🔱 Non bisogna mai smettere di essere fedeli [R] 🔱
"Non bisogna mai smettere di
essere fedeli."
I
«Sono trascorsi mesi dall'avvistamento della nave e dei marinai dispersi non si hanno ancora notizie. È come se fossero svaniti nel nulla.» La voce del giornalista fu brutalmente interrotta da Tessa che -come sempre - si preoccupò di cambiare canale.
Erano mesi che alla TV non si parlava d'altro e la cosa non faceva che irritarla. Sempre la stessa storia: un mese, due mesi, tre mesi e la nave non era stata ancora ritrovata.
A lei non servivano queste notizie superflue, lei voleva ascoltare altro. O almeno ci sperava.
Controllò l'orologio da polso che segnava le nove del mattino. Velocizzò la sua colazione e, mentre masticava velocemente, si infilò una scarpa. Il telefono, che era posizionato sul tavolo della cucina, squillò annunciando una chiamata in arrivo. Sul display comparve il nome di Anne; la ragazza sbloccò la chiamata.
«Anne?»
«Cosa fai ancora a casa? È mezz'ora che ti aspetto!» esclamò Anne irritata.
«Lo so, ma mi sono svegliata tardi questa mattina.» disse Tessa dandosi una sistemata ai capelli con le mani, in modo frettoloso.
Tessa conosceva Anne e in quelle occasioni non doveva essere provocata. Da quando si erano conosciute all'età di tredici anni, le si era presentata come una ragazza competitiva, pimpante, con quella sua voce cristallina. Non riusciva a stare dietro alla sua parlantina e neppure ai suoi modi di fare. Però con il tempo aveva imparato ad apprezzarla per tutti i suoi pregi e difetti, e il suo saper manifestare dei sentimenti umani, il che la differenziava da Tessa. Anne era molto minuta per la sua età; i capelli lisci e biondi le ricadevano sul viso, gli occhi erano castani e aveva un viso sottile. Come poteva un corpo così gracilino portare dentro di sé sentimenti così forti?
Lei si preoccupava più delle persone normali, amava e soffriva in modo più intenso di chiunque altro Tessa avesse mai avuto la possibilità di conoscere. Per questo Tessa cercava di accontentarla quasi sempre, ma anche e soprattutto perché per lei rappresentava l'amica più importante.
Ed era l'unico elemento che la teneva ancorata al suo passato, un passato che le era ancora ignoto.
Nessuno sapeva come fosse arrivata lì, alla sola età di tredici anni, per giunta. La sua vita risultava un mistero irrisolto, però a distanza di dieci anni nessuno dava più importanza alla cosa, persino Tessa stessa. Ormai era la nuova Tessa, quella che avrebbe voluto essere: non voleva che il suo passato potesse compromettere la vita che aveva pian piano costruito.
Però era una farsa.
Delle volte sentiva di star vivendo una vita che non era la propria, ma aveva l'abitudine di seppellire tutto nel dimenticatoio e continuare a fare come se niente fosse.
«Tessa, sei ancora lì?» chiese Anne accentuando il suo tono irritato.
«Sì, hai detto qualcosa?» domandò Tessa ritornando alla vita reale.
«Te ne parlerò quando arriverai qui, muoviti!»
Il cellulare segnava la fine della chiamata. La ragazza, il telefono ancora appoggiato tra la spalla e l'orecchio, finì la colazione. Successivamente uscì dall'abitazione richiudendosi il portone d'ingresso alle spalle. Cercò di rammentare nella sua mente le indicazioni che le aveva dato Anne. Realizzò una sorta di mappa mentale, anche se nella sua mente turbinavano altri pensieri.
Francis.
Erano mesi che viveva con un vuoto dentro e con il dolore che le riempiva il petto. La notte, prima di andare a dormire, pronunciava una piccola preghiera: pregava per lui affinché fosse salvo e potesse tornare da lei. Poi si soffermava ad osservare la sua foto e bagnarla ogni qualvolta con le sue lacrime amare.
