Ephialtes (Riley Flynn - Padre Paul Hill)
5. Ephialtes
Incubo.
(Riley Flynn - Padre Paul Hill)
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Riley Flynn sopravvive, ma non vive più. È come un serpente che ha perso la pelle, ma non l'ha cambiata. È rimasto fermo, immobile, statico di fronte a quell'auto distrutta e alla persona — l'essere umano, che ha ucciso. Si è bloccato in quella linea temporale e, l'unica cosa che gli riesce bene da quando è uscito di prigione, è pensare. È la cosa più distruttiva e frustrante che possa fare, forse è quasi una punizione — come se quattro anni chiuso in una cella non fossero bastati — e i pensieri, ogni notte, si trasformano in incubi.
Prima di riuscire a prendere sonno la vede, quella ragazza, o quello che rimane di lei e, fissandola con la speranza che prima o poi lei possa svanire e lasciarlo senza peccato, alla fine prende sonno.
Nemmeno lì, però, rifugiato nei suoi sogni, Riley trova la serenità. C'è solo solitudine e paura, quando si ritrova su quella barchetta di legno in mezzo al mare e l'unica cosa che lo circonda è il buio appena bucato dalla luce della luna. Ha le gambe piegate e strette al petto — attende l'alba, ma questa non arriva mai.
È fermo, immobile, guarda l'orizzonte e non cambia niente. È la sua vita; statica, vuota, triste e affoga in un mare di sensi di colpa. E di solitudine.
È il suo incubo ricorrente ed è peggio che sognare mostri, come quando era bambino. È peggio che sognare qualunque altra cosa.
La solitudine è peggio della morte, e Riley ormai è talmente vuoto che non ha voglia di colmarla e di affrontarla.
Alza lo sguardo, nel suo incubo ricorrente, e di fronte a lui non c'è più il vuoto.
C'è padre Paul che, silenzioso, lo guarda. Ha la stessa talare d'oro che gli ha visto indossare la prima volta che si sono conosciuti, quella domenica in chiesa quando è tornato a Crockett Island. I capelli neri tirati all'indietro, curati in modo quasi distratto e gli occhi scuri puntati sui suoi.
In mezzo al grigiore di quell'oceano vuoto, con quella veste d'oro, padre Paul sembra quasi la luce della speranza. Hanno iniziato quegli incontri da un paio di settimane — quelli degli alcolisti anonimi — e, per quanto vi siano tra loro dei contrasti di fede, Riley non può negare che, in qualche modo, quell'uomo lo stia aiutando. Non ha speranza che tutto torni come prima ma, forse, parlare con lui gli ha acceso qualcosa dentro. A volte rabbia, a volte tristezza, persino un po' di leggerezza, quando l'intraprendenza genuina di quel prete lo ha colpito e lo ha fatto addirittura sorridere.
«In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini.» Padre Paul ha la stessa voce leggera e rassicurante che Riley ricorda. È la prima volta che qualcuno parla nei suoi incubi.
Forse non lo sorprende troppo il fatto che sia stato lui a farlo.
«Non c'è mai luce, qui», risponde, e si sorprende che dalla sua bocca sia uscito quel suono.
Padre Paul sorride. «E la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno compresa.» Si batte le mani sulle ginocchia e guarda altrove. «Giovanni, 1:4-5. Magari non sei la persona giusta per vedere e forse non vuoi vederlo, ma c'è luce nelle tenebre e l'unica cosa che puoi fare è aspettare che torni.»
«Non penso di non vederla. Penso di non meritarla.»
«Hai vissuto il tuo personale purgatorio, Riley. Dio ti perdonerà non appena sarai pronto alla comunione. I tuoi ti hanno perdonato, Crockett non ha interesse in quello che è successo. I gossip al di fuori dell'isola non interessano a nessuno. Funzionano così nelle piccole comunità.»
«Non mi importa di quello che pensa la gente. Men che meno qui a Crockett. Non mi importa di niente, a dire il vero. Non sento niente.»
«Portatemi i vostri vuoti e v'insegnerò a darci un nome. Lo diceva Gesù. Non li vuole riempire, vuole dare loro un'identità. Riempire il vuoto non ti aiuterà a vivere, Riley. Accettarli e conviverci e trovare altro che ti fa sentire pieno, vivo. Ci sono vuoti che vanno accolti e basta.»
