Capitolo 3

-Ti puoi posizionare lì, per favore? Chiese l'uomo, per la seconda volta, con un certo nervosismo nella voce.
-Cosa? Eva si girò e lo guardò con stupore.
Era un uomo attraente; aveva capelli lunghi fino alle spalle, di un biondo cenere, le sopracciglia erano scure, colorate e ben pulite e folte.
Gli occhi erano marroni, un colore cupo che dava a quell'uomo un aspetto severo e deciso; aveva le occhiaie coperte dal trucco, che faceva un eccellente lavoro, se visto da lontano e non da così vicino come Eva; poteva sentire il suo respiro, sapeva di...alcool? Difficile a dirsi, poiché quell'odore pungente era coperto da quello della menta.
I lineamenti erano alti, il naso lungo e ossuto, sulle guance scavate spuntavano due timide fossette. Le labbra erano carnose e la bocca larga.
Il collo era ancora più magro e lungo del viso. Aveva spalle larghe, vestiva leggero ma era completamente coperto, tranne per le mani e il collo, la pelle era rivestita di lino.
Anche se pareva nervoso e disinteressato, gentilmente mostrava ad Evalin il posto spettato a lei.
-Prego. disse con un gesto della mano.
Evalin ancora intorpidita e agitata, si diresse al fianco destro della madre.
Stephan, il dominatore, intanto dopo aver dato uno sguardo fugace a Galatea, continuò la sua lista.
Evalin continuò a guardare davanti a sé, persa con lo sguardo nel vuoto.
Aveva smesso di pensare, cancellando tutte le domande formatesi nella mente; cercò di rilassarsi ed estranearsi da tutto.
Cosa che non si rivelò difficile.
Era molto brava in questo, non sentire lo sguardo degli altri, pensare a tutt'altro. Abilità che andrà sempre a suo vantaggio.
Sentì i nomi degli altri partecipanti, ma si ricordò solo un nome come Dafne e un ragazzo molto bello dominatore della luce.
-Përseide di Arian. Una ragazza si presentò, minuta ma bellissima; dal viso fino e tondo, con i capelli lunghi e liscissimi, anche lei bionda ma i suoi capelli erano tendenti al platino.
Evalin si sentiva l'unica ragazza mora della scuola.
La giovane si avvicinò quasi fluttuando, indossò la collana e quella si illuminò di una strana luce verde acqua. Acqua.
Galatea la andò ad abbracciare. Eva si sentiva a disagio, non sapeva bene cosa fare.  Avrebbe voluto scomparire ma rimase al suo posto.
Era assurdo, quel momento lento e pesante era assurdo.
Sarebbe scoppiata se non fosse stato per l'ultimo giovane reclutato.
Non prestò attenzione davvero a nessuno dei dominatori.
Era troppo presa da sé stessa, dal suo mondo, dal suo bisogno di scappare che aveva preferito guardare il vuoto davanti a lei.
Finalmente la cerimonia finì.
Dopo la recluta; vi fu il discorso della regina gravida, che si congratulava con i giovani dominatori; augurava fortuna e per finire li salutò uno ad uno.
Eva era troppo scombussolata.
Estremamente incerta.
Quando vide la regina che la guardava un po' preoccupata, si addolcì in un sorriso, il più vero possibile, il più deciso e sereno possibile.
Poi la regina le diede due veloci baci sulla guancia e passò a sua madre.
-Vi auguriamo buona fortuna, arrivederci! Salutò il presidente di Lealte, con un sorriso che pareva più un ghigno; li salutò con la mano da lontano, le dita erano sproporzionate troppo corte e tozze.
Come la figura in generale.
La mano sinistra di Stephan le sfiorò la schiena, con quel leggero tocco fermo, la ragazza si destò dai suoi piccoli ed innocenti pensieri e seguì la fila di persone, che con calma ed entusiasmo si dirigevano verso il cancello dell'accademia.
Il cuore le galoppò in petto; qualcosa di attraente e forte le costrinse a muoversi verso il cancello. Aveva raggiunto con Stephan al suo fianco, ormai l'entrata.
-Alèssandra, gentilmente potresti aprire? Chiese Stephan alla dominatrice della Barriera Alèssandra, una donna ambigua, con i capelli estremamente lunghi, con gli occhi azzurri e intensi, la carnagione pallida e il viso quadrato fino. Evalin notò che tra le sopracciglia aveva un'altro cerchio, che in un primo momento aveva scambiato per un occhio.
Lei con un semplice gesto della mano, fece spalancare il cancello, che con un sonoro scricchiolio, si aprì come se fosse stato spinto.
Eva trattenne il fiato.

Nel vederla Stephan sorrise; il parere di quella ragazza iniziale era stato quello di una ragazzina spaventata.
Come dargli torto, Evalin era assolutamente agitata.
Ma vederla avanzare a passo svelto verso l'entrata aveva mutato le cose; la trovava incuriosita.
Anche lui lo era stato tanto tempo prima; così spaventato da inciampare in ogni minuscolo dislivello.
Gli insegnanti a seguito di Galatea, che con dolcezza teneva fra le mani, la piccola mano liscia di Përseide, entrarono nel giardino.
Il sentiero era impolverato; una ragazza affianco ad Evalin si stava per l'appunto arrabbiando poiché la polvere le sporcava il vestito lungo color verde smeraldo.
Evalin non la degnò di uno sguardo troppo concentrata a non cadere mentre camminava.
Indossava i suoi guanti di lino marroni; le donavano quell'aria da cavallerizza ammaestrata che tanto le piaceva.
Avanzava con calma; troppo presa dall'ammirare la luce risplendere quelle finestre oscurate, scrutava ogni singolo dettaglio.
Quel posto era un sogno.
Si sentiva riscaldata dal sole, ormai niente l'avrebbe fermata. Non pensò neanche a sua nonna e a suo fratello, che li aveva salutati con semplici occhiate, convinta di poterli salutare meglio in futuro.
Si sentì nervosa, morse distrattamente il labbro inferiore e chiuse i pugni fino a far diventare bianche le natiche.
-Vedrai, ti piacerà! Esclamò divertito Stephan.
Arrivati davanti al portone, Eva si fermò, diede un ultimo sguardo agli alberi posti a colonnato, che erano sommersi di piccoli fiori rosei o per alcuni bluastri.
Alèxandra ripeté il gesto, questa volta il portone si aprì leggermente senza creare rumore.
Lei entrò, seguita dalla sua allieva scorbutica e piano piano il gruppo che era andato a crearsi, diminuì con calma.
Entrava una persona alla volta.
L'ansia divenne acuta, Eva sentiva il battito del cuore nelle orecchie.
Stephan che dietro di lei, continuava ad ammirarla, entrò.
Era rimasta l'ultima.
Finalmente quel giorno era arrivato finalmente poteva iniziare a vivere davvero.
Appoggiò una mano sulla porta pesante ed entrò.
Rimase impietrita.
Era bellissimo. Non c'erano così tanti modo di descrivere quel posto se non maestoso.
-Signori e signore, benvenuti nella vostra nuova casa. Annunciò la donna, allungando le braccia, con un sorriso ampio e caloroso sul viso.

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