Il ricordo del loro primo incontro le attraversò la mente.
Era una giornata di pioggia e un gelido vento impetuoso scuoteva con insistenza i rami degli alberi. L'ultimo giorno di liceo si era appena concluso ed era arrivato il momento per Tessa di tornare a casa. Però, a causa delle sue scarse abilità di previsione del tempo, non aveva portato con sé l'ombrello. Scorse da lontano una piccola caffetteria e decise di immergersi nella pioggia per trovare un po' di riparo dal vento freddo.
«Benvenuta, signorina.» disse cortesemente il barista, avvicinandosi una volta intravista la piccola figura di Tessa.
Con i vestiti fradici e i capelli altrettanto bagnati, decise di prendere posto e magari ordinare una cioccolata calda per riscaldarsi.
«Arriverà subito, signorina.» e il barista sparì con la stessa velocità con cui era arrivato.
Tessa sistemò lo zaino, anch'esso fradicio, sull'altra sedia mentre respirava lievemente. Diede una veloce occhiata al locale notando che sarebbe stato completamente deserto se non fosse stato per lei e un altro giovane - probabilmente sui vent'anni - che se ne stava sulle sue.
Improvvisamente però questi si voltò verso di lei portandola ad abbassare lo sguardo per l'imbarazzo.
"Forse pensa che lo stessi fissando" rifletté Tessa.
Sollevò nuovamente lo sguardo e quasi le venne uno infarto nel vedere il giovane ragazzo seduto al suo tavolo.
«Ho visto che mi stavi guadando prima. Ti va di leggerlo?» chiese il giovane porgendole il giornale che stava guardando prima. «No, grazie.» rispose.
"Stupida, adesso sì che penserà che lo stavi guardando!" si pentì Tessa.
Però lo sconosciuto, assorto nella lettura, non sembrò notare i dilemmi che crescevano nella sua mente.
«Francis Müller.» disse sollevando gli occhi in attesa di una sua risposta.
«Tessa Lancaster.»
Da quel giorno la ragazza frequentò la caffetteria con una certa frequenza, sperando di rincontrare il giovane. Ricordò i suoi magnifici occhi marroni, i capelli biondi e la voce potente. Aveva un viso scolpito, gentile, capace di trasmettere sicurezza. Le mancava terribilmente, però cercava di nascondere questo dettaglio per non far preoccupare le persone che la circondavano. Non amava essere compatita, anche se la gente non faceva altro. Lei era la ragazza senza memoria, senza una famiglia ed ora anche senza un fidanzato che avrebbe badato a lei.
Come se potesse diventare la mantenuta di un uomo. Nessuno riusciva ad immaginare che anche lei avesse progetti per la sua vita e che essere mantenuta da Francis non rientrasse tra questi. Si sarebbe laureata in medicina e si sarebbe poi specializzata in pediatria. Sarebbe stata al contatto con i bambini e magari un giorno avrebbe sperato anche lei di averne uno. Insomma, i semplici sogni di una ragazza normale. Non era poi così diversa o sfortunata come tutti credevano. Dopo dieci anni aveva smesso di piangersi addosso per una vita che non aveva scelto, per non aver avuto un'infanzia tranquilla: ormai aveva ventitré anni e pensava da sola per il proprio destino.
Svoltò verso destra e si trovò davanti un'immensa chiesa. Scorse la figura di Anne e a passo veloce si diresse verso di lei. Il suo portamento era....singolare? Nonostante la vista un po' appannata riusciva a vedere il suo nervosismo, e le unghie mangiucchiate erano un segnale a dir poco evidente. Si fermò di fronte alla sua presenza squadrandola con occhi freddi come il ghiaccio e impetuosi come l'oceano.
