5 - Acchiapparella
Freya si guardava attorno confusa. Era un pesce fuor d'acqua nell'aeroporto. L'Angelo che era passato a prenderla era stato così gentile da attenderla fino al check-in, quindi non c'erano stati problemi. Ma ora, con l'aereo atterrato ed una folla indistinta di Umani che correvano qua e là, la ragazza non riusciva proprio a capire cosa fare, se qualcuno le sarebbe venuto incontro. Era stato piuttosto traumatico sedersi su quel sedile minuscolo, a litigare ossigeno con tutti quelli nell'aereo con lei. Le orecchie le si erano otturate più volte in fase di decollo e atterraggio, gli occhi avrebbero voluto solo chiudersi ma non si era fidata ad esporsi in quel modo.
I suoi occhi vennero attirati da una figura vestita di jeans scuri e scaldacuore grigio perla. Capelli lunghi e ricci, così neri da non avere riflessi. Quando i loro sguardi si incrociarono, Freya vide il dubbio negli occhi della donna, che però ebbe un guizzo. Le labbra si piegarono in un sorriso, mentre la figura si avvicinava e diceva: «Freya Ivarsson?».
Lei annuì, lieta di essere riuscita a trovare la persona giusta - beh, lei era stata trovata, ma il sollievo era lo stesso.
La Demone sorrise. «Vuoi che ti porti la sacca?». Non era grande né pesante, ma Freya suppose che fosse solo un modo per farla sentire a suo agio.
«No, vi ringrazio, signora...?», disse, accorgendosi che non aveva chiesto il nome della donna.
«Victoria», rispose tranquillamente lei, mentre invitava la giovane a seguirla verso il parcheggio dell'aeroporto. Aveva dei modi di fare molto calmi, molto diversi da come si era immaginata Freya. Aveva la schiena rigida, ma forse era proprio un portamento comune. Si era aspettata una donna in abiti antichi, mentre questa sembrava una ragazza un po' cresciuta, ma che non aveva perso la vitalità dell'adolescenza.
«Signora Victoria», concordò Freya, finendo l'ultima frase che aveva pronunciato a bassa voce.
Un Demone vestito in modo molto elegante si avvicinò, aprendo la portiera ed invitando ad entrare con le parole: «Principessa, bentornata».
Una volta che furono dentro, il Demone si mise alla guida e partì. Freya non ebbe neanche il problema di rompere il silenzio che si era formato, perché la donna alzò un dito. «Regola numero uno», disse, «non chiamarmi signora: mi fa sentire vecchia!». Entrambe scoppiarono a ridere, e la ragazza si sentì sollevata di essersi sbagliata sul conto dei Demoni: erano tutti così solari come Victoria? «Regola numero due: evita il "Principessa" e il "voi"».
«Okay», concesse l'Angelo, ridacchiando. Guardò oltre il finestrino, e vide palazzi e villette a schiera per le vie. Tutte le persone che camminavano per la strada erano indubbiamente Demoni, e le macchine parevano dare la precedenza alla limousine in cui si trovava.
«Hai mai assaggiato il gelato, Freya?», chiese Victoria, cogliendola di sorpresa.
«So cos'è, ma non l'ho mai mangiato», rispose lei, un po' a disagio. Ogni tanto gli Angeli facevano delle gite vicino alle città umane, ma lei era troppo impegnata a cercare di sopravvivere per poter sprecare un'intera giornata a gironzolare tra Umani.
«Dobbiamo andarci un giorno di questi», propose la Demone, sorridendole accogliente. Chissà perché girassero tutte quelle storie sui Demoni e la loro freddezza: la donna che aveva di fronte era dolce e gentile, non sperava di meglio.
Freya annuì, sentendosi un po' stupida e scontata a ringraziare. Le piaceva l'idea, le piaceva che venisse considerata così tanto, eppure una parte di lei voleva solo fare dietrofront, prendere un aereo e tornarsene nella sua casa di legno pericolante.
Dopo che diversi palazzi sempre più curati scorrevano dal finestrino - indizio che si stavano avvicinando alle mura del castello - l'Angelo trovò il coraggio per sfruttare il momento molto tranquillo, quasi di cameratismo, per porre la domanda che aveva fatto anche al proprio Re. «Perché proprio io?».
Victoria alzò un sopracciglio, invitandola a spiegarsi. Era sconcertante come un'espressione normalissima, che spesso faceva anche Freya, potesse divenire tanto raffinata sul volto della Demone.
«Poteva venire Bjorn, o il figlio del fratello di Sigfrid...». Anche un mugnaio sarebbe stato più meritevole di lei, e sicuramente più entusiasta.
La donna sorrise. «Mio suocero non ha spiegato nulla». Victoria guardò la nuova arrivata, sapendo di aver omesso qualche dettaglio. Era vero, Wladimir non aveva detto nulla, ma sospettava ci fosse lo zampino di suo figlio Caesar; inoltre non doveva avere una motivazione tanto nobile, se Cordelia continuava a lanciare sguardi assassini al marito quando si parlava dell'ospite Angelo, per di più se lui le sorrideva furbo di rimando.
