Capitolo 17
Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da piangere fino a non avere più lacrime, sa bene che ad un certo punto si arriva a una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla.
(C.S Lewis)
SHARON'S POV
/do·ló·re/ sostantivo maschile
-Sensazione penosa, diffusa o localizzata, susseguente alla stimolazione di particolari ricettori sensitivi da parte di agenti di varia natura e intensità;
-Stato o motivo di sofferenza spirituale, spec. se provocata da una realtà ineluttabile che colpisce o condiziona duramente il corso della vita;
-Circostanza, cosa o persona apportatrice di sofferenza.
Il dolore è travolgente e annebbiante, solo dopo aver vissuto nel buio più scuro saremo capaci di apprezzare la luce della felicità. Ciò non vuol dire che bisogna trovare dolore per conseguire alla felicità, bensì bisogna apprezzare ogni esperienza che la vita ci offre.
Il dolore può essere di due forme: fisico o sentimentale. Quello fisico lo si deve a una malattia oppure a un fenomeno sensoriale, mentre quello sentimentale può nascere da una delusione d'amore, dalla solitudine, dalla sensazione di abbandono o dalla malinconia.
Il dolore può portare anche alla morte.
Nel dolore fisico muore il corpo, mentre nel dolore sentimentale muore l'anima. Quest'ultimo viene percepito come una dimensione onirica, fatta di sogni e illusioni di cui la mente dell'individuo è vittima ed è costretta a vivere con i suoi pensieri in una gabbia da cui è difficile trovarvi via di fuga. Infondo è una gabbia e si sa, nelle gabbie solo una è la chiave per aprire l'unica serratura esistente.
Ieri dopo quella confessione, Hailey, non ha più spiccato parola, a dirla tutta si comporta come se non ne avessimo mai parlato, come se non avesse avuto un momento di sfogo con la sottoscritta. Dietro il suo sguardo è celato dolore, tanta sofferenza e io vorrei poterla aiutare con tutto il cuore se soltanto lei me lo lasciasse fare.
Ho capito che soffre e anche tanto, ma è molto brava a nascondersi dietro la sua maschera. Ho cercato più volte stamattina di spronarla a confessarmi qualcos'altro ma niente, non intende dirmi nulla, è davvero un osso duro.
Volevo farle capire anche che nonostante la nostra poca confidenza sarei disposta a darle qualche consiglio oppure potrebbe confidarsi con suo padre, dato che non ho visto e non mi ha raccontato nulla sul conto di sua madre, d'altronde la posso capire... perché dovrebbe raccontare qualcosa della sua famiglia a una perfetta sconosciuta?
Beh quella persona che racconta tutto di sé, senza filtri e senza timore di nessuno, è Brianna. Non che io mi vergogni a parlare di me o della mia famiglia, ma la mia amica cerca di mettere la gente a proprio agio raccontando sempre qualcosa riguardo la sua vita privata... sarà lo spirito da medico.
Pensandoci bene, dovrei esserle solo riconoscente per l'ospitalità e non entrare nei dettagli riguardo la sua vita privata. Devo cercare di tenere a bada la mia curiosità e magari farmi un po' di più i fatti miei. Del resto c'è anche un detto "Chi si fa i fatti suoi, campa cent'anni".
«Ecco a te Sharon» dice la ragazza dietro il bancone consegnandomi un bicchiere di frappuccino mocha coockie crumble con il mio nome inciso sopra. Ringrazio la giovane ragazza e mi accomodo a un tavolino fuori. Non c'è niente di meglio di iniziare la mattinata da Starbucks con 500 calorie.
Miami è una città parecchio soleggiata e si muore di caldo in ogni maledetta ora, e non ho indossato neanche i pantaloncini proprio per assumere formalità in azienda. Qui le grandi piazze sono occupate da ragazzi solo in costume da bagno, con gli occhiali da sole, un asciugamano sulle spalle e una palla sotto il braccio. Sono pochissime le spiagge al mondo che possono competere con le coste sabbiose di Miami. Ci sono spiagge per tutte le occasioni: aperte agli animali domestici, attrezzate per le grigliate e quelle che ospitano le feste al tramonto. Osservare le persone a Sun Beach non è una perdita di tempo e nemmeno andare sui pattini o andare in bici lungo la Ocean Drive. Luoghi che ho ricercato in internet e non perderò assolutamente tempo a visitare, mi farò travolgere dallo spirito di turista.
