2. Ciò che si nasconde nell'animo di una persona, puo essere crudele. [R]
"Ciò che si nasconde nell'anima
di una persona, può essere crudele."
II
La voce di Anne risuonava per l'intero appartamento e Tessa quasi dovette strozzarla per farla zittire. Di solito, a casa da sola, era una vicina silenziosa. Quando Anne veniva a trovarla, però, riusciva a colmare il suo silenzio, o mortorio, come la sua amica preferiva nominarlo. La discussione? Ebbene, come ormai tutti i maledetti giorni della settimana, Anne aveva chiesto con insistenza a Tessa di uscire con lei e con un gruppo di amici che gentilmente avevano acconsentito alla sua presenza.
Tessa aveva mostrato il suo disappunto sull'intera faccenda sottolineando che la sua presenza non dovesse diventare un piacere per nessuno, a maggior ragione se non aveva nessuna voglia di andarci.
«Preferisci rimanere rintanata in questo mortorio?» incalzò, marcando con il tono di voce l'ultima parola. Aveva sempre odiato quell'abitazione, così piccola e soffocante. Rimpianse il giorno in cui Tessa aveva deciso di andarsene dalla sua casa, perché un uccellino le aveva detto di farsi una vita per conto proprio, in modo tale da provvedere da sé alle proprie esigenze senza dipendere da nessuno.
«Non voglio affrontare quest'argomento con te. Quello che tu chiami mortorio è la mia casa.» proferì indicando l'intera abitazione.
«Tessa, tu cosa ti aspetti che faccia? Che resti ferma a guardare mentre mandi all'aria la tua vita? Insomma, è soltanto un'uscita innocente e se verrai prometto che sarà l'ultima volta che ti chiederò di uscire.» tentò Anne rivolgendo uno sguardo supplicante verso la ragazza.
In quel momento l'oggetto delle sue attenzioni aveva gli occhi spalancati; un sorriso sornione le era spuntato sul viso in modo incontrollato. Un'offerta più unica che rara, non trovate?
«L'ultima? Potresti giurarmelo?» chiese sistemandosi la montatura degli occhiali.
«Te lo giuro su quello che ho di più caro.» rispose saltellando quasi dalla felicità quando vide la sua amica annuire.
Nessuna delle due aveva idea del guaio in cui si sarebbero cacciate.
*
L'appuntamento era previsto verso il pomeriggio alle cinque e un quarto, e nonostante si fosse preparata psicologicamente a quella serata per tutta la mattina, Tessa si addormentò, beandosi del comodo calore del divano e lasciò suonare il suo telefono a vuoto riempiendo il silenzio. Alla terza chiamata decise di risvegliarsi dal suo sonno e rispondere a quel dannato telefono, che certe volte si pentiva di aver acquistato.
«Pronto?» chiese senza guardare il numero sul display.
«Pronto?!» rispose la voce squillante e furiosa di Anne. «È davvero tutto ciò che sai dire? Ti stiamo aspettando da mezz'ora e gli altri cominciano davvero a spazientirsi. Tessa, alza quel culo dal divano e vieni subito qui!» esclamò sputando senza ritegno la sua rabbia funesta, mentre Tessa notava in sottofondo i borbottii di altre persone che probabilmente si trovavano a ben poca distanza.
Diede un'occhiata al telefono e notò soltanto adesso che erano le cinque passate e aveva poco tempo per prepararsi. Optò per una maglietta a collo alto nera, un jeans stretto abbinato a delle scarpette bianche, mentre i capelli decise di lasciarli sciolti lasciando ricadere la fluente chioma nerastra dietro la schiena. Si lavò il viso cercando di convincere gli occhi ancora restii ad aprirsi e li voluminò con il mascara. Raccolse la borsa adagiata sul letto della propria camera e ci infilò il necessario, tra cui il suo insostituibile rossetto rosso. Quando si richiuse la porta alle spalle accelerò il passo pensando a una buona scusa, per non dire che si era addormentata come una cretina, in modo da non lasciar sfigurare la sua amica.
