𓆩XXXV𓆪

«Ormai i bambini sono alla decima settimana, non posso prescriverti la pillola»

Gli disse il medico di base dall'altra parte del telefono.
Giglio restò con lo sguardo fissato a terra, guardava le punte delle sue scarpe e solo ora gli sembrava di poter notare la sua pancia.

«Io non li voglio questi bambini»
Disse arreso, assalito da incertezza e rimpianto.
Ma nuovamente la donna gli negò le pillole. Ciò condusse Giglio ad agitarsi assai, provò molta rabbia verso di sé e i due gemelli.

Ordunque chiuse la chiamata, il telefono volò dalla cucina al soggiorno, dove atterrò sul morbido divano. Giglio andò verso la camera e dal cassetto prese il portatile di Walter, senza attesa e titubanze, quando il dispositivo si accese navigò subito in rete e compose ciò che la sua mente disperata meditava.

Ma mentre digitava sulla tastiera le lettere, Walter si presentò in asciugamano in camera, uscito da una breve e calda doccia.
Sapeva che un sobbalzo o anche solo un sussulto avrebbero allertato Walter, ma egli alla sua vista non riuscì a trattenere il singhiozzo.

«Giglio che stai facendo?» domandò, ancora ignaro delle intenzioni del compagno.

«Niente...» balbettò Giglio, rimproverandosi subito per l'incertezza nel tono. Walter oramai lo conosceva abbastanza bene da riuscire a capire che gli stesse celando qualcosa, ordunque si avvicinò cauto al portatile, e quando vide sullo schermo ciò che Giglio stava compiendo, il suo cuore traboccò.

«Mi dispiace...» sussurrò Giglio, colto da dolore e imbarazzo.

Walter si sfiorò la bocca, insicuro se trattenersi o sfogarsi. Ma la collera in lui divampò in fretta e non poté non reagire, era più che indignato, tremendamente deluso.

«Va bene, sai cosa allora? Ammazzali! Ammazza pure i bambini, tanto perché ti sei ingravidato da solo non è così? Non riesco proprio a credere che ne saresti veramente capace, uccidere due vite innocenti»

La sua voce fece vacillare il compagno, che terrorizzato interruppe l'operazione uscendo dal sito e chiudendo il portatile. Non aveva né scuse né giustificazioni da cedere, l'unica cosa che poteva dire era la verità, ma temeva troppo di ferire e confondere l'amato.

«Giglio io...» fremette Walter con le mani tra i capelli.
Giglio non mosse osso, restò rigidamente fermo a sedere sul letto con la mano ancora appoggiata al portatile.

«Vestiti» concluse Walter, il tempo purtroppo non era dalla loro parte, era domenica, il pranzo di famiglia gli attendeva.

Giglio si alzò dal letto e si avvicinò al proprio guardaroba, mentre selezionava gli abiti, sbirciò Walter da dietro l'ala del mobile e gli disse.
«Ti prego, non voglio che nessuno lo sappia»

Ma Walter non rispose, proseguì a prepararsi.

«Okay?» domandò Giglio, ma nuovamente il vampiro non gli cedette risposta.
«Walter? Sono serio, non...»
«Giglio ho capito, ti ho sentito» tuonò togliendosi l'asciugamano per potersi spalmare la crema e vestirsi.
Giglio lo guardò ammaliato, ma il piacere venne prevalso da un'acida amarezza. Se non per il conflitto, in questo momento sarebbero già legati uno all'altro nel fulcro del letto.

«M-ma me lo devi promettere...» balbettò a bassa voce, timoroso di farlo arrabbiare ancora di più, ma Walter non rispose.

«Giglio muoviti che dobbiamo andare» avvertì.
Giglio prese un paio di pantaloni color cachi e un maglioncino bianco latte, il suo preferito, perché comprato dal suo compagno.
Walter lo guardò, se lo ricordava, glielo aveva regalato una sera durante una cena romantica in balcone.

«Lo hai messo al rovescio...» disse.

