Capitolo 13
Non erano le mie labbra che hai baciato; ma la mia anima.
(Judy Garland)
SHARON'S POV
Siamo nella scena in cui il ghiaccio si rompe e Stella cade al suo interno, non so come accade ma mi ritrovo a stringere la mano di James proprio nel momento in cui Will prova a rianimarla con la respirazione bocca a bocca.
Soltanto dopo qualche secondo prendo atto del mio gesto irrazionale. Imbarazzata più che mai ritraggo la mano. Ma colui che si sente già grande e superiore, sembra non pensarla come me, infatti la riprende e la stringe tra la sua.
La sua grande mano emana calore non solo alla mia ma anche al mio petto. E come se qualcuno mi stesse facendo un massaggio cardiaco per rianimarmi. Posso dire di non aver seguito il resto del film a causa delle piccole carezze che mi lasciava James sul dorso della mano. Carezze delicate ma sicure, antitetico per il suo carattere orrendo.
Ho abbandonato anch'io qualche lacrima salata quando i due protagonisti si sono divisi. Chi sa piangere percepisce davvero certe emozioni, chi non lo fa perché si vuole sentire più forte sbaglia di grosso. Perché se qualcuno vuole scacciare acqua salata non può e deve tenersela dentro? Perché portarsi un peso nel petto? Accumulare porta ad essere, o meglio a diventare, una bomba ad orologeria e al momento opportuno esplode. Le lacrime possono sembrare innocue, possono sembrare semplici goccioline d'acqua, le lacrime possono essere di tutto. Possiamo distinguerle da quelle scese per gioia o da quelle scese per dolore.
Sono come stelle cadenti, entrambe cadono, con la sola differenza che le stelle cadenti viaggiano, si lasciano trasportare nell'oscurità della notte illuminando il cielo, mentre le lacrime viaggiano nella penombra della nostra anima. Perché penombra? Per lo sguardo. Da esso è possibile capire se una persona vive o combatte contro una tempesta. Le persone più deboli sono coloro che non piangono mai. Io non sono una di queste.
Quando usciamo dal cinema sotto la luce dei lampioni posso osservare meglio il viso di tutti i ragazzi, Aubrey è bianca come un cadavere per non parlare dei suoi occhi rossi e lucidi, Caleb non è da meno, Isaac si diverte con il suo cellulare mentre James continua a tenermi la mano. In questo momento i miei organi stanno ballando la salsa.
«Possiamo tornare a casa» dice Aubrey soffiandosi il naso. James mi tira delicatamente per un braccio e mi porta verso la sua moto «Ti va di venire con me in un posto?» mi domanda leggermente titubante, come se la mia risposta potesse cambiare le carte in gioco «Passami il casco» «Quanta audacia signorina» mi fa un sorriso sghembo e quando indosso il casco gli faccio un occhiolino che di sexy non ha proprio nulla, ma dettagli.
Salgo in sella e appena stringo le mie braccia intorno al suo corpo, sento quel senso di appartenenza a qualcuno che mi trasmette sicurezza.
Dopo mezz'ora siamo in un luogo isolato, lontano dalla città «Non scendi?» la sua voce mi desta dai pensieri e così scendo dalla moto restituendogli il casco. Ci addentriamo nel bosco e un senso di quiete misto alla pace si propaga in me, non nascondo di avere un po' di ansia e di volere ancora la sua mano intrecciata alla mia, infatti dopo qualche minuto sembra che gli si accendi la lampadina e mi prende per mano conducendomi nel luogo a me sconosciuto.
È il fratello di Aubrey, non penso che voglia uccidermi proprio ora e poi mi sono comportata abbastanza bene oggi quindi non dovrebbe pensare a come farmi fuori.
Siamo davanti una casa fatta in legno, James inserisce la chiave nell'intoppa ed entriamo. L'interno è tutto moderno con alcune parti rivestire in legno, molto accogliente, al centro della sala c'è un piccolo camino, non è molto grande ma è abbastanza spaziosa per una coppia.
