Capitolo 4 - La Nemesi - Parte 1

10 Luglio 2150, ore 11:00. "Il Creatore"

Vodka con ghiaccio. Kyle Laszlo non conosceva un modo migliore per affogare i demoni che lo tormentavano.

La sua intera vita era stata guidata dal desiderio struggente di raggiungere mete che per gli altri sarebbero state impossibili, traguardi sempre più improbabili e irraggiungibili. Quel fuoco indomabile lo aveva spinto e aveva continuato ad ardere fino a consumarlo.

All'inizio la sua era stata una semplice ricerca di riscatto sociale, il tentativo di costruirsi un futuro migliore. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa grazie alla sua intelligenza: progettare macchine, costruire grattacieli, gestire patrimoni finanziari, eppure niente di tutto questo gli era bastato. Voleva affrancarsi dal suo passato e dalla miseria che suo padre gli aveva lasciato e farlo in modo originale, scrivendo il suo nome nel libro dei grandi della Terra. Non essere uno qualsiasi, ma essere ricordato per le sue azioni. Così era arrivato a guadagnarsi una cattedra di cibernetica all'Università della Scienza e della Tecnica a soli ventisette anni e subito dopo un posto all'Istituto di Ricerche Darwin.

Nelle sue notti più tormentate aveva concepito una nuova specie di ibridi umanoidi, migliore del genere umano che tanto disprezzava. Ma nessun successo lo aveva aiutato a trovare la pace interiore, né a perdonare quel Dio a cui aveva cercato di sostituirsi.

Alla fine aveva scoperto la vodka.

Con un sorriso amaro guardò il ghiaccio nel bicchiere, che era dello stesso colore dei suoi occhi, e inghiottì il liquido con un solo sorso, lasciando che bruciasse tutto quello che incontrava mentre scendeva nel suo corpo, soprattutto gli incubi che si affollavano nella sua testa.

I colleghi del Darwin lo consideravano un male necessario, una specie di spina nel fianco o di unghia incarnita ma indispensabile per il proseguimento del progetto Omega. In compenso lui li ripagava con la stessa moneta: li odiava tutti allo stesso modo. Era democratico.

Nonostante il suo pessimo carattere, la Difesa era consapevole dell'importanza dei suoi progetti, per questo gli garantiva fondi illimitati e l'accesso alle menti più brillanti di Empyrios. Suoi erano i dottorandi più promettenti, i tirocinanti più dediti al lavoro.

Qualsiasi neo laureato in ingegneria o in medicina sarebbe stato disposto a rinunciare alla propria dignità pur di entrare a far parte del suo team, anche solo come addetto alle pulizie.

Lui di solito li bruciava in pochi giorni.

Tra i suoi colleghi si facevano scommesse su quanto sarebbe durato un nuovo assistente. Il suo record era di quindici minuti, il tempo sufficiente per chiedere ad un ragazzetto brufoloso, troppo pieno di sé, di pulire il contenitore con i rifiuti biologici e vederlo piegarsi in due in preda ai conati.

Negli anni, in pochi erano riusciti a completare il tirocinio in cibernetica: si contavano su una mano. Solamente due di questi gli erano stati tanto vicini da condividere le sue visioni, ma nemmeno a loro aveva consentito di partecipare all'intero processo di costruzione dei cyborg. Alcune procedure erano note solo a lui, il "Creatore".

Kyle Laszlo era consapevole del fatto che concentrare su di sé l'intero processo costituiva un rischio per la sopravvivenza del progetto Omega, ma non si era mai posto il problema di trasmettere il suo sapere.

Almeno fintanto che non aveva iniziato a temere per la sua vita.

Era accaduto qualche mese prima ed inizialmente aveva dato la colpa all'abuso di alcol. Cercando nel suo archivio non era riuscito a rintracciare alcuni referti di un suo "paziente". Un altro ricercatore, con la concentrazione di vodka che lui aveva nel sangue in quel momento, non avrebbe dato un peso eccessivo all'episodio e probabilmente, al suo risveglio, lo avrebbe dimenticato. Ma Laszlo non era un uomo qualsiasi. Oltre a possedere una mente brillante e una memoria fotografica che gli consentiva di ricordare alla perfezione la distribuzione del suo archivio e la collocazione dei documenti di dieci anni prima, era un perfezionista ed un maniaco dell'ordine. Non avrebbe mai cambiato il posto di una cartella medica se questa era identificata con la matricola del paziente. C'erano solo due posti in cui poteva essere: sulla sua scrivania fino alle venti di sera; nella cartella del paziente, in archivio e sotto chiave dopo le venti.

L'aveva cercata per giorni fino a quando non era riapparsa sulla scrivania di un suo collaboratore. Avrebbe aggredito fisicamente l'uomo se non fosse che il poveretto non aveva accesso all'archivio e conosceva troppo bene le sue manie per rischiare di essere licenziato. Chiunque aveva preso il documento era un estraneo.

Da quel momento Laszlo era diventato consapevole di essere spiato.

Il rumore di un vetro che si rompeva lo fece sussultare.

«Cosa cazzo ...» mormorò tra i denti. Sapeva che quel posto era difeso meglio di Fort Knox ma questo non gli impedì di rabbrividire al pensiero che qualcuno poteva essere entrato nel suo laboratorio. Il rumore proveniva dalla sala autopsie. Laszlo appoggiò il bicchiere sul tavolino accanto al divano e si alzò lentamente. Avrebbe potuto chiamare la sicurezza ma non voleva che quei gorilla ignoranti entrassero nelle sue stanze. Doveva essere pragmatico: nessuno poteva essersi introdotto lì.

