Capitolo 30

Si trovava in una grotta buia ed oscura. Non c'erano spiragli di luce. Desiderò vedere l'oscurità, era la sua più grande paura: il buio e tutto ciò che si celebra in esso. Improvvisamente si illuminò, indossava una tunica leggera e impugnava un arco fra le mani. Si sentì chiamare da mille voci diverse, alcune sussurravano, altre urlavano il suo nome. Sentì un brivido sulla colonna vertebrale. Illuminò il pavimento scosceso e si addentrò dentro la roccia, verso l'origine delle voci. Non era una mossa molto geniale, ma sul momento non sapeva cos'altro fare.
Incontrò un fiume dopo poco, sentì l'acqua sgorgare e defluire in un tunnel.
Cassandra lo aspettava con una tunica da vergine sul bagnasciuga. Era bella come sempre, capelli d'oro lunghi e setosi, occhi acuti, piccoli ma bellissimi con il colore dell'oro. Neanche Evalin può cambiare in quell'esatto colore. Il viso a cuore era perfetto e il corpo che seguiva era un espressione aritmetica della bellezza visiva.
Cassandra e Nicolas non avevano un rapporto molto stretto, ogni tanto sfociava nel fraterno ma entrambi erano molto professionali. Una volta lei gli aveva riferito che il vedo dominatore della Luce non è passionale, forse pazzo ma molto distante.
-Vieni. Nicolas si avvicinò a lei.
-Dove siamo? Gli chiese lui disorientato.
-Succederà qualcosa di importante. Le riferì lei, ma il suo sguardo era rivolto verso il vuoto.
Improvvisamente la bellezza di Cassandra parve spaventarlo, i capelli le vorticavano attorno come se avessero preso vita propria.
- A chi? Chiese lui incuriosito.
Lei lo guardò un instante divertita, aveva le mani che ricadevano sui fianchi e sembrava una statua immobile.
-A te, mio simile.
Il suono lo inchiodò sul posto. Era un rumore che aveva sentito una volta distrattamente, quando con i suoi genitori erano andati fuori città. Su un parco mentre il piccolo Nicolas non riceveva attenzione, aveva visto qualcosa di verde strisciare nell'erba. Si era incuriosito, era sempre stato affascinato da tutto da bambino. Il serpente poi aveva morso con uno scatto fulmineo la madre, che era rimasta allibita, poi morta nel giro di pochi secondi era caduta sul terreno impietrita. Aveva perso sua madre quel giorno e qualsiasi legame con il genere femminile.
Il più grande serpente che avesse mai visto, alto più di 20 passi, entrò dall'altro lato del tunnel strisciando e mostrando i denti aguzzi.
-Saluta il basilisco discepolo e ricevine il dono. Cassandra pareva non preoccuparsi che il basilisco fosse molto più alto di lei, né che avanzasse minacciosamente nella loro direzione.
Con un verso gutturale spaventoso quello si gettò addosso a Nicolas, ma quest'ultimo con una capriola improvvisata, scampò dalle sue fauci. Nicolas cercò con la mano Cassandra ma questa era scomparsa. Si sentì un macigno sul cuore, non voleva essere la causa della sua scomparsa. Ma fu facile dimenticarsi di lei, poiché un grande serpente con la pelle verde splendente si stava avvicinando minaccioso. Solo all'ora si ricordò dell'arto nelle sue mani, senza pensarci sopra, prese una freccia materializzatasi sul pavimento e la incoccò. Sentì la potenza della partenza, l'attrito dell'aria e la freccia insinuarsi sulla pelle del serpente, ma la punta al leggero tocco si inclinò cose se fosse acqua e  cadde a terra, apparentemente non aveva ferito l'animale ma quello iniziò a muoversi convulsamente irato. Dopo un attimo di panico Nicolas corse più lontano, ma fu lento, il basilisco gli fu velocemente addosso. Il ragazzo prese un'altra freccia dal pavimento, alzò le braccia, mirò all'occhio del mostro e nel preciso istante in cui la scoccò, il basilisco chiuse il suo morso sul suo avambraccio destro. Nicolas urlò di terrore e dolore, ma le sue urla furono sovrastate da quelle del serpente gigante, che ceco da un occhio, sbatteva sullo muri della grotta. Fortunatamente il braccio non sembrava drasticamente danneggiato, l'osso non si era rotto e anche se Nicolas poteva vedersi il muscolo, cosa che lo disgustò e tanto, era felice che fosse ancora attaccato al suo corpo.
Mentre si teneva il braccio indolenzito con l'altro, un fascio di luce lo accecò momentaneamente. Quando Nicolas riuscì a rivedere dove fosse, si spaventò, la grotta era scomparsa, adesso si trovava  in una cella sotterranea con in mezzo un grande altare e una capra morta sopra, avvicinandosi vide una figura dietro esso. Cassandra gli sorrise compiaciuta.
