𓆩XII𓆪

«Walter, Walter»
Chiamò sfiorandogli la pelle.

Poiché legati ai polsi, i due giovani erano costretti a dormire l'uno con il volto prespetto all'altro.
Walter perciò quando si svegliò, si trovò di fronte alla faccia di Giglio.
Non riuscì a rispondere poiché affascinato da quel viso puerile e fresco, nonostante la lunga e scomoda notte. Non aveva tracce di lenzuolo, né scie di sudore. Pallido ma ben asciutto, come chi si era svegliato serenamente senza alcun suono di sveglia o cinguettio di uccello.

Lo guardò spaesato, cercando di formulare se stesse sognando o meno. Egli al contrario di Giglio, era più confuso e assonnato, la voce del ragazzo aveva interrotto un sogno, che una volta aperti entrambi gli occhi si era dissolto, e di esso non restava nemmeno il più piccolo granello di ricordo. Solo la consapevolezza di aver sognato.

«Io ho fame, hai qualcosa con cui potrei fare colazione?» Chiese gentilmente Giglio, il cui stomaco era pesantemente vuoto.

Walter mugugnò stanco, prese la pinza sotto il cuscino e tagliò la fascetta che li teneva uniti.
Giglio sospirò sollevato, si massaggiò subito il polso e vi ci soffiò sopra per alleviare il rossore.
Walter fece lo stesso, ma non lo rese così tanto ovvio.

Dormire con i polsi legati era assai scomodo ma necessario secondo Walter, preferiva dormire con il pensiero che Giglio non sarebbe potuto fuggire, piuttosto che coricarsi comodo con il dubbio e il timore attorno la testa.

«Fai prima a tagliarmi entrambe le gambe, non mi piace dormire legato a qualcuno. È molto scomodo» lamentò mostrando a Walter il suo povero polso sfregato.

«Sono un vampiro, non un macellaio»

«E io non sono un animale, i macellai tagliano gli animali, non le persone» 


I due si recarono in cucina, Giglio si sedette a tavola e attese di essere servito, immaginando che Walter si sarebbe messo ai fornelli per preparare una deliziosa colazione.
Latte caldo, uova fritte, spremuta di arancia, filetti di pancetta e magari anche mela affettata, proprio come la preparava sua mamma.

Ma dovette ricredersi quando diede una sbirciata al frigo, questo era vuoto ed erano solo presenti bibite, buste e contenitori di latte e succo.

«Noi vampiri ricaviamo maggiore nutrimento dal sangue, per questo la casa è abbastanza vuota» disse Walter, non aveva nulla con cui poter sfamare un essere umano.

Prese così una barretta di cioccolato alle nocciole e gliela servì sopra un piatto, assieme a questa aggiunse un pomodoro fresco e un bicchiere di succo di melograno.
Giglio guardò quella che doveva essere la sua colazione, pensò a uno scherzo ma l'espressione di Walter era seria.

«O mangi o stai a digiuno, fai come vuoi, ma è tutto ciò che ho» disse Walter.

Giglio scartò la barretta e ne diede un morso, atto che gli costò quasi un dente.

«Ouch! È durissima!» 

Walter desolato, gli suggerì allora di provare il pomodoro.
Ma solo l'odore di questo fece alterare lo stomaco a Giglio.

«Ti prego, non mangio da giorni...» farfugliò svigorito di fame, aveva il viso consumato e lo stomaco suo non cessava di brontolare a ogni minimo movimento. Sognava di affondare i denti in qualcosa di succulento, buono e tenero.
Posò la testa sulla tavola e spostò lontano da sé il piatto, anche quel giorno avrebbe patito la fame.
Si strinse lo stomaco e cercò di non pensarci troppo, anche se oramai, ovunque posava lo sguardo vedeva comparire la sagoma di un frutto, un dolce o persino un piatto di vitello.

