Sei mia moglie.

Alexander restò a contemplare sua moglie a lungo, quella sera.
Adélaïde sentiva il suo sguardo scaldarle le membra, quell'uomo era davvero un grande enigma.
Negli ultimi giorni molte cose erano accadute e la ragazza non riusciva ancora a rendersi conto di quello che stava realmente succedendo.
Voleva che suo padre capisse le sue ragioni, voleva essere libera ma non riusciva nemmeno a lasciare quella fortezza, Alexander stava diventando un problema, sopratutto dal momento che non smetteva di guardarla.
"Ho qualcosa sulla faccia, mio signore?"
Lo vide sussultare, probabilmente era perso nei pensieri.
"Come?"
Adélaïde sorrise a suo marito.
"Volevo solo sapere perché mi guardate con tanto interesse."
"Sei mia moglie." disse semplicemente, ma Adélaïde sapeva che non vi era nulla di semplice in quella affermazione.
Deglutí a vuoto, mentre Alexander si alzava dal loro letto e la stanza si faceva sempre più piccola, quell'uomo era così imponente.
"Dobbiamo parlare Alexander."
Egli sorrise.
"Mi piace il mio nome sulle tue labbra, mi piace come lo pronunci." Sussurrò roco.
Adélaïde sentiva che quella serata le avrebbe portato solo altri guai.
Suo marito le tolse la spazzola di mano e la posò sulla toeletta, subito dopo Adélaïde lo vide riflesso negli specchi, era ovunque.
Alla sua destra, alla sua sinistra e dritto davanti a lei. Non bastava un solo despota?
"Sono l'unica?"
Vide il riflesso corrucciato del suo sposo.
"Prego?"
"Callisto."
Un nome. Un solo nome che fece trasalire entrambi. Vide gli occhi di suo marito diventare più scuri, sentii le sua mani sulle spalle farsi più strette.
"Lei non deve entrare in questa stanza Adélaïde, ci siamo solo noi."
Credeva davvero che le sarebbe bastata come spiegazione?
"La amate?"
Grosse risa la scossero nel profondo, Alexander si burlava di lei.
"È solo una puttana, sarei uno vero sciocco ad innamorarmene, non credi?"
Adélaïde posò la sua mano sulla sua spalla, intrecciando le dita in quelle di lui.
"Suppongo di sì."
Alexander l'attiró a sé e in un attimo Adélaïde scordò Callisto.

***

Sono così facile da dimenticare, Adélaïde?

La ragazza allungò un braccio per afferrarlo ma egli scomparve in una fitta nebbia grigiastra.

"Ares!" la ragazza si ridestò dall'incubo, incontrandone uno peggiore, suo marito.

La guardava inferocito, mentre una perla di sudore le scendeva tra i seni.
Ormai la luna era alta, piena della sua gloria e guardava il mondo dietro una fitta nebbia.
Adélaïde sapeva di aver urlato il nome di Ares, le riecheggiava ancora nella testa quel suono, sentiva ancora le labbra pizzicare per quell'improvviso turbamento.
Era da tempo che cercava di non pensare a lui, lo faceva per non soccombere all'oscurità, per non odiare troppo l'uomo che adesso la guardava truce, che divideva il suo letto.
"Pronuncia ancora quel nome e giuro che ti taglio la lingua."
Adélaïde tremò. Non era solo una minaccia, ma una promessa. E sapeva che Alexander manteneva le promesse.
"Perché?" si azzardò a chiedere e nel momento stesso in cui lo fece si maledisse mille volte.
"Sei audace a chiederlo, moglie mia." sorrise, uno di quei sorrisi maligni che nell'oscurità della notte fecero rabbrividire Adélaïde.
"Per mesi ha cercato di mettermi alle strette. Non gli piacevano i miei metodi con il popolino, ci crederesti? Quel figlio del nulla andava a dire in giro che uno schiavo era sempre uno schiavo, ma questo affronto l'ha pagato con la vita." Adélaïde chiuse gli occhi, mentre suo marito continuava... "Quello per cui lo maledirò fino alla fine dei miei giorni è questo." Alexander le alzò la veste da notte, scoprendole il pube.
"Che io sia maledetto se non ti farò pentire d'aver giaciuto con lui!" le afferrò i capelli e godette nel sentirla gemere di dolore.
"Tu sei mia moglie."
La baciò con foga, mentre Adélaïde cercava di stare al suo passo, conscia del fatto che avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa.
Ormai era abituata agli assalti famelici di suo marito, la cosa che però la sconvolse fu il gemito di piacere che le sfuggì dalle labbra quando suo marito entrò in lei.
Alexander dovette sentirlo perché arrestò immediatamente il suo assalto.
Sorrise, le scostò i capelli dal viso e per la prima volta Adélaïde sentì che in quell'uomo non c'era solo una bestia senz'anima.