-Sei stato molto bravo. Lui la guardò senza capire.
-Il serpente è simbolo di chiaroveggenza ma per ottenerla dovevi batterlo e te la sei cavata non male. Disse indicano la vittima di pecora tra loro due.
-Non capisco. Disse ad alta voce Nicolas. Poi vide la causa del decesso della capra e rimase sorpreso. Una freccia d'oro spuntava dall'occhio destro, era entrata così in profondità che quasi usciva la punta dal cranio.
-Il basilisco... le parole gli morirono in gola. Cassandra annuì. Gli passò un coltello da cerimonia e dell'acqua, anche se non sapeva come Nicolas era quasi sicuro fosse quella che scorreva nella grotta.
-Cosa vuoi più al mondo Nicolas? Governare?
Il ragazzo interdetto scrollò la testa. Era strano ammetterlo ad alta voce ma lui a differenza di Denny non interessava assoggettare o essere padrone di qualcosa, lui voleva spiccare e raggiungere i suoi obbiettivi, il che era ben diverso.
-Cosa vuoi? Ripeté Cassandra.
Lui le prese il coltello usato per i sacrifici e l'acqua.
-Voglio poter vedere. Voglio poter vedere tutto, anche nel futuro. Il sorriso di Cassandra esprimeva gioia e rispetto.
-Allora fallo. Nicolas si sentì momentaneamente invincibile. Aveva sempre desiderato sapere la realtà delle cose, lui che aveva vissuto in una bolla, senza amore dalla parte dei genitori.
Mentre Nicolas alzava il coltello, la gioia famelica lo guidò. Abbassò la lama e ... si svegliò in preda agli spasmi. Era ancora nel suo letto, nella sua camera con un ragazzo che gli dormiva affianco. Cercò di riprendere fiato come meglio poteva, mentre con una mano ripercorreva il punto dove il serpente lo aveva morso, gli faceva ancora molto male, anche se sapeva che si trattava solo di un sogno. Con la mano sfiorò una crosta e trasalì dal dolore. Improvvisamente si spaventò. Accese una luce, incurante dei lamenti del ragazzo lì affianco si guardò allo specchio. Sull'avambraccio destro sopra il suo simbolo, un sole con 12 raggi, c'erano due fori che si stavano cicatrizzando. Una ferita singolare, pareva come se lo avessero morso.
Si risdraiò sul letto, spegnendo la luce, ma non si addormentò, non trovò pace né sonno.

Evalin sentì un rumore distante, si girò dall'altra parte per far finta di non averlo sentito e continuare a dormire, ma quello insisteva ancora e ancora e ancora. Alla fine sbuffò, aprì gli occhi e vide solo il buio. La schiena le doleva tantissimo così come le gambe. Per un istante nella dormiveglia Evalin si chiese perché la stessero svegliando nel bel pieno della notte e soprattutto perché le faceva male tutto, dalle caviglie al collo, visto che il suo letto era così comodo. Poi, ritrovata un po' di lucidità, ricordò le cose successe nelle ultime due ore e si mise seduta di scattò, rischiando di spaccarsi la spina dorsale. Rimase stupita da come il suo corpo si fosse abituato tanto velocemente agli agi della scuola, ora più che mai rimpiangeva il letto soffice, comprese l'importanza di dormire su un materasso, lei che aveva passato un ora rannicchiata contro il legno duro e scheggiato. Si massaggiò le braccia intorpidite e la schiena dura ed infine i fianchi doloranti. Si voltò verso Denny e lo vide dormire, poi sentì nuovamente  quel rumore fastidioso propagarsi vicino a Denny, era la sveglia, la spense e con sgomento vide che segnava le 8:07. Il tempo di dormire era scaduto, adesso loro avevano solo altre 4 ore per completare le prove di iniziazione e fino ad ora la numero uno li aveva messi in seria difficoltà. Sentì la brina sotto di sé ma stranamente non ebbe freddo, le sue mani erano gelate ma non le sentiva indolenzite, anzi. Si scostò da Denis che era stato una fonte di calore sufficiente per non farla morire di freddo. Si alzò e cambiò calzini, ne prese un nuovo paio dallo zaino, così come per la maglietta, non era molto a suo agio a rimanere con la canottiera della tuta davanti al ragazzo, ma solo dopo avergli dato un calcetto per assicurarsi che dormisse, lo fece. Indossò guanti e cappotto e dopo dieci minuti esatti da quando si era alzata si voltò per svegliare Denny. Il ragazzo però dormiva profondamente. Evalin lo aveva dapprima chiamato, poi scrollato, era arrivata pure a pensare di rovesciargli dell'acqua addosso, ma quello sarebbe stato solo uno spreco. Anche se si vergognava ad accettarlo aveva pensato, dopo l'ennesimo tentativo, di alzarsi ed andarsene, ma non sarebbe stato giusto, avevano finalmente capito che non era una sfida tra loro due questa prova, bensì una sfida contro sé stessi. Evalin non si sentì molto rincuorata. Decise di tappargli il naso, ma lui si limitò a spalancare la bocca. Guardò l'orologio e scoprì con rabbia che erano le 8:25. Un idea folle si insinuò nella sua mente, senza starci molto a pensare lo schiaffeggiò sulla guancia, non tanto forte ma abbastanza da farlo rinvenire. Denis aprì subito gli occhi spaventato, portò una mano sulla guancia rossa e si guardò intorno.