In questo luogo c'è complicità tra la gente, c'è vita. Per carità, in ogni singola città statunitense è presente l'armonia tra le strade, però ognuna si caratterizza per qualcosa di estremamente fondamentale. Boston ad esempio è un caleidoscopio di sorprese senza fine, un mix perfetto di storia, architettura, parchi, quartieri di lusso e popolari, grattacieli che svettano verso il cielo e vie dello shopping sempre affollate.
Sento la mia gamba destra vibrare e quando le note di Easier dei 5 Seconds of Summer invadono l'area della caffetteria, capisco che è il mio cellulare. Lo prendo dalla tasca anteriore dei pantaloni larghi di seta e rispondo «Pronto?» «Buongiorno Sharon, sono Ian, volevo chiederti per che ora saresti disposta a raggiungermi all'hotel, anche perché devo consegnarti il programma che svolgerai qui» risponde con voce calma il professor Johnson «Oh buongiorno professor Johnson, tra circa un quarto d'ora sarò lì» affermo con tranquillità «Perfetto, allora a dopo» «Arrivederci»
Butto il mio bicchiere vuoto in un cestino e vado verso la fermata dei taxi. Mi sto sciogliendo come un cono gelato e la mia fronte inizia ad essere imperlata di sudore. Fermo una macchina gialla e mi ci fiondo velocemente dentro, almeno c'è l'area condizionata qui «Hilton Miami Downtown» dico in modo diretto all'autista che dallo specchietto annuisce e parte.
Dopo esattamente 15 minuti sono davanti all'entrata dell'hotel, le grandi vetrate si aprono in modo scorrevole e automatico. Faccio il mio ingresso e giro la testa più volte da destra a sinistra fin quando non vedo il mio giovane professore parlare con una signora bassina bionda. Ian incrocia il mio sguardo e fa un cenno alla signora indicandomi con il braccio e i due mi raggiungono «Ciao Sharon, ti presento la signora Trisha Castillo, nonché Chief Executive Officer, amministratore delegato dell'azienda da noi scelta» la signora Castillo mi porge la mano e io mi affretto a stringerla «Piacere mio signora Castillo, sono Sharon Anderson» i miei occhi brillano di pura eccitazione, sono letteralmente elettrizzata «Il tuo è un cognome abbastanza diffuso qui negli Stati Uniti... ma uno solo in particolare ha lasciato il segno nel mio cuore, John Anderson, capo di un'azienda a Boston» sospira con un sorriso da ebete sulle labbra... sinceramente non so se ridere o piangere, mi piacerebbe vedere mia madre versione iena impazzita. Sì, sarebbe decisamente divertente «Ne sono a conoscenza, vede è mio padre» strabuzza gli occhi e inizia a tossire vistosamente, mentre Ian ride «Quindi tu saresti la sua bambina? Oh cara perché non me lo hai detto prima! E chiamami semplicemente Trisha. Hai deciso di seguire le orme di tuo padre a quanto vedo» annuisco tutta sorridente.
Si schiarisce la voce e mi fa un'altra domanda inerente alla mia famiglia «Ehm e di tua madre cosa mi dici? Mi spiego meglio, tuo padre è ancora sposato con l'avvocatessa Lilian Collins?» credo proprio che tra la signora Castillo e mia madre ci sia stato qualche scontro, non vorrei che le loro vicende passate si ripercuotessero su di me «Oh certamente e le dirò di più, hanno avuto la geniale idea di mettere al mondo non solo me, ma anche il mio adorato fratellone Ethan» deglutisce e mi guarda con aria stizzita.
«Bene, grazie dell'informazione e porta i saluti a tuo padre con testuali parole "Passerotto ti penso sempre, spero ti poterti rincontrare"» annuisco e mi mordo l'interno della guancia per evitare di scoppiarle a ridere in faccia «Io direi che possiamo sederci a un tavolino e iniziare a discutere un po' sui compiti che dovrà svolgere Sharon oltre a dovere partecipare attivamente al convegno» interviene Ian interrompendo questa conversazione alquanto strana e invadente.
«Certamente, accomodiamoci là giù così nessuno potrà interromperci... cara ma le tue valigie dove sono? Le hai già fatte portare in camera?» ecco che inizio a mordermi il labbro inferiore nervosamente, faccio una risata stridula e anche Ian mi guarda studiandomi attentamente «Ma che sbadata che sono! Scusatemi sul serio, prof Johnson ho dimenticato di dirle che ho incontrato un'amica ed è disposta ad ospitarmi per tutta la mia permanenza qui»
«Non preoccuparti Sharon, sono molto felice che tu abbia incontrato questa amica» fa un sorriso tirato e la signora Castillo lo guarda in mal modo. Poco dopo ci accomodiamo a un tavolino abbastanza appartato e Trisha prende alcune carte dalla sua ventiquattrore.