Walter riconobbe che non poteva privare Giglio di cibo, egli non era un vampiro come lui, era un essere umano e come tale necessitava risorse diverse per sopravvivere.
Come per lui la fonte di vigoria stava nel sangue, così quella di Giglio si trovava nei pasti tipici e creati dagli esseri umani.
Dal momento che non era suo piano ucciderlo, doveva provvedere a dargli da mangiare.

«Ti piacciono gli hamburger? A voi umani piacciono un sacco» disse.
Giglio erse lo sguardo verso di lui, e non riuscì a celare il tenero sorriso che si allargava sotto i baffi.
Non amava il cibo troppo fritto, ma trovò l'idea di Walter molto dolce.

«Ordinerò qualcosa, va bene?» disse tirando fuori dalla propria tasca il telefono, e cominciò a comporre il numero del locale più vicino.

Nel frattempo Giglio guardò quel tondo e molle pomodoro rosso posto sul piatto tra la barretta di marmo e il bicchiere di succo, a questo diede una curiosa annusata e lo trovò gustoso.
"Sembra buono questo", si convinse dal profumo, così ne bevve un po'.

Era effettivamente dolce, aspro ma piacevole.

Walter finì di ordinare, ora non restava che attendere l'arrivo della consegna.
Nel frattempo si sedette a tavola assieme a Giglio.

«Perché non possiedi una televisione? Non ti piace?» chiese Giglio sorseggiando il bicchiere di succo.
Walter condivise la propria opinione verso quell'apparecchio ultrasottile, che fu abbastanza negativa.
«Preferisco i libri» concluse.

«Anche la televisione può insegnare, basta inserire il canale giusto» rispose Giglio.

«Preferisco i libri e basta, hanno un buon profumo, e tu questo dovresti saperlo più di me. Perché annusi i libri?»

«Mi piace, mi rilassa» rispose Giglio, cercando di ricordare quale fosse il libro più profumato che avesse mai annusato.
È mentre ci rifletteva, ecco che il campanello di casa suonò.
Doveva trattarsi della consegna, uno di loro sarebbe dovuto scendere per ritirarla.

Walter ebbe timore di abbandonare Giglio nella stanza, ma si rassicurò rammentandosi che non sarebbe stato comunque in grado di fuggire.
Se mai ci fosse riuscito, sapeva dove abitava, conosceva i suoi genitori e sarebbe stato semplice seguirlo.
Giglio lo guardò senza dare l'impressione di uno che stava meditando di gettarsi dalla finestra, al contrario, si mostrò felice ed entusiasta, come un bambino alla vista della sua torta di compleanno.

Walter allora si cinse di coraggio, fece un atto di fede e se ne andò.
Il cuore gli tremava, poteva fidarsi di Giglio, ma scalino dopo scalino, man mano che scendeva verso il piccolo cancelletto di casa, sentiva il cuore rullare sotto quelli che secondo lui erano i passi di Giglio.

"Sta fuggendo" pensò.

Ritirò la consegna, e poiché preso dalla paura, diede alla ragazza delle consegne il denaro richiesto senza attendere per il resto.
Dopodiché si precipitò verso casa ed evocò il nome di Giglio.

«Sì?» rispose quest'ultimo seduto a tavola.

Non aveva osato muovere un solo muscolo, si era fatto trovare dov'era stato lasciato.
Il cuore di Walter tornò a battere sereno.

Si avvicinò alla tavola e servì a Giglio quella che doveva essere la sua pesante e desiderata colazione.
«Grazie» disse cominciando subito a scartare il panino dalla carta, era palesemente affamato, mangiò con gusto e piacere, facendo sorridere Walter.

"Oh Walter, ma che stai facendo? Lo stai letteralmente tenendo come ostaggio..." pensava, mentre lo guardava cibarsi con delizia di quel grosso panino.

«Tu non mangi?» domandò.

«No grazie, l'odore stesso mi dà fastidio» rispose Walter, ma più tese il braccio e prese la bustina di ketchup.

