6.9 • La fidanzata del ragazzo che controllava i sogni
Fu come tornare coscienti dopo essere rimasti immobili, incantati, per un tempo indefinito.
Aprì gli occhi e li richiuse all'istante, sovrastata da sensazioni che avrebbe definito estranee, nonostante la loro naturalezza.
Percepì l'abbraccio accogliente di un materasso con qualche anno di troppo, intrappolato da lenzuola verdi, profumate e sparse sul letto in modo disordinato. Un brivido le percorse la schiena fino a piantarsi al centro della nuca, avvertendola che Firenze poteva rivelarsi fresca anche in una mattina estiva, nelle giuste condizioni di areazione.
Non voleva ancora alzarsi, tuttavia sentiva qualcosa di sbagliato nello stare distesa senza alcunché a sorreggerle la testa. Allungò un braccio e recuperò l'unico cuscino nella stanza, lasciato a prendere polvere sul divano lì accanto. Stava tenendo solo una palpebra socchiusa, in modo da non venire abbagliata dalla luce solare che, chissà con quale artificio di riflessioni, riusciva a penetrare nella stanza da entrambe le finestre.
In quel momento pensò ad Alessandro, aspettandosi di venire colmata dall'ira, invece provò solo tristezza.
Il respiro le tremò e si rannicchiò sul lato del letto orientato al muro, freddo al contatto e pieno di piccole crepe nella vernice bianca. Non era sicura di voler guardare la sua stanza, le sembrava una sorta di invasione, forse perfino più grave di quella appena avvenuta nel suo corpo. La parete contro cui era rivolta, invece, era familiare e confortante. Vuota e per niente caratteristica, esattamente come il buio in cui era costretta a immergersi ogni qual volta che Alessandro tornava a vivere la sua esistenza nel mondo esterno. Proprio in quel mondo nuovo in cui si era risvegliata.
Ancora non poteva crederci. Quel bastardo ci era riuscito.
Rimase qualche minuto ad ascoltare i suoni della casa, concentrandosi sugli scricchiolii delle scale di legno e sul cigolio metallico di uno stendi panni appeso in un terrazzo sconosciuto, motivo principale per cui la finestrella alta era sempre chiusa, a detta di Ale. Perché stavolta era aperta?
"Dovrei alzarmi e chiuderla", pensò, rimanendo immobile. Si trattava davvero di un'azione legittima? Magari c'era un motivo specifico per il quale lui l'aveva lasciata spalancata, in balia del venticello leggero fra i tetti. Esatto, prima di tutto avrebbe cercato di capire se dietro quel gesto innocuo si celava un significato, un messaggio, e solo in seguito si sarebbe liberata di quel rumore fastidioso.
Provò a fare leva sul braccio per tirarsi su e per la prima volta si accorse di quanto potesse pesare un corpo fisico. I muscoli erano ancora molli e indeboliti dal sonno, quindi prestò massima attenzione nel sollevarsi, per non danneggiare il prezioso contenitore che le era stato affidato. Il corpo di Alessandro era poco più alto di come si era sempre percepita nei sogni, ma la nuova statura non le creò difficoltà di movimento.
Due oggetti luccicanti attirarono la sua attenzione e le fecero ispezionare la più vicina delle due scrivanie, che raggiunse a tentoni. Sapeva cosa stava guardando, Alessandro gliele aveva mostrate in uno dei loro primi appuntamenti per darle un'idea di come apparissero dei minerali col suo stesso nome: erano due pezzi di agata molto belli, seppur nella loro diversità, e fu grazie a loro che si rese conto di non vedere bene. I contorni delle gemme erano sfumati, mentre i loro riflessi le apparivano ingigantiti sulla retina: il suo ragazzo era stato miope, perciò era ovvio che lo fosse anche lei. Gli occhiali di Ale dovevano essere nelle vicinanze, sempre che fosse riuscita a metterli a fuoco in mezzo alla camera piena di forme indistinte e colori opachi.
