Capitolo 5
Il dio Asael tossisce violentemente, come se si stesse strozzando con il succo scarlatto, contenuto nel calice tra le sue mani.
Alzo un sopracciglio, tutti lo guardano confusi.
È la voce vibrante della dea della Giustizia a rompere il silenzio agghiacciante formatosi nella stanza.
«Non pensi di stare esagerando, Evara?»
Reprimo un singulto, consapevole come non mai della lama tra le mie mani. Di quello che potrei fare se solo decidessi di usarla.
«Mi avete portata qui a vostro rischio e pericolo. Sarò io a decidere se partecipare ai Giochi.»
Stropiccio la veste, afferrando L'orlo sfilacciato della gonna, stringendolo fino a che i polpastrelli non iniziano a bruciare, cercando in tutti i modi di non lasciar trapelare la mia rabbia.
Mantengo gli occhi fissi in quelli di Adila, determinata a contraddirmi e a non arrendersi.
Riporto lo sguardo sul piatto davanti a me, traboccante di fiori dal sapore divino. Ne afferro una manciata, e addentandoli con forza, ne assaporo i petali vellutati.
Con l'ultimo briciolo di dignità, appoggio i palmi sulla superficie levigata del tavolo, faccio leva e mi alzo in piedi.
Traballando esco dal tempio, senza guardarmi indietro, con lo sguardo del dio Asael impresso nella schiena, come un marchio a fuoco tra le mie scapole.
Strizzo gli occhi per l'intensità della luce, porto il dorso della mano sopra le palpebre per impedire ai raggi solari più abbaglianti del solito di accecarmi.
Mentre scendo i gradini un'ebbrezza ignota mi offusca i pensieri, la vista, il lato razionale della mente. Un peso grava sulle mie spalle, le gambe non sono mai state così deboli. Trascino i piedi scalzi e infangati, non curandomi del pizzicore che rende le braccia cadenti e indolenzite.
Il respiro si ferma e sento il cuore in gola.
Barcollo, quando il mio piede si scontra contro qualcosa di pungente e grezzo, non posso fare altro che lasciare che la lugubre realtà si dissolva nel buio.
Cammino in punta di piedi, la leggera e delicata brezza mattutina mi solletica la nuca. Il sovrano è voltato, siede alla scrivania, impegnato a firmare dei documenti. Tutto questo tra pochi secondi sarà inutile. Mi schiarisco la gola, avvicinando verso di lui l'arma che impugno da troppe ore. Non posso permettermi di fallire.
«Scommetto che non avrebbe mai immaginato di essere ucciso da una semplice popolana, mia maestà.» sussurro, appoggiando un gomito affianco alle lettere timbrate con lo stemma reale. Lui trasalisce, ma prima che possa emettere qualsiasi suono allarmante, gli tappo la bocca con la mano guantata. La sua espressione è talmente terrorizzata che per un momento ho la tentazione di mollare tutto.
Solo che non si può tornare indietro.
«Non avresti dovuto mangiare così tanti fiori allucinogeni, tesoro.»
Ho le labbra impastate, il viso anestetizzato dalla stanchezza che mi avvolge come un mantello caldo.
Trovo la forza per girarmi a pancia in su, ma il brecciolino e i granuli di terra si sono attaccati alla mia pelle umida e sudata, scalfendola e procurando graffi sulle guance e sul collo.
Finalmente sollevo le palpebre. Alcune nuvole proiettano ombre sul suolo, il cielo è cinereo, la stessa tonalità che ritrovo nelle iridi che mi guardano attentamente.
Un liquido caldo e familiare scivola lungo un lato del viso, la sostanza cremisi macchia lo zigomo. Faccio pressione sulla ferita in testa da cui sgorga sangue, a cui segue un dolore lancinante che mi costringe a chiudere un pugno attorno al terreno, che si insinua sotto le mie unghie.
L'espressione disinteressata del dio non fa una piega.
«Beh, tu non mi hai fermata.» storco la bocca, la vista diviene più nitida e pulita.
Lui sfoggia il suo solito ghigno beffardo, al contempo subdolo. C'è qualcosa di attraente nel modo in cui si formano delle tenere fossette. Dovrebbe sorridere più spesso.
Il pomo d'adamo si abbassa e il dio Asael si scansa.
Ne approfitto per dare un contegno ai miei pensieri, riordinandoli.
«Fiori allucinogeni? Mi hai lasciato mangiare piante dannose.» esordisco, corrucciando le labbra.
Mi sollevo e ispeziono subito il terreno intorno a me, alla ricerca del pugnale. Il panico mi assale quando non c'è traccia della lama.
Ripercorro i miei passi, mettendomi le mani nei capelli per la frustrazione.
Non posso averlo perso. Era parte del mio incarico, e le conseguenze della mia distrazione saranno gravi.
«È tradizione che ad ogni banchetto ci siano almeno una tipologia di fiori stupefacenti. Non devi esserne stupita.» spiega, nonostante io sia impegnata a cercare disperatamente il pugnale.
«Stai cercando questo, tesoro?»