«Sete?» «No, grazie. Perché mi hai portato qui?» alza le spalle e si siede per terra davanti al camino ancora spento, così lo seguo a ruota. «Vedo che vai subito al dunque. Mi piaci» la mia mente si è bloccata sull'ultima frase. Due semplici parole che hanno mosso qualcosa in me. Lo avrà detto sicuramente a causa del mio "dunque", alzo gli occhi al cielo e subito dopo li riporto su di lui «Sei la prima persona che porto qui e non chiedermi il motivo perché non saprei darti una spiegazione neppure io» accende il camino e dopodiché prende la legna posta in un angolo e la butta al suo interno. Nei suoi occhi così chiari è possibile scorgere le scintille del fuoco.
Non ho mai visto degli occhi così belli, anzi sì, gli ho visti, quelli di Aaron. Di certo non sono come quelli di James, ma sono belli, l'unica differenza è che gli occhi di Aaron, come ho già detto, gli ho visti mentre quelli di James gli ho ammirati e tutt'ora continuo a farlo.
Torna a sedersi al mio fianco e passano sul serio dieci minuti nel quale nessuno dei due proferisce parola. Non giocavo al gioco del silenzio dalla quinta elementare. Ethan lo trovava stupido e la maggior parte delle volte lo faceva solo per farmi stare zitta. Perdevo quasi sempre e ho intenzione di farlo anche questa volta.
«James perché mi hai portata qui?» sospiro attendendo una valida risposta. «Io non lo so Sharon. Non lo so» è a corto di parole, questa volta non so neanch'io cosa dire «Ti va di parlare?» sospira e lo guardo stranita «James tu mi hai portato qui per parlare? E di cosa poi? Potevamo benissimo farlo nel tuo appartamento con gli altri» sbuffa e si porta il pollice e l'indice all'altezza del naso, chiaro segno che è nervoso «È questo il punto! Volevo rimanere solo con te» riporta i suoi diamanti su di me, e io come un'adolescente arrossisco.
Con cautela, come se avesse paura della mia reazione, mi si avvicina inumidendosi quelle labbra che tanto vorrei assaggiare «La prima volta eri troppo ubriaca e volevi prendermi in giro facendomela pagare per come mi ero comportato» inizia ad accarezzarmi il viso con movimenti circolari, il suo tocco è così leggero che penso mi voglia trattare come se fossi una bambola di porcellana. Ha paura di rompermi, proprio per questo a me non piacciono quelle bambole, io non mi rompo facilmente, almeno fino ad ora non mi si è presentata una situazione che mi spinga a farlo.
«La seconda volta ci ha interrotti quel coglione di Derek» gli do uno scappellotto in testa, rovinando questo "dolce" momento. Solleva gli occhi al cielo e sbuffa «Oh andiamo Sharon è stata colpa sua se non è successo!» è vero che sono una futura economista e ci vuole logica nel mio settore, ma adesso non riesco sul serio a capire cosa intende James, anche perché sono stordita dal suo profumo e dalle sue carezze.
Scuoto la testa e gli pongo la mia domanda «A cosa ti riferisci?» si avvicina un altro po' al mio viso e trattengo il fiato. «A questo Sharon» in un nano secondo le sue labbra premono sulle mie, è un bacio dolce, lento, calmo. Pian piano diventa più focoso e il mio corpo sta andando letteralmente in cortocircuito, le nostre lingue sono sincronizzate, la mia segue ogni suo movimento. Mi solleva per i fianchi e mi mette a cavalcioni su di lui, porto le mani tra i suoi capelli e non posso fare a meno di tirarli, dalle sue labbra esce un mugolio quasi strozzato facendomi perdere la testa.
Involontariamente, questa volta, i nostri bacini si scontrano e non posso fare a meno di sentire la sua eccitazione. Le sue labbra si spostano dalle mie al lobo dell'orecchio e da quest'ultimo poi si soffermano sul mio collo lasciando baci soffici e umidi. Ho brividi di piacere lungo tutto il corpo.
Bacia, lecca, soffia.
«J-James» sospiro di frustrazione quando la sua mano mi accarezza lentamente la gamba «Si piccola?» fa un sorriso da spavaldo e questo non fa altro che alimentare la voglia che ho di giocare con lui, così, porto una mano sul cavallo dei suoi pantaloni e accarezzo molto lentamente il suo gonfiore, strabuzza gli occhi e mi guarda sconcertato. Oh sì James, non sono proprio un angelo, o forse sì, insomma anche Lucifero era un angelo e poi si è rivelato tutt'altro.
