1. Ci siamo quasi
Manca poco al provino e l'ansia e la paura sono all'ordine del giorno. Le gambe già cominciano a tremare e le mani non fanno da meno.
Conosco il testo del monologo di Frida a memoria come anche la canzone; essendo un soprano ho scelto "La cattedrale" di Mary Poppins e spero che sia abbastanza d'effetto. Voglio dare il meglio di me. Desidero con tutta me stessa quella parte. Oggi devo assolutamente cercare gli abiti scenici per il soliloquio della mia pittrice preferita dal monociglio, e i fiori in testa.
Vado al centro di San Diego ed entro in un negozio etnico. Trovo una gonna viola e una camicia verde ramarro senza maniche con dei ricami sullo scollo a V. Compro dei nastri verdi in una merceria con i quali voglio legarmi le due trecce che ho intenzione di appuntare in cima alla testa. Trovo in un negozio indiano anche una collana di pietre dure colorate con degli inserti a forma di foglia in seta colorata. Sembra che abbia fortuna e che sia riuscita a trovare tutto! E infine entro in un negozio di fiori e mi introduco furtivamente nello scompartimento dei fiori finti. Sono bellissimi e ben fatti, sembrano veri! Trovo delle rose gialle, delle peonie porpora e altre lilla scuro, infine dei garofani.
Con i sacchetti degli acquisti mi fermo in una caffetteria. Prendo posto vicino alla finestra e ordino un caffè macchiato con latte di soia e un trancio di torta ai frutti di bosco con glassa, dalla vetrina sembrava molto buona, non posso rinunciare! Mi siedo all'unico posto libero, dal momento che quello ch ho scelto poco prima adesso è occupato: un tavolino piccolo per due persone accostato al muro dove si trova la panca ricoperta da un cuscino in pelle nera. Mi posiziono appunto su di essa per avere una visuale migliore del locale.
Un giovane cameriere mi porta l' ordine e mentre sto mettendo in bocca un pezzetto di dolce, un ragazzo molto carino, da un'analisi veloce, si siede al mio tavolo di fronte a me. Irritata, lo fisso nervosa e... lo riconosco. Perché porta di nuovo gli occhiali da sole in un locale al chiuso?
«Allora Léa» calca il mio nome con strafottenza.
«Sì, quello è il mio nome. Greg, dimmi»
«A cosa ti servono un monologo e dei fiori colorati?» indica quelli che sbucano dalla busta di carta appesa alla sedia.
«Ho un provino, non è evidente?»
«Hai bisogno di aiuto?»
«Da te?» rido, ma lui non la prende benissimo perché aggrotta le sopracciglia.
«Certo, da chi altro...»arriccio le labbra
«E mi dovrei fidare di uno sconosciuto?» domando isterica, perché in realtà sto morendo dalla paura per quel casting.
«Ci conosciamo ormai, siamo amici» asserisce con un ghigno malizioso.
«Ah sì?» alzo un sopracciglio interdetta.
«Sì, ci siamo visti ben due volte! Siamo molto amici!»
Ok, è uno scapestrato o non sa quello che dice . Ma io capisco: semplicemente mi prende in giro.
«Mio fratello è un attore, anche abbastanza famoso, spesso mi scambiano per lui.» ride in imbarazzo mentre lo fulmino con i miei occhi verdi.
«Sì può sapere chi è questa celebrità?»
«Michael Johnson»
«Mai sentito.» lo osservo in tralice.
«Perché tu lo conosci sotto il nome di Daniel Garway» mi sbeffeggia.
Prendo un altro boccone di torta e un mirtillo croccante e aspro mi fa strizzare gli occhi. Ho una lacrima agre che minaccia di spuntare dall'occhio. Lui si alza e si dirige al bancone della caffetteria. Torna al mio tavolo con una forchetta in mano.
«Con quella vuoi infilzarmi?» stringo gli occhi a due fessure.
«No, assaggio il tuo dessert» ride di nuovo, prendendomi in giro.
