17 - Non guardatemi così

Caesar si stava spazientendo. Lo aveva lasciato da solo nella casetta di legno, sapendo che non sarebbe potuto uscire. Le sue guardie stavano sicuramente aspettando ordini che non sarebbero arrivati, il Guaritore era suo ostaggio e se ci fosse stato bisogno di un aiuto qualcuno avrebbe fatto due più due.

L'unica cosa che poteva fare era controllare se il lavoro che aveva fatto commissionare a Sigfrid era venuto bene. Il legno sembrava essere stabile, così come i pezzi di ferro. Fece più volte il giro della casa finché non riuscì a ricordarsi dove fosse posizionata la porta della struttura precedente.

Un leggero nodo alle interiora gli fece ricordare quella notte di buio e tempesta in cui aveva deciso, contro ogni insegnamento di cortesia che aveva ricevuto, si entrare in casa di una signora senza permesso per portarle della legna che lei non voleva. L'idea di conoscerla al tempo lo aveva quasi reso incosciente.

Sferrò un pugno alla colonna. Un tonfo lo fece incuriosire, e si trovò ad aprire le ante dell'armadio alla ricerca di ciò che aveva provocato il rumore. Tirò via almeno una dozzina di coperte – tutte strappate e rattoppate malamente – finché non riuscì a trovare quell'oggetto solido che non era caduto.

Erano due, in realtà, e si trovavano all'interno di una maglietta molto leggera e lunga, che doveva fungere come imballaggio per non farli rompere. Un thermos tutto nero ed una tazza rossa, stretta ed alta.

Se le ricordava, e ciò rendeva la situazione ancora più ambigua. Se Freya gli aveva mentito, lo aveva spinto a ribellarsi alla propria famiglia quasi nel duello contro Edmund Darkriver e poi aveva deciso di scappare, rivelando la sua natura... perché tenerli in modo così sicuro? Perché non disfarsene? Dopotutto per lei non avevano alcun valore affettivo.

Se avesse utilizzato il thermos per tenere al caldo le bevande, non si sarebbe trovato sul fondo di un armadio. Caesar svitò il tappo e un intenso odore di cioccolata calda gli riempì i polmoni: non era mai stato più utilizzato.

Non lo avrebbe chiesto a Freya. Non le avrebbe permesso di nuovo di illuderlo, per di più ora che si trovava in una posizione così di supremazia rispetto alla Regina degli Angeli. E poi, voleva davvero conoscere la risposta?

Rimise tutto in ordine come poteva – riassettare non era certo compito di un Imperatore – e si trovò costretto ad attendere che lei tornasse, per fargliela pagare per averlo lasciato lì, prigioniero della casa che lui stesso aveva commissionato per una ragazza mai esistita.

Quando la porta venne aperta, era già pronto per una sfuriata con i fiocchi, ma Freya non lo notò nemmeno. Diede una spinta all'uscio per chiuderlo, ma non fu abbastanza. Si sedette scomposta contro il muro e portò una mano alla gola.

Caesar scattò a chiudere bene la porta, prima che qualche Angelo lo prendesse come un invito silenzioso ad entrare, e si rivolse alla ragazza. «Ma ti sembra il modo di...». Le parole gli rimasero incastrate tra le corde vocali.

Dal naso e dalla bocca, rivoli di sangue le uscivano copiosamente. Il tentativo di tenere gli occhi aperti la portava a sbatterli in modo veloce, innaturale.

Utilizzando parole che non erano consone ad un Demone del proprio rango, Caesar si avvicinò a lei e, in ginocchio, cominciò ad aprirle la pelliccia per controllare la condizione in cui versava la ferita.

Una mano di lei abbandonò la gola e cercò di allontanarlo, ma era troppo debole e i suoi movimenti furono neanche carezze.

Caesar la ignorò e strappò la lana che gli impediva di studiare la situazione. Il senso di colpa lo stava logorando, consapevole che quella ferita era stata causata da lui... anche se sotto sotto non voleva ammetterlo.

Con suo stupore scoprì che la causa di quel collasso, se così poteva definirlo, non era la coltellata che le aveva arrecato lui... ma un foro di ben più piccole dimensioni, in un punto vitale del corpo. Provò ad avvicinare il volto al petto di lei – appena sopra il seno destro, non come la ferita del duello, pallida in confronto, che era posizionata sull'addome – ma Freya con una mano tentò nuovamente di tenerlo a distanza.

«E stai ferma», ringhiò lui, comprendendo la necessità di un intervento immediato. Era palese cosa avesse causato tutto quel casino, ma accettarlo sarebbe stato ancora peggio della sola presupposizione: aveva ancora il beneficio del dubbio, e sperava con tutto se stesso che si stesse sbagliando.

Non poteva fare nulla per aiutarla, decise quindi di correre dal Guaritore e chiedere aiuto a lui. L'avrebbero visto, si sarebbero spaventati... andava bene tutto, se Freya stava morendo. Avrebbero potuto anche fargli pagare la morte di Bjorn, se avesse avuto la certezza di lasciarla in buone mani.

Aprì di slancio la porta e si trovò la strada sbarrata da un grappolo di gente. Nessuno di questi fece troppo caso all'aspetto scuro del Demone, e lui non poteva perdere tempo a indagare il motivo.

Una donna si sporse oltre Caesar, incurante che fosse un nemico, e grido: «È qui! È QUI!».

La folla si divise per lasciar passare il Guaritore, che non degnò l'Imperatore di uno sguardo e si fiondò ad aiutare la Regina.

