Esorcismo
Jamal non era sicuro del perché Malloran desiderasse vederlo. Che poteva mai volere un signore dell'Isel Ddinas da un manovale di hen Ddinas? Per giunta a quell'ora della notte. Continuava a chiederselo mentre il servo mulatto lo precedeva lungo la Via Maestra.
Le abitazioni ai lati della strada dormivano. Ben presto le verande di legno lasciarono il posto agli imponenti portici di pietra. Il servo mulatto raggiunse il portico illuminato dalla luce di diverse lampade di vetro
(cristallo di Oer! pensò entusiasta Jamal)
e si fermò sotto una pozza di luce azzurrognola. Immerso in quel lenzuolo danzante di morbida luce, l'anziano mulatto pareva un pesce nell'oceano. Bussò, la porta si aprì e una serva si fece da parte per farli entrare. Quando Jamal oltrepassò la soglia, la mulatta richiuse e si congedò con passo frettoloso.
«Lo so che è tardi, ma non potevo aspettare.»
Jamal si voltò. Seduto su una panca di legno, accostata al muro del grande andito, c'era un uomo calvo. Jamal riconobbe Malloran. Il ricco signore si alzò, raggiunse Jamal e gli si piazzò davanti. Aveva l'aria disfatta.
«Mi devi aiutare», disse.
Jamal fece per aprir bocca ma l'uomo sollevò una mano.
«Ascolta.»
Jamal ascoltò ma non udì nulla. Fece per parlare e l'altro sibilò uno «Ssssst!» nervoso. La luce che illuminava l'andito vibrò e Jamal udì quello che era un grugnito sommesso.
«Sentito?» mormorò Malloran.
«Che cos'era?» chiese Jamal.
«Lui.»
«Lui?» L'uomo annuì. «E questo è niente. Fra un po' si scatena, vedrai. Sono giorni che non mi fa chiudere occhio.»
«Signore...» fece Jamal. «Perché mi ha fatto chiamare?»
«Ho bisogno che mi aiuti.»
«A far che?»
Un nuovo grugnito, ben più forte del primo, risuonò in una stanza lontana e arrivò sino all'andito. Le fiamme delle candele intrappolate nel cristallo di Oer vibrarono ancora.
«Si sta svegliando», mormorò l'uomo.
Guardava verso un lungo corridoio. Nella luce malaticcia dell'andito (le lampade di cristallo erano gialle come pelle di lucertola) Jamal vide che non era del tutto in sé.
«Mi è arrivata voce che la tua vecchia è una bruja», fece Malloran. «È vero?»
«Sì, ma...»
«Puoi portarla qui?»
Un ruggito sommesso, simile a quello di un llew ma assai più cupo, fece tremare i fuochi rinchiusi nelle lampade di cristallo agganciate alle pareti.
«Ti pago quello che vuoi», fece Malloran. «Cento... duecento bronzi a testa, vi dò.»
La voce gli tremava. Pareva sull'orlo di una crisi di nervi.
«Ci vorrà un po'. Mia madre è parecchio anziana.»
Malloran si voltò e disse all'anziano mulatto: «Prepara il calesse», quindi prese a tormentarsi le mani mentre il servo schizzava via.
Un tonfo echeggiò nella magione e uno squittio lo seguì.
«Ma che cos'è?» chiese Jamal.
«Un tywyll», disse Malloran.
Jamal fece per chiedere cosa diavolo fosse un tywyll, poi un cassetto della memoria si aprì per scaricargli addosso l'informazione. Qualcuno li chiamava invisibili. Erano creature incorporee, fatte di puro male, che si divertivano a terrorizzarti a morte prima di smembrarti come una bambola di stracci.
Il servo mulatto tornò dopo poco e lanciò uno sguardo a Malloran. Il padrone di casa afferrò le spalle di Jamal e prese a sospingerlo.
«Fate più presto che potete», disse.
Gli mollò una spintarella e girò i tacchi. Jamal lo vide accomodarsi sulla panca di legno e guardarli spaurito.
«Se vuole seguirmi...» disse il servo a Jamal.
Il corridoio era lungo e stretto. Le lampade, sospese in alto per mezzo di ganci, creavano un gioco di luci inquietante. Jamal attraversò un tunnel di luce itterica, come quella dell'andito, fino a sbucare in una stanza ampia come una casa de adobe di hen Ddinas. Ebbe sì e no il tempo di guardarsi attorno, perché il mulatto procedeva spedito, ma riuscì a cogliere diversi particolari dell'arredamento, come le lampade di cristallo che irradiavano una luce verdognola, il grosso camino, il tavolo lungo e l'arazzo con la decalcomania di un imponente drago che sorvolava una casetta.