***

"Buongiorno mia signora."
Adélaïde alzò le coperte fin sopra la testa.
"Oh Romana." disse semplicemente.
La donna aprì le imposte mentre Adélaïde si faceva coraggio, tirando un sospiro per cominciare la giornata.
"Mia signora vostro marito mi ha detto di dirle che oggi sarebbe andato a caccia."
Perfetto, pensò Adélaïde alzandosi dal letto.
"Gli uomini e i loro giocattoli."
Romana le sorrise.
"Se tutto va come previsto torneranno in tempo per la sera."
Adélaïde si corrucciò.
"E se tutto va male?"
Romana la guardò profondamente prima di parlare.
"In quel caso potrebbero impiegare un po' più di tempo." la donna le sorrise e la ragazza più giovane si rassenerò.
Fece colazione da sola, mentre le domestiche si affaccendavano tutte intorno a lei, nella grande sala vuota.
Quando finalmente la lasciarono sola Adélaïde cominciò a pensare.
Perché quel sogno?
Perché proprio ora?
E perché non l'ho sognato prima?
La ragazza si corrucciò, Ares era stato così importante per lei... E allora perché non rammentava più nemmeno il suono della sua voce? La cadenza del suo accento? Rabbrividí.
"Perdonami amor mio..."
Quella frase prese vita dentro di lei, l'ultima pronunciata da colui che Adélaïde aveva praticamente venerato.
La prima volta che l'aveva visto era poco più di una bambina, ben presto Ares diventò il suo rifugio.
Lei era sempre stata diversa dalle dame di cui leggeva nei libri, ci provava ad essere come loro, ma semplicemente non lo era.
Molte volte Ares le aveva detto di essere sé stessa, che il bello di lei era l'unicità.
Ora comprendeva cosa voleva dirle.
Oh Ares, mi dispiace tanto...
Le dispiaceva aver trascurato il suo ricordo, ma in qualche modo era stato l'unica soluzione per non perire.
Ogni giorno ripeteva tra sé
'Un giorno ci penserò, ma non oggi.'
Era il suo modo di affrontare il dolore, di convivere con esso.

***

"Adélaïde."
La ragazza si girò, incontrando una folta chioma rossa.
"Callisto." rispose.
Il lungo corridoio nel quale si trovavano era deserto, l'unica compagnia erano i quadri e le colonne imponenti che nascondevano parte della visuale, infatti da dietro una di quelle colonne sbucò la cortigiana.
"State bene? Ho saputo che Alexander è a caccia." la donna ghignò, come una iena.
"Sto benissimo e posso confermarvi che mio marito è a caccia."
"Di cosa non è dato sapere..."
La velata allusione fece infuriare Adélaïde.
"Che cosa vuoi?" abbandonò le formalità, in fondo avevano diviso lo stesso uomo, ed era evidente che non scorresse buon sangue tra le due, avevano senso i convenevoli?
"Te, mia signora."
La donna si avvicinò a passo svelto verso Adélaïde mentre quest'ultima si ritrovò ad indietreggiare, finché un'altra grande colonna non le toccò la schiena.
Da quel punto nessuno le avrebbe scorte, la colonna le nascondeva perfettamente.
"Devo dire che il signore di Zanon ha buon gusto."
Callisto spostò una ciocca di capelli dal volto di Adélaïde mentre quest'ultima trasaliva.
"So che mi hai vista, quella notte, fuori dalla finestra." la sentì ridere e arrossí irrimediabilmente.
"Sembri così innocente con questo rossore sul viso, mia signora."
Fu un attimo.
Le labbra sorridenti della cortigiana si posarono su quelle di Adélaïde.
Quest'ultima sgranò gli occhi per la sorpresa mentre la cortigiana le prendeva la mano destra per spostarla sulla sua coscia sinistra.
Adélaïde si staccò da lei.
"E così non puoi più avere mio marito e cerchi di sedurre me?"
"Tra noi tre l'intrusa non sono io mia signora, ma se entrambe collaboriamo possiamo far impazzire il signore di Zanon."
Adélaïde capì il piano della donna ma non si scompose.
"Cosa ti fa pensare che ti accetterei nel nostro letto?"
Callisto sorrise.
"Vostro marito lo fa, perché non voi?"
"Menti. So che Alexander non ti ha più toccata da quando ci siamo uniti."
Era un bluff, ma doveva tentare il tutto e per tutto per sfuggire da quelle grinfie affilate.
La vide sobbalzare e capì di aver colpito nel segno.
"Come ha potuto..." Callisto parlava più a sé stessa che ad Adélaïde e mentre questa si corrucciò la cortigiana si alzò le vesti e veloce come un fulmine in tempesta afferrò lo stiletto che aveva appuntato alla coscia.
"Se non lo avrò io, non lo avrai nemmeno tu..."
Rapida infilò il pugnale nella carne di Adélaïde.
L'odore del sangue esaltò Callisto, che gioì nel vederla dapprima confusa, poi terrorizzata.
Quel piccolo inconveniente era stato finalmente risolto.

Adélaïde vide lo stiletto solo quando fu troppo tardi, tastandosi lo sterno lo sentì umido, e mentre si guardava la mano destra ne vide due, poi tre...
Mentre si accasciava al suolo, strusciandosi alla colonna, solo la risata in lontananza di Callisto le fu chiara.

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