-Finalmente ti sei svegliato. Lo salutò lei. Improvvisamente si rese conto che era china sopra di lui, seduta sulla sua pancia, imbarazzata si rialzò in un lampo e prese la colazione, se così si poteva chiamare un pezzo di carne fredda mangiucchiata a notte fonda. Lasciò che il ragazzo si riprendesse, Denny si stiracchiò il collo e le gambe, poi sbadigliando si alzò e iniziò a vestirsi.
-Che ore sono? Chiese finalmente. Evalin gli riferì l'orario e lui subito iniziò a prepararsi più velocemente.
-Perché non mi hai svegliato prima?
-Io ci ho provato! Ma tu dormi con un ghiro. Senza aggiungere altro lui riordinò tutte le sue cose, si caricò lo zaino in spalla e rubò l'ultimo pezzo di carne dalle mani di Evalin, avventandolo.
-Questo è per lo schiaffo.
-Prego. Disse lei mentre lo seguiva, ma con stupore scoprì che non se l'era presa.
Avevano deciso di stabilire un ritmo accessibile ad entrambi, dovevano recuperare l'ora persa ma grazie alla loro stoltezza avevano in un ora fatto quasi uno stadio. Decisero di riposarsi ogni 20 minuti e sempre per poco. Adesso la notte si stava schiarendo e la foresta ritirando. Videro un tasso correre nella direzione opposta rispetto a loro e un cervo con il suo branco. Ogni volta che passavano vicino agli animali cercavano di essere il più silenziosi possibili, anche perché se un animale avesse attaccato si sarebbero ritrovati senza armi. Fortunatamente non videro nessun orso, né pipistrello, prima di riappacificarsi infatti Denis l' aveva spaventata dicendo che quei boschi brulicavano di pipistrelli, nonostante Evalin avesse capito che scherzava aveva paura che sbucassero fuori ad ogni passo. In un ora con un buon ritmo si ritrovarono seduti su un campo di erba sterile, stavano chiaramente salendo molto di quota: non c'erano più alberi solo campi e roccia nuda, la cima era sempre più vicina e un po' più sotto Evalin era sicura di aver visto un focolare, sperò fossero Xenios e Stephan.
Evalin trovò la salita sfiancante, odiava camminare a quel modo e non poter toccare nulla né ammirare gli animali, qualora ne incontravano alcuni Denny si doveva avvicinare a Eva e doveva trattenerla dallo scappare via verso di loro. Fortunatamente lei era con Denny che aveva un autocontrollo di ferro, rispettava gli orari e la spronava a fare di più. Evalin aveva più di due vesciche a piede e la cosa la stava facendo impazzire, zoppicava e continuava a lamentarsi.
Ma la meta era lì sempre più vicina, dopo neanche un'altra ora stavano scalando su per la montagna. Denis era molto spaventato, lui preferiva camminare tra i boschi, ma la sensazione di vertigine e la concentrazione che impiegava nel muoversi rendevano piacevole la salita per Eva. Addirittura si ritrovò a dover guidare anche Denis, poco più sotto di lei, che non riusciva ad appigliarsi bene alla roccia.
Fecero una pausa mentre guardavano lo spettacolo davanti a loro, seduti in bilico su un ridosso; il cielo era luminoso, si vedevano le costellazioni ed Evalin indicandone alcune le stava mostrando al compagno. Ripresero a camminare con il fiatone, la ragazza, nonostante la compagnia non fosse così male, iniziava a detestare quella prova con tutta sé stessa.
-Siamo quasi arrivati. La rassicurava Denny. Era molto gentile ed Evalin non capiva il perché. La risposta era piuttosto ovvia però, rassicurare Evalin gli imponeva di andare avanti, se fosse stato da solo il ragazzo non era sicuro che l'avrebbe superata.
