I.

Una leggerissima brezza primaverile scompigliava i capelli del ragazzo seduto sul tetto dell'appartamento, gli occhi puntati dove il cielo si univa in una linea con la terra. Firenze da lì in alto era bellissima: il sole, che giocava a nascondino dietro l'orizzonte, colorava il cielo di una delicata tonalità aranciata, di quelle che solo l'alba sa presentarti davanti con la sua magnificenza. In lontananza, tra gli alti edifici, si intravedevano i cipressi e il grande tiglio al centro del campus universitario, proprio quello che svettava davanti alla facciata dell'ateneo.

Tommaso, come tanti, aveva passato la nottata a una di quelle squallide feste di Alessandro, piene di alcool e qualche pastiglia, e ora si ritrovava barcollante sulla via ciottolata verso casa, accompagnato dal cinguettare allegro dei passerotti in quel sabato mattina.

Ancora un po' confuso, senza un vero motivo apparente, aveva alzato la testa verso la casa rossa che condivideva con Samuele, Leonardo ed Elia, il suo migliore amico, e lì lo aveva visto.

- Elia, che fai là sopra? - aveva riso divertito, la testa gli girava ancora per l'alcool delle ore precedenti - Scendi giù - gli aveva fatto un gesto sghembo con la mano.

Nessuna risposta: Elia se ne restava con le gambe al petto e lo sguardo in avanti - Elia, dai, è pericoloso là su - il tono era ancora scherzoso, ma anche leggermente preoccupato.

Elia, ancora in silenzio, si era alzato e si era spostato in avanti, verso il ciglio del tetto.

- Elia! - tutta la confusione di Tommaso era scomparsa con una spugnata - Cosa cazzo stai facendo? Scendi subito!

- No - era stato secco il castano, gli occhi azzurri che scandagliavano la figura del minore e la voce che rimbombava nel giardino vuoto.

- Hey, che è tutto sto baccano? – si era affacciato dal terrazzino dell'appartamento Leonardo, ancora assonnato, e aveva guardato sopra la sua testa, proprio dove Tommaso non riusciva a far a meno di puntare lo sguardo – Elia, cosa stai facendo lì in piedi?!

- Si vuole buttare Leo, Elia si vuole buttare di sotto!

Leonardo e Samuele, svegliato di fretta dal suo compagno di stanza, si erano catapultati davanti alla casa con i nasi puntati in su.

- Scendi da lì.

- Vieni giù!

- Elia, per favore, scendi giù da quel tetto - la voce di Tommaso era spezzata dalla paura - Ti prego.

- No - i fari azzurri del ragazzo brillavano illuminati dal sole mattutino.

- Perché?!

- Ti prego, non crederai di averci deluso dopo quello che è successo - il tono di Tommaso suonava più comprensivo che accusatorio - Cristo santo Elia! Qua ti vogliamo tutti un mondo di bene e tu pensi averci deluso? Adesso scendi subito da lì! – stranamente il minore non capiva in quel momento, Elia non era mai stato quel tipo di persona che si arrende così facilmente.

Le urla avevano fatto in modo che si creasse una piccola schiera tutta intorno ai tre amici: universitari trattenevano il fiato osservando il ragazzo sul bordo delle tegole, un gruppetto parlava a bassa voce forse cercando un modo per evitare il peggio e qualche ragazza guardava rapita la scena dal balcone della casa davanti.

Anche Alessandro era arrivato con il suo passo sempre un po' baldanzoso e troppo sicuro di sé: - Cosa sta facendo il vermiciattolo là sopra? – Tommaso lo aveva fulminato con gli occhi, non era il momento di fare ironia o polemica.

Una mina vagante sempre pronta ad esplodere, ecco cosa era Alessandro.

E questo terrorizzava Tommaso, gli metteva addosso un costante terrore di quello che sarebbe successo dopo.

Come ora.

- Cosa vuoi fare piccolino? Saltare dal tetto? E fallo! Almeno così puoi dire che hai preso finalmente una scelta nella tua vita, che hai avuto il coraggio di fare qualcosa - aveva accompagnato il tutto con un ghigno beffardo.

- Alessandro, ma sei scemo?! - si era avventato su di lui Samuele, chiudendogli la bocca con una mano, ma il ragazzo si era scansato agile ed aveva continuato.

- Elia, fallo. Tanto a nessuno interessa di te, sei solo uno dei tanti.

- Elia, non lo ascoltare! - la voce di Tommaso si era fatta acuta, tagliente, disperata in tutto il suo terrore - Non ascoltarlo, ti prego! Non sei uno dei tanti, tu sei molto di più - era anche lui sull'orlo, ma quello di una crisi di pianto.

- Questa è solo la mia opinione...E forse quella di molte persone qui intorno - si era fatto largo con le braccia Alessandro.

- Nessuno ha chiesto la tua opinione! – gli aveva urlato addosso Tommaso, ormai non più padrone delle sue reazioni – A nessuno importa dei tuoi pensieri! – si era girato verso il tetto, il viso sciolto in un'espressione dolce – Elia, potresti vedere tutto buio adesso, non vedere un senso o uno scopo nella tua vita, ma quello c'è, te lo assicuro, e tu ti ci devi aggrappare con tutte le forze.

- Tu come fai a dirlo? Come fai a dire che c'è un senso nella mia vita?