Alla fine li trovò dove si aspettava, piegati e riposti accanto al lume del comodino, ma li indossò da vera dilettante. I ricci biondi che le insistevano sulla fronte si incastrarono subito nella montatura metallica, costringendola a ritentare il gesto un paio di volte prima di inforcarli correttamente.
Soddisfatta, tornò al ripiano del computer e, grazie ai ritrovati dieci decimi, scorse una serie di fogli a faccia in giù che si confondevano col bianco del tavolo. Il nome "Agata" traspariva dall'altro lato del primo manoscritto, dunque si sentì autorizzata a girarli e a leggerli.
-----------------
Per Agata.
C'era una volta il sovrano di un regno sconosciuto, che viveva in un castello enorme in cima ad una collina erbosa. Re Alessandro era riservato e taciturno, infatti passava sempre le sue giornate fra le mura del maniero, con la sola compagnia della moglie. Nell'intero continente, e forse nel mondo, la reggia di Re Alessandro era l'unica con le pareti interamente ricoperte da uno dei minerali con più alto potere magico: le agate blu. Alessandro e la moglie non potevano fare un passo senza che il loro riflesso fosse catturato almeno da una cinquantina di quelle pietre meravigliose.
La loro vita trascorreva placida e felice, finché, un brutto giorno, il castello fu attaccato e la moglie del Re rimase gravemente ferita nello scontro. Alessandro riuscì miracolosamente a respingere gli invasori e la sua prima preoccupazione fu portare la regina dai migliori curatori del regno. Gli studiosi capirono subito che non avrebbero potuto salvare il corpo della donna, così proposero al sovrano una soluzione alternativa: avrebbero utilizzato tutte le agate del castello per contenere l'anima della regina morente, in modo da ancorare il suo lo spirito alla roccaforte.
Alessandro, a malincuore, lasciò che gli scienziati procedessero con quel piano estremo: non poteva sopportare di perderla del tutto.
In poche ore, il macchinario per il trasferimento fu ultimato e collegato ai minerali magici del castello, che, all'accensione, si tinsero di un rosso fuoco: il colore dei capelli della regina. Fu un parziale successo. La donna poteva muoversi fra le pareti e perfino parlare al suo amato attraverso le agate.
Ma non aveva alcun modo di abbracciarlo o baciarlo.
Il Re e la sua Regina divennero ancora più solitari di prima, isolandosi del tutto dal regno e trascorrendo il tempo a piangere, tenuti lontani da un confine invalicabile. Il sovrano invecchiava a vista d'occhio e a stento riusciva a muoversi, fiaccato dalla tristezza che gli provocava vedere la moglie in quello stato. Così, una notte, mentre la regina dormiva, si fece forza e tornò una seconda volta dai saggi del paese. Chiese loro di invertire il processo, trasferendo l'anima della moglie nel suo corpo e intrappolando il proprio spirito nel castello. Gli scienziati valutarono le parole del loro Re e lo avvertirono del pericolo: c'erano grandi possibilità di fallimento, soprattutto per il sovrano stesso. Ma ad Alessandro non importava.
Il macchinario fu riportato nel maniero, ormai tinto di rosso da mesi, e venne collegato al sistema nervoso del Re, a cui fu chiesta un'ulteriore conferma. Alessandro non esitò, infatti tirò lui stesso la leva d'attivazione, mettendo in moto il congegno.
Come avevano previsto gli studiosi, il processo non andò a buon fine. Lo spirito della regina riuscì a trovare rifugio nel corpo del Re, ma Alessandro non comparve sulla superficie lucida delle agate, tornate alla loro sfumatura blu originale. In attesa del risveglio della donna, i saggi decisero di distruggere ogni cristallo appeso nel castello. Forse così avrebbero impedito alla regina di compiere il gesto inverso, lasciando il regno senza alcun sovrano.