-Lo hai detto anche dieci minuti fa. Gli rispose lei, mentre cercava di raggiungerlo dall'altra parte di un torrente ghiacciato. L'aria si era fatta più rarefatta e le nubi si erano triplicate sempre più minacciose, si sentirono da lontano alcuni fulmini. Denny le allungò una mano e la issò verso di sé, Evalin lo lasciò fare troppo stanca.
La poggiò a terra e la guardò annoiato.
-Preferivo quando correvi isterica.
Evalin alzò subito la guardia.
-Io non ero isterica. Puntualizzò. Lui sbuffò ed andò avanti, costringendola a muoversi.
-Ne dubito. Rispose lui divertito.
Come osava scherzare? Evalin era lievemente permalosa, abbastanza da seguirlo impettita.
-Oh beh scusami se io non sono uno spirito positivo. Già dovrei dire che bella questa scalata infinita che non ha nessun fine! Il rancore e la sconfitta delle tre ore e mezzo le sfociarono insieme a quelle parole come un fiume in piena.
-Beh almeno potresti evitare di distrarti ad ogni passo! Denny ci stava prendendo gusto a lamentarsi di lei con lei.
-Sai mia nonna mi diceva che un uomo che è tanto gentile quanto una mattonella secca, dovrebbe essere evitato. Sopratutto se impreca come un cane.
Denny che adesso stava scavalcando un masso enorme la guardò dall'alto al basso.
-Io non impreco. La ragazza fece roteare gli occhi al cielo.
-No, certo che no. Disse mentre era arrivata al suo stesso livello di altezza, era abbastanza accalorata da andare avanti lasciandolo indietro.
Sentì fra le rocce un rimbombo, guardò il cielo e vide foschia ma nessuna saetta, strano, pensò.
-Beh mia nonna mi diceva che quando una donna ti fa male, è una donna falsa.
-NON L'HAI DETTO DAVVERO! Evalin lo fulminò all'istante fermandosi sul posto, impettita come un gatto rabbioso. Si sentiva tremendamente in colpa per la sua cicatrice sul mento e da parte di Denny menzionarlo era davvero ignobile.
-Se non mi fossi tanto attaccato magari non sarebbe mai successo. Disse inferocita, non lo pensava davvero, ma non sapendo cosa rispondergli, la sua parte bambinesca prese i comandi della bocca.
-Io non ti sto attaccato!
Adesso distinguere Denny era abbastanza difficile perché le nubi le oscuravano il campo visivo ma sapeva che era lì alla sua destra.
-È molto poco carino da parte tua dirlo. Gli urlò dietro lei. Non capiva cosa volesse dire, non seguiva alcuna logica, rispondeva con il primo pensiero che le passava nella mente.
Adesso il rumore era ancora più forte, per un istante non riuscì a far altro che fissare verso la cima alla ricerca di qualcosa.
Si guardò intorno e non vide nulla se non nebbia. Una ondata breve di panico la spaventò, ma, facendo forza alla ragione si disse che Denny era alla sua destra. Mentre cercava di scivolare sulla parete della montagna per rintracciare Denny una mano guantata la trovò fra le nuvole. Le strinse il braccio e la trascinò a sé. Una figura scura stava davanti a lei con un sorriso sghembo, con quel buio e quella confusione Evalin intravedeva appena il ragazzo. Sospirò felice ma subito tornò rigida.
-Hai finito? Le chiese. Stava nevicando, piccoli cristalli bianchi si depositarono sui suoi occhi, per terra c'era un lieve strato di neve sporcato da fango.
-Ho appena iniziato. Disse lei incrociando le mani davanti al petto.
-Immagino. Guarda dove siamo.
-Non vedo nulla genio.
-E questo vuol dire.... Evalin non capì subito cosa l'altro stesse dicendo, avevano iniziato a stuzzicarsi, non poteva curarsi del luogo dove fossero, ma poi l'oscurità le fece venire in mente qualcosa, guardò in alto e vide una macchia di rosso sfocata: un fuoco acceso. Un verso stridente di gioia la investì in pieno.
-Oddio siamo arrivati! Batté le mani per la gioia.
-Come ho già detto, cammini più velocemente quanto sei stizzita. Evalin lo scrutò a bocca aperta, incapace di pensare.
-E vorresti dirmi che l'hai fatto apposta? Era alquanto scettica a riguardo.
-Dipende, con quale risposta ti convinco a camminare a passo sostenuto l'ultimo pletro? Improvvisamente stanchezza, tristezza, paura di fallire e rabbia svanirono. Evalin prese Denny per la mano e lo trascinò dietro di sé verso il fuoco, il ragazzo sorpreso lanciò un urlo così comico, che se avesse avuto tempo, Evalin ci avrebbe scherzato sopra.

