6.3 • Brusco risveglio


2 agosto 2015, 2:09


«Sei stato bravino con l'ultimo tiro, ma è giunto il momento della tua disfatta, re dei sogni!» Enn inspira, prepara il braccio a uno sforzo sovrumano e dopo un'elaborata serie di avvitamenti su se stesso, piuttosto inutili però di certo scenografici, fa saltare il sassolino decisivo sulla superficie ghiacciata del lago. Il piccolo disco di pietra fende l'aria e, come previsto dalle regole del gioco, guadagna progressivamente volume e massa a ogni rimbalzo, andando poi a schiantarsi sugli agglomerati rocciosi che dominano la riva opposta. Una nuova cima sta per troneggiare sul profilo montuoso di recente formazione, tuttavia la parte divertente si fa ancora attendere. Indietreggiamo entrambi e piantiamo i doposci a terra, pronti a sostenere l'impatto.

Il ghiaccio si crepa in lontananza e la valle si riempie di un suono simile a quello di una molla tesa, mentre la nube trasparente arriva a cinquecento metri da noi, ora duecento. «Non farti buttare giù anche stavolta, Ale».

I nostri volti si dipingono di aspettativa e ansia in egual misura. «Pensa agli affaracci tuoi».

Palpebre serrate, denti stretti.

L'onda d'urto ci raggiunge con l'impeto di un'esplosione nucleare, squarciandoci i piumini e sbilanciando Enn dalla sua posa difensiva. «Woah, questa era notevole!» Gioisce, tornando in piedi e saltellando.

Al diradarsi della polvere, constatiamo che in effetti l'ultima vetta creatasi è senza ombra di dubbio la più alta, perciò la vittoria del "bowling a orogenesi" viene assegnata a Enn. Il mio alter ego gelatinoso sostituisce gli indumenti laceri e, soltanto dopo aver aggiunto un'altra sciarpa, tenta di mettersi al centro di un masso pieno di soffice muschio, avanzando goffamente. Alla fine riesce a inerpicarsi sopra il podio improvvisato e solleva in alto una coppa enorme, costellata di ogni genere di brillante; si aspetterà una smorfia d'invidia, invece gli sorrido tranquillo.

«Mi stai lasciando vincere, per caso?» Tossisce, e si sistema il berretto di lana scoprendo un po' i suoi grandi occhi grigi; sono piatti e vuoti come sempre, ma finalmente gli conferiscono un'aria rilassata, quasi divertita.

«È solo che non ho molta voglia di giocare». Sospiro distrattamente, cercando di tagliare corto il discorso, ma Enn non demorde.

«So che odi perdere, e proprio per questo ti concederò l'onore di un consiglio: non riesci a sfruttare il polso. Il trucco sta nell'imprimere la giusta rotazione al disco». Lancia via il premio dorato e salta giù dal masso, mimando il gesto fondamentale appena descritto. Ne approfitta per scaraventarmi in faccia una palla di neve, fresca di assemblaggio, centrandomi in pieno. «Come vedi, è il polso».

Un silenzio di tomba accompagna i miei movimenti lenti mentre tolgo dal collo i frammenti del suo proiettile inaspettato.

«Poverino, ti sei offeso?» Si porta i pugni agli zigomi e imita un bambino capriccioso che si asciuga le lacrime; conclude perfino il gesto con un occhiolino ironico, a malapena visibile sotto i mille strati di protezione dal gelo artico che ci circonda.

«Figurati, non riesco nemmeno a prenderti sul serio con tutti quei giubbotti. Sembri l'uomo marshmallow di Ghostbusters».
Ridiamo entrambi e ci voltiamo verso il novello Everest, così imponente da oscurare una buona porzione di sole, che ingrandisco per non piombare al buio anzitempo.

Non mi sarei mai aspettato di riuscire a scherzare in modo tanto spontaneo con Enn, eppure da quando è riuscito a parlarmi a cuore aperto, spiegando le sue motivazioni riguardo Agata e i sogni lucidi, sembra aver recuperato il controllo completo delle proprie azioni. Forse nel profondo del mio inconscio non mi fidavo abbastanza di lui per lasciarlo del tutto libero?

