Pensieri e silenzi.

Stavano camminando da più di mezzodì, e Adélaïde sentiva il dolore alle caviglie sempre più persistente, benché avesse scelto calzature comode per il viaggio.
Non osava dire a quello scorbutico arrogante di Ares che le tremavano le ginocchia dal dolore, non avrebbe ceduto per niente al mondo, sarebbe morta piuttosto!
Infatti non fu lei a cedere, ma un tronco che le scivolò da sotto i piedi, facendola cadere e lanciare un piccolo grido di sgomento.
Ares arrestò immediatamente i cavalli, sbuffando questa volta, perché quella ragazza cocciuta gli avrebbe dato parecchi grattacapi.

"State bene?" cominciò l'uomo.

"Sì, signore. Sono solo scivolata, il terreno è sconnesso." Non riusciva a guardarlo negli occhi, mentre accettava la mano che Ares le porgeva per alzarsi da terra.

"Fatemi vedere le mani." disse semplicemente, cercando di essere pratico ed efficiente.

"Come?" Ella era sorpresa, me gliele porse subito.

"Maledizione! Venite sul carro, avete delle schegge conficcate nei palmi." Adélaïde non riusciva a capire in che stato d'animo si trovasse Ares, sembrava arrabbiato e preoccupato allo stesso tempo. Ma poteva essere possibile?

"Sto bene Ares, davvero. Sono solo graffi, suvvia!" rise la ragazza, mentre Ares le puntava addosso uno sguardo truce.
Quest'ultimo scoprì il telone del carro, poi prendendo Adélaïde per i fianchi, la fece sedere sulla sponda di esso, cercando qualcosa dietro di lei.

"Trovato!" disse a un certo punto, mentre Adélaïde si girava e incontrava il suo sguardo.

"Ora devo togliervi le schegge dai palmi, siete coraggiosa?" sorrise lui, intuendo la risposta.

"Una domanda retorica signore?" sorrise anche lei di rimando.

Fu un momento strano, l'attimo prima Adélaïde combatteva contro il dolore, mentre Ares con uno stiletto le toglieva gli oggetti estranei dalle carni e l'attimo dopo si ritrovò tra le braccia di lui, cullata e rassicurata mentre tutto quello a cui lei riusciva a pensare era quella notte...

"Buonanotte padre, Ares..." una giovane Adélaïde fece un piccolo inchino, mentre Ares la guardava con il fuoco negli occhi.

"Buonanotte figlia." Adrien le diede un bacio sulla fronte, pensando al meritato riposo che l'attendeva dopo una lunga giornata di lavoro.
Quel giorno l'emergenza dell'incendio delle cucine aveva impegnato tutti, lasciando poco spazio al riposo.

"Buonanotte ragazza." Adélaïde sorrise, Ares no, estremamente turbato dalle provocazioni ricevute dalla ragazza per tutta la cena.
I suoi continui sguardi languidi l'avevano destabilizzato completamente, per il resto ci aveva pensato il vino.
Ella s'incamminò nella sua stanza, mentre una strana inquietudine, un senso di vuoto l'assaliva. Le succedeva da qualche tempo ormai, ogni volta che Ares era in una stanza con lei andava sempre a finire che lei facesse qualche mossa goffa, o che si sentisse come l'ultima delle straccione e non come la padrona del castello. Quando invece Ares non era presente, era tutta un'altra storia.
Passava ore a fantasticare su di lui, chiedendosi perché non avesse ancora preso moglie, benché avesse già superato da tempo l'età da matrimonio.
Erano tutte cieche? O era lui che non aveva voglia d'impegnarsi?
Oh, aveva avuto molte cortigiane, o almeno così aveva sentito in paese, perché nel castello non portava mai nessuna.
Si diede uno schiaffo mentale, mentre cercava di tornare a essere Adélaïde, la figlia di Adrien, il proprietario del castello e dell'intera Montepovere e non Adélaïde l'insicura, innamorata segretamente del capomastro.
Cominciò a mettersi in tenuta da notte, si spazzolò i capelli lucenti e guardandosi allo specchio trovò un Adélaïde che non conosceva: una donna con dei desideri.
Scattò in piedi e corse a letto, quella serata doveva finire quanto prima!