Xenios li vide, o meglio li sentì, perfino Stephan li sentì. Tutte le paure dell'uomo svanirono quando sentì Evalin sbraitare contro Denis. Sorrise di gioia e quasi gli vennero le lacrime agli occhi: Evalin ce l'aveva fatta. Era illesa, potente, sarebbe diventata una dominatrice impavida non un dominatore come lui e la verità gli scaldava il cuore spezzato.
Arrivarono pochi minuti dopo, avvinghiati mentre camminavano fra le nuvole basse. Stephan si slanciò e corse verso la figura più bassa e familiare che era Evalin, la abbracciò con foga e l'ammiro nella penombra. Il suo pollice toccò qualcosa di caldo, le asciugò la lacrima sullo zigomo e le diedi un casto bacio sulla fronte.
-Non farlo mai più. Le disse lei sepolta nel suo abbraccio.
-Lo so, lo so. Rimasero così per poco visto che non potevano perdere dell'altro tempo.
-Non ci avete messo molto. Tempo ottimo direi. Adesso che la prima prova è stata superata perfettamente andiamo alla numero due.
- A cosa serviva la prima prova? Chiese Evalin.
-Come non ve ne siete accorti? Chiese Stephan meravigliato. Evalin e Denis si guardarono sperduti e scossero la testa all'unisono.
-La salita è un simbolo verso l'ascensione, un sacrificio. E poi mentre stavate salendo avete testato il vostro corpo e scoperto quanto velocemente possiate vivere a temperature diverse improvvisamente ed estreme.
-Fa così freddo? Chiese Denny che era chiaramente sudato e accaldato dallo sforzo.
Stephan annuì. Evalin alitò e vide una candida nuvoletta gelarsi davanti a lei, Denny meravigliato sputò, cosa che disgustò Evalin, e la saliva divenne improvvisamente ghiaccio poco prima di schiantarsi al suolo, cosa che sorprese Evalin.
-Ora andiamo. Manca poco d'ora in poi.
Evalin sospirò sollevata.
Li portarono vicini al fuoco, sempre più vicini alla cima, da cui distavano di poco ormai. Una grande masso si teneva in equilibrio sulla roccia, era un cerchio impreciso, ghirlandato da fuori e coccarde. Evalin lo scrutò dubbiosa.
- e questo cos'è ?
Stephan lasciò parlare Xenios, come sempre.
-Questo è il palco per il vostro ballo. Cari ragazzi la seconda parte del l'iniziazione infatti sarà la ierogamia.
Evalin e Denny evitarono di guardarsi a vicenda volontariamente, ierigamia era un rituale che si faceva per simboleggiare le nozze di Aria e di Fuoco, i due componenti dovevano danzare in una sorta di estasi e spesso si concludeva il tutto con rapporti sessuali. La ragazza rimase nuovamente delusa, non aveva previsto un ballo nella sua iniziazione, anche se sapeva che erano frequenti in molte altre.
-Che tipo di ballo? Chiese il ragazzo.
-Noi non vi diremo nulla, sarete voi a scoprirlo, ascoltate il cielo.
-Tutto qui? Chiese Evalin. Stephan la guardò con rimprovero.
-Sali sulla pedana Evalin e non fare domande. Era un tono che conosceva bene, quello che non aspettava repliche.
Evalin lasciò lo zaino a Stephan. Prima di girarsi però le venne ordinato di rimanere con la tuta, la ragazza era chiaramente preoccupata ma obbedì muta. Si tolse i guanti, il cappotto, la felpa e la maglietta. Rimase con gli stivali, una tuta leggera e una maglietta sportiva a maniche lunghe con sotto, fortunatamente una canottiera. Pensava che sarebbe morta assiderata eppure, senza capire come, sentì il freddo trapassarle e non soffermarsi tanto su di lei.
Salì per prima, seguita subito dopo da Denis. Entrambi si guardarono affranti ed imbarazzati, non sapevano cosa fare. Il cuore di Evalin batteva velocissimo, non era sicura di saper ballare bene ed era piuttosto sicura che nella sua posizione sbagliare non era consentito.
Guardò Stephan e quello indicò il suo orecchio, Evalin conosceva quel gesto, quando la voleva riprendere mentre lei si distraeva, lo faceva spesso a scuola. Subito si lasciò andare all'ascolto di qualcosa, di qualunque cosa. Sentì il vento gridare forte, e dei fulmini lontani.
Rimase con gli occhi chiusi concentrata così a lungo che quasi non si accorse che Denny le stava prendendo una mano preoccupato. Lui era un fascio di nervi, se c'era un cosa che non sapesse fare bene, quella era danzare. Maledisse mentalmente il fato.
