Quotidianità (Yaten pt2)
Il teatro si era svuotato e sul palco erano arrivati i tecnici a smontare la scenografia. Mi avvicinai a salutarli. Avendo provato per mesi la parte come Danny, ormai conoscevo tutti quelli che lavoravano dietro le quinte.
"Yaten, che piacere rivederti! Pensavo che tu e i tuoi fratelli foste partiti". Alec mi strinse la mano, facendomi un gran sorriso, dimostrandomi che gli faceva veramente piacere vedermi dopo tutti questi mesi.
"Siamo tornati per delle faccende personali e abbiamo deciso di restare. Mi dispiace aver perso la possibilità di lavorare con voi"
"Già. Quel Daddari è un presuntuoso, si crede una star e tratta tutti con sufficienza. Le attrici si fanno ammaliare dai suoi occhi penetranti, solo Minako non è incline al suo fascino. Sul palco sono molto professionali, ma al di fuori non si parlano. Se potesse prenderlo a sberle lo farebbe, per la gioia di tutti".
Inavvertitamente sorrisi a quella notizia. Quel bugiardo aveva inventato un sacco di storie solo per farmi ingelosire. Dovevo correre da lei.
"Ragazzi, vi dispiace se vado a salutare Minako? Vorrei farle i complimenti".
"No tranquillo vai pure. Passa pure dietro al palco. Il suo camerino è il primo a destra." Saltai sul palco e correndo mi precipitai davanti alla porta del suo camerino per poi bussare.
"Avanti!" Entrai dopo il suo permesso, col cuore che mi martellava nel petto. Richiusi la porta dietro di me e mi ci appoggiai. Lei mi dava le spalle, appoggiata al tavolo coi gomiti e leggermente piegata, mostrandomi uno spettacolo decisamente piacevole. Indossava ancora i leggins di pelle e il top che portava sul palco, quelli che fasciavano il suo corpo mettendo in risalto ogni sua curva.
"Izzie lo so, non mi sono ancora cambiata e come al solito sono in ritardo. Stavo cercando delle novità su..." Non riuscì a terminare la frase perché in quel momento si girò, rimanendo stupita nel vedermi.
"Yaten..." Disse il mio nome in un sussurro, portandosi la mano alla bocca.
"Ciao Minako". Il mio cuore saltò un battito quando incrociai il suo sguardo. I miei occhi iniziarono a perlustrare il suo corpo perfetto, fissandola da capo a piedi. Quando tornai a puntarli sul suo viso la vidi arrossire.
"Cosa ci fai qui?" Mi domandò con la voce leggermente tremante. Presi un profondo respiro.
Dirle la verità o mentirle?
"I miei fratelli sono fuori per il weekend, ma probabilmente lo saprai. Ho pensato di fare un giro fuori città e vedendo il cartellone dello spettacolo ho pensato di venirvi a vedere. Non so se te lo ricordi, ma avrei dovuto recitare al tuo fianco".
Mi staccai dalla porta avvicinandomi a lei. Avevo bisogno di averla più vicino, respirare il suo profumo. Indietreggiò di qualche passo, finendo a sbattere contro il tavolo, impedendole di allontanarsi maggiormente. Quando la raggiunsi, con le dita le sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Quel contatto la fece sussultare e in me provocò forti scariche che si dilagarono in tutto il corpo. Indugiai sulla sua guancia, accarezzando la pelle morbida del suo viso, mentre lei si adagiò sulla mia mano. Il tempo sembrò fermarsi in quel momento, eravamo solo lei e io, l'azzurro delle sue iridi riflessi nei miei verdi, mescolati come i luminosi spettri dell'arcobaleno.
Mi risvegliai da quel torpore, costringendomi a ritrarre la mano dal suo bellissimo volto.
"Volevo farti i miei complimenti per lo spettacolo. Sei stata bravissima."
Perché le stavo parlando così formalmente? Ero un completo idiota.
Il suo volto cambiò, indurendosi e rabbuiandosi.
"Ti ringrazio" disse allontanandosi verso la porta, dandomi le spalle. Appoggiò la mano alla maniglia e senza guardarmi mi disse:
"Se non hai altro da dirmi ti chiederei di uscire, in modo che possa cambiarmi. È stata una giornata lunga e voglio tornare in albergo a riposarmi." Mi parlò con un tono freddo e rabbioso, tenendo la testa bassa. Sentii una parte del mio cuore spezzarsi. Non si era mai rivolta a me in questo modo e non capivo cosa potessi aver detto di sbagliato per farla adirare tanto. Mi avvicinai a lei, posandole una mano sulla spalla.
"Mina, ho detto qualcosa di sbagliato? Perché sei così incavolata?" Si girò guardandomi truce e con gli occhi lucidi, sintomo che stava trattenendo a stento delle lacrime.
