Cap.1
"Sognate di diventare star del cinema? Volete un giorno sfilare sul red carpet? Bene, questa è la vostra giornata fortunata" Alice non ebbe il tempo di capire cosa avesse appena detto il tizio alla tv che sua madre cambiò canale
"Perché l'hai fatto?" quasi urlò prima di catapultarsi a prendere il telecomando
"Fatto cosa?"
"perché hai spostato? Hai sentito cosa stava dicendo?" le strappo il telecomando di mano, ma quando spostò ormai la sigla di uno stupido film d'amore era appena cominciata
"Fanculo" disse sbattendo il telecomando sui cuscini che evitarono di far sentire un forte rumore
"Alice almeno quando sei a casa non usare parole del genere" la sgridò, ma Alice era già sulle scale per andare in camera.
"Che stronza"
"Lo so" aveva detto alla sua amica dall'altra parte del telefono
"Ma perché?"
"Non lo so"
"Ma sai che potrebbe averlo fatto per il tuo bene vero?"
"Lo so"
"Hai intenzione di continuare la conversazione in questo modo?"
"Non lo ...scusa" disse lanciandosi a peso morto sul letto
"E' che lei deve per forza dire quello che dice papà, dice che devo fare una cosa? Lo dice anche lei, dice che non posso fare una cosa? Lo dice anche lei!" senza volerlo il tono della voce tornò alto.
"Ma tutti i genitori vogliono dare ai loro figli un futuro da invidiare, Alice il tuo è un sogno difficile da realizzare"
"Lo so cazzo" gridò "ma io non ci posso fare niente se non ho una stupida dote naturale per cui vale la pena rischiare"
"Ma cosa dici, quello che tu sai fare è già tanto, guarda me ad esempio, non so neanche dire una bugia"
"Ma tu sei un caso a parte" rise, strappando una risata anche alla sua amica
"E comunque questo ai miei non interessa"
"Vabbè Aly, cerca di non pensarci, nel frattempo io provo a scoprire cos'era quella cosa alla tv, ne riparliamo domani."
"Ti amo"
"Si si, solo quando ti fa comodo"
"Ciao" rise chiudendo la chiamata.
Eleonora, la migliore amica di Alice, era forse la ragazza più bella della scuola.
Era amata da tutti, alunni e professori, sembrava uscita da una rivista di modelle e proprio quello era il suo sogno: sfilare su lunghe passerelle ed essere ammirata e fotografata da tutti.
La sua storia era molto simile a quella di Alice, infatti è stato proprio quello a farle unire.
Eleonora però, da quando era stata costretta a vivere nella realtà, aveva accatastato il suo sogno in un angolo remoto della sua mente, lasciandoselo alle spalle come "il sogno di un'innocua bambina".
Molte volte aveva tirato l'argomento in ballo per convincere Alice a farsene una ragione e seguire il suo esempio, ma niente era andato a buon fine, anzi, ogni volta nascevano liti interminabili.
"Anche oggi hai intenzione di non aprire i libri?" chiese la madre di Alice entrando in camera
"Ho bisogno di aria" disse alzando gli occhi al cielo, prese al volo il suo giubbotto e si fece spazio per uscire dalla stanza.
Ormai troppo lontana Alice sentì sua madre dire cose incomprensibili ma lasciò perdere uscendo di casa.
Il giorno dopo a scuola, appena Eleonora vide Alice entrare in classe, le si catapultò d'avanti con un sorriso a 32 denti.
"Non so quanto abbia vagato la tua fantasia sulle parole del tizio alla tv, ma quello che sto' per dirti non l'avresti di certo potuto immaginare neanche con l'anticamera del pensiero" nel sentire quelle parole lo sguardo di Alice si illuminò automaticamente
"Ti prego parla, se continui a fissarmi a bocca chiusa a momenti rischio di svenirti sotto il naso."
"Lezioni di teatro" disse battendo le mani
"Ah...tutto qui?" Alice non aveva detto esplicitamente "delusione" ma era quello che cercavano di gridare i suoi occhi
"Ma certo che no" sorrise, non era più nella pelle, voleva raccontare tutto ad Alice, ma vederla così, in punta di spine ad aspettare solo lei, di certo era un avvenimento unico
"Muoviti" gridò Aurora
"Cosa ti dice il nome "Johnny Depp" Alice?"
"No" disse facendo un passo in dietro "no" ripeté "no."
"Si, si, si'
"No"
"Si Alice" urlò Eleonora
Quello fu uno dei pochi giorni in cui Alice riuscì a stare lontana dalla direzione, infondo era troppo occupata a fantasticare.
All'uscita da scuola tutta la sua euforia venne fuori
"O mio dio" urlò muovendo la mano come un ventaglio
"Johnny Depp che fa un corso di teatro a pochi chilometri da qui, non posso crederci" dalla sua voce poco stabile sembrava veramente che le mancasse l'aria, quasi saltava per l'entusiasmo
"Tirami un pizzico ti prego, dimmi che non sto sognando" ordinò alla sua amica che non si fece ripetere la cosa due volte
"Stavo scherzando" gridò, ma non poterono evitare di scoppiare a ridere.
Durante il cammino verso casa stavano già organizzando ciò che avrebbero fatto il mese successivo, continuavano a fantasticare e a ridere come due ubriache e proprio come tali, non riuscirono ad evitare sguardi severi da chiunque incontrassero.
L'entusiasmo di Alice però, fu letteralmente calpestato una volta arrivata a casa
"Ditemi che state scherzando" disse, o forse pregò, con le lacrime che minacciavano di bagnarle le guance.
"Io spero che tu stia scherzando" la risata di suo padre risuonò nel silenzio. "Non abbiamo soldi da buttare al vento."
"Da buttare al vento? Questa è l'unica cosa per cui io mi impegnerei sul serio, l'unico lavoro da qui mi farei rubare le notti per studiare, com'è possibile che non l'abbiate ancora capito?" gridò, così forte che la gola cominciò a pizzicarle
Dopo quelle parole nessuno parlò, cercò di incontrare lo sguardo di suo fratello in cerca di aiuto, ma lui era lì immobile a fissare il piatto vuoto.
"E tu non dici niente vero?" Disse poi rivolgendosi a sua madre "come sempre" sorrise asciugandosi le lacrime "conta solo quello che dice lui" indicò suo padre "Peccato che non capisca mai niente" sputò quelle parole pentendosene prima che potesse scappare in camera.
Fece sbattere con forza la porta alle sue spalle prima di lanciarsi sul letto e liberare le lacrime.
Le urla di suo padre si sentivano attraverso i muri e ad ogni tonfo il cuore di Alice perdeva un battito.
Pianse fin quando le lacrime decisero di fermarsi e per tutto il pomeriggio rimase chiusa in camera con nessuno che si era precipitato a consolarla come di solito.
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