Arrivò non prima delle sei, proprio quando gli amici di Anne avevano deciso di svoltare l'angolo; li chiamò a gran voce attirando l'attenzione di Anne. Quest'ultima corse verso di lei lanciandole contemporaneamente uno sguardo truce. Tessa ricambiò lo sguardo con indifferenza, in fondo riteneva che dovessero già considerare una generosa concessione il fatto che si fosse presentata e non si preoccupò di nascondere questo suo atteggiamento.
Attraversarono le strade della città a piedi e Tessa quasi si pentì di non essersi portata un giubbotto più imbottito, ma probabilmente qualcuno ascoltò le sue preghiere e decisero di fermarsi ad un bar per riposare.
Le sue mani, solitamente di un color bianco latte, erano lievemente arrossate dal freddo, pertanto le nascose nella tasca del giubbotto per riscaldarle. «Tessa, tu cosa preferisci?» le chiese Heaven porgendole il menù. La ragazza aveva due occhi di un color verde scuro, che si intonavano perfettamente con l'indomabile chioma di riccioli neri che le ricadeva sulle spalle.
«Caffè nero.» ripose.
Anne sorrise a quella prevedibile risposta, mentre si sistemava sulla sedia irrimediabilmente scomoda. La serata sembrò passare nel migliore dei modi, perfettamente tranquilla. Tessa vagò persa nei suoi ricordi, scordandosi del mondo intero e di ciò che stava facendo, soltanto per tre volte e doveva ammettere che nonostante il suo comportamento schivo e altezzoso gli altri stavano cercando di farla sentire a proprio agio. Quasi si sentì male a respingerli in quel modo, ma non riusciva a fare diversamente.
Sorseggiò il suo caffè cercando di ascoltare le loro conversazioni, nelle quali spesso, con scarso entusiasmo, inseriva qualche commento per mostrarsi interessata.
Improvvisamente, però, qualcosa cambiò.
Un dolore lancinante le attraversò il petto. L'aria si fececpesante e la sua testa cominciò a girare a più non posso; poteva avvertire le goccioline di sudore che le scorrevano lungo la tempi e ricadevano sul collo pallido. Tessa si mordicchiò il labbro e strinse le mani a pugno mentre quella sensazione orribile si faceva sempre più nitida. Si sentiva in pericolo.
Tutto avvenne in un minuto. La porta del bar si aprì di scatto, emettendo un cigolio fastidioso; Tessa udì le urla di una ragazza... Heaven?
Quando alzò lo sguardo verso il centro del locale, la vide. La ragazza penzolava davanti a lei, cercando invano di liberarsi dalla presa di un uomo dai capelli neri con una stazza enorme in confronto al corpo minuto e sottile della vittima. Heaven si divincolava senza sosta, ma l'uomo aumentava sempre di più la stretta. «Stupida bestia, muori!» le sembrò di sentire avvertendo la stretta allo stomaco intensificarsi.
Sentiva il suo corpo congelato, mentre assisteva a quello che a tutti gli effetti era un omicidio volontario e reso pubblico, per giunta. Un giovane, appartenente alla cerchia di amici di Anne, si riprese dallo stato di shock e urlò di lasciarla andare. L'uomo continuò ad ignorare la loro presenza, mentre il viso di Heaven diventava sempre più pallido. «Mostra la tua vera forma, bestia.» e rafforzò la sua stretta incenerendola con il suo sguardo.
La voce della ragazza esplose in una risata agghiacciante, mentre il suo corpo iniziava a mutare in una strana forma animale. Zanne, squame, artigli? Heaven si liberò facilmente dalla sua presa graffiandogli il viso, si lanciò verso la porta e l'uomo partì verso di lei.
Non sapeva cosa fosse successo, ma di certo non era normale.
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