Trattenendo il respiro si avvicinò alla porta blindata che separava i due locali e sfiorò la serratura elettronica con il dito indice. La porta si aprì rivelando l'enorme stanza illuminata dalla debole luce azzurrognola dei monitor.

Lo scienziato fece un passo all'interno. Non era mai stato un campione di coraggio, ma il pensiero che i suoi progetti, che il suo lavoro fosse a rischio lo animava di una forza sconosciuta.

Cercò la fonte del rumore e ad un tratto le sue labbra si distesero in un sorriso. «Idiota!» si schernì, davanti alle schegge di vetro disseminate sul ripiano di lavoro. Una stupidissima reazione chimica! Ecco cosa aveva causato l'esplosione. Laszlo si chinò a cercare un cestino dell'immondizia e vi gettò dentro quello che restava del becher andato in frantumi.

Stava ancora sorridendo tra sé quando lo squillo del comunicatore lo fece trasalire nuovamente. Imprecò e con un gesto della mano, aprì la comunicazione dal quadro comandi del laboratorio. L'immagine olografica che si materializzò di fronte a lui, illuminando di azzurro il tavolo di lavoro, ebbe il potere di calmarlo immediatamente. Gli insulti che si era preparato a riversare sul malcapitato gli morirono in gola.

«Kyle, ho bisogno di te.» La figura eterea di Elizabeth Grey sembrò brillare di un fuoco improvviso, illuminata dalla sua chioma rossa e per un istante gli sembrò uno spirito venuto da un mondo lontano. Che pensieri assurdi! Scosse la testa e riprese a pulire il ripiano dai cocci di vetro, solo per distrarsi e non farle capire quanto aveva desiderato vederla, parlare con lei. Non era un segreto per nessuno in quel posto che tra tutti, quella donna era l'essere umano che preferiva e con cui sarebbe stato disposto ad avere delle interazioni.

«Perché non sei di ritorno?» Le chiese, con un tono di rimprovero che ben dissimulava i suoi sentimenti. Su quelli aveva messo una pietra tombale da anni.

«C'è un problema» rispose lei, raddrizzandosi piccata dalla sua reazione scostante. Eppure doveva esserci abituata, pensò Laszlo, perché era la stessa con cui la ripagava ogni volta che lei cercava di fare breccia nelle sue difese.

«Raccogliere i cocci e nasconderli da occhi indiscreti non dovrebbe essere un impegno troppo gravoso per una del tuo calibro, Liz» la rimproverò.

«Non sto parlando di quello, ma di una sospetta violazione del protocollo di sicurezza di uno dei cyborg!»

Il senso di panico improvviso che si impossessò di lui impedì a Laszlo di soffermarsi sull'arroganza con cui la scienziata aveva pronunciato quella frase. Un malfunzionamento, una breccia nel protocollo che avevano creato per evitare rivolte. Non era possibile, a meno che ...

«Di quale soggetto si tratta. Spiega» le ordinò.

«ABL215005021. Il soggetto non ha dimenticato la morte di DRS, non solo, si è reso conto ed è consapevole del comportamento apparentemente anomalo dei suoi compagni. Il suo livello di coscienza è, come dire, preoccupante!»

Maledizione!

Si fissò i piedi per nasconderle l'espressione atterrita. Doveva restare calmo, non lasciare trapelare la propria ansia o sarebbe stata la fine.

«Non essere paranoica! Potrebbe trattarsi di un soggetto più resistente e magari il software a bisogno di più cicli per fare il suo lavoro fino in fondo» cercò di convincerla.

«Ci sono io qui, tu sei al Darwin per cui dovrai fidarti del mio punto di vista Kyle!»

Lo scienziato scosse la testa. Maledette donne ed il loro genetico senso di inferiorità. Non c'era speranza che mollassero l'osso senza scatenare una rissa. Riportavano tutto a livello personale, anche il suo tentativo di valutare altre possibilità.

«Non sto mettendo in dubbio il tuo lavoro Grey, solo che non vorrei dover sottoporre un cyborg sano ad un ciclo di "Abrax" se non strettamente necessario. Sai che ogni volta che giochiamo con la chimica del loro cervello rischiamo di comprometterlo per sempre. Non voglio correre rischi inutili.»

La donna si portò le unghie alla bocca e prese a morderle come fossero l'ultimo pasto che le era destinato. Doveva riuscire a spostarla dalla sua posizione.

«Tu non sai come mi ha guardata! Con quegli occhi, come se io fossi colpevole di chissà quale crimine!» sbottò infine, stringendo il pugno davanti a sé. Non aveva dubbi che se fosse stata lì lo avrebbe colpito.

Ecco, era quello il problema, quindi: orgoglio!

Kyle tenne per sé i propri pensieri. Esternandoli avrebbe ottenuto solo una reazione scomposta da parte della donna, con la conclusione di condannare il cyborg ad un ripristino completo. Un "reset" dei suoi ricordi. Meditò per qualche istante prima di risponderle.

«Bene. Resta lì allora. Sei autorizzata. Continuerai la tua osservazione per altri tre giorni, poi farai rapporto e se l'anomalia sarà ancora presente, decideremo come comportarci» disse, usando il noi, per farle capire che non c'erano sfide in corso, né test.

Ottenne l'effetto desiderato. Le labbra tese della donna si rilassarono in un sorriso. «Grazie della fiducia Dottor Laszlo» lo ringraziò, con un lieve movimento della testa che gli ricordò la grazia di cui quella creatura era capace. La sua figura volteggiò lieve per alcuni secondi prima di dissolversi nell'aria, impalpabile come un sogno. 

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