«Piccola io non...» avvicino le mie labbra al suo orecchio e dopo avergli morso il lobo gli sussurro, nel tono più seducente che possiedo, «Si tesoro?» lo prendo in giro e scoppiamo entrambi a ridere.
La sua risata è così bella, spensierata, che mi lascio travolgere da tutte queste emozioni così nuove per me e mi sembra di essere in una dimensione parallela.
Continuiamo a baciarci senza interromperci, neanche per prendere fiato, ma quando sento la sua mano salire verso la cerniera dei miei jeans, lo blocco subito sorridendogli «Non ci siamo proprio» scuoto la testa sorridendo e mi sposto dalle sue gambe, mettendomi a gambe incrociate davanti al camino «Cosa?» mi chiede fissando il fuoco e facendo uno di quei sorrisi da capogiro «Non so tu, ma io non vado a letto con il primo che capita e poi sono fidanzata» «E va bene puoi dire che non vai a letto con il primo che capita, ma no che sei fidanzata. Andiamo, neanche lo ami a quel bamboccio!» «Tu non sai nulla di noi perciò evita di dire stronzate o roba del genere» lo guardo in modo abbastanza infastidito per fargli afferrare il concetto.
«Mi permetto di dire queste cose perché se tu fossi stata triste, o che ne so, arrabbiata per la tua "relazione" che sta finendo pezzo dopo pezzo nel cesso, non saresti venuta ieri a ballare e non avresti cercato di sedurmi con le tue provocazioni!» sbotta incazzato tutto ad un fiato. Ho la bocca a forma di O e sinceramente non so cosa dire. Non ha tutti i torti perché in effetti io non ci tengo molto ad Aaron però sbattermi in questo modo la cruda verità non è di certo uno dei migliori.
«Evita di boccheggiare o meglio ancora di assumere strane forme con quelle labbra, perché in questo momento ce le vedrei meglio a fare qualcos'altro di decisamente più produttivo» si alza da terra e afferra il pacco delle sigarette posto sul tavolo.
«Ma come ti permetti! Sei davvero così volgare. Ma sei sicuro che provieni dalla stessa famiglia di Aubrey?! Sai non si direbbe dai tuoi modi e usi di fare» si avvicina pericolosamente al mio viso con sguardo furioso e mi sento sempre più piccola. Mi afferra il viso con la mano destra e lo stringe obbligandomi a guardarlo fisso negli occhi «Non permetterti mai più di parlare della mia famiglia quando non sai un cazzo di niente!» lo spingo e finalmente molla la presa, ho la mandibola indolenzita. Si notano le vene del suo braccio pulsare velocemente, come se stesse correndo una maratona.
«Ah e per la cronaca se tu stessi sul serio male non mi saresti saltata addosso comportandoti come se non stessi aspettato altro da un bel po'» mi fa l'occhiolino e mi lascia confusa qui, da sola.
Beh proprio confusa non direi. Cosa c'è di così confusionario? Vi siete baciati e quindi? Smonta i tuoi castelli di sabbia!
Bene, riordinando gli ultimi avvenimenti, posso dire di essere riuscita nel mio intento. Assaporare le labbra di James Thompson, quindi stop finisce tutto qui. Io partirò e non avrò occasione di rivederlo. Problema risolto, anzi no perché questo non è nessun problema, meglio mettersi l'anima in pace.
Mi alzo da terra e mi incammino verso il piccolo balconcino, dando per scontato che lì ci sia James, dato che ha lasciato la porta finestra, scorrevole, aperta. È girato di spalle e aspira alla velocità della luce quello che credo sia tabacco, almeno mi auguro.
Mi avvicino a lui cautamente e poggio i gomiti sulla ringhiera, stando al suo fianco «Perché ti comporti in questo modo?» gli chiedo aspettando una risposta che non tarda ad arrivare, volta la testa verso di me e non posso che rimane incantata dai tratti del suo viso
«In quale modo?» «Prima sei scorbutico, poi sei dolce, ad un tratto diventi acido, riacquisti la tua stronzaggine, dopo torni ad essere quasi, anzi non proprio, sereno» sbuffo continuando a gesticolare con le braccia in aria. Sembro una perfetta idiota.
«Non dirò nulla a tua sorella, ma dimmi, da quanto lo frequenti?» alza un sopracciglio e mi guarda non capendo, così proseguo «Mi riferisco al SIM, centro igiene di salute mentale» se uno sguardo potesse uccidere sarei già sottoterra, il fatto è che invece di intimorirmi con lo sguardo, questo non fa altro che accrescere la mia risata.
