Attraverso Eva

Storia scritta a quattro mani con: VictorDuval disegno di VictorDuval

"Ecco io sono qui per te, ma tu, sarai mai qui per me?"

Eva era tormentata dall'indecisione: mela o non mela?
Lei amava Adamo, ne era certa, quasi... o forse no.
Sicuramente ne era infatuata, non c'era uomo più bello, veramente, non c'erano altri uomini, quindi la questione non si poneva, o almeno, non si era posta fino alla comparsa di Luce.
Luce era esattamente l'opposto di Adamo, stravolgeva la premura con la sensualità, ogni sua parola sembrava poterla toccare.
Lui tanto bruno, quanto Adamo era biondo; tanto spigliato, quanto Adamo era taciturno; tanto avventuroso e istintivo, quanto Adamo era tranquillo e riflessivo; tanto annoiato e insofferente, quanto Adamo era in pace e soddisfatto del suo lavoro di giardiniere.

Seducente.

La faceva semplice lui:
"Cogli quella mela Eva! Guarda che rosso brillante, il colore del sangue, il colore della passione, il colore del fuoco che in te sento ardere"
Per il "rosso" si fidava, lei non conosceva ancora tutti i nomi da associare alle varie cose, animali o piante dai quali era circondata, visto che Adamo non aveva ancora terminato il lavoro di classificazione e nomenclatura assegnatogli dal proprietario del giardino.
Ma quando lo sentiva parlare di sangue, di passione e fuoco avvertiva forti brividi scorrerle per tutto il corpo.
Le era capitato di vedere il liquido chiamato "sangue" sgorgarle da una ferita sul braccio, subito ne aveva avuto paura e la sua reazione era stata un pianto disperato, ma in quel giardino ogni tanto l'aria prendeva a parlare e le aveva spiegato che era del tutto normale sanguinare se la pelle veniva tagliata e che la sensazione che provava non era altro che "dolore".
Nessuno se n'era accorto, ma lei quella sensazione aveva voglia di provarla ancora, aveva desiderio di vedere quel liquido, che aveva scoperto essere rosso grazie a Luce, uscirle dal corpo e sentire dolore, intenso e trascinante dolore.

"Passione" era sicura di non averla mai provata: le piaceva passeggiare per il giardino, giocare con gli animali e nutrirsi di bacche e fiori, guardare negli occhi Adamo e con lui congiungersi, erano momenti intensi e gradevoli, come se Adamo volesse riportarla dentro di sé, riappropriarsi della costola che gli era stata sottratta per crearla, ma più che un lieve formicolio e rilassamento non provava, no di sicuro non era quella "passione".
Anche se, pensandoci, lo sguardo di Adamo, quando si posava su di lei, poteva essere di passione e questo succedeva spesso.
 
In fondo era ben consapevole di non essere altro che un esperimento e come tale si doveva comportare, anche se all'uomo corvino bastava un sorriso per farglielo dimenticare .
Gli bastava uno sguardo e subito lei era prigioniera di quella scintilla nei suoi occhi così sottili e irriverenti.
Un calore le partiva dal ventre come una lenta esplosione ogni volta che le si avvicinava, senza mai sfiorarla.
Il suo sguardo ipnotico, la sua voce sibilante e la sensazione di essere avvolta dalla sua essenza, come fosse stretta fra le spire di un serpente era ciò che ormai nella sua mente aveva associato al fuoco, alla "passione" della quale parlava l'uomo.

Eva desiderava Luce, probabilmente molto di più di quanto non desiderasse Adamo, da quando era arrivato lui il suo compagno era passato in secondo piano e la differenza che aveva maggiormente confuso la sua mente era la capacità che aveva Luce di farla sentire, non unica, ma speciale.
Anche Luce desiderava, ma più di lei, voleva che cogliesse quella maledetta mela, che la mangiasse, che ne gustasse il succo e lui lo avrebbe gustato da lei, dal suo corpo, diceva sempre che questa volta il Creatore aveva fatto centro con i suoi esperimenti e si era superato nel modellarla, ma poi parlava di "quella cosa" e lei si bloccava, notando il trasformarsi della voce di Luce nel dirla: di colpo il tono si faceva strano, basso, come se nessun altro lo dovesse sentire.

