Capitolo 4
Il primo giorno di scuola è finito, tutto sommato non è andato così male, penso attraversando il cancello del cortile insieme a tanti altri studenti. Se tralasciamo alcuni episodi imbarazzanti è stata una giornata tranquilla, e sono anche riuscito a fare delle conoscenze.
Mentre cammino sul marciapiede vedo passare una macchina sulle note di una canzone Hardcore. In pochi secondi sfreccia via a gran velocità. Il vento che causa mi scompiglia i capelli ma ammiro adorante l'auto dalla quale proviene quell'orribile musica.
Ora che ci penso anch'io posso guidare una macchina, in America basta avere 16 anni dopotutto. Una lampadina si illumina nella mia testa: posso guidare una macchina! Mi ripeto. Cavolo! Il trasferimento è avvenuto così in fretta che non ho pensato alle note positive che avrebbe portato, sinceramente non riuscivo neanche a trovarne.
Ma guidare? Wow! Mi ha sempre affascinato e ora, ben due anni prima di quanto immaginassi, ne ho la possibilità! Certo devo prima prendere la patente, ma so che qui non è come in Italia: non si deve dare un esame teorico, si può subito iniziare a fare pratica con un accompagnatore.
Elettrizzato mi infilo le cuffiette del telefono e continuo a camminare immaginandomi a bordo di una Lamborghini rossa con un giubbotto di pelle e un paio di occhiali da sole. Le note degli Imagine Dragons fomentano la mia fantasia.
Ovviamente non guiderò mai una macchina da milioni di dollari ma mi piace immaginarmi in scenari improbabili ed emozionanti. Nonostante il mio subconscio continui ad intimarmi: Ti piacerebbe!
Arrivo a casa dopo poco, mi sembra di averci messo un paio di minuti, ero talmente preso dalla mia immaginazione che neanche mi ricordo il tragitto.
Trovo Miche seduto sul divano a guardare I Simpson in TV. Vorrei rimproverarlo per non avermi aspettato stamattina, e neanche al termine delle lezioni, ora che ci penso. Ma osservando la sua espressione arrabbiata lascio perdere, non farei che peggiorare la situazione.
Salgo in camera e sul letto trovo un pila di libri scolastici, deve averli ritirati papà. Che velocità! Li controllo e mi accorgo che manca il libro di letteratura: ovviamente manca l'unico libro che mi interessa davvero. Ho sempre amato la letteratura, è una materia che ti aiuta a crescere, forma il carattere e ti fa scoprire tante correnti di pensiero, è una cosa un pò da secchione lo sò, ma non ci posso fare nulla.
Sposto i libri sul pavimento e mi distendo sul letto per rilassarmi. Guardandomi intorno mi rendo conto di quanto la mia camera risulti vuota e impersonale, non sono il tipo che appende poster e disegna sui muri, ma così è troppo. Un letto, una scrivania ed un armadio; sembra di trovarsi in un negozio della Apple da quanto è minimalista.
Ho deciso! Più tardi vado al centro commerciale ad acquistare il libro e qualcosa per la camera. Studierò dopo, tanto è Venerdi, domani non c'è scuola. Comincio a fare una lista di cosa potrei comprare per personalizzare la camera, ma i miei occhi si fanno sempre più pesanti, e ben presto cala il buio.
Le quattro e un quarto, vedo scritto sulla sveglia quando apro gli occhi. Volevo fare un riposino si, ma non per due ore di seguito. Mi alzo dal letto ancora mezzo addormentato, odio dormire il pomeriggio: ho la bocca impastata, la testa mi martella e gli occhi pesanti.
Esco di camera e scendo le scale. Appoggio la mano sul pomello della porta, ma mi interrompo ricordandomi di mio fratello: forse vuole venire con me. Risalgo le scale e busso alla sua porta.
<<Miche!>>, nessuna risposta.
<<Miche!>> ripeto a voce più alta.
<<Che c'è?>> risponde la voce scocciata di mio fratello.
<<Sto andando al centro commerciale, ti va di venire?>>
<<No! Lasciami stare!>>
Mi mordo la lingua per non rispondere a tono. Era meglio se me ne andavo senza dire niente.
La fermata del bus è proprio davanti casa. Non passa molto tempo che lo vedo arrivare. Salgo sull'autobus e chiedo al conducente quante fermate ci sono prima del centro commerciale, per fortuna non troppe, non più di venti minuti di viaggio mi assicura.
Alle quattro e quaranta sono davanti ad un edificio sulla cui facciata vi è scritto: "MacArthur". Entro e rimango a bocca aperta, è enorme, un tripudio di scale mobili e negozi. Per non contare il numero di persone.
<<Qui si fanno le cose in grande.>> sussurro.
Mi metto subito alla ricerca di un negozio di articoli per la casa. Ve ne sono talmente tanti che non è facile orientarsi, quindi consulto la piantina ed in pochi minuti arrivo a destinazione.
Alla fine mi sono arreso: ho comprato due poster, so che ho detto di non essere il tipo, ma ora che ho una camera tutta per me voglio poterla addobbare come mi pare e piace. Questi due poster: uno di Naruto ed uno degli Imagine Dragons; fanno al caso mio.
Manca solo il libro di letteratura. Mi incammino verso la libreria quando mi ricordo che devo scrivere a Dario. Me ne ero proprio dimenticato. Tiro fuori il celulare e apro l'applicazione dei messaggi. Cosa potrei scrivergli? Sono tre giorni che non ci sentiamo ed un semplice "Ciao!" non mi convince. Mentre ci penso intravedo una ragazza, mi pare di conoscerla. Dopo altre due rapide occhiate mi ricordo: è quella che piace a Kevin! Cla... Clarissa? Non ricordo il nome, sinceramente non m'importa.
E' insieme ad altre due ragazze e si stanno muovendo verso un tavolo di un bar dove sono seduti due ragazzi dal fisico prestante.
Le parole di Kevin ricircolano nella mia testa: "Lei e Lauren sono migliori amiche.". Mi guardo intorno ma di Lauren non c'è traccia, e nemmeno del suo ragazzo. Probabilmente sono insieme a spassarsela. Il pensiero di loro due insieme mi infastidisce. Buffo! Se non mi conoscessi direi che sono geloso, geloso di cosa poi?
Comunque sia non ho voglia di incrociare lo sguardo con quelle persone, quindi entro nel primo negozio che mi capita.
Qui non corro il rischio di incontrarli penso... Ma qui dove? Mi guardo intorno, sono in una bibblioteca. Per niente moderna, sembra uno di quei posti usciti dai libri di Harry Potter. Vi sono file e file di librerie altissime e piene di libri, polvere ovunque, un pavimento di legno che scricchiola, e i muri, quei pochi centimetri non occupati, sono bianchi. Forse è più preciso dire erano bianchi.
Il bibliotecario è un uomo sulla sessantina con un gran paio di baffi, un cespuglio di capelli ricci bianchi e due grossi occhialoni, la sua immagine è in perfetta sincronia con l'ambiente. Mi osserva circospetto, probabilmente non è un posto frequentato da ragazzi della mi età. Mi avvicino al registro e firmo, l'uomo mi guarda senza dire un parola, mi mette i brividi.
Cammino lungo un corridoio affiancato, da entrambi i lati, da librerie, che a loro volta creano altri corridoi orizzontali. Giunto alla fine vi è una sala non troppo grande, ma spaziosa, visto che non vi è nessuno. Al centro vi è un tavolo rettangolare.
Questo è un posto perfetto dove poter leggere o studiare in santa pace. Sorrido al pensiero di aver trovato la mia tana segreta.
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