𓆩LIV𓆪

Quando fece ritorno da Vittorio, vide innanzi il cancello Walter con il passeggino e in compagnia del padre.
Stavano parlando, nessuno dei due si era accorto della presenza di Giglio.

«Giglio, sei tornato. Dove sei stato?»

«Ciao Walter»
Salutò l'amato con un bacio, e mentre le sue labbra erano abbracciate a quelle del vampiro, con la coda dell'occhio guardò Vittorio. Come se volesse che egli lo guardasse mentre annegava la lingua nella bocca di Walter, ma Vittorio distolse lo sguardo e tossì.

Walter, imbarazzato e sorpreso da quel bacio intenso, si scusò con il padre e guardò Giglio con perplessità. Sembrava aver colto un fungo particolare per la strada, aveva gli occhi colmi di serenità.

«Loto dorme?» chiese a malapena guardandolo.

«No è sveglio, si sta guardando un po' attorno» risponde Walter guardando i grandi occhi del piccolo zampillare curiosamente ovunque, attirato la luce e suoni.

«Ho ancora un po' di sonno, torniamo a casa» disse Giglio prendendo il passeggino, Walter lo aiutò, ma prima di andare salutò suo padre.

«Buon riposo» augurò, rivolgendo al proprio figlio uno sguardo di riprensione. Walter chinò il capo e ringraziò sorridente, tuttavia il disagio nel suo tono era tangibile.

Salirono a bordo dell'auto e fecero ritorno a casa, durante l'intero tragitto, Giglio aveva custodito il panorama come se timoroso che non l'avrebbe mai più rivisto. Canticchiava a mente, mentre l'indice della mano sinistra era sigillata dalla piccola mano del bambino, ancora sveglio e stimolato dal barcollio del veicolo e gli odori che giungevano dall'aperto.

L'animo di Giglio sembrava aver trovato una sorta di pace temporanea, le parole del dottore avevano operato in lui, come se avessero tessuto una lacerazione.

E quando fecero rientro a casa, quella pace la volle condividere e convertire in passione.

Baci, carezze, morbidi morsi e sguardi smarriti...

«Bravissimo» mugugnò Giglio, estasiato dai movimenti delle mani del compagno, che scorrevano con decisione e delicatezza sulla sua schiena.
Il divano vacillava, i cuscini schizzarono giù da esso assieme ai loro indumenti.

Stringeva il corpo del vampiro, assorbendo con sfinimento e delizia ogni singolo e potente impeto che faceva vacillare le sue sensibili membra.

Sussultava, gemeva e farfugliava smancerie a fiato corto.

«Sì...oh sì non ti fermare, non ti fermare Walt! Bravissimo» disse estasiato, nel frattempo Walter lo guardava, soddisfatto di compiacere all'amato. Adorava guardarlo in volto mentre lo penetrava, seguire le sue espressioni facciali, godersi il suo sguardo perdersi nel momento e il suo petto trasalire.

Man mano che il suo spirito si animava, che la sua pelle stillava sudore e che il suo fiato si accorciava, restava ad ammirare con incanto il corpo del suo amato flettersi e contorcersi sotto il piacere. Cercava disperatamente si sopprimere la goduria affondando le unghie nella pelle del divano, strozzando i cuscini e addentandosi le labbra.

Tuttavia, nulla sembrava poter contenere l'ardore.

Il tempo sembrava essersi fermato solo per concedere a entrambi di potersi godere ogni boccone secondo dopo secondo, per un attimo di assoluto diletto l'anima di Giglio abbandonò il suo corpo e si unificò a quella di Walter.

Entrambi giunsero insieme, e si sentirono simultaneamente gratificato allo stesso modo, come se avessero bevuto dallo stesso bicchiere.

Giglio sussultò e venne prevalso da piacevoli spasmi, non poteva trattenersi né tantomeno contenere i singhiozzi che seguivano. Walter d'altro canto, privo di forza si accasciò sopra il corpo di Giglio e lo avvolse in un debole abbraccio.

Il vampiro restò a giacere nella carne dell'amato, nell'atrio dove non c'era alcun rischio. Walter amava essere cullato nel morbido calore di Giglio, ma quest'ultimo dopo qualche secondo provò scomodità, e lo invitò l'amato di ritirarsi da lui.
Giglio lo stringeva tra le proprie braccia mentre restava a fissare con incanto il lampadario sul soffitto, gli arava delicatamente la schiena con le punte delle dita, respirava con piacere i suoi capelli mossi.

«Lo sai...» disse Walter guardando Giglio.
«In futuro potremmo anche riprovare» rivolse poi lo sguardo al bebè disteso sul tappetino a terra, intrattenuto dai giocattoli da cui era abbondantemente circondato.

«Provare che cosa?» domandò Giglio, fingendo si non aver inteso, concedendo così al compagno di poter rimediare.
Walter scosse il capo e invitò a non fare caso a quanto detto.

Giglio non rispose, si alzò dal divano e colse i propri vestiti. Mentre si vestiva guardava il bambino che masticava tra le gengive un giocattolo di gomma.

«A che età gli cresceranno i canini?» chiese.

«Credo a breve, prima che compia un anno» rispose Walter, anch'egli iniziando a cogliere i panni da terra.

«E saranno canini da latte? Comincerà a bere sangue quando avrà i canini?»

«Esattamente, niente più latte. O almeno, potrà berlo ma non lo sazierà come il sangue»

«E dove lo prenderemo? Dai distributori?»