🔸

"Adélaïde...Adélaïde!" Ares si corrucciò.

"Oh, stavate dicendo qualcosa?" Ella tornò immediatamente alla realtà, sul carro, con Ares, in mezzo al nulla. Per quale motivo l'aveva seguito? Era pazza se credeva che quella notte sarebbe stata dimenticata per sempre, o almeno, per lei non era così.

"Sembravate assorta, mille leghe lontano da me." Egli la guardò dritta nelle iridi scure, perdendosi.

"Ero più vicina a voi di quello che pensate." si fece sfuggire di bocca, la fanciulla.
Ares capì immediatamente, mentre Adélaïde si mordeva per la seconda volta in un giorno solo la lingua.

"Avevamo concordato che entrambi avremmo dimenticato l'accaduto." Ares cercò di sembrare il più distaccato e impassibile possibile, ma il suo tono sembrò falso persino alle sue orecchie.

"Credo sia la troppa vicinanza. Non preoccupatevi, so perfettamente delle vostre cortigiane, non avete mai avuto veramente bisogno di me." maledizione a quell'uomo che le faceva dire sempre la cosa meno adatta!

"Benedetta ragazza! Non ho giaciuto con voi per le ragioni che credete, o meglio, non era solo quello." L'uomo sperò di riuscire a spiegarsi, anche se non ne capiva il bisogno.

"Oh, lasciate perdere, è un segreto che mi porterò nella tomba, lo sapete, ma non è passato molto tempo da allora..." cominciò Adélaïde, ma Ares la bloccò con un gesto della mano.

"Non è bene parlare di questo. Non mi sentirò mai abbastanza un verme per aver abusato di voi in così tenera età, so che voi m'avete perdonato, ma io non riesco a farlo." Ares sembrava sinceramente dispiaciuto e Adélaïde s'infuriò.

"Maledizione a voi e al giorno in cui avete incrociato il mio cammino! Siete uno stupido insolente che non sa stare al suo posto! Io vi volevo, mi sentite? Io vi volevo!" stavolta la ragazza gridò, mentre uno stormo si levò in volo sopra le loro teste.

"Dobbiamo continuare il viaggio." rispose semplicemente Ares, ma Adélaïde non avrebbe ceduto come poco prima, quando si era fatta soccorrere.

"Perché non riuscite a capacitarvi che una ragazza di sedici anni avesse dei desideri nei vostri confronti? Perché perdereste la stima di me? Diventerei una sgualdrina ai vostri occhi?" Ella scese dal carro, appoggiandosi con le mani dove poco prima era seduta, dimentica del dolore ai palmi, ma perfettamente consapevole del dolore nel petto.

"Non penserei mai questo di voi." Se fosse stata una sgualdrina l'avrebbe denunciato, l'avrebbe fatto cacciare o peggio ancora, la notte dopo sarebbe tornata nel suo letto, pensò Ares.

"Dobbiamo continuare il viaggio." stavolta fu Adélaïde a parlare, mentre tornava sul carro, dal lato del guidatore. Ares la seguì a ruota.

🔸

Sarebbe mai riuscita a salvarlo dai suoi demoni?
Perché non credeva alle sue parole? perché viveva nell'autocommiserazione con lei, mentre nella vita di tutti i giorni era un valoroso combattente che non chinava la testa dinanzi a niente e nessuno?
Ella non capiva. Non capiva il comportamento di lui, così introverso e misterioso, mentre con tutti gli altri era dolce e gentile. Aveva ascoltato ogni singola parola sotto al telone, mentre Maria lo salutava singhiozzando e non avrebbe mai immaginato di scorgere un Ares tanto umano, con lei sembrava un pezzo di legno senza vita.