Erano tutti così presi dalle condizioni della ragazza che nessuno fermò Caesar quando decise di ritirarsi, di tornare alla sala principale per sapere dai suoi sottoposti cosa fosse successo in quel lasso di tempo. Era impotente lì e temeva che una situazione simile potesse fargliriconsiderare l'idea di un'alleanza.

«Ehi, Bloodwood!», si sentì chiamare, prima che un braccio enorme e pesante non gli calasse sulla spalla. Un uomo alto poco meno di lui, ma molto più largo, lo stava stringendo a sé con forza. Caesar si irrigidì, non sapendo cosa fare, finché l'altro, con l'alito di birra, non gli fiatò in faccia. «Ce ne avete messo di tempo per raggiungerci!».

«Sì, beh...», stava congelando senza nulla addosso e quell'uomo non sembrava curarsene, «abbiamo sbagliato più volte direzione», si giustificò. Chi era quell'uomo? E come si permetteva di avere così tanta confidenza con l'Imperatore?! Lo spinse via, ma l'uomo neppure se ne accorse, asciugandosi con la manica i baffi ancora bagnati della bevanda che lo aveva reso alticcio.

«La prossima volta, magari, un po' prima!», e scoppiò a ridere così fragorosamente che Caesar si sentì piccolo piccolo, in imbarazzo. Non appena l'uomo venne scosso da singhiozzi così forti da farlo piegare in due, il ragazzo si allontanò quasi correndo.

Alcuni bambini urlarono quando lo incontrarono, ma i genitori non gli davano più attenzione di quella che avrebbero dato ad un comune compaesano, quindi proseguì senza farci più troppa attenzione.

All'esterno della sala principale trovò William, il suo generale più fidato. Anche loro, fermi tra la neve, sembravano avere qualche problema ad essere sotto gli occhi degli Angeli.

«Signore», lo salutarono William e un altro, in sintonia.

«William, vorrei sapere cosa diamine è successo da quando sono sparito». Aveva il respiro accelerato, molto più per l'ansia che stava sentendo per le condizioni della ragazza che per la corsa.

A schiena dritta, in posizione di rispetto verso il proprio superiore e senza guardarlo negli occhi, l'uomo cominciò a spiegare di come il capo dell'accampamento, Jonathan, era corso verso il villaggio con la Regina tra le braccia, lasciando al suo passaggio gocce di sangue ovunque, fino ad irrompere nella sala principale. «Non ce lo aspettavamo, stavamo per attaccarlo prima di riconoscerlo». Jonathan aveva poi chiesto del Guaritore e raccontato come la ragazza si fosse ferita.

«Dunque, è come temevo», mormorò Caesar, affranto.

«Jonathan non era presente, ma da quel poco che è riuscito a carpire dalla Regina...».

«Sì, ho visto la ferita. Quanto distano le nostre truppe?».

«Quattrocento piedi massimo, signore. Non appena Jonathan è arrivato qui, Freya non ha voluto saperne di andare dal Guaritore, ha tirato dritto e si è chiusa nella propria casa». Quell'affermazione infastidì Caesar, probabilmente per come il suo sottoposto si fosse rivolto alla Regina degli Angeli per nome, senza un minimo di rispetto. Inoltre quella testardaggine di lei, che in passato lo aveva attratto, ora lo innervosiva: poteva morire e continuava a voler essere indipendente!

Senza ringraziare né altro, Caesar entrò nella sala principale, dove ormai solo un'altra guardia e Oddvar occupavano il grande spazio. Il ragazzo si rivolse al braccio destro di Sigfrid. «Penso sappiate cosa è accaduto».

L'Angelo annuì, fissando quegli occhi di brace nera. Era un nero diverso da quelli che aveva potuto conoscere in Wladimir durante la guerra tra i loro due popoli, non riusciva a decifrarli e questo lo spaventava. Annuì. La Regina era fuori gioco ora, tutto il potere si stava concentrando tra le mani dell'Imperatore. Quell'uomo che era arrivato, un altro militante Demone, aveva spiegato dell'incontro che aveva avuto con la spedizione nel bosco per cercare Kier: quegli uomini e quelle donne avevano testimoniato un atto di gentilezza di Demoni verso Angeli, non avevano dubbi che fossero alleati, in quel momento più che mai.

«Non direte una parola di quello che è successo qui. Inutile parlarvi delle conseguenze, non è vero? Andrete lì fuori e annuncerete a tutti che i vostri alleati Demoni sono arrivati e che non c'è nulla da temere. La Regina ha avuto solo un malore, intesi?». Quando Caesar vide la confusione negli occhi dell'uomo sbuffò: «Avete capito oppure devo farvi imparare a memoria un discorso?».

«No, ho capito... ma...».

Il ragazzo sospirò. «Non c'è tempo da perdere per le spiegazioni, più tardi, forse, potremo parlare. Vada e faccia quello che deve, noi staremo tra la folla ma non troppo lontano».

Oddvar continuava a non capire dove lui volesse andare a parare, e Caesar lo vide dal suo atteggiamento titubante, perciò decise di fare uno strappo alla regola. Decise di dirgli cosa stava succedendo, così da metterlo sotto pressione e dargli una buona ragione per non tradirli. «La ferita di Freya è causata da un'arma da fuoco. Una pallottola. Avete idea di cosa significhi? Di chi possa utilizzare armi simili? Esatto, non guardatemi così. I Cacciatori sono arrivati».

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top