La tenerezza nella sua voce lavò da Giglio ogni dispiacere, era come se lo avesse appena medicato, assolto dal dolore per un istante.
Gli si avvicinò e lo aiutò a sistemarsi, Giglio fu inabile di guardarlo, tuttavia, nemmeno gli occhi di Walter lo cercarono, poiché concentrati a sistemare sul maglioncino e a privarlo dai pelucchi.

Dopodiché, lo invitò a sedersi sulla sedia davanti lo specchio, colse il pettine e cominciò a passarlo tra i suoi capelli.
Giglio restò con lo sguardo fisso al proprio riflesso, il pettine sembrava muoversi di volontà propria.

«Ouch» esclamò flettendo leggermente il collo.
«Avevi un piccolo nodo» lamentò Walter.
«Walt, sei arrabbiato con me?» domandò Giglio, strozzandosi la manica del maglione.
Non poteva vederlo dal riflesso, dunque non poteva immaginare quale espressione era dipinta sul suo viso.
«Tu credi che debba esserlo o non?» rispose lui, posizionando il compagno sopra la lama di un coltello.

Fu Giglio questa volta a non rispondere, non sapeva cosa dire.
Quei bambini non solo potevano essere figli di Vittorio, ma anche dei vampiri. E l'idea di accudire, crescere e istruire due vampiri lo spaventava assai.

"Sono nel mio grembo, tutti e due..." Pensò orrificato sfiorandosi, ma poi venne improvvisamente assalito da un macabro pensiero.
Sussultò, allertando Walter alle sue spalle.
«Cosa?» chiese.
«N-nulla» rispose, terrorizzato da ciò che la sua mente aveva sgravato.

Una gelatinosa e nuda creatura che divideva le sue membra per poter uscire alla luce, divaorandogli le pareti e il fratello accanto.

«Andiamo?» balbettò.

Walter annuì, appoggiò il pettine e insieme si diressero verso la porta.
Giglio prese con sé la sua borsetta a tracolla, assieme a timore e pensieri.









Tempo dopo...

Giunti al pranzo, Giglio e Walter vennero accolti e calorosamente salutati dai parenti.
Oramai essi erano abituati alla presenza di Giglio, il compagno umano di Walter. Sebbene alcuni di loro lo trovassero leggermente ambiguo, nessuno sembrava essere veramente turbato da lui e la sua umanità.
Si era rivelato come un ragazzo per bene, elegante e raffinato, rispettoso e quiete. Un'ottima compagnia per Walter, sua madre Odette lo adorava, considerandolo già di famiglia.

Si accomdarono a tavola, quel mattino pure Davis, il cugino di Walter era presente, poiché sua madre si era presentata di sua volta per salutare la sua cara amica Odette, seconda moglie di Vittorio.

"Egli non è presente oggi" pensò Giglio guardando la sedia del capotavola vuota, ma pensò che fosse da qualche parte per sistemare affari o per trascorrere il tempo con la sua terza moglie e i suoi figli.

«Lo zio?»
Domandò la cuginetta di Walter al cugino maggiore, quest'ultimo le rispose che forse era fin troppo impegnato per poter venire.
«Ma l'altra volta mi aveva promesso che mi avrebbe portato un giocattolo dall'Europa» lamentò affranta, ma la sua tristezza desisté quando a tavola vennero servite le prime portate.

Cuore di lepre con salvia e rosmarino, accompagnati da spiedini di frutti di bosco e una coppa di sangue colomba.

Nel piatto di Giglio però, c'era una bistecca di manzo ben cotta e patate al forno, mentre nella coppa piuttosto del sangue c'era del semplice vino rosso.
Fece per bere, quando Walter gli sottrasse la bevanda.

«Amore, non sarebbe saggio bere ancora dopo la serata di ieri, non credi?» e stemperò il disagio con una risata.

Giglio, annebbiato di frustrazione, affondò i denti della forchetta nella carne e fece un boccone largo e pieno da sorprendere pure Walter.