Rimase a guardare Evalin, spaventato all'idea che stessero perdendo del tempo. Stava giusto pensando a quale dei tanti balli fare per sciogliersi, quando lei spalancò gli occhi. Strinse la sua mano, elettrizzata e profondamente spaventata, si guardava attorno, forse ricercando Stephan, immaginò Denny. Ripeteva - È vero. È vero. Poi si prese la testa fra le dita e la strinse facendo pressione. Denny si chinò su di lei imbarazzato, cercando di capire quale fosse il problema, le prese le mani, erano gelate. Toccò il polso e lo trovò gelato, così come la sua fronte e le braccia. Si spaventò. "E se sta morendo? Quali sono gli effetti collaterali del gelo" Tremare, si disse e con una morsa allo stomaco scoprì che Evalin stava tremando come una foglia.
-Maestri, Evalin sta gelando. Urlò, mentre la stringeva a sé, il corpo del ragazzo al contrario della ragazza era una fornace. Aveva il cuore in gola mentre cercava di alzare il viso di Evalin. Urlò ancora ma nessun intervenì. Guardò verso i maestri, ma la nebbia li divideva, non li sentiva neppure. La ragazza si stava coprendo le orecchie, tolse le sue mani da lì, lottando contro la sua resistenza e la fissò negli occhi, in quegli occhi smarriti che sapevano cambiare colore. Adesso erano eterocromi: l'occhio destro era verde scuro, mentre quello sinistro era di un marrone lieve.
Inghiottì rumorosamente la saliva.
-Cosa è vero? La sua voce risuonava debole alle sue stesse orecchie e non poté non odiarsi. Lei gli passò una mano gelida sulla guancia, bloccando Denny sul posto come una statua.
-Le voci nel vento sono vere. Lui le strinse una mano, sperduto.
-Che voci? Ma lei non lo stava più ascoltando, sembrava prestare attenzione a qualcosa di non visibile, o meglio non udibile per lui. Il ragazzo non seppe cosa fare, rimase immobile a guardarla assorto, il tempo non pareva passare, erano loro due in un blocco temporale infinito.
Gli prese la mano e se la portò dietro la schiena lentamente, guardando il vuoto dietro di lui. Denny non sapeva cosa fare, lasciò che Evalin lo muovesse, esitante. Dopo neanche due passi lei scosse la testa e lo fissò.
-Devi ballare. Gli ricordò.
-Non c'è una musica. Si giustificò lui, balbettando.
-Io devo essere la tua musica.
Fu come sollevarsi da terra, sapendo di esserci ben agganciato, non era la vertigine provata prima mentre scalava, era qualcos'altro. Come se tutto il suo corpo decidesse di salire sul petto, tutti gli organi stretti l'uno all'altro. Scivolavano senza impedimenti, con energia. Lui seguiva lei, la quale si muoveva con una certezza spaventosa, sapeva cosa doveva fare lei e cosa lui, ma senza capirlo. Lui iniziò a sciogliersi con calma, cessò di pensare che quello che stavano facendo fosse totalmente sbagliato, iniziò a prenderla con più forza, issandosela sulla schiena con una mano. Capì lo schema, stavano disegnando un triangolo sul pavimento all'infinito. Lei per lo più roteava e lui faceva gesti scattanti sul suo corpo, di fianco a lei, nell'aria. Sentiva una certa melodia lontana, erano i fulmini che emettevano qualcosa di così segreto ed arcaico, erano note di una canzone rumorosa e profonda. Ogni scarica elettrica mandava a Denny un impulso sotto la pelle, che lo faceva impazzire, doveva muoversi e non perché lo voleva, ma perché così avrebbe calmato il suo cuore, che gli batteva in tutto il corpo, nelle gambe, nel ventre, nel petto ed in gola. Stava pulsando lui medesimo. Interamente. Si sentì trascinato in qualcosa di più grande di lui. Sentì un estensione di sé stesso cadere su un albero e sentì l'odore della cenere nelle narici. Vide saette ma non gli diedero fastidio agli occhi, anzi era quasi sicuro, che quelli si fossero illuminati come due fari.
Stava prendendo Evalin per farla ruotare, l'elastico era sparito e i capelli le ricadevano vaporosi sulle spalle, li prese con forza e li strinse inconsciamente, d'altra parte Evalin non parve lamentarsi. Passò una mano sul suo sedere e la issò sul suo corpo, lei prontamente chiuse la gambe attorno alla sua vita. Iniziarono a girare, fissandosi intensamente. Qualsiasi cosa sentisse Evalin la stava dando un senso di ebrezza, rise di cuore finché lui non la riappoggiò a terra. Si allontanarono ma quella piccola distanza parve fare loro male, lei si avvicinò china, appoggiò la sua schiena sul suo petto ed ascoltò il battito del suo cuore. Gli strinse le mani fino a farle sbiancare, ed iniziarono ad avanzare trasversalmente verso un punto del triangolo, così vicini, schiena contro petto.