«Ebbene?» chiese incrociando le braccia con fare scocciato, reprimendo un sospiro spontaneo. L'idea di non aver gustato appieno la sua colazione la rendeva nervosa. In fondo la colazione era il pasto più importante e lei avrebbe voluto godersela, possibilmente nella propria casa.
«Come sarebbe "ebbene"? Dovevi accompagnarmi a fare compere per la festa di... aspetta, come si chiamava?»
«Daniel.» scosse la testa limitando un sorriso divertito, mentre con una mano si scostava i capelli nerastri dal viso.
«Giusto, giusto...» e con un gesto della mano scacciò via l'argomento mentre con l'altra le afferrò il gomito trascinandola verso la città, dove casualmente si sarebbe tenuto il mercatino.
La giornata per Tessa sembrò non passare mai e il dolore che sentiva sotto le scarpe costituiva la prova di ciò che aveva dovuto subire. Di una cosa era certa... non avrebbe mai più visto un mercatino. La troppa sete accompagnata dal bisogno di una pausa spinse le due a fermarsi ad un bar lì vicino.
Inaspettatamente era quasi vuoto, ma di certo Tessa non sarebbe stata lì a lamentarsi. Un po' di pace era esattamente quello di cui aveva bisogno; il dolore alla tempia era duro a morire. Scelse, come di consueto, un caffè nero, mentre Anne optò per una cioccolata calda.
«Io penso che dovresti venire anche tu alla festa.» esordì Anne riavvolgendo un discorso che aveva lasciato in sospeso il giorno prima. «Sai già cosa ne penso.» mormorò Tessa portando la tazzina bollente alle labbra. La bocca era screpolata per via del freddo e ingerendo il caffè poteva sentire il calore penetrare fin dentro le ossa.
«Tessa, non puoi continuare in questo modo, prima o poi dovrai affrontare il mondo che c'è là fuori. Devi imparare a fidarti, a fidarti di me!» esclamò stringendo i denti e non distogliendo lo sguardo.
«Non è perché non mi fidi di te. È che semplicemente non mi va di andarci.»
Però lei stessa sapeva di non essere del tutto sincera: nemmeno dentro di sé sapeva porre fine alla continua ansia che la ripercorreva da quanto aveva memoria. Talvolta, quando era una ragazzina, non riusciva a farsi toccare da nessuno. La vicinanza con le altre persone le incuteva timore.
«Cosa pensi di ottenere assumendo questo atteggiamento? Credi che così il tuo dolore possa sparire? Credevo che l'arrivo di Francis ti avesse almeno un po' cambiata.» disse mordendosi un labbro, cercando di soffocare le proprie parole, ma oramai era troppo tardi. Lo sguardo di Tessa si incupì e gli occhi iniziarono a inumidirsi, però non avrebbe lasciato correre nessuna lacrima.
Anne non si scusò, ma la sua espressione pentita e comprensiva aveva cancellato l'irritazione. Dopotutto nelle sue parole c'era un fondo di verità. «Ti racconterò i dettagli della festa appena torno, va bene?» propose semplicemente Anne e Tessa, come risposta, non poté far altro che annuire.
*
Mittente: Anne Lawrenson.
Destinatario: Tu.
Messaggio: Ehilà, Tessa! Dormi? Se sì allora sveglia, dormigliona, perché ho parecchie notizie da comunicarti.
Hai presente Jessica? Occhi verdi, capelli biondi e sguardo da befana? Deve essersi scolata un litro di birra perché, ubriaca fradicia, si è lasciata andare ad un vero e proprio spogliarello. Sì, tesoro, hai capito bene. S-P-O-G-L-I-A-R-E-L-L-O.
Però aveva bevuto talmente tanto che probabilmente non ricorderà niente.
E cos'altro?
Ah, Tessa, sai che sentivo la tua mancanza?