Quando l'ultima agata andò in frantumi, la regina si svegliò nel corpo del suo re, furente e disperata alla vista delle pareti nude. I saggi la salutarono come Re Alessandro e le chiesero di comportarsi come tale. Da quel giorno, Re Alessandro fu ricordato come il Sovrano degli Specchi Rossi.
Agata, tu sei nata da un racconto molto simile a questo. Lo inventò mio nonno molti anni fa e, purtroppo, esso non aveva conclusione. Ho dovuto improvvisarne una nel tentativo di trovare la soluzione più logica per il tuo benessere, ma vorrei farti capire quanto è stato difficile per me decidere di gettarti in un mondo strano e incoerente, un mondo che rischia di trasmetterti la stessa sofferenza che mi sono portato dietro per questi tre anni. L'ultimo periodo che ho passato lì, dove ti trovi adesso, è stato pagato col sangue di un uomo orribile, eppure non la ritengo una scusante valida per essermi appropriato della sua vita, né ho mai pensato di aver fatto la cosa giusta. Non la feci allora, non la sto facendo adesso scrivendoti come un vigliacco, non la farò nemmeno quando ti lascerò da sola.
Sento che continuando per la mia strada condannerei sia te che Enn a un'esistenza in gabbia, ed è per questo che ho deciso di passarti il testimone, dopotutto è il mio stesso corpo a rifiutarmi, a rendermi la vita un tormento: non vedo il motivo di soffrire tutti e tre se posso salvare almeno la ragazza che amo.
Sinceramente? Un po' ho paura. Non so se svanirò per sempre o se in qualche modo sopravviverò in te, sepolto da qualche parte, stavolta nel tuo inconscio. I sogni lucidi sono uno strumento magnifico e terribile, hanno un potere che non avrei mai dovuto cercare di controllare, dunque ho deciso anche di distruggere la chiavetta USB con i miei appunti. Non ne troverai alcun frammento in giro, non cercarli.
Ti ho lasciato, però, un file con ciò che dovresti sapere per vivere la vita di Alessandro Bonace, quella che adesso è la tua vita. Fai di essa ciò che vuoi ma, per favore, non far stare male la mia famiglia. Tratta bene quella peste di Lucrezia e dille che è la sorella migliore del mondo, saluta sempre i miei genitori con un sorriso e, se ti capita, scusati con Cecilia.
Chiara è l'unica persona a sapere della tua esistenza, anche se nemmeno lei era a conoscenza del mio piano. Scegli tu se vuoi coinvolgerla ancor di più o lasciarla perdere, intanto posso solo dirti che sarebbe un supporto prezioso se dovessi sentirti a pezzi.
Non ho idea di come finire una lettera d'addio rivolta a te, so solo che adesso probabilmente mi odi e ne hai tutte le ragioni, ma spero che col tempo riterrai il mio gesto un dono invece di una condanna. Ah, stamattina ho trovato un volantino mentre tornavo a casa. Era fradicio per via dell'acquazzone, ma l'ho asciugato e messo nel cassetto del comodino. Potrebbe essere un buon punto di inizio, quindi dagli un'occhiata.
Buona fortuna, amore mio.
-----------------
Agata tremava, reggendosi con una mano allo schienale della sedia e tenendo stretta nell'altra l'ultima pagina del lungo messaggio lasciato da Alessandro. Riusciva a stento a restare in piedi, cercando di trattenere le lacrime, ma si fece forza e raggiunse il comodino, aprendo lentamente il primo cassetto. Al suo interno erano conservate delle banconote di piccolo taglio e un fogliaccio spiegazzato e scolorito. Lo prese e cercò di stenderlo al meglio sul materasso, scoprendo che si trattava di una pubblicità per un corso di teatro.
La ragazza si abbandonò, con labbra che non sarebbero mai state davvero sue, al primo sorriso nel mondo reale.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top