«È il mio pranzo.» lo minaccio con la mia posata alzata a mezz'aria e sposto di poco il piatto.
«Sai, vero, che voi attori dovreste stare attenti alla linea?» ridacchia con malizia.
«Non puoi semplicemente tornare al tuo posto e far finta che non esista?»
«E togliti quegli occhiali da sole qua dentro, sei ridicolo» mi urta molto non riuscire a vedere i suoi occhi. È alquanto ambiguo. Questo ragazzo è davvero strano.
«Cos'è che ti infastidisce tanto, il non poter vedere il colore delle mie iridi o la paura di innamorarti di me al mio primo sguardo?» incurva i lati delle labbra all'insù e intanto si abbassa le lenti sul naso per farmi scorgere i suoi occhi color del cielo. Rimango senza parole per via della loro innaturale bellezza.
«Meglio? Ti senti più a tuo agio adesso signorina Léa?»
«Porti le lenti a contatto colorate.» asserisco, sbuffando.
«Non mi è nuova questa... l'invidia fa dire cose che non si pensano.
«Chi ti dice che io sia invidiosa?»
«La lingua che si è srotolata fino a un centimetro di distanza da me.»
«Quella era perché sei uno stronzo.»
«Tesoro, sei solo in imbarazzo adesso»
«Non chiamarmi così. Non ci conosciamo affatto»
«Eppure a me pare di sì, siete tutte uguali, un paio di occhi azzurri e vi sciogliete come un ghiacciolo d'estate!»
«Hai degli occhi banalissimi. Azzurri come tanti altri, non sentirti speciale»
«Non ho bisogno che tu me lo dica, so di non esserlo.» Appoggia il viso sulla mano che ha il gomito puntellato sul tavolo e indossa un finto, palese broncio.
«E allora punti sulla simpatia per fare colpo» alzo un angolo della bocca.
«Non ne ho bisogno, Léa. Vedi è proprio questa la fortuna di avere un fratello attore famoso.» Si abbassa una lente della montatura per farmi un occhiolino.
«Che io non ho mai sentito nominare» sogghigno appena.
«Forse James Hill ti ricorda qualcosa...» è in quel momento che le mie labbra si schiudono e formano una "o".
«Il film sul drogato teppista? Quello è tuo fratello? Ma lui ha gli occhi neri, e tu, invece, li hai celesti? Siete sicuri di essere fratelli?»
«Gemelli. Lenti a contatto le sue, li ha come i miei, altrimenti.» replica
«Così dice il dna» continua, riferendosi alla mia constatazione sulla poca somiglianza.
«Così dice tua madre che-»
«Alt. Non continuerei su questa linea di discorso...» mi ferma, alzando la mano e mostrandomi il palmo privo di calli.
«Altrimenti Greg?» lo affronto, alzando di due millimetri la testa cocciuta che porto sulle spalle.
«Non vuoi saperlo.»
«Piuttosto perché sei sempre solo? Non hai una ragazza a cui rubare la torta?» Mi incuriosisce davvero, d'altronde è un bel ragazzo, perché perdere tempo con una banalissima ragazza come me?
«La sua me la sono già mangiata e mi ha stufato.» Non stiamo più parlando di dolci, vero?
«Trovane un'altra ancora! E stammi alla larga, possibilmente. Ho altro a cui pensare adesso...»
«Altro oltre me?»ride con malizia e un filo di arroganza.
«Decisamente. Me ne vado, la prossima paghi tu la torta.»
«Contaci tesoro!» A mai più Greg.
Mi alzo dalla sedia, strusciandola rumorosamente a terra e vado a pagare al cameriere.
«Signorina, il ragazzo con lei ha già pagato» mi volto a guardarlo e sono tentata di andare a ringraziare, ma non lo faccio. Alza il viso verso di me proprio mentre i miei occhi sgranati sono fissi su di lui, solleva la forchetta con l'ultimo pezzo di torta che mette in bocca, sogghignando. Ringrazio il giovane al servizio e me ne torno a casa.
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