A prescindere dal motivo del suo cambiamento, sono contento di aver guadagnato un alleato, la situazione è già pesante di per sé. Abbiamo deciso di restare lontani da Agata finché non troverò una contromisura alla possibilità che lei voglia davvero prendere il mio posto, ma questo significa passare tutte le notti in fuga, sperando di non essere trovati e raggiunti dalla mia ex fidanzata.

«A cosa pensi?» Enn mi poggia una mano sulla spalla con fare preoccupato, il problema è che le sue dita sono il doppio delle mie e la spinta risultante mi affossa di un paio di centimetri nella neve. Penso a tante cose, gigante forzuto. A quanto mi mancava il freddo, alla nostalgia di un periodo felice, al tepore dei baci di Agata. Gli rispondo con l'ultimo vagone del mio treno di pensieri. «Al fatto che questa situazione non può durare per sempre».

«Intendi... ignorare Agata come stiamo facendo?» Si siede sulla riva del lago e comincia a scagliare ciottoli verso una fessura nel ghiaccio. Mi sembra un passatempo decente per una conversazione del genere, credo che seguirò il suo esempio.

«Non la stiamo ignorando e basta», lo correggo, prendendo una manciata di sassolini e mirando al suo stesso bersaglio, «Mi hai consigliato di creare sempre e soltanto ambienti gelidi per infastidirla, è eccessivo».

Enn va a segno cinque volte di fila e si stufa subito, a differenza mia che continuo a sperare nel tipico "plop" di contatto con l'acqua, invece percepisco soltanto onomatopee relative all'urto contro la superficie gelata, segnali di brucianti fallimenti consecutivi.

«Ale, intanto non sappiamo se sia davvero con noi all'interno del mondo nevoso. Uno dei primi indizi sulla sua natura è stata proprio la sua capacità di teletrasportarsi e raggiungerti ovunque, quindi è possibile che si trovi nella zona d'ombra all'esterno delle tue manipolazioni. In ogni caso», continua, schiarendosi la voce, «la mia soluzione era ben più rapida di questo stillicidio».

Schiocco le dita e allargo la fessura nel ghiaccio, riuscendo senza grande soddisfazione a colpire l'acqua sottostante. «Agata mi ha fatto un discorso simile nei tuoi riguardi, mio caro Enn, e in quell'occasione ho deciso che non avrei nemmeno provato a ucciderti. Sembra un vostro chiodo fisso: ammazza qui, cancella là. Facile avanzare certe pretese quando non si tiene in mano il coltello».

«Certo, ma...»

«E poi!» Insisto, interrompendolo, «Sbaglio o sei stato tu a dirmi che non posso eliminarla? O era la versione di te stesso manipolata dalle mie paure? Mi devi scusare, mister, è difficile tenere il filo con questi giochetti psicologici tanto intricati».

Enn abbassa il capo e solleva il lembo della sciarpa in modo da coprire le labbra. «Scusa, hai ragione. Ti lascio un po' da solo, così ci pensi su. Intanto do un'occhiata in giro, Agata potrebbe essere nei paraggi». Si volta e avanza verso la foresta di pini imbiancati, a passo lento.

Ho una confusione indicibile in testa. Informazioni contrastanti, desideri e paure, tutto mescolato e sepolto sotto il velo di tristezza di cui mi sento permeato. L'opzione più logica sarebbe seguire il consiglio di Enn: resettare ogni cosa, eliminandoli entrambi, anche se di certo lui contava di non rientrare negli elementi di cui liberarsi. Ma non posso, non ho alcun diritto di farlo. Se fossero come questo ciottolo umido potrei sgretolarli e dimenticarli, e una parte di me mi implora di agire così, però so già che verrei divorato dai sensi di colpa.

Soppeso la pietruzza, pronto a gettarla lontano, carica di ogni mio dubbio e insicurezza.

