2. Preparazione psicologica

Ho il batticuore.
Questa mattina ero già sveglia alle cinque e ho avuto tutto il tempo per ripassare il monologo e la canzone. Essendo tornata una settimana fa a casa mia, condivisa con i miei amici Kevin e Miriam, devo essere silenziosa per non svegliare i miei coinquilini dormiglioni e pigri. Devo ancora fare la doccia e colazione, ma ho ancora tempo a sufficienza per compiere tutto con comodo. Prendo il cesto dei panni sporchi in camera e lo porto in bagno per fare una lavatrice. Apro lo sportellino tondo e ci infilo le lenzuola, degli asciugamani e il pigiama. Spero che almeno stanotte riesca a dormire... apro il cassettino del detersivo e ci verso due misurini di liquido denso blu scuro, poi altri due di ammorbidente nello scompartimento adibito. Spingo il bottone ON e la macchina parte, il cestello inizia a girare, lancio una breve occhiata all'orologio accanto allo specchio sopra il lavandino, indica le sette circa. Mi dirigo in cucina, prendo il müsli e uno yogurt alle ciliege, li mischio per bene e mentre mi metto una cucchiaiata in bocca, metto sul fuoco la moka prettamente italiana, perché si sa il miglior caffè è quello italiano. mangio sulla terrazza, sotto la pergola di kiwi e mi siedo al tavolino in legno con gli occhiali da sole, osservando il giardino su cui si affaccia la nostra "stanza" all'aperto. Ci sono due bambini che si lasciano dondolare dal vento leggero su due altalene, la femmina tiene stretta a sé un orsacchiotto marrone con un maglioncino rosso a righe bianche, il maschio un trattore verde e giallo con cui probabilmente ha giocato poco prima. Sposto lo sguardo al cielo, non c'è neanche una nuvola, l'aria che si respira è pacifica, non ci sono rumori , a parte i suoni del traffico che divora le strade tra smog e clacson. La paura per il provino è sempre pronta a fare capolino e posso solo cercare d'inspirare ed espirare profondamente per calmare il mio animo su di giri e galoppante. Il profumo dell'autunno è ormai vicino, gli alberi si tramutano in colori caldi e accesi, giallo, arancione, rosso... È una danza di tonalità. Porto la ciotola e la tazza ormai vuota nel lavandino. Faccio la doccia e mi lavo i capelli, dopo il sudore accumulato nei giorni passati, Dovuto al caldo e allo stress dei preparativi. Dal cassetto del mio comò in camera afferro un paio di slip, una t-shirt nera e un paio di leggins del medesimo colore, esattamente seguendo il consiglio dell'email. Mi dirigo verso il bagno con gli indumenti tra le braccia e lungo il corridoio incontro Miriam che mi sorride affabilmente, si ferma e mi fissa, mordendosi il labbro insicura, sospira e schiarendosi la voce domanda:
«Allora... oggi grande giorno?»
«Così sembra...» rispondo con la voce tremolante e inspirando frammentariamente, mi poggia una mano sulla spalla e, con uno sguardo pieno di comprensione e dolcezza, afferma:
«Siamo tutti con te, coraggio, sarai una bomba!»
«Miriam... ho paura...»
«La parte sarà tua» le sorrido di rimando, perché per quanto ci abbia provato, non mi ha affatto tranquillizzata.

Entro in bagno e mi chiudo la porta alle spalle.
Mi svesto ed entro nel box doccia dove canto ad alta voce la canzone che ho preparato per il casting.
Mi asciugo e mi avvolgo un asciugamano ai capelli.
Indosso i vestiti e sento una lieve percezione di soffocamento, come se gli abiti mi stiano troppo stretti, sono costretta ad aprire la finestra per fare uscire il vapore in eccesso. Mi pettino i capelli, non li asciugo però, ho intenzione dil/ tornare sul terrazzo a rilassarmi e ho voglio metterli al sole e farli svolazzare al vento. Torno in camera per preparare il borsone con tutto ciò di cui necessito per il casting. Infilo anche la mia coccinella portafortuna nello zaino, mi servirà.
Prendo il monologo per un ripasso finale ed esco dalla portafinestra per raggiungere l'esterno. stavolta mi metto comoda sulla poltrona in vimini con i cuscini color panna.
Nell'aria, dal piano superiore si sente un profumo intenso di soffritto che mi fa venire dei crampi allo stomaco per via dell'agitazione incontrollata.

È un buon odore se non fosse per il mio stomaco completamente chiuso da dopo la colazione.

Sento qualcuno nella nostra cucina inveire contro una padella: Miriam.

«È tutto ok là dentro?» le domando, urlando.