"Profumo"
 
Ma cos'era il profumo?
Una sera chiese ad Adamo:
"Adamo, tu sai cos'è un odore, un profumo?"
La risposta fu sconcertante, non solo Adamo non ne aveva mai sentito parlare, ma le impose di non pronunciare più quelle parole, perché sapeva che tutto ciò che in quel giardino non esisteva, non doveva essere percepito o conosciuto.
Luce, dal canto suo, continuava a parlarle di profumi, odori, olezzi, puzze e miasmi come se fossero essenziali e ne parlava quasi con dolore, rancore.

In un limpido giorno dell'eterna primavera, Eva si accomodò, immersa fra i propri pensieri, sull'erba fresca, accarezzando i fiori colorati che si modellavano come capelli fra le sue dita.
La leggera brezza la faceva fremere, ma i raggi del sole scaldavano la sua pelle rendendola brillante.
L'uomo ambrato la vide e con fare disinvolto le si sdraiò a fianco, appoggiando la schiena ad un albero, senza toglierle un attimo gli occhi da dosso.
Lei gli sorrise in saluto e provò a chiedere una spiegazione, ma una morsa le bloccò le parole in gola, sapeva che era sbagliato quel suo desiderio di conoscenza, ma sapeva anche che mai avrebbe potuto vivere in eterno con quei pensieri che la tormentavano. 

Due animaletti scesero dall'albero rincorrendosi, sembravano divertirsi, fecero un giro attorno alla ragazza che alzò le braccia per non essere loro di ostacolo e scoppiò a ridere quando uno di loro le passo sulle cosce, solleticandola.
I cerchi dei due si fecero sempre più stretti e lei alzò il sedere ritrovandosi in ginocchio, mentre continuavano a girarle attorno e a passarle sui polpacci.
Luce sentenziò sarcastico:
"Se non fai nulla per farli smettere, ti crederanno un albero!" 
Eva rise più forte di lui, ormai in balia di quei due cosini dal pelo fulvo e castano.
"Cosa sono?"
"Scoiattoli"
Eva sgranò gli occhi:
"Luce... chi sei tu, perché sai quello che noi ancora non sappiamo? Sei forse l'aria? O la terra?"
Lui distolse lo sguardo e si fece serio:
"Sono e basta, dovete ancora darmi un nome, qualcuno ha deciso che sapessi e mi ha chiuso qua dentro, qualcuno ha deciso che voi non avreste dovuto sapere, diventando la tela bianca, siamo i tre attori di un sadico gioco"
Eva piegò la testa di lato confusa, Luce puntò lo sguardo sui due scoiattoli e i suoi occhi si fecero due fessure sottili, questi si bloccarono e caddero su un fianco, come fossero fatti di pietra; lei subito cercò di raccoglierne uno, ma il piccolo corpicino le si sfaldò fra le mani, mescolandosi al vento.
"C-cos'è successo?" 
La voce della ragazza si fece sempre più alta e sentì una forte morsa al petto: 
"Centra qualcosa con profumo?"

Luce soffiò aria fra i denti lasciandole intendere di abbassare il tono, portò le mani avanti e si guardò attorno preoccupato che qualcuno potesse avere sentito le sue parole.
Schiarì la gola e le sorrise, intuendo di avere risvegliato la sua curiosità, ora mancava solo il riuscire a sedurla e convincerla ad affondare i suoi denti bianchi in quella dannata mela. 

"Vorresti saperlo, vero? È qualcosa di sublime, attraverso esso puoi capire se una persona è gentile o crudele, se un fiore è gradevole o tossico, se un frutto è fresco o marcio..."
Lei sbuffò contrariata e leggermente infastidita dal fare arrogante dell'uomo:
"Usi termini che non conosco apposta? Qual è il tuo obiettivo?"
"conosci la parola fiore?"
"Sì"
"E sai cos'è un petalo e uno stelo?"
"Sì"
"Se non conoscessi fiore, probabilmente non sapresti identificare nemmeno gli altri..."
Eva trasalì, la chiave era quella:
"Profumo"
Quante cose avrebbe appreso conoscendone il significato?
Luce si alzò e si spostò verso di lei lentamente, quando il suo viso fu a pochi centimetri da quello della ragazza sussurrò:
"Raccogli quel frutto, lo mangerò con te, finché l'ultimo segreto non sarà svelato"
La ragazza, come ipnotizzata dagli occhi dell'uomo, si alzò e lo seguì in silenzio fino all'albero al centro del giardino.
Nella mente solo quello a guidarla: la voglia di sapere, di conoscere, di assecondare Luce e la sua voce.

