Abbracciati da anni
Ahiaaa... Che male! Insopportabile, sì, sei insopportabile!
Non prendertela con me. Anch'io sto malissimo. Fino a ieri ero in un magazzino caldo e accogliente, accanto a lei, una curva dolcissima. Ci amavamo. Ora freddo, pioggia e vento, vicino a te che non fai altro che lamentarti e urlare giorno e notte che ti do fastidio. Nessuno di noi due ha scelto la vicinanza dell'altro, ci è stata imposta.
Non mi abituerò mai, urlava il tronco.
Passarono i giorni, tristemente, per entrambi.
Il ventunesimo: senti, non sei poi così male. Ieri durante la bufera, la parte del mio tronco che stava meglio era quella riparata da te.
Anche la tua compagnia non è poi così fastidiosa. Sei logorroico, ma la tua voce alleggerisce la mia solitudine.
Beh, mi fa piacere.
Da quel giorno il tronco incominciò a raccontare storie di uomini e animali che aveva visto nel corso degli anni.
Gli raccontò di una mamma cerva che per difendere i suoi due cerbiatti era riuscita a far scappare un lupo; di cacciatori che avevano ucciso caprioli proprio davanti a lui, vedeva sgorgare il loro sangue, impotente; di una cerva, la più debole di un branco, sbranata da un lupo; di innamorati che appoggiavano contro di lui la loro schiena, perdendosi in baci interminabili - sentivo la loro energia - diceva; di parole vuote, pronunciate da esseri umani, che si fermavano accanto.
Col passare del tempo si abituarono l'uno all'altro.
Il segnale era affascinato dal modo in cui il tronco raccontava le storie. Le sue parole erano una fonte di nutrimento. Presto smise di sentire la mancanza della curva e a provare un sentimento, difficile da interpretare, nei confronti del tronco.
Siamo così diversi, pensava.
Mi sto innamorando di te, disse un giorno il segnale al tronco. Questo mi fa soffrire. Siamo così diversi e inermi, impossibilitati anche solo a sfiorarci.
Parla per te. Tu sei inerme, io sono lento, ma non inerme. Sì, siamo diversi, ma in fondo qualcosa di buono riusciamo a fare l'uno per l'altro. Tu mi proteggi una parte di tronco dal vento e io ti racconto storie che ti fanno compagnia.
Hai ragione.
Devi essere paziente e fiducioso. Ci vorrà molto tempo, ma io riuscirò ad abbracciarti.
Stai farneticando, è impossibile.
Fidati di me!
Il tronco con sforzi immani, che gli procuravano sofferenza, iniziò a muovere la corteccia in direzione del segnale. Ogni giorno sempre di più, sempre di più. Raccontava una storia, poi, ora mi devo concentrare, diceva al segnale, voglio riuscire ad abbracciarti.
Utopia!, pensava il segnale.
Finchè una mattina, dopo diversi mesi, era ancora mezzo addormentato, quando si sentì sfiorare.
Che spavento!
Sono io, disse il tronco, ce l'ho fatta, hai visto?!
Il segnale, sbalordito, non credeva alle sue sensazioni. Il contatto con la corteccia era emozione forte, mista a incredulità. Si sentì sfiorare in due punti, era un abbraccio allo stato embrionale.
Anche il tronco fu scosso da quel contatto.
Con gli sforzi del tronco, l'abbraccio divenne sempre più avvolgente e il loro amore crebbe.
Il poco che riuscivano a fare l'uno per l'altro divenne molto.
Invecchiarono insieme, nutrendosi di storie, in un abbraccio perpetuo.
Chiara, 12 maggio 2018
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