Capitolo 16
Le persone che incontri sono come le stazioni in radio.
Per alcune alzi il volume.
Per altri cambi stazione.
(Anonimo)
SHARON'S POV
«Avvisiamo i gentili passeggeri che tra circa dieci minuti atterreremo nell'aeroporto internazionale di Miami, situato a 13km dal centro città. Si prega pertanto di allacciare le cinture di sicurezza e prepararsi all'atterraggio» la voce metallica dell'hostess rimbomba per tutto l'aereo, mi stropiccio gli occhi e sbadiglio rumorosamente. Ho dormito per due ore e devo dire che mi sento davvero rilassata. Mi stiracchio le braccia e infilo i tappi per le orecchie, come ho già detto amo gli aerei, ahimè detesto il fastidiosissimo fischio che si sente ogni qual volta si decolla o si atterra.
Sono partita alle 19:43 e sicuramente ora saranno le 21:45. Dopo la pizzeria abbiamo fatto un giro nel centro città girando per vari negozi, non ho fatto in tempo a sgranocchiare qualcosa prima del volo visto che lo stavo perdendo a causa dei ragazzi...
Hanno avuto la geniale idea di portare me e Aubrey in una sala giochi e lì abbiamo perso tempo sia a fare la fila sia per giocare. Inutile dire che sono arrivata in aeroporto giusto cinque minuti prima della partenza e perdendo altro tempo per il check-in e i vari controlli, rischiavo sul serio di perdere il volo.
L'unica cosa positiva è stata che ho raggiunto con loro l'aeroporto altrimenti mi sarei persa. È proprio vero quando si dice che il tempo è denaro, non è mai abbastanza e non va sprecato.
Ho salutato tutti e con tutti intendo anche il bifolco, ovviamente in modo poco carino dato che mi ha fatto fare una pessima figura.
Probabilmente pensava di essere in un campo da rugby e ha scambiato la mia valigia per il suo pallone dato che l'ha praticamente lanciata, bruscamente, a metri di distanza dal mio gate di partenza. La valigia non solo ha perso qualche rotella, ma da essa sono fuoriusciti la maggior parte dei miei vestiti, tra questi anche l'intimo. Per concludere in bellezza uno dei miei reggiseni, rosso ricamato con un bel po' di pizzo, è finito in testa a un vecchietto... avrei voluto sotterrarmi da sola.
Lui in quell'asso di tempo non faceva altro che ridere, Caleb urlava come una scimmia, mentre Isaac e Derek facevano video per poi postarli su Instagram.
È stato così esilarante.
Tralasciando questi dettagli poco importanti, gli amici di James alla fine si sono rivelati molto simpatici e ho potuto risolvere quel piccolo inconveniente accaduto in pizzeria con Isaac.
Ci siamo scambiati i numeri di cellulare per rimanere in contatto e chissà, se ci sarà una prossima volta potremmo organizzare una rimpatriata, magari questa volta da noi a Washington e con loro probabilmente potremmo conoscere anche Kyle, l'altro loro amico che al momento è a Madrid da quello che ho capito.
Non so il perché ma quel nome ha risvegliato qualcosa in me, forse sono solo stressata e ho bisogno di rilassarmi oppure il mio sesto senso anche questa volta non sbaglia e quel ragazzo è un pezzo di puzzle di qualcuno.
«Informiamo i gentili passeggeri che siamo appena atterrati, potete slacciare le cinture e recarvi verso l'uscita. Grazie ancora per aver scelto la compagnia aerea American Airlines, a presto e buona permanenza in Florida» mi alzo e mi dirigo verso l'uscita.
Sono in cerca della mia valigia e quando la vedo ho solo voglia di dare libero sfogo al mio pianto. Una valigia senza rotelle non è il massimo, come cavolo dovrei portarla in hotel?
«Ha bisogno d'aiuto?» mi chiede un signore sulla quarantina d'anni «Sì ma non credo che qualcuno sia disposto a portare tra le braccia la mia valigia senza rotelle fino all'hotel» sorrido ironicamente e vorrei anche scusarmi per questo comportamento che non è da me, ma proprio non ci riesco. James deve rompermi l'anima anche a chilometri di distanza.
«Se vuole posso portarle io la valigia e accompagnarla, ho qui fuori l'auto e poi sto aspettando ancora il volo di mia figlia» l'uomo dagli occhi azzurri mi sorride e la sua gentilezza mi calma, mi desta dai pensieri. In questo momento sono a mio agio e vedo soltanto un padre premuroso.