«Atteggiati» avvertì al suo orecchio, irritato dall'assenza di riguardo che Giglio aveva nutrito verso i gemelli.
Ma la verità era che Giglio per giusto un misero e breve istante se n'era dimenticato, altrimenti, non avrebbe affatto preso il vino ma la bottiglia di grappa che sedeva accanto.

«Tutto bene Giglio? Hai la faccia stanca» chiese una delle sorelle di Walter, Willow.
«Certo, grazie sto alla grande» rispose accontentandosi di un patetico calice di acqua gasata.

Walter era ancora frustrato, non riusciva a concepirlo, poi ricordò le sue parole e gli venne in mente un'idea.

«Potrei avere la vostra attenzione?» avvertì picchiettando leggermente con la forchetta sulla coppa, e i presenti si voltarono incuriositi.

«Vorrei poter fare un annuncio importante!» disse, raffreddando tutto il corpo del compagno.
«Walter...» ringhiò tra i denti, ma il vampiro lo ignorò.

Giglio poteva sentire la pressione calare e la pelle bollire, guardò tutti i presenti, Odette, le sue figlie, nipoti e figli. Tutti con gli sguardi rivolto a Walter, che nel frattempo di era alzato dalla sedia per essere udito e visto.
Pregò in cuor suo che l'amato non stesse per annunciare la sua indesiderata gravidanza, avrebbe perso il senno, ribaltato la tavola e abbandonato il giardino con la forza del pensiero.

Lo guardò speranzoso, disperato, ma Walter sembrava volenteroso di farlo sapere al continente intero.

«Giglio aspetta due gemelli!»

Il cuore di Giglio sprofondò, annegò e soffocò.
La famiglia di Walter si guardò perplessa, tutti sapevano che Giglio fosse un uomo, perciò i dubbi erano grandi e tondi. Ciononostante ciò, esultarono e applaudirono alla piacevole notizia.
Odette, la madre, si alzò dalla sedia quasi precipitando, e corse verso il proprio figlio per stringerlo in un abbraccio.

«Come può un uomo avere dei figli?»
«Come funziona?»
«No, non hai capito, lui prima era una donna»

Udita bisbigliare Giglio, le voci dei presenti si confondevano con quelle nella sua testa, piena e scottante, sull'orlo di esplodere.

«Li farete diventare vampiri, vero?» chiese la madre dopo aver stampato l'ennesimo bacio rosso sul viso del figlio.
«E se il figlio dovesse nascere umano?» domandò Waden, fratello di Walter.
«Madre, Waden, Giglio è umano ma io lo amo. E se uno dei bambini o entrambi dovessero nascere umani, li farò diventare vampiri ovviamente, affinché non si alterino le radici fondate dai nostri padri, e per non oltraggiare mio padre» rispose senza traccia di incertezza.

La famiglia celebrò la coppia, si avvicinò a Giglio con saluti e abbracci, ignari dei pensieri che egli meditava.
Avvelenò Walter con la coda dell'occhio, non poteva proprio credere a quello che aveva compiuto, si sentiva profondamente tradito.

Quando poi tutti si accomdarono per proseguire il pranzo, Giglio si avvicinò a Walter, gli strozzò il braccio e lo guardò.

«Walter, possiamo parlare?» chiese, Walter, già consapevole di quello che voleva parlare, non obiettò e si fece condurre nella casetta di legno dove depositati l'attrezzatura da giardino.
Una volta dentro, Giglio lo spinse contro la parete, gli premette il dito addosso e lo rimproverò.

«Come hai osato?! Come ti sei potuto permettere!?» strepitò.

«Giglio, non sono solo tuoi i bambini, okay? Non hai diritto di privarmi di...»

«Beh magari non sono nemmeno tuoi, che diavolo ne sai?!» sbottò colto dall'ira, ma scivolò subito in una pozzanghera di berlina e rimorso.

«Cosa?» chiese Walter.
«Che significa?»

