Prologo

E se scrivo questo pezzo adesso è solo per disperazione.
Mentre il cielo grigio piange lacrime amare, come la mia vita riflessa in questo specchio di carta.
Mentre vedo il tempo scorrere come un treno e il mio IO si sgretola come polvere in decomposizione.
Mentre il vuoto mi assale nell'oblio più scuro della mia anima.
Mentre fisso la mia incompletezza plasmarsi nelle stesse parole, che prima erano armi e ora mi uccidono.
Mentre cerco invano, di schermare le ferite che mi rendono umano.
Mentre apro le mani e lascio dissolvere la sabbia, come le mie aspettative trite di ogni trauma.
Mentre fisso la mia tristezza chiusa rannicchiata in se stessa, che non chiede aiuto per la paura di non perdersi. Mentre parlo di qualcosa che non ho visto, questo rilascio di endorfine che voi chiamate amore, e che a me sa tanto di convenienza.
Stupida chimica che ti assale l'esistenza insistentemente come i pugni sopra questo muro.
Mentre tutto scorre io lo guardo scorrere, perché la mia vita è come guardare un porno: guardo gli altri fare ciò che vorrei fare, e cerco di trarne piacere.
Un po' per me stesso, un po' per questi languidi passi flebili e spogli di ogni voglia di combattere, per un'accettazione inutile a soddisfare le mie più deboli voglie.
Mentre calpesto queste fredde foglie secche e vecchie con vene come crepe, che crepitano di dolore mentre si spezzano, e rimango ad ascoltarle strillare, il loro dolore in frantumi come lo stesso dolore che provo quando mi accorgo che tutto quello che ho intorno non può capirmi.
Mentre do la colpa agli altri dei miei drammi e li ritengo troppo stupidi per capirmi.
In questo buco di morte interiore che mi sono ricavato, il mio corpo è un sarcofago, e decompongo i miei attimi in istanti ancora più brevi di dolore che non passano mai, perché quando tutto va di merda, il tempo si ferma per fartela annusare.
Mentre ogni volta sono costretto a scrivere in gabbie di parole e virgole, emozioni ridotte in briciole, così complesse da descrivere, incomprese anche da me che ogni giorno le contemplo come faccio col cielo terso del tramonto del mio sorriso, finto come la gioia di ricevere l'ennesimo uovo di pasqua mentre vomito lo stesso pranzo del cazzo che mangio da 17 anni.
Mentre questo fiume di pensieri mi aborre, aborre il mio cuore, lo detesta perché se dobbiamo dargli un carattere, lui ha sempre lottato, ci ha sempre creduto a differenza mia.
C'è chi lo chiama coraggioso, io lo chiamo illuso.
La nostra stupidità così tenera nel fare qualcosa già sapendo il finale sperando che cambi.
Nel credere ai miracoli all'ultimo momento.
Mentre mi rendo conto che adesso è troppo tardi, perché il vento della mezzanotte è già passato e quando sai che non ti sveglierai, anche la notte più lunga è troppo breve, spiegami cosa intendi tu per amore.
Cosa serve pensare ad un concetto così scontato che è un misto tra carne e spirito, e ci rappresenta in pieno in quanto è fatto della nostra stessa sostanza. Nulla da obiettare, ma se siamo della sua stessa sostanza perché ne abbiamo sempre bisogno? Come se non ci bastassimo.
Il simile attrae il simile ecco perché io non attraggo che dolore.
Voi siete amore allo stato puro, io sono il dolore puro che ama. Soffro perché sono sofferenza, se fossi amore non soffrirei, attrarrei amore.
Io sono dolore, lo stesso compassionevole dolore che tenta di levarlo agli altri per averlo in se stessi.
Io cerco di privare gli altri della sofferenza per renderli felici, in modo tale da poter assorbire il loro dolore e riplasmarmi sempre più forte.