Il servo mulatto tirò dritto. Mentre passavano accanto a una scala a chiocciola di marmo, Jamal udì un ringhio, poi uno squittio e infine un verso suino. C'era qualcosa al secondo piano, nessun dubbio in proposito.
Il servo mulatto accelerò il passo e Jamal lo imitò. Infilarono l'uscita posteriore, raggiunsero lo spiazzo dove carretto e cavallo attendevano e montarono in cassetta.
La Luna era velata da una foschia bruna come sangue rappreso.
* * *
La madre di Jamal pareva vecchia quanto il Buon Padre. Una ragnatela di rughe le imprigionava il volto color caffè. Gli occhi, due ametiste, emano miti come quelli del Messiah. Jamal le spiegò la situazione. La donna annuì, recuperò un'ampolla da una mensola storta e gli offrì il braccio. Di fuori, Jamal la aiutò a montare in cassetta. Per tutto il tragitto la donna fissò la Luna di Sangue e, quando l'anziano servo li lasciò dinanzi al portico di casa Malloran, pareva covare una certa urgenza.
Ad accoglierli fu Malloran in persona. Il suo volto era una maschera di tensione.
«Sta peggiorando più in fretta del solito», mormorò e Jamal udì una serie di tonfi sordi che parevano i passi di un titano.
Un verso roco attraversò tutta casa e arrivò all'andito. La madre di Jamal strattonò la veste di Malloran e gli indicò il corridoio. Malloran interrogò con gli occhi Jamal.
«Le sta chiedendo di accompagnarla», disse all'uomo.
La donna prese il braccio del ricco signore e, a passo di lumaca, raggiunse con lui la scala. Lì un ruggito li accolse. Malloran rabbrividì. La donna no. Gli indicò solo di accompagnarla di sopra. Mentre salivano, i suoni si fecero più forti: tonfi come martellate su un'incudine, ringhi sommessi e persino un frenetico raspare.
Malloran condusse la donna sino alla stanza da letto, che era la fonte di tutto quel casino. Sulla soglia la donna stappò l'ampolla, si versò poche gocce sulle dita e segnò gli stipiti. Si levò un filo sottile di fumo e qualcosa ringhiò.
La donna superò la soglia, quindi levò il palmo aperto verso Malloran e Jamal.
«Dice che dobbiamo aspettare qui», fece Jamal.
Poi l'anziana mulatta chiuse la porta.
Per molto tempo non si udì nulla. Jamal si chiese se quella quiete inaspettata non fosse presagio di una rovinosa tempesta e, come se l'avesse evocata, d'un tratto si scatenò l'ira del Buon Padre. Un urlo bestiale si abbatté sulla porta come un vento forte, facendola tremare. Le cacofonie di moltitudini infernali esplosero, creando eco diffuse che crescevano e morivano. Le voci ansarono, ruggirono e ansarono ancora. Qualcosa belò dolorante.
«Rwy'n eik diarddel!» tuonò una voce, indiscutibilmente umana.
Poi tutto tacque.
Dopo un minuto la porta si aprì, l'anziana mulatta uscì e se la chiuse alle spalle. L'ampolla che stringeva era per metà vuota. Chiese il braccio a Jamal e, quando questi glielo offrì, lo attirò a sé per sussurrargli all'orecchio. Jamal si rivolse a Malloran.
«Dice che è meglio se nessuno mette più piede nella stanza.»
«E io dove dormo?» chiese Malloran.
«Dove vuole, ma non lì dentro.»
L'anziana mulatta si allontanò e Jamal la seguì.
«Un attimo», fece Malloran. Jamal si voltò. «Che succede se qualcuno entra?»
«Si perde», disse Jamal e accompagnò sua madre dabbasso.
Malloran fissò la porta chiusa. Paura e curiosità lottavano. Il ricco signore recuperò dalla tasca una chiave d'ottone e la infilò nella toppa con mano tremante. Fece scattare la serratura e tornò di sotto.
Sulla soglia, la mulatta sussurrò a Jamal. Il manovale riferì a Malloran: «Dice che, se le viene il prurito e non riesce proprio a grattarselo via, può sbirciare dalla serratura, così è sicuro che quella brutta voglia le passa.»
Malloran allungò loro le sacchette con il denaro e i due mulatti si congedarono. Subito il ricco signore andò di sopra e sbirciò dalla toppa. Vide una luce rossa pulsare e spegnersi. Poi un occhio bianco e catarroso si aprì nel nero della toppa e una pupilla di rettile fissò Malloran, che guaì e si tirò indietro.
Mentre tornava di sotto, deciso a dormire sulla panca, si disse che l'indomani avrebbe fatto murare l'ingresso della stanza.
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