Da dietro la mano di Luce scivolò sul viso della ragazza in una carezza, facendola fremere e rilassare, scese poi sulla spalla e lentamente percorse tutto il braccio, fino alla mano.
Le afferrò il polso con decisione, facendole inarcare di scatto la schiena e premere la testa al suo petto, la piccola non riuscì a trattenere un ansimo quando sentì l'altra mano di lui scivolarle sul fianco e avvolgerle il ventre.
La bocca le si serrò di vergogna e le gote si fecero calde.

Palpitante.

Lui alzò la mano di lei verso il frutto scarlatto, lei socchiuse gli occhi e lo afferrò incerta, schiuse lentamente le labbra e la bocca, quando Luce vi avvicinò la mela.

Travolgente.

Il suo respiro era pesante, aveva paura, ma lo desiderava più di ogni cosa, la superficie di quella sfera era soda, fredda e liscia, Eva chiuse gli occhi e fra i tremori morse velocemente, consapevole che mai lo avrebbe fatto se avesse continuato a pensare.
Uno schiocco secco e la magia zuccherina si spezzò.

Macabro.

Il giardino si fece nero, come se il cielo terso, le nubi bianche e spumose, i fiori colorati e il verde dell'erba non fossero altro che un'illusione fasulla.
Eva sentì il fiato venirle meno, il corpo pervaso da un tremore convulso e un freddo lacerante salirle dai piedi.
In preda al terrore si voltò per abbracciare Luce e da lui farsi proteggere, ma, allibita, lo vide indietreggiare ridendo.
L'uomo strinse le labbra fra i denti e continuò a ridere soffiando dalle narici, il suo sguardo era quanto di più enigmatico Eva avesse mai scorto.
Le sopracciglia piegate in una maschera triste, malinconica, ma il ghigno soddisfatto e appagato dal sentirsi finalmente libero da quello stupido gioco delle parti.
"Non te ne avere a male Eva, ma la vita è fatta di priorità!"

Eva cadde sulle ginocchia, non sentiva nulla a parte un forte formicolio alla testa e al naso, si rese conto che l'erba era divenuta una melma nauseante e tossica, tutto ciò che era attorno a Luce era putrefatto, pulsante e liquido, le salì una fortissima nausea e piegò la testa di lato, vomitando.

"Grazie, amata, per avermi aperto la porta!"

Gridò l'essere dal viso grottesco a braccia aperte, come di chi è pronto ad accogliere in un abbraccio.
Lei terrorizzata raccolse tutte le forze che aveva, si alzò e iniziò a correre, desiderosa solo di allontanarsi da lui.
Stringeva la mela al petto e piangeva pentita, convinta che tutto quello che stava accadendo fosse colpa sua.

"Cos'ho fatto... Adamo... aiuto"

Allo stremo delle forze inciampò e cadde malamente a terra, ferendosi e sanguinando.
Il mondo si era trasformato, l'aria ora urlava e tutto sembrava una bugia.

"ADAMO!"

Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre sentiva l'universo che cercava di entrarle nel naso.
La mela rotolò a terra, era nera e putrida, dei vermi le strisciavano sopra e dentro, facendone banchetto; Eva, sdraiata a terra, girò il viso di lato e la guardò piangendo.
Poi vide una mano nell'atto di raccoglierla, tutto era molto astratto e innaturale, non la riconobbe subito, come fosse avvolta da un fumo di cenere.
Appena realizzò di chi si trattava, scattò a sedere gridando:

"NO! FERMO!"

Ma Adamo aveva già morso quel frutto, così rosso e succoso.
Lui la guardò addolorato:
"Ecco io sono qui per te, ma tu, sarai mai qui per me?"

Eva si sentí morire dentro e avvertì un profumo diverso provenire da Adamo.
Capì che "profumo" le aveva donato una percezione più drammatica della realtà.
Luce sapeva che non lo avrebbe potuto amare in quel nuovo stato e Adamo sapeva che non la avrebbe mai potuta capire se non l'avesse seguita, macchiandosi del peccato.

Ora entrambi avrebbero conosciuto l'odore della morte e il profumo della libertà.

"Che l'esperimento abbia inizio!"
Pensò Luce, stiracchiandosi appollaiato sul ramo rinsecchito di un albero che sembrava contorto dal dolore.

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