«Mi piace solo il pomodoro» disse aprendola con un morso.

«Grazie, Walter» disse ancora.

Walter accolse con piacere la sincera e profonda gratitude di Giglio, ciononostante, lo esponeva davanti a un gran senso di rimorso, di vergogna e sconforto.
Era come un veicolo cieco, la cui unica via non era nemmeno voltarsi indietro.

Non considerava Giglio una minaccia, bensì un pericolo esposto a maggiori pericoli.

«Dopo la morte della tua amica, hai mai nutrito odio verso i vampiri?» chiese curioso.
Giglio scavò dentro di sé e aprì il proprio cuore per leggere quanto c'era dentro, certo c'era dell'odio, ma questo era contenuto attorno una sciarpa di rassegnazione e coesistenza.
L'odio si era adattato così tanto a vivere nel suo cuore, che era oramai abitudine tenerlo dentro. E la sua costante presenza, si era unificata alle pareti, rendendosi invisibile.

«Certo, però...» pronunciò.

Ma mentre pensava sul resto della frase, si accorse semplicemente di odiare i vampiri e basta.
«Tu sei diverso» disse.

Walter comprese, ma non poteva biasimare il ragazzo. Aveva assistito alla morte della sua carissima amica, ora invece era stato torturato e rapito da due diversi vampiri.
Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato contro quella razza.

«Però il dottore mi ha detto di non coltivare odio verso di voi, perché quella notte poteva essere chiunque. Se fosse stato un uomo di pelle scura, avrei odiato tutta l'etnia africana? O se fosse stato un uomo asiatico, avrei detestato tutti gli uomini dell'Oriente? Il suo ragionamento è giusto, però la mia risposta è sì. Avrei odiato chiunque»

Le parole di Giglio erano così aspre, che lui stesso si rovinò il pasto, rendendolo amaro sia da addentare che da deglutire.
Walter non sapeva come replicare, credeva che Giglio avesse motivo e ragione per odiare, ma non avendo vissuto sulla propria perdita il suo dolore, non si preoccupò di parlare.

«Io non ho mai avuto amicizie all'infuori di Dalia. Lei era praticamente la mia vita, ovunque c'era lei io mi sentivo a casa. La sogno ogni notte, qualche volta mi sembra anche di sentirla» posò il panino sulla tavola e ritirò le mani sotto affinché potesse strofinarle tra di loro.

«Odio anche un po' me stesso, perché se non fossi inciampato, lei non sarebbe stata costretta a tornare indietro per salvarmi. Hai ragione Walter, dovevo semplicemente morire quella notte»

Una lacrima stillò dal suo occhio e rigò l'intera guancia, dopodiché ne susseguì un'altra, poi un'altra ancora, e infine sfociò in un vero e proprio fiume di lacrime.
Si coprì il volto e singhiozzò disperato, e non ricevendo alcuna consolazione da parte di Walter, si alzò dalla tavola e abbandonò la stanza.

Walter non lo seguì, poiché lui stesso era presente quella notte, e conosceva bene l'assassino di Dalia.
Consolare l'animo leso di Giglio, sarebbe stato come il diavolo che asciuga le lacrime di un peccatore.
Così restò seduto ad ascoltare con dispiacere l'intenso lamento del ragazzo, chiuso in bagno con la schiena premuta all'angolo e le ginocchia raccolte strettamente al petto.

La sua tristezza sfociò poi in un attacco di panico, ma non riuscendo a gestirlo, si lasciò completamente sopraffare dall'onda.
Non ricevette alcuna consolazione, nessun supporto morale e nessuna carezza.

Walter si accostò lungo il corridoio, ma non entrò nella porta.

Non era un ragazzo con molta empatia, ma voleva bene a Giglio e gli faceva male sentirlo piangere in quella maniera. Se fosse stato in grado di privarlo da quel dolore lo avrebbe sicuramente fatto.

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