Erano soltanto le sei del mattino quando Tessa aveva letto quel messaggio e tra uno sbadiglio e l'altro aveva represso una risatina divertita. Compose velocemente i tasti del telefonino con l'intenzione di rispondere al messaggio, ma prima di premere invio lanciò il telefono sul letto lasciando il messaggio sospeso. Si lasciò andare ad un pesante sonno cercando di riprendere il bel sogno che aveva intrapreso la notte scorsa, ma con scarso successo. Rimase per ben cinque minuti sul letto, con gli occhi chiusi, ma al suono della sveglia dovette sollevarsi dalle comode lenzuola.
Si lavò e si vestì con molta lentezza, per poi prendersi tutto il tempo per gustare piacevolmente la colazione.
Soltanto il suono di una seconda sveglia, monitorata astutamente da lei stessa, le ricordò che con un po' di distrazione avrebbe fatto tardi all'università. Di nuovo.
Lungo il corso dello stradone, che l'avrebbe portata a destinazione, si ricordò di aver lasciato il messaggio da inviare ad Anne ancora in sospeso.
Avvertì il telefono vibrare fra le mani, e la scritta "Nuovo messaggio" lampeggiò in modo insistente. Sospirò notando il nome di Anne e maledicendosi per non aver risposto la sera precedente, talvolta tendeva a prendersela per situazioni banali.
Mittente: Anne Lawrenson.
Destinatario: Tu.
Messaggio: Hai preferito ignorarmi, vero? Soltanto perché io non frequento l'università, soltanto perché non ho un lavoro o perché ho un famiglia sulle spalle non significa che non sia piena di impegni, sai?!
Decise di risponderle limitandosi ad un freddo "scusa". Anne sapeva che era il massimo che avrebbe ricevuto. Non per orgoglio, o per cattiveria, ma perché Tessa era fatta così. Affrontava tutto con sufficienza, dando quasi per scontato ciò che provavano le persone. O almeno quella era la Tessa di un tempo. Prima di incontrarlo. Anne era sempre stata convinta che Francis fosse stato un miracolo, ma inaspettatamente si era rivelato la sua rovina. La sua presunta morte aveva spinto la sua amica in un baratro ancora più profondo da cui per la ragazza sembrava impossibile uscire.
Lasciò scivolare così la questione riducendola a una banale litigata di primo mattino, che era finita con la stessa velocità con cui era iniziata. L'arrivo all'università, come al solito, era stato tranquillo e silenzioso. Non aveva molti amici da frequentare, siccome preferiva tenersi stretti quelli più 'fidati' o almeno coloro che con il tempo si erano guadagnati la sua stima e la sua approvazione, cosa che reputava assai rara visto che non le piaceva quasi nessuno. Non per presunzione o per pregiudizio malitenzionato, ma non si trovava bene in quel mondo. Sentiva di essere fuori posto, si sentiva in qualche modo estranea ai suoi coetanei, anche se non sapeva se la cosa fosse un bene o un male. Attribuiva la spiegazione dei suoi sentimenti ingarbugliati alla sua difficile infanzia, un'ipotesi da non escludere per principio.
«Tessa?» sentì la voce di Elizabeth in lontananza e nonostante l'idea di svignarsela le fosse balenata nella mente adesso non poteva farlo. Come un fulmine balzò verso di lei stringendola in una morsa soffocante.
«Non ti ho più vista in giro.» sorrise mostrando i suoi denti a castoro. Che Elizabeth fosse una ragazza abbastanza carina non ci piove, ma doveva fare qualcosa per quei denti troppo... sporgenti?
«Elizabeth! 'Giorno!» e lasciò l'abbraccio riprendendo a respirare direttamente dal naso, mentre questa si sistemava i boccoli biondi che le ricadevano sulle spalle. «Ho notato che casualmente abbiamo lezione insieme. Non la trovi una bella coincidenza? E pensare che io...» e si lanciò in uno dei suoi monologhi senza senso di cui Tessa non ascoltò una singola parola, mentre veniva trascinata verso l'entrata dell'università.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top