«Beh allora accetto, la ringrazio sul serio e mi scuso per prima, non volevo comportarmi in quel modo» mi fa un sorriso rassicurante e continua a guardarsi intorno «Da che città arriva sua figlia?» domando all'uomo che ho di fronte «Copenaghen» «Non la vede da tanto?»
«Ha studiato per sei mesi lì e a causa del lavoro sono potuto andare da lei solo due volte ecco come si spiega il mio sorriso e la mia energia» mi stringe il cuore e mi fido sempre di più, anche se non dovrei dato che non lo conosco neanche da cinque minuti, ma per questa volta farò uno strappo alla regola.
«Comunque piacere sono Oliver Brooks e per favore diamoci del tu» tende una mano verso di me e prontamente la afferro stringendola «Sharon Anderson» sorrido a Oliver e subito dopo sposto il mio sguardo dietro di lui.
Una ragazza alta, bionda, dal fisico slanciato cammina a passo svelto verso di noi. Solleva gli occhiali da sole e guardo i suoi occhi azzurri, proprio come quelli di Oliver. Indossa un pantalone della tuta e una maglia a mezze maniche che le scopre la sua pancia piatta. È davvero bella, la sua pelle è molto chiara e guardandola meglio sembrerebbe proprio che non sia di qui, bensì di un paese nordico appartenente alla penisola scandinava.
Tocca con un dito la spalla di suo padre e appena quest'ultimo si volta, il suo viso si riempie di lacrime di gioia «Mitt barn» «Helten min» i due si abbracciano fortissimo e anche se non ho capito una sola parola di quel poco che si sono detti, posso desumere che significhi molto per loro e per quella strana lingua.
Sciolgono l'abbraccio e la ragazza mi fissa con uno sguardo freddo proprio come le sue iridi del medesimo colore del ghiaccio «Hailey, questa ragazza ha avuto un piccolo imprevisto con la sua valigia perciò la accompagneremo in hotel. Andiamo ragazze» Oliver poggia la mia valigia sopra quella di sua figlia, che è decisamente più pesante e più grande della mia, e le trasporta fuori dall'aeroporto.
Siamo rimaste solo io e lei e prima che possa presentarmi mi spiazza con una domanda alquanto strana «I tuoi genitori sono sposati o divorziati?» mi chiede con un sopracciglio alzato e io sono soltanto confusa «Ehm... sono sposati, perché questa domanda?» mi sorride e ha davvero un sorriso fantastico «Piacere Hailey Brooks» evita la mia domanda «Sharon Anderson» dopo la mia risposta usciamo fuori dall'aeroporto e io non vedo l'ora di arrivare in hotel.
Entriamo in una Range Rover e Hailey si siede con me nei sedili posteriori «Allora Sharon dove si trova questo hotel?» afferro il bigliettino da visita dalla mia borsa e leggo il nome dell'hotel «Hilton Miami Downtown» Hailey alza un sopracciglio sorridendo e sussurra un «Però» guardando il paesaggio fuori dal finestrino.
Durante il tragitto scambio un po' di chiacchiere con Oliver e racconto in breve il mio soggiorno a Miami, mentre sua figlia non spicca più parola. «Eccoci arrivati» Oliver spegne il motore ed io scendo dall'auto.
Mi affretto ad entrare in hotel dirigendomi verso la reception e chiedo informazioni per quanto riguarda la mia prenotazione.
«Mi dispiace signorina ma qui non c'è nessuna prenotazione a suo nome» sbuffo e penso a qualcosa «Allora controlli a nome del signor Ian Johnson, ha prenotato due camere» il signore controlla al computer e io ho il viso corrucciato «Non vorrei contraddirla ma il signor Johnson ha prenotato una sola camera matrimoniale per due settimane» sbianco e penso a quanto sia stato furbo Ian.