Se solo avesse potuto tornare indietro... si sarebbe preso a pugni in faccia quantomeno!
Perché quella sfacciata era venuta, per ammorbargli l'esistenza? Uno dei motivi per il quale Ares aveva scelto di andarsene da Montepovere era proprio lei, la bella Adélaïde.
Ogni volta che la guardava la vedeva sempre più bella, sempre più donna. E man mano che la vedeva crescere si sentiva sempre più meschino, perché le aveva rubato l'innocenza e nessuno l'avrebbe maritata sapendola impura. Perché non capiva? Perché non comprendeva che lui aveva provato in tutti i modi a starle lontano mentre lei gli era sempre stata appiccicata, sin da piccola?
Certe volte la guardava da lontano così a lungo che aveva paura di consumarla. Oh, non era amore, non poteva amare una bambina. Ma toglierle la virtù sì, invece? sentì dentro sé la voce fastidiosa della coscienza.

🔸

"Siamo quasi arrivati, da qualche parte dovrebbero esserci delle mura diroccate, una dimora abbandonata ma che ci riparerà per stanotte." Ares si guardò intorno, più che altro per evitare lo sguardo di lei.
Adélaïde non rispose, non aveva niente da dire, o forse aveva troppe cose chiuse dentro e aveva paura che aprendo la bocca le avrebbe sputate fuori tutte insieme.
Scorse delle pietre in lontananza, sul lato destro della sua veduta della fitta foresta.

"Si trova lì." Puntò il dito, mentre Ares girò i cavalli in quella direzione.
Arrivati a destinazione l'uomo l'aiutò a scendere e Adélaïde accettò il suo aiuto senza protestare. Aveva viaggiato per un bel po', era stanca, affamata e con il cuore a pezzi.
Ares si preoccupò un poco per lei.
Di solito aveva sempre la battuta pronta ma dopo la discussione era rimasta muta e immobile, come una bambola di pezza.

Entrarono nell'abitazione diroccata, e Adélaïde sentì una strana inquietudine prendere il possesso di lei.
Quella dimora era grande quanto la metà sua camera ed era tutto situato in un'unica stanza; c'era davvero gente che viveva così? Di fronte a lei vi era un giaciglio di paglia, probabilmente il letto, mentre alla sinistra di esso un vecchio catino e un topo morto al suo interno, Adélaïde sgranò gli occhi, mentre Ares seguiva il suo sguardo.

"Provvederò a pulire, vostra grazia." sorrise, divertito nel vedere la signora di Montepovere guardare un topo morto come se vedesse il demonio in persona.

"Non scherzate, ve ne prego. Puzza di marcio e credo che non sia solo quel topo a essere morto qui dentro. Non mi sorprenderei di trovare un intero cadavere!" Ella si portò una mano alla bocca mentre Ares stavolta rideva senza alcun contegno.

"Questa stanza è così minuta che a stento riusciamo a girarci e voi credete che un cadavere entrerebbe qui dentro in orizzontale? Per fortuna non progettate dimore!" l'uomo continuò a ridere mentre Adélaïde si decise a muoversi, arricciando prontamente il naso.

"Andate a prendere un poco d'aria fuori, mentre provo a rendere più rispettabile questa umile dimora...per la mia regina." Adélaïde si voltò di scatto e corse fuori da quel tugurio, mentre sentiva anche da lontano l'ilarità acuta di Ares.
Uscendo da quella catapecchia la ragazza tirò un lungo respiro.
Erano poco fuori la via principale, se principale si poteca definire un percorso pieno di ciottoli e rami.
Gli alberi erano più radi in quel punto, così finalmente riuscì a scorgere un pezzo di cielo.
Si chiese se avesse preso la decisione migliore a seguirlo, tutto giocava contro di lei, perfino lo stesso Ares.
Che avrebbe potuto fare?

L'uomo la richiamò poco dopo e
Adélaïde notò subito il cambiamento. Il topo era sparito e l'ambiente risultava più luminoso, dopo che Ares aveva aperto una vecchia finestra malridotta. Non puzzava nemmeno più.

"Non è il massimo, ma mi adatterò." replicò Adélaïde, fredda nei gesti e nella parole.

"In fondo avete scelto voi di venire con me, ragazza." Constatò lui, sinceramente spossato dalla giornata.

"Dovete smetterla di chiamarmi in quel modo Ares, davvero." Lui notò il suo cipiglio.