Improvvisamente lui la prese e la sollevò in aria come se fosse la cosa più facile al mondo. Un altro tuono cadde sulla montagna e Denis vide Evalin in tutta la sua bellezza, la riportò a terra e le passò una mano sulle labbra, poi si allontanò via. Non erano né coordinati né eccelsi, si muovevano come se dovessero dipendere da quei movimenti, ansimavano, si scontravano e continuavano così per un tempo troppo lungo eppure non abbastanza da saziarli. Lei sembrava incapace di fermarsi, alzò un braccio, tracciò un arco nell'aria e quando lo riportò sul petto, fece muovere le spalle, poi i fianchi ed infine una gamba distendola e facendola scattare come una serpe verso la preda. Denny la prese con forza, ma non abbastanza da farle male, la avvicinò a sé così tanto che respiravano la stessa aria con il fiatone, non si era accorto di essere sotto sforzo. Sentendo di non riuscire a contenersi di più, passò le sue dita dal suo ginocchio fino al suo ombelico, assaporando la sua pelle, lei ansimò di nuovo con gli occhi chiusi, fu un peccato perché Denis voleva fissare intensamente quegli occhi scuri marroni e penetranti, non erano più di due colori diversi, era bastato un toccò iniziale ed erano entrambi divenuti così scuri da coprire l'iride. In un gesto brusco la poggiò a terra e lei rimase distesa con gli occhi chiusi sotto di lui, Denis notò che la vena sul collo le pulsava moltissimo, inspiegabilmente le venne voglia di morderla. Avvicinò il suo viso a quello della ragazza ed iniziò a morderle la guancia, lo zigomo, il collo. Voleva morire in quello stato. Non aveva mai provato un'euforia del genere, non era come quando beveva e dopo aveva la testa pulsante, no, quello che provavano adesso era il momento che stavano vivendo, emozioni inspiegabili e voglia inspiegabile di non fermarsi, il dolore c'era, i capillari di lui tiravano sotto la propria pelle, ma sembrava così distante da non farlo fermare. Vedevano solo sé stessi, non sentivano il freddo della neve bensì il caldo dei loro corpi.
Le mani di lei vagarono sulle spalle di lui facendogli male, gli pizzicava i fianchi e il fondoschiena provando gusto. Lui strofinò il suo naso contro quello di lei, bastò quel gesto e il mondo rallentò. Entrambi allontanarono le mani dal corpo dell'altro e le unirono, si fissarono come se si vedessero per la prima volta, come se fossero rimasti solo loro due e nessun altro al mondo.
-Oh tu che hai l'eccelsa forza- recitava con fatica Evalin muovendo le labbra sopra quelle di Denis, facendolo impazzire- per sempre indistruttibile del tuo amato, racchiusa nei grembi cerulei...- le si incrinò la voce per il desiderio, Denny stava baciando tutto il suo volto tranne le labbra, calde per l'emozione. Una voce le sussurrò nell'orecchio di continuare, adesso la voce degli spiriti non la spaventava più come prima, erano sussurri che le raggelavano la nuca e che poteva sentire solo lei certo, ma aveva capito come concentrarsi su una singola voce- Aria di tutto sovrana- esalò per l'emozione. Con molta forza scansò Denis da sopra di sé, lo fece rotolare al suo fianco e si fiondò sopra, bloccandolo. Il ragazzo smise di respirare sorpreso, si passò una mano sui capelli morbidi. Lei desiderava finire l'inutile cerimonia e stargli ancora più vicino, palmo contro palmo, ma la voce nel vento le ordinarle di continuare, per poco non le sanguinò l'orecchio per quanto questa urlava.
Mentre però lei ricominciò a recitare, Denis cantilenò qualcosa di dolce e provocante. Era un inno si accorse dopo, solo recitato nella sua lingua madre con troppa passione da essere compreso. Faceva passare le sue mani sul corpo di lei come se volesse plasmarlo.
-oh più glorioso fra gli immortali. Capì lei mentre gli baciava il collo.
Insieme con molta difficoltà arrivarono al penultimo verso, di nuovo bocca sopra bocca.