«S-ì, Sì, sto solo cercando di cucinare»

Questo lo avevo capito.

Faccio un esame meticoloso del monologo, ripeto parola per parola ciò che è scritto sul foglio fotocopiato, per controllare che non mi sfugga alcuna parola. Miriam apre la portafinestra e mi informa:

«È mezzogiorno e mezzo, svegli Kevin, poi pranzi con noi?»

«Va bene, un pochino di svago prima del funerale non può che farmi bene!» rido da sola, anche se non c'è niente di divertente.

Torno dentro, afferro piatti, tovaglioli, bicchieri e posate poggiandoli su un vassoio che porto di fuori. Devo tornare dentro per prendere le tovagliette verdi militare che ho dimenticato.

Mi siedo e sono felice che Miriam abbia cucinato perché così ho un pensiero in meno del quale occuparmi.

Kevin esce di fuori sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.

«Buongiorno bellezze» mi sorride.

«Cos'è tutto questo trambusto stamani? Si sentiva la puzza di ansia fino in camera mia...»

«Oggi, c'è-»

«Non me lo dire! Oggi è il giorno?

«S-sì»

«Oh cazzo.»

«Kevin, non ho bisogno che tu mi faccia agitare più di quanto non lo sia già»

«In realtà volevo dire: Oh cazzo, oggi questa splendida ragazza spaccherà di brutto!» mi strizza un occhio.

Scoppio a ridere, perché è così imbranato che mi mette tenerezza. Ho sempre fatto il tifo per la coppia Kevin- Miriam, ma lei ignora la cosa. Sembra non essere interessata, ma in realtà sono due anime gemelle, lo hanno capito tutti, tranne che loro due.

Miriam esce con una padella fumante.

«So che non hai fame, ma ti costringerò a mangiare anche se fa schifo! Non puoi permetterti un calo di zuccheri solo perché sei nervosa e ti rifiuti di ingerire qualunque cosa!

Mangiamo in religioso silenzio la pasta al ragù, che, per quanto non abbia affatto fame, è davvero deliziosa.

«A che ora devi avviarti?» mi domanda Kevin, mentre la mia coinquilina lo guarda male e gli tira un calcio sullo stinco sotto al tavolino.

«Ahia Miriam! Che ho detto di male?»

«È da questa mattina che sto cercando di tranquillizzarla e tu te ne esci con una domanda proprio sul provino? Ma ci fai?»

Kevin cerca di scusarsi con me con uno sguardo.

«Mi sembra abbastanza tranquilla, in realtà...» è inevitabile che lei gli dia uno schiaffetto affettuoso in testa.

Kevin la fulmina con uno sguardo, assottigliando gli occhi.

«Ok, ora ne ho abbastanza, pulce fastidiosa!» comincia a farle il solletico e lei urla, poi si alza in piedi e scappa, si dirige al tubo dell'acqua, lo accende e lo minaccia.

«E adesso chi è che ride, eh?»

Lui alza le braccia in segno di resa, ma appena Miriam spegne l'acqua, lui come un felino la prende in braccio per le gambe e lei si ritrova con la testa all'ingiù.

«Ti arrendi?» rido.

«Mai.» le fa il sollletico sui piedi.

E lei scalcia come un cavallo impazzito.

«Perdonaci per questo breve intervallo» si scusa lei.

«Grazie, invece, è stato divertente»

Portiamo tutto in cucina e io me ne torno in camera sistemando i capelli in una treccia.

Miriam e Kevin bussano alla porta della mia stanza e io apro, me li ritrovo davanti con le mani dietro al corpo.

«Abbiamo una piccola cosa per te...» mi tendono una piccola scatolina bianca, che non esito ad aprire, trovo all'interno un ciondolo di quadrifoglio in argento.

«Un portafortuna!» esclamo su di giri

«Per la nostra migliore coinquilina e amica» Miriam pronuncia quelle parole con estrema dolcezza.

«Io ragazzi vi amo» faccio per abbracciarli.

«Vediamo se dopo essere diventata famosa, lo farai ancora...» Kevin mi strizza un occhio.

Afferro la giacca di jeans e lo zaino. Faccio mente locale e penso di aver preso tutto, o almeno spero.

Mi chiudo la porta alle spalle con gli ululati d'incoraggiamento dei miei amici. Mi dirigo alla metro e ricordo di dover attraversare tutta la città per arrivare al luogo prestabilito. Ecco perché sono partita con un'ora di anticipo. Non capisco se sia agitata, perché non sento più gli arti, è come se si siano addormentati. Ho anche difficoltà a parlare. Le mani mi tremano e in viso sono bianca cadaverica guardandomi velocemente nello specchietto tondo che tengo sempre con me.

Farò una figuraccia.

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