La limousine si arrestò, e Freya vide oltre il finestrino solo degli antichi mattoni regolari che componevano un alto muro. Scese e aspettò che Victoria le dicesse qualcosa. Lei sorrise e le fece cenno di seguirla. La ragazza afferrò la propria sacca e si tenne dietro la Demone, che ora passava attraverso un enorme portale composto da legno con immagini in rilievo: due guardie in armatura lo stavano aprendo per permettere a loro d'entrare. Victoria ringraziò, salutando i due uomini per nome.
Freya rimase a bocca aperta dopo il secondo passo in quello che doveva essere l'ingresso. Un'enorme scalinata si trovava davanti a lei, più lussuosa di quelle descritte nei palazzi delle favole. A destra e sinistra c'erano enormi ambienti vuoti, ma sospettava che potessero servire quando c'erano tantissimi invitati. Un portale più piccolo stava appena dietro la scalinata, probabilmente conduceva ai locali comuni. Ciononostante, non mostrò il minimo stupore sul volto. Non voleva sembrare colpita da tanta magnificenza, come se non l'avesse mai nemmeno immaginata - ed era così in verità, ma era meglio che i Demoni non lo sapessero.
Un risolino si sentì per tutto l'ambiente, che ne rifletté l'eco. Un bambino correva come un pazzo, e le tagliò due volte la strada. Osservandolo, notò che fosse il piccolo che aveva visto davanti alla capanna di Sigfrid, mentre faceva la fila per l'acqua del pozzo. Ora che ci pensava, Victoria era la Demone che le aveva sorriso. Un tassello si mise al proprio posto nella mente di Freya: quello era il fratellino di Caesar, e la donna la madre. Notava una somiglianza solo nel taglio degli occhi, e forse nel sorriso.
«Vieni qui e affronta la tua punizione da uomo!», sentì dire, mentre un uomo cominciava a rincorrere il bambino, che ora rischiava di strozzarsi dalle risate mentre si affrettava per non essere acciuffato.
L'Angelo li guardò, in un misto di stupore e confusione. Victoria batté due volte le mani, e i due si arrestarono. «Abbiamo ospiti», disse con tono di rimprovero.
I due si arrestarono. Il bambino sfruttò il momento di pace per correre tra le braccia della donna, gridando: «Mamma!».
L'uomo si schiarì la voce. Pareva aver recuperato tutto il contegno perso durante la corsa. Elegantemente si avvicinò alle due e fece un lieve inchino verso Freya.
«Freya Ivarsson», si presentò lei. Non sapeva come funzionassero le regole di cortesia da quelle parti, ma si sarebbe sentita un'idiota a inchinarsi. Anzi, si sentiva un'idiota vestita in quel modo tanto povero, quando l'uomo davanti a lei indossava una camicia che gli stava a pennello e pantaloni neri senza neppure una piega.
Il Demone sorrise cordiale, ma i suoi occhi brillarono: sapeva già chi fosse quella ragazza, e aveva intuito un paio di dettagli dal comportamento di Caesar - ah, adolescenti! - che avrebbero potuto giocare a proprio favore. «Wladimir Bloodwood».
Victoria aggiunse: «E lui è Dorian», mettendo giù il piccolo.
«Piacere», fu l'unica cosa che Freya trovò da dire.
«Vogliate scusarmi», disse l'Imperatore, cortese. «Ho un erede da far fuori».
Dorian scattò con un altro risolino, mentre l'uomo perdeva tutta la sua compostezza per rincorrerlo, urlandogli dietro: «Dovrai stancarti prima o poi, ho tutto il tempo del mondo!».
«Giuro che la maggior parte delle volte non è così», si scusò Victoria, divertita. Freya osservò quel legame che li teneva uniti, come sembrassero aver passato molto tempo insieme. Perché Caesar aveva detto che avevano dei modi di fare antiquati? Sembravano tutti molto sciolti.
«Perché la maggior parte delle volte è peggio», sbuffò una donna che stava scendendo dalla scalinata principesca. Aveva il volto di una trentenne, con i riccioli neri legati con un'intricata acconciatura che le metteva in risalto i tratti morbidi. Indossava un abito nero che contrastava con la pelle diafana. Scese e le offrì la mano, presentandosi. «Cordelia». Poi indicò da dove erano scomparsi Wladimir e Dorian. «La moglie del bambino più alto».
Tutte e tre scoppiarono a ridere. Erano davvero così ospitali e gentili... il che faceva sembrare Caesar solo uno che si lamentava senza apprezzare ciò che aveva. Di nuovo, un idiota. E questo portava alla domanda che si stava ancora ponendo: che ci faceva lei lì? Avrebbe dovuto chiedere al diretto interessato.
«Vogliate scusarmi, ma visto che l'Imperatore gioca ad acchiapparella, devo occuparmi io del bilancio mensile». Cordelia con un cenno posato e non esagerato della testa salutò e scomparve dietro il piccolo portale di legno nascosto dalla scalinata.
«Ti mostro le tue stanze», propose Victoria, guidandola poi su per la scalinata e lungo un intricato sistema di corridoi. Tutto il resto poteva aspettare: Freya comprese che in quel momento l'importante era dormire un po', conscia che doveva ancora fare la conoscenza di troppe cose per rimanere abbastanza lucida senza un sonnellino.
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