«E sentiamo perché dovrei andare in uno di questi centri? E poi ti faccio vedere io quanto sono normale, anche la mia carrozzeria è nella norma» fa uno dei suoi occhiolini per fare scena, come al solito. È un montato.
«Potresti rivolgerti a qualche psicologa per i tuoi problemi di bipolarità che ne dici?» fa una risata quasi divertente e torna a perforarmi con lo sguardo «Tesoro al massimo me la sbatto nel suo studio la "psicologa"» dice alzando gli occhi al cielo e facendo le virgolette con le dita sulla parola psicologa.
«Okay con questo hai completato le mie idee su di te, adesso ho un quadro più che completo» si avvicina di nuovo troppo per i miei standard «E a quale conclusione saresti arrivata?» dice soffiandomi sul viso «Soffri di bipolarismo, sei narcisista, egocentrico, montato, arrogante e hai una vita sessuale molto attiva. Sbaglio?»
«Diciamo. Hai saltato dei punti essenziali, rischi di offendere il mio ego così» «E sentiamo quali sarebbero?» «Bello, sexy, affascinante, intrigante, seducente, persuasivo e per concludere maledettamente figlio di puttana, perciò se non vuoi soffrire stammi alla larga, sai ho capito che genere di ragazza sei e tu mi stai offrendo su un piatto d'argento la possibilità di distruggerti»
La cosa si fa sempre più interessante e lui non ostante abbia ammesso quanto sia bastardo e quanto potrebbe farmi del male, non fa altro che attirarmi nella sua trappola ed io come un topolino non faccio altro che seguire il mio serpente.
«Quindi che genere di ragazza sarei?» rimane in stato di trans per alcuni secondi, ma subito dopo sembra riprendersi.
«A differenza tua non escluderò nessun punto perciò inizio col dire che sei testarda, impulsiva, seducente, sexy, potrei dire anche che sei sicura di te stessa ma con me le tue barriere cadono quindi mi astengo dal dirtelo. Per concludere in bellezza, sei un fottuto problema per me, la mia mente e ciò che mi circonda perciò è meglio finire qui qualsiasi cosa sia nata o stia per nascere» scoppio inevitabilmente a ridere stringendomi la pancia con le braccia, mi lacrimano gli occhi.
«M-ma cosa ti sei messo in testa? Che razza di bastardo saresti se mi dici cose del genere?» continuo a ridere senza poterne fare a meno «È stato un bacio, un semplice bacio che non porterà a nulla tranquillo» non è assolutamente vero, per me quel bacio è stato qualcosa di paradisiaco e non lo dimenticherò facilmente. Proprio per questo devo mostrarmi stronza e non farmi sottomettere da un tipo come lui.
Gli uomini sono tutti uguali e quando una ragazza cerca di cambiare il proprio uomo, non ne riceverà nulla in cambio, anzi una cosa sì, la delusione.
«Va bene piccoletta, sai non voglio offenderti ma qualcuno dovrebbe insegnarti a baciare» bugiardo, i miei baci fanno sciogliere chiunque. Ad Aaron ad esempio piacciono un botto, anche Peter lo ha sempre detto.
So già a cosa ci porterà questa conversazione, entrambi lo sappiamo perciò tanto vale continuare a stare al gioco «Ah sì? E quel qualcuno chi sarebbe? Tu?» domando sfidandolo con lo sguardo e con fare snob porto i miei capelli all'indietro, poggiando la mia mano sul fianco destro.
«Assolutamente» e in un attimo le nostre labbra sono di nuovo unite, vorrei avere della colla attak solo per non potermi più staccare da questo paradiso.
La sua lingua picchietta sul mio labbro inferiore e io prontamente schiudo le labbra per dargli libero accesso, la nostra è una lotta senza fine. Porto le mie braccia dietro il suo collo per avvicinarlo più a me, mentre le sue mani si posano possessivamente sui miei fianchi.
Interrompe il bacio e io lo fisso basita. Perché diamine lo ha interrotto?
«Andiamo, ti riporto a casa» le sue grandi e calde mani abbandonano i miei fianchi e a grandi passi torna dentro lasciandomi sola.
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