Subito mi volto, sbarrando gli occhi. La mia arma è rivestita da un fodero di cuoio pregiato, decorato con ricami intricati.
Spalanco la bocca, non sapendo come esprimere il mio stupore improvviso.
«Cosa significa tutto questo?» domando però, scettica nei suoi confronti.
Ci sarà sicuramente un doppio fine, gli dei non compiono mai azioni generose senza aspettarsi qualcosa in ricambio.
«Te lo restituirò, ma devi promettermi che non parteciperai per nessun motivo alle Gare.» aggiunge con voce baritonale.
Sospiro, roteo le pupille. Di certo me lo aspettavo.
Alzo di poco un angolo della bocca, lascio scivolare una mano sul fianco, assumendo un atteggiamento provocatorio.
«Te lo puoi scordare, Asael. Non pensare che cederò ad un tale ricatto.» sibilo, avvicinandomi verso di lui, tra le sue mani si trova il mio pugnale.
Lo devo distrarre, forse in questa maniera riuscirò a riprendere possesso dell'arma.
«Allora puoi dimenticarti del tuo pugnale, Evara. Non lo riavrai indietro così facilmente come pensi.» ribatte, il tono scontroso e scorbutico, ma colgo l'immediato scintillio nei suoi occhi, intrappola tutte le emozioni che spero di riuscire a decifrare un giorno.
Mi lancio in direzione del pugnale, ma ancora stordita dai fiori rossi, inciampo sui miei stessi piedi, perdendo l'equilibrio e mi preparo a percepire il sapore fangoso della terra sui miei denti per la seconda volta in questa giornata. Porto le mani davanti a me, essendo consapevole che cadrò a faccia avanti.
Invece il mio viso è spiaccicato contro il petto tonico e muscoloso del dio Asael.
Resto ferma in quella posizione imbarazzante, nella vana speranza che il rossore delle mie guance svanisca al più presto.
«Ti ferirai di nuovo se non stai attenta. Guarda dove metti i piedi, tesoro.»
Poggio i palmi sul suo torace, spingendomi via da lui. La sua mano, però, mi afferra i polsi con vigore. Alzo lo sguardo, notando che la sua attenzione è rivolta verso il taglio in testa.
Poi le iridi antracite si posano sulle mie. Mi dimentico del dolore, dell'incarico assegnato, della realtà parallela in cui sto vivendo ora.
Allungo il braccio verso il pugnale, ancora nella stretta del suo pugno. Con gli occhi puntati in quelli del dio, sottraggo fulminea la lama dalla sua presa ferrea. Senza aspettare una reazione, inizio a correre.
Le tempie pulsano, il sangue non fuoriesce più dalla ferita, ma il formicolio nelle gambe non è svanito del tutto.
Mi concedo di prendere fiato solamente quando arrivo ai piedi dei primi alberi che costituiscono la radura.
Delle urla concitate provengono dal profondo della boscaglia. Forse le orecchie mi ingannano, eppure sento le spade cozzare, accompagnate da applausi e grida feroci.
Prima di addentrarmi tra gli arbusti, allaccio la cinghia del fodero intorno alla vita, accertandomi che sia stabile.
Il gelo si posa sulla mia pelle, la temperatura scende quando arrivo nel cuore della radura.
Zareen discute animatamente con il dio Kyren, mentre il dio dai capelli biondi scaglia la corteccia di un tronco con una spada imponente. Quando calpesto delle foglie secche, gli altri trasaliscono e si voltano. Zareen stringe le labbra e mi raggiunge. La sua tunica impreziosita con catenine dorate e gemme svolazza e tintinna. Un paio di occhi innocenti e amorevoli incontrano i miei. Mi chiedo come un essere così benevolo e premuroso possa sopravvivere con divinità perfide e spietate.
Abbasso il capo, portandolo all'altezza dello sguardo della dea.
«Voglio allenarmi con voi. Non importa se è pericoloso, del resto sono già morta.» aggrotto la fronte. Sono davvero morta?
«Sei sicura di voler partecipare? Asael te lo ha vietato.» suggerisce in modo mellifluo, ma proprio non capisco la sudditanza che tutti hanno nei confronti del dio. Mi pare di essere l'unica a tenergli testa.
Annuisco più volte, poi, dando le spalle a Zareen vado incontro al dio Kyren, che mi trafigge con il suo sguardo maligno. Se mi potesse uccidere, sono certa che lo farebbe senza pensarci due volte.
«Ti sfido a duello, stronzetta. Questa volta non ci sarà nessuno a salvarti.» dichiara, un sorriso meschino è dipinto sul volto.
Al solo pensiero di ritrovarmi tra le sue grinfie, la bile risale nella gola. Tuttavia, non mi tirerò indietro, anche se la pelle del corpo brucia a contatto con la rabbia che mi consuma dall'interno.
«Duello sia. Accetto la sfida.» annuncio, le punta delle dita gelide tremano.
Sfodero il pugnale, ma il dio mi blocca.
«È permesso usare solo spade, forgiate da noi.»