«E cosa dovrei fare? Credere in Dio? Affidarmi a lui perché solo lui può capire i miei vuoti?» Riley sa di aver risposto in modo ostico, ma è stufo delle paternali di quell'uomo che cerca sempre di parlare in nome di Dio e mai per sé. Ride senza entusiasmo e alza gli occhi al cielo. Torna a guardare il vuoto. Incrocia le braccia sulle ginocchia e vi appoggia il mento.
«Non sto cercando di portarti da nessuna parte, Riley. Sto cercando di darti un nuovo motivo per ricominciare. Per me Dio è la luce, per te la luce che cos'è?»
È una bella domanda. Talmente difficile che, quando alza gli occhi e incrocia quelli di padre Paul, capisce quando è complesso il volere dell'essere umano. Sa cosa vuole sua madre, cosa vuole suo padre, per cosa sta combattendo Warren e cosa attende Erin da quando aspetta quel bambino, ma non sa cosa vuole lui. Non lo sa più, da quando si è macchiato di quel crimine.
«Non lo so. Ad essere sinceri non ne ho idea.»
Padre Paul alza le sopracciglia, ma non sembra sorpreso. Si toglie la talare d'oro e rimane con una camicia nera e un paio di jeans grigi. Al collo, ad identificarlo ancora come messaggero di Dio, c'è il collarino bianco. Si sbarazza anche di quello e lo butta in mare.
«Che fa?», chiede Riley, confuso.
«Divento un uomo, per un attimo, proprio come te.»
«Non ho mai creduto che lei non lo fosse. L'abito non mi ha mai messo a disagio sotto quel punto di vista. Non credo e continuerò a non credere anche se mi parla di Dio senza l'uniforme.»
«Oh, ma non l'ho tolto per te. L'ho tolto per me.» Riley si ammutolisce e resetta i pensieri. È sempre un sogno, ma sembra così reale che quasi ha un capogiro. Padre Paul sorride sornione. «Parleró da uomo, ora. Parlerò da figlio, da fratello, da padre e da essere umano. Il buio esiste per tutti, Riley. Esiste anche per me. È talmente arduo, conviverci, che a volte persino la fede vacilla. Come può Dio dimenticarsi di noi, quando siamo nelle tenebre? Quando abbiamo riposto tanto in lui? Persino Gesù Cristo sulla croce ha dubitato di lui, perché lo ha lasciato morire e soffrire, ed era suo figlio. Gli stati d'animo delle persone, i loro percorsi, le loro sofferenze e soprattutto le loro scelte non sono responsabilità di Dio. Se tu scegli il buio è una tua responsabilità. Nessuno te ne può tirare fuori se non te stesso.»
«Non so come si fa.»
«Nessuno lo sa, ma restare qui, da solo, non ti aiuterà a cambiare le cose. Dio, la scienza, un'amica cara, un prete che ti ha a cuore, possono aiutarti a uscirne, a riemergere, ma il primo passo spetta a te e, credimi, la fede è l'ultima cosa che ti imporrei di abbracciare in un momento come questo. Ti parlo di uomo, da persona che vuole che tu ce la faccia. Quello che farai dopo, quando verrai alla luce, sarà tuo libero arbitrio.»
Riley chiude gli occhi. Infila la testa fra le braccia incrociate e sospira. Se il prete è diventato uomo per lui, solo per confrontarsi tra esseri umani, significa che è caduto troppo in fondo. Sente qualcosa dentro che lo sta divorando ma almeno, dopo tanto tempo, sente qualcosa.
Quando alza la testa non sono più in mezzo al mare, con il buio, ma dentro la sala che usano per gli incontri per gli alcolisti anonimi. Padre Paul porta una camicia nera e i suoi soliti jeans grigi. Si sta mettendo di nuovo il collarino bianco al collo. È tornato ad essere il prete e, per un attimo, l'ha tirato fuori da un incubo.
«Cercherò di lavorarci sopra.» Dice e, per una volta, non sta mentendo del tutto.
Padre Paul sorride e, sorseggiando un po' del suo solito tè, inclina la testa di lato.
«Monsignor Pruitt mi ha detto che hai una grande forza d'animo, Riley Flynn. Mi dispiace averti conosciuto in un momento così buio ma ti prometto, come ho promesso a padre Pruitt, che insieme faremo grandi cose.»
Riley sente ancora dentro quella sensazione. Un morso dopo l'altro qualcosa lo divora, lo mastica e lo risputa. Non si sente rassicurato ma, allo stesso tempo, spera che padre Paul gli dia qualcosa a cui aggrapparsi.
Eppure, ad essere sinceri, Riley non pensa di essere mai tornato da quell'incubo in mezzo al mare.
Fine
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