Strano, è leggera.

Controllo meglio, stringendola con più forza, e percepisco un crepitio tipico della carta. Non è un sasso, bensì un foglio accartocciato. Mi guardo intorno per assicurarmi che Enn si sia allontanato sul serio e mi accorgo di un fatto ancora più anomalo: tutte le pietre sulla riva, comprese quelle nascoste sotto la neve, sono diventate palline di carta rovinata.

Non capisco, è uno scherzo di Enn? Un messaggio di Agata? Non è possibile, sa quanto me che le scritte sono forse l'elemento meno stabile dei sogni e cambiano in continuazione. In più, da quando in qua manipola l'ambiente?

Bando alle ciance, mi avvento sul foglio e lo stendo sul masso dove Enn si era premiato da solo. Sfuocato e confuso fra le pieghe, c'è un disegno stilizzato, frettoloso oserei dire. Prendo altre finte pietre e srotolo anche loro sul masso, confermando che contengono tutti la stessa scena inquietante.

Nella metà sinistra, due figure simili a me e a Enn stanno sotto una montagna, mentre a destra tanti Enn circondano una ragazza con la coda di cavallo, impaurita.

«Cos'hai lì?»

Il vero Enn compare all'improvviso alle mie spalle e, preso dallo spavento, decido di carbonizzare le migliaia di false pietre di carta. D'un tratto non c'è più nessun lago, né montagne né inverno, solo il caldo insopportabile di una notte d'agosto. E un discreto mal di testa. Colpa della fretta.

Non mi sono nemmeno girato a guardarlo, catapultandomi fuori dal sogno senza dargli il tempo di dire nient'altro. Non so se sia riuscito a vedere i messaggi, e dubito sarebbe stato felice di intenderne il contenuto.

Accuso subito le solite due fitte allo stomaco che accompagnano ogni mio risveglio, compagne orribili e schifosamente puntuali.

«Ale, tutto ok?» Chiara si avvicina e mi poggia delicatamente una mano sulla guancia, fiduciosa che prima o poi tornerò a mio agio col contatto fisico. Ma non ancora, non oggi almeno. Gliela scosto piano e mi volto verso di lei. Ha gli occhi chiusi e il suo respiro è a stento percepibile, non credo sia davvero sveglia. «Non ti preoccupare, torna a dormire» sussurro, accarezzandole i capelli un paio di volte. Nessuna risposta, è ancora fra le braccia di Morfeo.

Cullato dal ritmo del suo battito, fisso il soffitto e mi domando se accettare di dormire insieme sia stata una buona idea.

"Non ti stendi da due giorni, Ale, diventa pericoloso. Almeno proviamo a vedere se stando con me cambia qualcosa, ti va?". Il suo commento, più simile a un ordine, è stato questo. Grazie al cielo non aveva secondi fini, sarebbe stato complicato capire se l'avrei rifiutata più a livello emotivo oppure perché ultimamente ho perfino difficoltà a muovermi.

Il dolore alla testa aumenta, mescolandosi alla sensazione di irrequietezza che mi affligge da quando sono svenuto sul divano, ormai una settimana fa.

Odio questo corpo.



//* NOTA DELL'AUTORE:

Le mie scuse, lettrici e lettori. Penso sia stato l'intervallo più lungo fra una pubblicazione e l'altra, ma credetemi quando dico che "Agata" c'entra poco e nulla col ritardo. Alcuni di voi lo sanno, altri ancora devono ancora sperimentarlo, ma siamo in piena sessione d'esami e non posso permettermi di dare la mia totale attenzione al romanzo, come vorrei. Piuttosto che presentarvi un capitolo breve, o spezzato, ho preferito lavorarci con calma e aspettare di sentirlo davvero pronto. Con tutta probabilità succederà lo stesso anche per il 6.4, o con qualsiasi altro pubblicato prima di marzo, dunque non disperate, la storia non è minimamente abbandonata.

Un salutone da uno dei vostri ritardatari preferiti, e alla prossima :D

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