-Per anni, ti dico, anni, sono stato il tuo migliore amico - aveva abbassato lo sguardo e poi aveva rialzato i suoi due smeraldi luminosi sull'amico - Dio Elia, alle volte mi sembri proprio stupido - aveva sorriso amareggiato - Ti sono stato vicino per tutto questo tempo non per divertimento, non per pietà e nemmeno per gentilezza, ma perché ci tengo realmente a te, e non solo come un amico - aveva buttato le parole come se fossero sassolino in un laghetto placido, increspando il viso dell'amico - E vedere la tua disperazione mi lacera dentro come nulla aveva mai fatto, soprattutto perché ti rifiuti di condividerla con me. Va bene, soffri, non c'è problema: disperati e piangi finché ti sarai consumato, ma non farlo da solo, non farlo senza di me - aveva sorriso leggero -Ti ricordi cosa ci eravamo promessi? Dove vai tu, vado io. Bene, se oggi tu salti, salto anch'io - aveva preso un sospiro profondo come il buco che si stava scavando nel suo cuore - Perché non sono assolutamente nulla senza di te. Quindi per favore, ti prego, non andartene ora, non così, non perché pensi che la vita sia più difficile di quanto sembri, perché hai paura di poggiarti a me per un'altra volta. Non sei mai stato un peso, non mi hai mai deluso, devi capirlo: tu sei una parte di me, la mia metà da sempre, anche se non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo a nessuno, se non a me stesso - ora le lacrime gli scendevano sul viso miste alla paura, al terrore di vederselo sparire davanti agli occhi – Elia, lo so che mi senti, ma per favore, ti prego, rispondimi! Dimmi qualcosa, qualsiasi cosa, ma rispondimi, perché non posso starmene qui con il terrore che tu faccia la più grande cazzata di sempre solo perché qualche coglione – aveva cacciato uno sguardo verso Alessandro, che ora se ne stava bloccato dalle braccia di Samuele – ti ha convinto che tu sia solo un codardo senza uno scopo, perché non potrei mai perdonartelo, perché tu non sei questo: tu sei un guerriero che ha dimenticato come combattere. Ma ora scendi, ti prego, scendi o...- un'ultima lacrima che cadendo aveva fatto un fracasso incredibile e Tommaso si era svegliato completamente sudato, appiccicato e dolorante.

d aveva guardato verso la parete davanti a lui: ancora quel sogno.

Si era girato verso il comodino e aveva preso in mano la cornice in legno grezzo, quella che conteneva una sua foto insieme a Samuele, Leonardo ed Elia.

Se ne erano andati tutti da quella casa: Elia in quel modo tanto assurdo, Leonardo e Samuele perché l'aria era diventata irrespirabile, proprio come in quel momento in quella stanza spoglia.

Si era alzato e aveva attraversato il corridoio che dava sulla cucina, la parete ancora tappezzata di foto in cui era felice.

Da quanto non lo era ormai? Mesi, forse anni.

E il trascinare dei suoi piedi sulle piastrelle del pavimento lo confermava, come anche la mano che accarezzava la parete ruvida: sentiva il corpo pesante, come se avesse passato una vita intera a portarsi un macigno sulla schiena, e anche respirare gli dava fastidio.

La tapparella della cucina che dava sul terrazzino era abbassata da talmente tanto tempo che Tommaso pensava non si sarebbe mai alzata. Invece, era venuta su con uno scroscio plastico e aveva lasciato che la luce illuminasse completamente il tavolo pieno di barattoli di noodles istantanei e scatole appiccicate di salsa barbecue, le sole cose che gli facevano passare il nodo di malinconia che gli abitava in gola.

Con un movimento lento aveva afferrato una felpa, profumava ancora di mandorla come Elia, ed era uscito sul terrazzino.

Girava un'aria fresca, di quelle che solo l'inizio di autunno poteva offrire alla città toscana, e il sole pareva scoraggiato a uscire dalle nuvole scure che promettevano un acquazzone, ma Tommaso si sentiva solo a suo agio con le mani strette sulla ringhiera arrugginita.

Sono sempre stato solo un peso per tutti

Quella frase gli era balenata come un ricordo sfocato nella testa.

Come un ricordo sfocato? Quello era un ricordo sfocato.

Elia era diventato solo un ricordo per lui, un ricordo di cui non sapeva fare a meno.

Sono passati 3 anni Tommi, devi lasciare andare il suo fantasma per non diventare l'ombra di te stesso gli dicevano tutti come se fosse la cosa più facile del mondo.

Eppure, per lui era la cosa più dolorosa che potesse fare: era una costante lotta contro sé stesso, contro gli incubi che ogni notte gli offrivano un capro espiatorio per sentire meno il dolore delle parole non dette.

Quella notte era stato Alessandro, lui non era nemmeno presente quando Elia aveva deciso di mettere fine alla sua vita senza senso.

Se solo avesse saputo, se solo Tommaso avesse avuto il coraggio di dire quelle parole che gli si riproponevano come un mantra ogni notte.

Forse Elia sarebbe stato ancora lì.

O forse no.

Tommaso non lo avrebbe mai saputo, sarebbe rimasto per sempre fermo a quella mattina, legato a quella casa, ormai abbandonata dai suoi amici, che odorava solo di ricordi, mandorle e gelo.

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