Prologo.
C'era una volta una storia che giaceva silenziosa e nascosta tra le pieghe del tempo, protetta dalla luce di tre piccole stelle: Vega, Altair e Deneb. Brillando nel cielo notturno, formavano un triangolo invisibile agli sguardi più distratti, ma luminoso per chi lo sapeva scovare. Era il racconto di un amore, narrato e tramandato per secoli in forme diverse, ma che aveva atteso con pazienza il momento giusto per essere riscoperto.
Lontano dalla vita di tutti i giorni, dove il cielo si apre come un mantello punteggiato di fuochi che danzano in eterno, ha luogo il destino di due amanti. I loro sospiri sono le nuvole che passano come ombre, la pioggia le loro lacrime, l'avvicendarsi di Sole e Luna il conto alla rovescia dei loro incontri e la Via Lattea l'immensa galassia che fa da giudice al loro amore.
E proprio in mezzo agli astri, oltre le nuvole e oltre l'intelletto umano, si schiudevano le porte del Regno del Cielo e il principio di un canto malinconico fluttuava nelle stanze del palazzo del re. Le mani delicate e candide di Vega sfioravano l'ordito marrone per creare, con una trama rossa, un disegno che ben presto avrebbe cambiato la sua vita.
Unica figlia del Re del Cielo, la sua bellezza non aveva eguali e la sua garbata gentilezza era un faro di ispirazione per tutte le fanciulle del regno. I suoi ricami, oltre a splendide opere d'arte, erano un ponte che manifestava le sue emozioni più profonde, intrecciate con le sue dita abili ai fili tesi nelle trame. Con maestria ed eleganza adornava i tessuti di fiori, farfalle, piccole rondini, singolari a tal punto da far sì che lei fosse conosciuta nel regno come la Tessitrice.
Nella stanza del palazzo reale, circondata da rigogliosi giardini incantati, chiunque avesse avuto la fortuna di intravederla mentre dava massima espressione alla sua arte, rimaneva ammaliato dal suo fascino, innamorandosi in eterno. Ma l'amore... Vega era convinta che nulla le mancasse, che quei fili e quei ricami completassero ogni angolo della sua esistenza, ogni pensiero della sua mente... Poteva, però, dire lo stesso per il suo cuore? E come sarebbe riuscita a colmare quel vuoto quando nemmeno lei sapeva di cosa avesse bisogno?
Un giorno, il Re del Cielo, turbato dalla malinconica canzone intonata dalla figlia, si avventurò nelle sue stanze. La vide tessere con abilità e dedizione, senza però riuscire a ignorare l'insolito luccichio di tristezza fra le ciglia abbassate sul telaio che ticchettava, nello sguardo vuoto e spento che controllava l'intreccio dei fili, nella postura morbida e arrendevole, e nei colori smorti delle ultime trame, se si eccettuava quella a cui stava lavorando in quel preciso istante. Un rosso acceso, forte e ben definito, quasi come un sentimento incapace di trovare la via per la sua manifestazione, ma pronto a implodere.
«Vega» l'apostrofò il re. «Che trama deliziosa mi mostri oggi?»
La dolce fanciulla venne colta di sorpresa e abbassò gli occhi in uno stato di confusione, come se lei, per prima, fosse meravigliata dell'elaborato che la sua immaginazione e le sue dita avevano ideato in compagnia di quel canto. Il re afferrò la tela e sospirò: chi avrebbe mai detto che la figlia fosse in grado di ricamare i volti delle persone? E, in quel caso, non di una persona qualsiasi, ma di un ragazzo? Così la sua mente vagò, tentando di svelare il significato di quel manufatto, pur avendolo già intuito.
Vega si alzò in piedi a sua volta per ammirare il disegno e, stupita, sussurrò: «Non capisco come sia possibile, avevo cominciato a tessere con l'intenzione di creare una rosa di Sharon». Inclinò leggermente il capo.
«Hai raggiunto la maggiore età, mia cara Vega» dichiarò il Re del Cielo con solenne orgoglio. «È arrivato il momento di ripagare la tua dedizione al lavoro con un dono. Dimmi quale desiderio arde nel tuo cuore, così che io possa dimostrare tutta la fierezza che nutro nei tuoi confronti.»
Le dita della figlia rimasero a mezz'aria interrompendo il lavoro e lasciando il motivo rosso incompiuto, poiché di fronte a quell'interrogativo tutto ciò che poté fare fu guardare oltre la finestra, che incorniciava l'immensità della Via Lattea. Il vuoto, che aveva avvertito sfiorando quei fili rossi, si espanse ancor di più, abbracciando l'intera stanza. Fu un'ombra lontana sotto un folto albero in fiore a catturare la sua attenzione, un fantasma che danzava all'orizzonte, un giovane che, solo con l'arrivo della primavera, frequentava spesso il sentiero all'estremità opposta della Via Lattea. Un incontro mai avvenuto che restava sospeso nei sospiri di Vega che, con volto malinconico, cercava ogni anno tra i rami disegnati su quell'immensità la figura slanciata e sicura di sé del ragazzo.
«Padre» sussurrò. «Voi sapete che cos'è l'amore?»
Il Re del Cielo posò le sue possenti mani sulle spalle delicate della figlia e assecondò il suo sguardo verso l'infinito: «È un sentimento che, nella sua universalità, è unico per ogni anima che lo conosce. Nessuno può davvero spiegarlo, è una verità che devi trovare da sola». La sua voce sembrò un vento che portava con sé l'inizio di una storia: «Sii consapevole, tuttavia, che saprai di amare quando, raccontandolo, il tuo cuore sussurrerà: c'era una volta...».
Il cuore della principessa sembrò quasi aprirsi nel petto, come fanno i fiori al risveglio della primavera, e le sue mani si staccarono a un tratto dal telaio per cercare il palpito pulsante.
«Desidero l'amore, padre» rispose, sentendo il ritmo del battito vibrare sulla sua pelle. «Desidero un mio c'era una volta...»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top