Non posso restare due settimane nello stesso letto con lui, è imbarazzante! Mi volto un attimo e incontro due paia di occhi azzurri. «Ehm... grazie per tutto» sorrido imbarazzata e quando faccio per prendere la valigia Hailey sbuffa facendo un lieve sorriso e blocca le mie braccia «Sai sono figlia unica e ho sempre frequentato un solo ragazzo al di fuori della scuola, tra l'altro gay, le ragazze non mi sono mai andate a genio per vari motivi...» non sarà mica lesbica? Per carità, non ho nulla contro persone dello stesso sesso che si amano però non vorrei che si prendesse una cotta per me «... tu non mi stai così antipatica come credevo all'inizio, perciò potresti venire a stare da noi»
Oliver guarda allucinato sua figlia e le fa un sorriso da jackpot. «Vorrei accettare la tua proposta, ma resterò qui per due settimane e non voglio essere di intralcio a nessuno e poi il mio prof no-» «Sharon sei davvero pesante! Ti facevo un tipetto più divertente e cazzuto. Il tuo professore non dirà nulla se non vuole beccarsi una bella denuncia e ora andiamo, sai ho affrontato un viaggio un tantino pesante per giunta ho incontrato un coglione» addirittura una denuncia! Ma se non mi ha fatto nulla? «Hailey!» la rimprovera suo padre per il linguaggio usato.
La ragazza bionda mi prende sotto braccio e usciamo fuori dal grande hotel. In macchina regna solo la bellissima voce di Hailey sulle note di Unconditionally di Katy Perry.
Non starai diventando tu lesbica?
Solo perché dico che una ragazza è bella e ha una bellissima voce, non vuol dire che mi attiri sessualmente! Siamo nel ventunesimo secolo e non è un reato fare un complimento a una persona del mio stesso sesso. Si chiama semplicemente libertà di pensiero e di opinione.
Oliver parcheggia davanti a una piccola villetta e scende dall'auto seguito a ruota da noi. Oltrepassiamo il cancello e l'uomo di casa si affretta ad aprire la porta d'ingresso.
Le mie narici vengono subito invase da un forte odore di petali di rosa. All'interno c'è un ampio salotto allestito in stile antico con un divano in pelle beige e di fronte in alto, attaccata al muro, c'è una grande televisione. Un grande vaso di rose color lavanda poggia su un piccolo tavolino in cristallo.
Hailey alza le mani in aria ed inspira l'odore di casa «Benvenuta nella mia umile dimora Sharon» sorrido cordialmente e mi accorgo solo ora di Oliver che scende le scale «Bene, ho portato di sopra le vostre valigie. Nel frattempo che ordino qualcosa da mangiare, voi due potete andare di sopra»
Sua figlia non se lo fa ripetere una seconda volta e sale a passo spedito su, quando salgo i primi scalini la voce di Oliver mi blocca «Sharon ti va bene una pizza?» «Oh certo. Per me una semplice margherita» continuo a camminare e sento Oliver ringraziarmi.
Ci sono tre porte delle quali la prima è spalancata così mi affaccio proprio verso quella. C'è una scrivania, una sedia girevole, un grande armadio e tante rose color lavanda sparse per tutta la camera.
Alcuni petali proprio come le foto ricoprono interamente la stanza e il bianco di queste quattro mura fa solo da cornice. La maggior parte di queste foto ritrae una bambina sorridente con qualche dentino, bionda dagli occhi azzurri, così identici a quelli di Oliver, e una bellissima donna bionda dagli occhi viola. Non ho mai visto un colore del genere e mi chiedo se siano reali oppure sia solo l'effetto della fotocamera.
Hailey è stesa su un letto a una piazza e mezza e ha lo sguardo fisso sul soffitto, ricoperto interamente da stelline. «Cosa aspetti ad entrare?» sussulto un po' spaventata al suono della sua voce così atona.
Mi faccio avanti e mi stendo con lei sul letto fissando le piccole stelle. Restiamo così per una manciata di minuti e fin quando non apre bocca «Sai, quando è andata via non mi sono più fidata di nessuno... avevo paura che anche quei pochi amici che avevo mi abbandonassero, così ho inalzato un muro tra me e la gente lasciando accesso solo a mio padre» mi mordo l'interno della guancia e aspetto che continui
«Lei non vorrebbe vedere sua figlia crogiolarsi nel dolore, lei non vorrebbe vedere sua figlia infliggersi del male, lei non vorrebbe vedere sua figlia bloccata nel passato... lei non vorrebbe questo» dice indicando la sua camera a braccia aperte
«Ma vedi Sharon lei mi manca come ai pesci manca l'ossigeno quando sono fuori dall'acqua e no, non è facile» nonostante le sue confessioni ha mantenuto sempre una certa sicurezza e stabilità, uno sguardo fisso e privo di emozioni.
«Dio ha voluto punire entrambe allo stesso modo e lo potrei anche accettare, ma non accetto il fatto di dover lasciare mio padre» malgrado non abbia ben capito la situazione la stringo forte tra le mie braccia.
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