Evalin si arrese e lo lasciò fare, mentre lui schiudeva le labbra. Non pensò neppure un istante ai due maestri poco più lontani da loro, coperti dalla nebbia, né al fulmine che le cadde ad una orgiya da lei, né alle voci degli spiriti che adesso tutte insieme con il vento cantavano e urlavano, parole troppo diverse in lingue così sconosciute da essere comprese. Lui le morse il labbro inferiore e lei gemette. Sentirono entrambi una tensione sotto pelle, se avessero finito gli inni, avrebbero liberato qualcosa di ancora più forte della tempesta che li avvolgeva, ma le loro bocche erano troppo impegnate a fare altro. Denny la girò, la coprì col suo corpo e iniziò a giocare con l'orlo della sua maglia. Dopo quello che parve loro una vita, si allontanarono per respirare e sussurrarono sfiniti le ultime parole.
-Ma dea beata dai molti nomi, di tutto sovrana, vieni benevola, rallegrandoti in volto.
-Affinché onorati da te, ti rendiamo anche noi onore.
Ci fu uno scoppio così potente da stordire tutti loro, perfino gli animali sul monte si svegliarono, mentre i notturni si nascondevano spaventati. Una tromba d'aria potentissima si alzò dalla cima della montagna e scese fino al termine della foresta, riversandosi sul mare. Dentro di essa le folgori l'illuminavano, saettando e ruggendo.
Uno stormo d'uccelli spaventati volò via verso l'Oriente. Gli abitanti lì vicino si alzarono e corsero alle finestre più vicine, uno spettacolo apocalittico così com'era venuto era iniziato a svanire.
Sulla cima del monte i due maestri si tennero saldi al pavimento, non si erano aspettati nulla del genere. A poche ogryia da loro, due corpi tremanti erano fermi per terra. Stavano soffrendo, Evalin non vedeva più nulla, mentre un timpano di Denis era imploso, lasciandogli un dolore lancinante. Non si mossero, incapaci di accettare quello che erano diventati, incapaci di sostenere tutto quel peso di quel potere. Alla fine Evalin gli rotolò di fianco, era stata sbalzata via di parecchio, questo lo ricordava. Boccheggiò spaventata, batté più volte le palpebre ed iniziò a vedere un po' di più di una macchia nera indistinta. Sentì il corpo del ragazzo affianco a sé tremare, lo afferrò non avendo altri punti di orientamento. Nessuno si mosse né parlo per quel che parve un eternità.
Poi si sentì un applauso. Era Stephan che si stagliava contro il cielo sopra di lei. Sollevare Evalin di peso. Controllò i suoi occhi e scoprì che le era scoppiato un capillare, vedeva rosa dall'occhio destro. Xenios fece lo stesso con Denny che però si stava chiaramente sentendo male, del sangue gli colava dall'orecchio.
-Abbiamo sbagliato qualcosa? Sussurrò Evalin notando la ferita. Xenios controllò il ragazzo e scosse la testa.
-Capita molto spesso, quando ti cade un fulmine addosso. Sentenziò.
-Cade cosa? Evalin fra tutte le cose strane successe quella notte, trovò quella la più assurda di tutte. Non riusciva però a vedere da un palmo dal naso per la stanchezza.
-A quanto pare la terza prova vi è caduta addosso con la seconda. Disse Stephan compiaciuto guardando prima la ragazza poi il ragazzo. Evalin divenne rossa in viso e guardò le punte delle sue scarpe.
-Cosa vuoi dire? Chiese il ragazzo, a quanto pareva poteva sentire da un orecchio, ma non riusciva ad alzarsi in piedi, pena le vertigini.
-Avete liberato il vostro potere così burrascosamente che tu hai chiamato un fulmine e quello ti è caduto addosso, e tu- disse indicando Evalin con il dito- una grande tromba d'aria che ha mandato scompiglio a quei poveri animali.
-Mi dispiace. Evalin non sapeva che altro dire.
-Non lo fare, è stato perfetto.
-Ma non dovrei essere morta? Insomma un fulmine mi ha colpita! Chiese lei sbalordita, stava per avere un attacco di panico, immaginò.
Stephan la strinse fra le sue braccia, le sussurrava parole gentili dicendole che non aveva avuto problemi perché Denis aveva assorbito il potere del fulmine così come lei aveva liberato il suo. Ad Evalin tornò in mente la cantilena di Denis e si nascose ancora di più fra le braccia di Stephan per la vergogna.
Decisa a non pensare a quello, tentò di ricordarsi cosa aveva provato quando era scoppiata. Dolore. Lo provava anche ora. Ma c'era stata anche una libertà sconfinata, una voglia di distruzione incontrollabile, voleva dissolversi e così pareva avesse fatto.
-Andiamo a casa. Così vi sistemerete e dormirete.
Assonnata e stanca com'era non capì che Stephan stava volando con lei fra le sue braccia. Il maestro la porto sull'aereo, tornò a prendere Denis e Xenios poi partirono, ma per allora i due ragazzi, seduti agli angoli opposto del veicolo, già stavano dormendo.

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