PROLOGO.
La piccola Ashley sognava spesso una vita perfetta, una vita come quelle delle principesse. Lei voleva essere una principessa, come tutte le altre bambine. Un principe azzurro su un cavallo bianco e un bel vestitino tutto bello sistemato, con un "vissero per sempre felici e contenti". La piccola bambina però non si rendeva conto che sua madre la trattava come una principessa. La sera prima di andare a dormire, gli cantava una canzoncina mentre gli spazzolava i lunghi capelli biondi come lei faceva con le sue tanto amate barbie, tutte perfettamente vestite, regalate dalle cuginette. Mentre lei indossava quasi tutte le robe usate dalla sorella maggiore quando aveva la sua età. Ma a lei stava bene, amava sua sorella più di ogni altra cosa al mondo, finché lei non si trasferì in un'altro continente...
Amava tanto la voce di sua mamma, cantava benissimo, una voce che ti arrivava dritta al cuore e un sorriso solare che pian piano sparì dal suo volto sempre più stanco.
Per quanto ci provasse non è mai riuscita a cantare come sua madre o come quelle della televisione che cercava di imitare.
Il padre certe volte la portava a spasso nel parco, facendogli fare dei giretti sull'altalena. Un po' si divertivano insieme... erano felici, tutti e tre insieme. Ma nel padre qualcosa cominciò a cambiare. E lei riuscì a notarlo.
Si chiedeva se tutte le altre bambine della sua scuola avessero una vita perfetta.. ridevano, scherzavano con le proprie coetanee e si scambiavano i vestitini delle barbie, mentre lei stava in un angolino avendo così tanta paura di integrarsi nel gruppo e di non essere accettata.
Però giocava con le sue cuginette, che di tanto in tanto venivano a fargli visita. Giocavano a palla, con le barbie, a nascondino.. quasi tutti i giochi possibili e immaginabili. Si divertivano ed erano libere in quel momento.
Ma questa felicità sparì presto, proprio quando credeva di aver una vita come quelle delle principesse.
Il padre iniziò a tornare a casa sempre tardi con gli occhi rossi, sicuramente a causa dell'alcol o delle sostanze prese. Ogni volta che la bimba provava ad avvicinarsi al padre gli diceva che cosa avesse, ma l'unica risposta fu quella di uno spintone che la fece arrivare a terra, e correva subito di sopra accucciandosi alle coperte per le grida del padre e della madre che provenivano dal piano di sotto. Non riusciva a capire quello che avesse il padre, gli voleva bene e non credeva di avergli fatto niente di male. Ormai i suoi occhi rossi e le pupille dilatate gli facevano paura ogni giorno che passava...
La madre non le cantava più le canzoncine prima di andare a dormire, non si beava più delle carezze sui suoi lunghi capelli morbidi.
I suoi genitori cambiavano con il passar del tempo.
Il padre spariva per giorni in dei bar a bere mentre la madre stava seduta sul divano a illudersi del ritorno del marito.
Iniziarono ad arrivare bollette su bollette, debiti su debiti. La madre passava le notti con le mani nei capelli sempre sullo stesso divano, mentre singhiozzi strozzati uscivano dalla sua bocca, spezzando il cuore della piccola bambina che la guardava da in cima alle scale con un orsacchiotto stretto fra le braccia e gli occhi assonnati, solo per controllare che nessuno l'abbia abbandonata. Certe volte calavano dei silenzi che le facevano paura... credeva che non ci fosse nessuno a casa, che non avesse nessuno più con sé... e di questo aveva paura.
Già da piccola viveva con il terrore che le persone la abbandonassero, che sarebbe rimasta sola e che non avrebbe più avuto le persone che amava con tutto il cuore al suo fianco..
E fu così che Le sue paure più grandi si furono avverate.
Passava più tempo da sola con sua zia che con i suoi genitori, anzi, che con sua madre.
Sua madre si spaccava la schiena dalla mattina alla sera per un misero stipendio per riuscire a pagare le bollette, per riuscire a mantenere la figlia, e comprarli qualcosa che avevano tutte le bambine della sua età.
All'età di dieci anni il padre morì.
Il padre smise di rientrare a casa barcollando.
Di far piangere la moglie.
Di far male alla propria figlia così piccola e innocente.
Lo ritrovarono in una vecchia macchina, con la maglia bianca tinta di rosso.
Sua madre piangeva, e lei si sentiva sempre più in colpa, credeva che fosse lei la causa di tutto questo dispiacere per la famiglia.
Dopo la morte del padre, degli uomini vestiti di nero bussarono alla porta di casa, diedero dei fogli a mia madre e se andarono.
La bimba si avvicinò alla madre in quel momento. Erano i conti di tutta la droga che il padre ancora doveva pagare. Cifre allucinanti.
A quindici anni iniziò a lavorare in un bar dopo la scuola per aiutare la madre, che da sola non c'è la faceva. Nemmeno la metà dei debiti furono pagati. Ma quei pochi soldi che ci rimanevano non erano sufficienti per fare qualsiasi cosa.
A diciassette anni si rese conto che in questo paesino della Philadelphia non ci potè più stare. Doveva aiutare sua madre, e lì li pagavano poco, non riuscivano a coprire le spese e i debiti lasciati dal padre.
Con dei risparmi riuscì a pagarsi il volo per andare a Londra, per stare lontana, per aiutare la madre.
Avrebbe lavorato e mandato i soldi alla madre il prima possibile.
Ormai, si notava così tanto che la madre non poteva più sopportarla e mantenerla. Non aveva tempo per sopportare le solite lamentele di una diciassettenne.
Ma la madre le voleva comunque bene, e quando la figlia prese il volo per raggiungere Londra si sentì un pezzo di cuore andare via, e così si sentì anche la figlia.
Ma si sarebbero tenute in contatto.
Sapevano entrambe che questa era la soluzione migliore.
Ma nessuno sapeva cosa sarebbe successo.
Salvee prima di tutto vorrei ringraziarvi per aver letto questo capitolo, significa molto per me☆
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e spero che vi abbia incuriosito almeno un pochino. Vorrei davvero tanto sapere la vostra opinione sulla storia e anche se vale la pena continuarla o meno, quindi fatemi sapere!♡
~All the love.☆
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