"Mi stai veramente chiedendo perché sono arrabbiata Yaten? Beh, te lo dico subito il perché. Ci eravamo detti addio un mese fa. Mi ero rassegnata al fatto che non ti avrei più rivisto, ma sorpresa, tu e i tuoi fratelli siete tornati. Seiya non ha aspettato un secondo per correre da Usagi, Taiki si è dichiarato ad Ami mentre tu non hai pensato neanche di farmi una chiamata per sapere come stavo. Credevo che io e te fossimo... fossimo amici".
Sentirle pronunciare la parola amici distrusse ogni mia speranza. Minako era delusa dal comportamento di un amico, non da un ragazzo che le piaceva o a cui voleva un bene diverso. Avevo travisato i suoi atteggiamenti gentili, pensando di piacerle. Un altro pezzo del mio cuore si spezzò.
"Sono qui mi sembra".
"Sì, ma per puro caso. Se non ti fosse capitata sottocchio la locandina del musical ti avrei rivisto al mio ritorno a casa". Una lacrima riuscì a sfuggire dal suo controllo, rigandole la guancia. Minako restò impassibile, continuando a guardarmi con gelo. Con l'indice le accarezzai la riga lasciatole da quella goccia temeraria, ma lei questa volta si scostò, lasciando la mia mano sospesa nel vuoto.
Com'era riuscito Seiya a sopportare i continui rifiuti di Usagi, se io al primo mi sentivo annientato?
"Mi dispiace Mina. Mi ha fatto piacere rivederti". Posai la mano sulla maniglia per aprire la porta quando la sentii appellarmi, mentre si allontanava.
"Che cos'hai detto scusa?" Strinsi la manopola, girandomi nella direzione di Minako e lei fece lo stesso.
"Ho detto che sei un'idiota. Sei anche diventato sordo ora?" Venni assalito dall'irritazione per quelle parole. Non ero un ragazzo molto tollerante, perdevo facilmente la pazienza e sentirmi chiamare idiota mi fece stizzire.
"E di grazia, perché sarei un idiota? Detto da te poi, è solo un complimento". Feci qualche passo verso di lei con il viso infuocato dalla rabbia.
"Cosa vorresti insinuare Yaten?" Fece lo stesso anche Minako, avvicinandosi a me, ancora con sguardo truce.
"Che sei un completo disastro, una che non capisce proprio nulla".
"Ah sì? E che cosa non avrei capito? Illuminami".
Fece un altro passo avanti, azzerando le distanze. Il suo respiro irregolare, dovuto alla rabbia, mi solleticò il mento. Era bella da spezzare il fiato e quello sguardo arrabbiato la fece sembrare ancora più sexy. Il cuore iniziò a martellarmi nel petto, mentre i miei occhi fissarono per troppo tempo quelle labbra rosso fuoco, così invitanti e succose.
Mosso da un impeto improvviso, presi il suo viso tra le mani e la baciai, premendo la mia bocca sulla sua che era completamente serrata. Leccai le sue labbra dolci come il miele, chiedendole l'accesso per esplorare la sua bocca, invito che accolse piacevolmente dopo lo smarrimento iniziale.
Appoggiò le sue piccole mani sulle mie spalle, tirandomi a sé, mentre io gliene infilai una nei capelli e posai l'altra sul suo fianco.
Ci spostammo verso il tavolo, tenendo i nostri corpi sempre legati. Sollevai Minako per farla sedere, accarezzando il suo sedere sodo e perfetto, indugiando più del dovuto su quella parte del suo corpo.
Intrecciò le sue gambe alle mie, incatenandomi a lei in quella piacevole stretta.
Quel bacio risvegliò una parte di me, facendo gemere Minako quando se ne accorse. Quel suono mi fece completamente capitolare; la desideravo da impazzire. Scesi a baciarle il collo, leccandoglielo e succhiandolo, assaporando quella pelle di pesca.
"Credevo che io e te fossimo amici". Le parole che aveva pronunciato prima mi rimbombarono nella testa come una doccia gelata, bloccando quel momento di passione e sentimento, sostituendolo con la triste realtà. Mi scostai da lei con il cuore completamente distrutto.
Avevo avuto un assaggio della mia dolce Minako, un boccone ardente del suo amore e ora sarebbe stato impossibile non pensarci. Peccato che lei non volesse nulla da me, se non una semplice amicizia.
Si era sicuramente lasciata trasportare dal mio impeto pensai, una distrazione momentanea.
"Ti prego perdonami. Non so cosa mi sia preso... Dimentica quello che è successo. Ciao Mina". Senza guardarla, scappai dal suo camerino, correndo con la consapevolezza che non sarei più tornato a essere felice come lo ero stato tra le sue braccia.
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