Giglio deglutì e scelse il silenzio, non aveva idea su ciò che dire e fare.
Nel mentre il cugino, Davis, ascoltava la conversazione.
Si trovava a qualche passo dalla casetta di legno, li aveva inseguiti incuriosito dalla maniera con cui Giglio aveva trascinato Walter, come un genitore furibondo e prossimo a dare una tremenda lezione al figlio.

«Io...» balbettò Giglio.

«Giglio, mi devi dire qualcosa che non so?» chiese Walter, rifiutando di credere a quello che la sua mente stava pensando.
«Perché dici che non potrebbero essere miei?»

«H-ho...» Giglio si fece piccolo, strozzato dall'imbarazzo, desiderava poter essere sotterrato da cumuli di terra e scomparire come un granulo di polvere sotto un mobile, per poi essere solo dimenticato come una foto.

«Ben?» domandò Walter con un pesante e secco groppo in gola.
«Cosa? No! No! Assolutamente no! Non lui...» ribatté prontamente Giglio.

«E chi? Giglio di chi altro potrebbero essere!?» sbottò sbattendo il palmo della mano sopra la tavola su cui giacevano dei vasi vuoti, Giglio sobbalzò e singhiozzò.

«Vittorio...» sussurrò indietreggiando, pronto a fuggire qualora Walter avrebbe perso la testa.

«Chi?» chiese avvicinandosi, premette Giglio contro la parete e lo trattene per entrambe le spalle.
«Giglio di chi altro cazzo potrebbero essere i bambini?» ringhiò furioso.

Giglio scoppiò a piangere, il panico lo strozzò e il cuor suo si ribaltò.
«Vittorio...» bisbigliò, ma Walter non lo udì, ciò lo fece solo arrabbiare.

«Porca puttana Giglio!» voleva solo poter spremere fuori dalla bocca del compagno la verità, calare la mano nella sua gola e tirare fuori le parole.
«Walt scusa, scusa mi dispiace troppo io non volevo, non volevo» piagnucolò, stretto ancora con le spalle tra le mani di Walter.
Poteva sentire le sue unghie affondargli nella pelle, il suo sguardo si era incupito e il suo volto si mutò dalla rabbia.

«Giglio dimmelo, me lo devi dire» disse.

«V-vittorio...t-tuo padre» confessò, e fu allora che Walter lo liberò, ed egli collassò a terra in un bagno sporco di vergogna. La sua anima si consumò, il suo cuore invece trovò, quiete nella morte.

Walter d'altro canto, sembrava aver abbandonato la terra, tutto di lui cessò di respirare e poté quasi vedere la sua anima assentarsi.
I suoi occhi bruciarono di tristezza e lunghi corsi di lacrime gli sfigurarono il volto, si coprì la bocca e sussultò orrificato, quasi disgustato.
Quella rivelazione lo aveva dilaniato, trafitto e ridotto in milioni di scarti. Non aveva mai provato così tanta tristezza da farlo sentire debole fino le ossa, fino il suo principio di esistenza.

«Torniamo a casa» fu tutto ciò che riuscì a dire, uscì dalla casetta e senza avvertire nessuno lasciò il giardino, attese semplicemente Giglio a bordo dell'auto.

«Le meraviglie non finiranno mai...» ghignò Davis, guardando Giglio uscire lentamente dalla casetta con il capo chinato come un condannato che aveva appena udito la sua condanna.
Singhiozzava e avanzava a passo insicuro, timoroso che una volta salito sul veicolo con l'amato tradito, avrebbe patito un severo rimprovero o magari schiaffi.
"Egli non lo farebbe" pensò, ma non escluse l'idea e non lo biasimò affatto.
Avrebbe accolto schiaffi, sputi, oltraggi o peggio ancora la totale trascuratezza.
Se Walter lo avesse punito con il silenzio sapeva che sarebbe morto, poiché un giglio se non innaffiato o ignorato dal sole, periva.

"Le meraviglie vanno condivise, chissà cosa ne penserà Vittorio..."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top