«No, dovrei chiedere a mia madre. Se non ricordo male lei dava ai miei fratelli più piccoli sangue di coniglio e colomba, altrimenti quello umano ma bisognerebbe rivolgersi nelle strutture sanitarie apposite»

Il vampiro si alzò dal divano e si avvicinò al compagno, entrambi restarono a vegliare sul bambino.
Così piccolo e loquace, estraneo a tutto ciò che aveva attorno.

«Vado a farmi una doccia» disse Giglio.

«Va bene, io preparo la colazione allora» rispose Walter, che aveva in mente di preparare qualcosa di buono per entrambi.

Giglio annuì e si avviò verso il bagno, quando il vampiro udì la porta chiudersi e l'acqua scorrere, si alzò e camminò verso il bambino.

Restò a guardarlo allegro, mentre teneramente cercava di girarsi sul fianco e raggiungere i pupazzetti appesi all'arco sospeso sopra di lui.
Scalciava ed emetteva versi e pernacchie, mugugnava e sbrodolava mentre con lo sguardo esplorava tutto ciò che gli appariva di fronte.

Anche se suo padre si mostrava come una chiazza confusa, il piccolo ne riconobbe immediatamente l'odore e cominciò a lamentarsi con il desiderio di potersi fare cogliere da quella figura che egli riconosceva come dolce e sicura. Walter si chinò e lo prese tra le proprie braccia, maldestramente, ma si accertò di tenergli bene la testa, esattamente come sua madre gli aveva mostrato.

Iniziò a conversare con il piccolo, immaginando che quest'ultimo potesse rispondergli e annuire.

«Non vedo l'ora di poterti sentire parlare, vedere camminare e correre per la casa» ammise contento, mentre con l'immaginazione provava già a sentire i passi del piccolo far tremare la casa.

Nel frattempo Giglio contemplava sotto la doccia, rimembrando le parole del dottore e sciogliendo alcuni dei nodi presenti nel suo cuore.
Non era per niente facile ma desiderava un po' poterci provare, giusto per vedere se sarebbe davvero riuscito ad amare Loto.

Una creatura indesiderata ma richiedente di tanto amore, non riusciva a vedere nient'altro che il sangue della sua bimba nelle manine del piccolo.

"No, non sarà semplice amarti..."

Pensò.

Dopo una deliziosa e abbondante colazione cucinata da Walter, Giglio annunciò di voler schiacciare un bel riposino in camera.

«Metti a letto anche il bambino, io porto a spasso Tin» disse Walter ponendo l'ultimo piatto lavato nel cassetto.

Giglio si voltò verso il bebè che sedeva sulla sdraietta.
«Si addormenterà lì da solo» rispose.
Ma Walter insistette, dicendo che preferiva che dormisse nel letto accanto il genitore.

Giglio non si oppose ulteriormente, prese il piccolo e insieme  andarono in camera da letto.

«Ecco, dormi» gli mise il ciuccio nella bocca, quando quest'ultimo lo accolse iniziò subito a ciucciare e si rilassò.

Anche solo essere sfiorato dal bambino lo metteva a disagio, non riusciva ad elaborare le strane sensazioni che provava quando toccato.

Si distanziò, ma vederlo solo e in disperata ricerca di qualcuno da reggere lo faceva sentire pesantemente colpevole.

Gli si avvicinò cautamente, il piccolo dunque si volse e cominciò a toccarlo. Le sue piccole mani curiose, scorrevano lungo la pelle di Giglio.

Quest'ultimo provava disagio, paura e imbarazzo. Si sentiva come un nuovo scolaro presentato alla classe, non sapeva quello che dire e fare per poter lasciare una buona impressione.

Portò la mano dietro la schiena del piccolo e cominciò leggermente a battere, aveva visto sua madre e quella di Walter farlo, ma non aveva domandato a che cosa servisse. Sapeva solo che aiutava al piccolo ad addormentarsi.

E infatti, man mano che batteva e canticchiavan a mente una ninna nanna improvvisata, le palpebre di Loto si appesantirono. Sbadigliò, e cominciò ad appisolarsi.

Giglio si sorprese di quanto gli fosse venuto facile condurre a dormire il bambino, poiché sazio e stanco, avvenne subito e senza alcuna fatica.
Ordunque, anch'egli si addormentò, cullato dal distante cinguettio degli uccelli e il brusio dei pochi veicoli in transito per la strada. Sotto il respiro lesto del piccolo e lo squittio del suo ciuccio, le tende erano chiuse ma un lieve bagliore di sole gli accarezzava calorosamente il viso.

Walter intanto fece ritorno a casa con il cane, dopo che nutrì sia lui che il micio, si recò verso la camera da letto.
Poiché dimorava silenzio, suppose che il bambino stesse dormendo, così aprì lemme lemme la porta ed entrò cautamente nella stanza.

«Dorme?» sussurrò, e Giglio avvertito del suo arrivo, annuì debolmente restando rivolto verso il piccolo.
Il vampiro li raggiunse sul letto, si distese accanto all'amato, sollevò le coperte e si coprì per bene.

Infinte, dopo aver trovato la posa giusta e comoda, si addormentò accanto a loro.
«Buon riposo» disse, ma Giglio era piombato nuovamente nel sonno.

Dormirono uniti e stretti, serbati dal calore delle coperte e dei propri corpi.
Giglio poteva sentire il proprio corpo leggiadro, serenamente rilassato.

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