"Vi fa tornare alla mente troppi ricordi?"
Era meschino da parte sua provocarla in quel modo, ma forse Adélaïde aveva ragione, la troppa vicinanza stava facendo un brutto scherzo ai loro corpi e ai loro sensi.

"Esattamente. Certe volte non vi capisco! Dite che provate vergogna per quel che avete fatto ma poi non manca occasione che mi stuzzichiate con l'argomento... ditemi Ares, soffrite di doppia personalità?" Lo disse in modo così serio che lui si ritrovò ad arricciare la fronte per lo stupore.

"E così mi credete pazzo, vero? Ma non siete voi che avete seguito un pazzo? Uno che non sa quel che vuole, che gira mezzo mondo per trovare un drago che potrebbe ucciderlo in un solo soffio? Non siete anche voi la pazza, dunque?"
Adélaïde tacque, non sapendo bene cosa dire.

"Questa è una vera vittoria, sono riuscito a zittire madame Adélaïde, oh oui, una grande vittoria!" le sorrise.

"Godetevi il momento finché ne avete la possibilità."
Sbottò lei.
Gli avrebbe rotto qualcosa in testa, ma non vi erano suppellettili nelle vicinanze.

"E il momento si è appena concluso, visto che avete ricominciato a blaterare." Ares era spazientito e stanco, quella ragazza l'avrebbe fatto impazzire di sicuro e allora sì che lei avrebbe avuto ragione!
Lo stomaco di Adélaïde borbottò e nel silenzio della foresta riecheggiò, sbattendo contro le pareti di pietra e le orecchie di Ares, che la guardava mentre arrossiva.

"Forza ragazza, mettiamo qualcosa nello stomaco, al resto penseremo più tardi."

E 'più tardi' arrivò più presto del previsto. Ormai era sera inoltrata. La luna era maestosa nel cielo, così grande e luminosa che per un istante Adélaïde s'incantò.

"Adélaïde, venite dentro o prenderete un malanno. La serata è molto fresca." Ella annuì e tornò in tugurio, dove s'avvide del lenzuolo posato sul giaciglio di paglia.

"Dormiremo insieme lì?" indicò il dito accusatore sul colpevole di tanta indignazione.

"Forza, non fate la schizzinosa, siamo troppo stanchi per discutere."

Adélaïde lo osservò mentre si distendeva sul giaciglio e si rese conto che se lei era stanca lui lo era ancora di più, perché l'aveva sopportata tutto quel tempo, aveva spronato i cavalli, curato le sue ferite e sistemato il tugurio. Gli doveva almeno un po' di pace mentale.
Si distese al suo fianco, dandogli le spalle e accostandosi più che poteva alle mura della dimora.

"Buonanotte Ares."

"Buonanotte, ragazza."

Nella mente di Adélaïde ritornò quella sera e si disse, come anni addietro, che quella notte sarebbe finita quanto prima...

"Sei la ragazza più bella che abbia mai visto."
Ares la guardava come se fosse fatta di porcellana.
Entrambi erano persi nelle iridi dell'altro, ebbri d'amore.
Era stata proprio Adélaïde a fare il primo passo, bussando timidamente alla camera di Ares, che si era rassegnato a sognarla anche quella notte.
Lo stupore nel vederla era tale che il ragazzo restò senza parole, capace solo di contemplare la ragazza che più amava al mondo.
Quest'ultima era rossa in viso, ma troppo incantata ed eccitata per tornare nella sua stanza come niente fosse.
Notando che Ares era rimasto impalato sull'ingresso, gli posò una mano sul petto, facendolo indietreggiare per entrare.
Entrambi sorpresi per il proprio comportamento cominciarono a toccarsi, viso, mani, braccia, ogni lembo di pelle era qualcosa che si erano proibiti troppo a lungo.
Nessuno dei due proferì parola per molto tempo, fino a che Ares non la distese sotto di sé, entrando in lei e asciugandole una lacrima di dolore dal volto.
"Sei la ragazza più bella che abbia mai visto." Le disse, completamente sopraffatto dal momento e da lei, tanto innocente da non sapere come muoversi sotto di lui.
Quella fu la notte in cui i loro cuori si fusero, per non lasciarsi mai più.

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