mia mamma. Lui non sapeva che anche io, suo figlio, avevo le mani sporche di sangue. Ero un mostro.
Lo confermavano i cristalli dell'incubo in cui mi trovavo dove sarei stato ancora una volta assassino di migliaia di creature. Ero arrivato io e il loro mondo era iniziato a crollare.
Omicida del mio futuro. Omicida del futuro dell'intera umanità.
Era a questo che serviva finire alle Origini del mondo? Capire che pessima persona fossi?
Mi batteva la testa al punto che pensai di voler porre fine a tutti quei tormenti. Ma forse non meritavo neanche quello, dovevo soffrire. Ero un mostro.
"Okiro" una mano mi si poggiò sulla spalla e tutto si arrestò di colpo. "Tu sei mio figlio e so che non sei niente di tutte queste orribili cose a cui stai pensando."
Mi girai in tutte le direzioni cercando il suo volto. Era la sua voce, ne ero certo. Volevo correre ad abbracciare mia mamma ma nella stanzetta c'eravamo solo io e la vecchia signora che era in silenzio a guardarmi.
"Tesoro mio tu potrai sempre scegliere: scegli il bene, scegli ciò che senti dentro e scoprirai di avere già molte delle risposte che cerchi"
Piangevo senza riuscire a smettere mentre ancora cercavo disperatamente mia mamma.
"Io sono qui. Non potrai sempre sentirmi, non posso parlare con tuo padre. Devi farti strada da solo. Sei più coraggioso di quanto pensi"
-Non andare via, ti prego, non te ne andare- pensai
"Io sono sempre qui. E' il momento che tu creda in te. Cedi in te" disse il momento dopo sentii una presa forte e calda avvolgermi tutto. Percepii la sua pelle nascondermi dalla tristezza, consolarmi di ogni ferita. Lei era lì solo che io non potevo vederla, come molte risposte di cui non riuscivo a formulare nemmeno la domanda.
Riaprii gli occhi e respirai il silenzio.
"L'hai vista, non è vero?" disse l'anziana strega che forse mi aveva appena mostrato un suo prodigio. Annuii e fui pronto a domandare. Ma prima...diedi una risposta:
"Ora so dove ho già visto i suoi occhi: sottoterra, prigionieri dei Severi all'Origine"
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