«Allora Sharon devi firmare questi fogli in modo tale che questa tua permanenza lavorativa qui abbia un punteggio abbastanza alto sul voto finale della tua laurea» mi porge i fogli e inizio a leggerli attentamente per poi firmarli «Questa settimana ci saranno quattro convegni a livello internazionale, mentre nella prossima solo due nel quale saranno ospitati i capi azienda di Miami e dintorni» prima di continuare si ferma e ordina una tazzina di caffè macchiato.
«Fa letteralmente schifo, qui non lo fanno per niente come in Italia. Torniamo a noi, Sharon oltre a partecipare ai diversi convegni, di comune accordo con il professor Johnson, sarai la mia segretaria, ti occuperai di gestire la mia azienda come se fossi tu il capo. Ho notato che hai degli ottimi voti e hai stoffa da vendere. Inoltre ho bisogno di una pausa, sono stressata e inizio a vedere capelli bianchi ovunque» lancio un urlo acuto e incontrollato, pieno di gioia che fa sobbalzare Trish e Ian, mi affretto a stritolare tra le mie braccia la signora Castillo e continuo a sorridere.
«Grazie, grazie, grazie sul serio vi ringrazio» continuo a ripetere all'infinito mentre la donna al mio fianco mi sorride e mi accarezza i capelli come farebbe una mamma «Sharon nessun grazie, hai del potenziale e ringrazio il Signore per averti donato il cervello di tuo padre e non di quella squilibrata della Collins» tutto ad un tratto torno ad essere più che seria, è pur sempre mia madre la donna di cui sta parlando «Questo è quello che pensa lei, il cervello lo abbiamo tutti ma il mio è più funzionante grazie a entrambi i miei genitori, tuttavia mi duole il cuore dirle che ho un carattere per niente sobrio, credo di averlo ereditato proprio da quella squilibrata di mia madre» porto il pollice e l'indice sotto il mento assumendo un'aria da pensatore.
Si ammutolisce e scuote la testa in modo esasperato «Sì, sei sua figlia. Cerchiamo di andare d'accordo, ti prometto che non nominerò più tua madre... e poi nonostante il tuo caratterino mi stai simpatica»
***
«Esattamente mamma, così in quanto tua figlia, le ho dato una risposta altrettanto esaustiva» sbuffa e alza gli occhi al cielo «Io lo sapevo che avrei dovuto buttarla dalle scale una volta per tutte» mio padre sghignazza mentre mamma lo fulmina «Passerotto non ti conviene ridere altrimenti inizia a preparare le valigie e a trovare un hotel il più distante possibile da casa»
«È figa almeno?» sorride sornione Ethan e mamma gli da uno scappellotto dietro il collo «Ahia! Scherzavo mamma! Le uniche mie donne siete tu, Sharon e qualche sua amica» lo guardo male «Bugia!» alza le mani in segno d'arresa «Piccola sono davvero orgogliosa di te e del tuo percorso, non mi deludi mai» «Non capisco questa disparità che c'è tra i figli, papà dovresti essere più orgoglioso di me dato che lavoro nella tua azienda! Insomma sono bello, attraente e anche bravo nel mio lavoro» indica se stesso teatralmente e mostra uno dei suoi soliti sorrisi della serie "Sono Ethan Anderson non ti conviene resistermi tesoro"
Mio padre alza gli occhi al cielo e lo guarda alzando un sopracciglio «Sul serio Ethan? Anzi vedi di utilizzare il tuo ufficio per svolgere le varie pratiche e non per tastare l'utilizzo della scrivania ogni due ore» «In che senso?» domando e papà incrocia le braccia «Nel senso che tuo fratello per scrivania non intende un mobile su cui poggiano documenti, bensì un mobile per praticare attività fisica con le varie colleghe»
Scoppio a ridere accasciandomi per terra, mentre mamma incenerisce Ethan con lo sguardo «È capitato solo due volte!» si giustifica mordendosi il labbro inferiore.
Saluto la mia famiglia e chiudo la videochiamata su Skype.
Da domani mi aspettano due settimane faticose, meglio prepararsi psicologicamente.
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