𓆩XXXVII𓆪

"tu-tum, tu-tum, tu-tum..."

Quando Giglio udì i cuore dei gemelli palpitare freneticamente nel suo grembo, si dimenticò che fosse autunno e per un istante credette che fuori dalla finestra stesse nevicando. Anche se non si trovava fuori, poteva sentire la soffice neve sotto i suoi piedi, rinfrescandolo come una calendula sotto un velo bianco.

«Ecco qui le testoline...» disse l'ostetrica, muovendo adagio lo strumento dentro Giglio.

"In effetti è un pochino gonfia, ma credevo fosse semplice gonfiore. Magari un'intolleranza, o solo acquisto di peso" pensò guardandosi, e rimembrando quella volta che si guardò allo specchio mentre cercava di mettersi i jeans.
Era convinto di aver messo sù un po' di peso, e forse per quello non gli passavano più.
Tutti i cambiamenti che aveva subito fisicamente, li aveva confusi per stress.

"Questo coso è davvero scomodo, e anche freddo" lamentò flettendo leggermente.
Notando che il paziente non fosse a suo agio, l'ostetrica mosse l'oggetto un po' meno in fondo.

«I piedini, le manine...» uno dei gemelli sembrava non comprendere l'importanza dello spazio vitale, dormiva beato accanto il fratello, quasi schiacciandolo.

«Guarda questo qui che monello» ridette Margaret, oramai sulla vetta della felicità.
Walter al contrario, non aveva pronunciato parola dall'inizio della visita, era rimasto semplicemente a guardare i suoi presunti figli o fratellastri.

«Si può già vedere di che sesso sono entrambi?» chiese Giglio.
«No, quello lo si scoprirà tra la diciottesima e ventesima settimana, e sempre durante quel periodo inizierai a sentirli scalciare» rispose la ostetricia, estraendo delicatamente da Giglio la sonda.

Nel frattempo dalla stampante termica collegata all'ecografo, uscirono fuori varie immagini dei gemelli.

Margaret non riusciva più a trattenersi, pianse come un ruscello che aveva scoperto un nuovo canale.
Walter la consolò, era una cosa piacevole per entrambi.

«Bene, ora le prescrivo un'alimentazione da seguire e altre attività a cui dovrà attenere durante tutto il periodo di gravidanza» disse la giovane ostetrica.

Giglio però non udì quello che disse, poiché stordito dalle miriadi di voci che ingravidavano ogni margine della sua testa.
Sentire i cuori dei gemelli lo aveva animato, lo aveva fatto sentire estraneo al proprio corpo, come se ormai fosse il loro.
I loro arti, le loro teste e i loro piccoli movimenti lesti. Tra esattamente sette mesi li avrebbe visti e tenuti tra le sue braccia, e all'ora, che cosa avrebbe provato?

Gioia? Orrore? Rabbia? Oppure tristezza?

Non ne aveva idea, anzi, il solo pensiero di dover sopportare le tremende doglie del parto già lo uccideva.
Poteva sentire la schiena piegarsi dal dolore, le gambe cedere dal peso e il ventre lacerarsi e consumarsi.

"So che non è un bel pensiero da anelare, ma vorrei tanto poter morire prima di quel giorno..."

La coppia fece ritorno a casa, accompagnata da Margaret.
Quando salirono in soggiorno, Giglio non perse tempo e su avvicinò al compagno.

«Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato con me, davvero» disse, trattenendo il vampiro dal proseguire verso la camera da letto.

«Non so nemmeno perché tu non mi abbia ancora buttato in strada o... Ecco, quello che ho fatto è stato orribile, disgusto, e mi faccio schifo» pronunciò, e la sua vista si offuscò, annegò nelle lacrime.

«Ma ti supplico, se continui a ignorarmi sento che morirò, sento che non mi ami più così...»

Walter sospirò, aveva scordato come Giglio molto spesso, si atteggiasse tale un bambino.

«Sono molto arrabbiato, triste, ferito» confessò, poi si voltò e camminò verso il suo triste amato. Gli colse il viso e la mano, con il polpastrello del pollice gli passò una lacrima.

«Ma ti ho promesso che per te e i bambini ci sarei stato» pronunciò.

«D-dovremmo fare un test di paternità» suggerì Giglio, terrorizzato solo all'idea.
«No» rispose fermo.
«I bambini sono miei, sono nostri»
«Hai ragione, sono tuoi, sei tu il padre di questi bambini» marcò Giglio, che nel frattempo, senza nemmeno rendersene proprio conto, aveva intrecciato le proprie dita in quelle di Walter.
Il tuo tocco lo estasiò, ogni volta sembrava la prima e ultima. Così colto dal sollievo, si avvicinò per dargli un bacio, bacio che purtroppo venne respinto.
Le labbra di Giglio si posarono sul palmo della mano del vampiro.
«Avrò bisogno di un po' di tempo...» disse mortificato.

Giglio comprese e annuì, dopotutto con quella bocca aveva baciato Vittorio.

«Ma quanto tempo?» chiese, timoroso che non si sarebbero mai più riuniti.
«Non lo so...» rispose Walter, magari anche per sempre, non poteva fisicamente sopportare che suo padre avesse conosciuto il corpo del suo fidanzato.
«Mi dispiace un sacco, veramente, se potessi tornare a quella notte lo avrei respinto» confessò, ripercorrendo con la mente gli attimi di piacere goduti nella vasca, nel letto e in giardino.
Non era solo del sesso, era puro consumo delle carni, delizia nel suo stato più osseo e vero. E solo pensarci lo faceva sentire fradicio e debole, bramoso di scoprirsi e appagare l'appetito.

Ma Walter il suo amato, era ormai quasi disgustato da lui, e solo il cielo sapeva quando lo riavrebbe baciato.

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