Sbuffo e ne afferro una che mi porge, in modo arrogante.
L'arma è pesante, e l'elsa intarsiata da pietre preziose mi graffia la mano.
Il dio Kyren non perde tempo e si lancia subito su di me, ma abbassandomi schivo il colpo violento.
«Non puoi scappare. Chi ti aiuterà quando ti ferirò?» ringhia lui, muovendo con destrezza la lama. Non so se riuscirò ad evitare tutti gli attacchi. Decido di smettere di difendermi, e di cominciare a contrattaccare. Con un affondo sfioro la sua spalla, ma non è abbastanza. Indietreggiando, sposto la spada nell'altra mano.
Il dio non mi dà tregua. I miei occhi non riescono a seguire i movimenti della spada, che improvvisamente diviene ancora più complicata da maneggiare.
«Sei debole, ragazzina. Non sopravviverai a lungo in questo mondo.» soffia lui, continuando a sferrare colpi, a stento riesco a difendermi.
«Fermate immediatamente gli allenamenti.»
Sobbalzo, e quando mi giro, riconosco la figura del dio Asael.
È rosso in viso, sudato e respira come se avesse appena corso. Inclino il viso di lato, per niente strabiliata di fronte ad una delle sue esagerate reazioni.
Tutti lo guardano, in attesa di spiegazioni. Lui avanza fino ad arrivare a una spanna dal mio volto, bruscamente mi circonda il braccio con cui impugno la spada.
«Cosa credi di fare, Evara? Ti avevo proibito di allenarti.» tuona, io trasalisco ma mantengo il mento alto, fronteggiando il dio.
«E allora? Non puoi portarmi via da qui contro la mia volontà.» urlo, i battiti del cuore e la frequenza respiratoria aumentano. La situazione mi sta sfuggendo di mano.
Mi mordo subito la lingua. Non avrei dovuto dirlo.
Lui non aggiunge altro, ma avanza sempre di più. Posiziono entrambe le mani intorno all'elsa della spada e la sollevo, anche se con molto affaticamento.
Goccioline di sudore freddo scivolano lungo la spina dorsale, provocando brividi indesiderati. Le braccia tremano, la spada sembra che sia raddoppiata di peso, eppure le altre divinità combattono con agilità, usando perfino due armi contemporaneamente.
Interpongo la lama tra di noi, sfiorando la pelle del suo collo.
Mi concedo un sorriso soddisfatto, il dio non osa muoversi.
Pentendomi della minaccia che sto palesando verso di lui, non faccio in tempo a prevedere la sua prossima mossa. Non capisco cosa sia successo fino a quando non sento il rumore metallico della spada scagliata a terra.
Rimango a bocca aperta, non sapendo cosa fare. Poi il dio Asael mi carica sulle sue spalle, strappandomi il respiro.
Diversamente dal solito, stremata dalla giornata, non mi dimeno né lamento. E poi, devo ammettere che tra le sue braccia mi sento al sicuro.
Il banchetto di stasera è piuttosto abbondante. Non protesto e afferro una foglia verdastra, ancora calda. Il dio Asael si trova davanti a me, mangiamo in silenzio. Con noi ci sono solo Adila e Zareen, che parlottano e sembrano di buonumore.
«La prossima volta non osare disobbedirmi. Non sarò tollerante verso questo tuo comportamento.» il dio interrompe il momento di serenità creatosi.
Si sporge in avanti, un ciuffo di capelli ricade sulla sua fronte.
«Cosa dovrei fare? Mandami a casa se non vi servo a nulla! È inutile tenermi prigioniera qui!» alzo la voce, agitata. Mi sistemo la veste, raccolgo le mani in grembo.
Davanti al mio sconcerto, si lascia sfuggire un mezzo sorriso, contornato dalle fossette, il suo viso è luminoso anche se traspare un'ombra di crudeltà.
«Sei incorreggibile, Evara.» mormora, poi sospira e poggia le braccia sul tavolo.
«Noi abbiamo bisogno di te. Il destino ha bisogno di te.»
Spazio autrice
Bellissime, cosa ne dite? ️❤️
Innanzitutto vorrei scusarmi per il ritardo di questo capitolo, ma sono stata sommersa da compiti e verifiche, spero possiate capirmi.
Dopodiché vi ringrazio con tutto il cuore per le 300 letture, manca così poco per arrivare alle 400! 🫶🥹
Un grande grazie anche a bookgirly08 che mi ha sopportato durante la stesura del capitolo, anche se mi ha spoilerato il finale della sua storia, rovinando la sorpresa. ️❤️😠😤
Quando potete, passate a dare un'occhiata alla sua storia 🫶
Poi ho avuto una splendida idea...perché non dedicare un capitolo al pov del dio Asael? Ditemi cosa ne pensate! 😏😏
Detto questo, non posso fare altro che esservi molto grata per l'attenzione che dedicate alla mia piccola storia. Se vi è piaciuta, lasciate una stellina. ️⭐️
Vi saluto, alla prossima!
⚔️🌿✨️
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