Io non ho un'anima felice. Lei è buona, è dolce, lei è dolore. L'amore non è buono, il suo compito è quello di manifestare se stesso per confermarsi in ogni essere.
Il compito del mio dolore invece, è privarlo agli altri per averne sempre di più perché so che io riesco a sopportarlo, a viverlo, a riciclarlo, a rendere questo dolore, qualcosa di buono, nonostante mi bruci fin dentro le viscere.
Io non sono felice come voi, la mia tristezza è una culla che oscilla tra un sorriso per compassione a una compassione per far sorridere.
Io sono dolore puro che ama voi umani che mi date ciò che non voglio, ma di cui ho bisogno, cioè altro dolore.
Se non avessi incontrato voi che m'avete fatto male, non avrei avuto la spinta per migliorarmi ogni giorno di più.
Forse un essere più buono di me non esiste, ingenuo, proprio per soffrire.
Se davvero questa sofferenza mi ha portato a questa consapevolezza, mi ha fatto crescere, purificato, plasmato e questa solitudine mi porta a migrare in una metempsicosi da un gesto di accettazione all'altro, spiegatemi perché voi che siete amore, vi contendete questo amore con gli altri, perché in nome di questo fate le cose più stupide, vi ammazzate, guerrigliate tra parole sporche come soldati, quando fino ad ieri eravate amanti nello stesso letto? Spiegatemi perché voi che siete fatti di amore odiate la vostra essenza e io che sono fatto di dolore la cerco.
Perché la sofferenza è l'essenza di entrambi? Sia di voi che la mia.
Perché non basta mangiare, respirare, e dormire per sentirsi vivi?!
In un languido sospiro di morte ho capito che non importa quale sia la tua essenza, ciò che conta è utilizzarla nel modo migliore per plasmare ciò che vorresti plasmare.
E io che sono dolore come sto utilizzando la mia sofferenza?
Il mio disprezzo per voi che siete e avete ciò che bramo più di me stesso?
Come sto utilizzando tutto questo? Semplicemente come spinta, non c'è cosa peggiore di non tornare bambini, e rendersi conto che non puoi più migliorarti.
Per fortuna io sono un bambino così maturo che sfrutto il mio malessere per creare qualcosa di concreto: migliorare il mio corpo, il mio spirito, la mia mente, essere la versione migliore di me stesso ogni giorno che passa, ogni istante che questa clessidra cade in un mare di sabbia.
Se non fossi così profondo quando scrivo non sarei dolore.
Per essere me, per essere dolore, devo essere profondo.
Come una ferita che non accenna diminuire la sua grandezza, come lo squarcio nel petto che ti ha partorito.
Se non fossi profondo, fino a toccare ogni minimo taglio della mia più nuda indole, non sarei il dolore che dico di essere. L'amore è superficie, è attrazione, è corporeo, è sguardi, è tatto, è gesti, è fisica. Il dolore è profondo, è radice, è intrinseco, è tracendente, è dentro ogni più bel gesto d'amore.
L'amore può nascere e morire.
Proprio come l'uomo appunto perché è la sua essenza.
Il dolore invece è immortale, è già dentro di voi prima ancora che respiriate, non muore mai nemmeno sul punto di spirare. Può essere alleviato, placato, accarezzato proprio con amore, ma non può morire. È proprio questo che cerco, amore per placarmi, alleviarmi, accarezzarmi. Perché voi ne avete, io non ne ho. Io sono solo, e mi sento comunque alienato da voi, dal mondo. Voi siete insieme e amandovi cercate di comprendervi e non sentirvi soli, ma mi ripudiate proprio perché io sono quello che voi cercate di smorzare.
Quindi se sono solo, lo sono perché a nessuno piace il dolore, perché pensano che nel dolore loro provino sofferenza, invece è il dolore che soffre per loro, è lui che si nutre di sofferenza e emette gioia.
Proprio come le piante che assorbono anidride carbonica e emettono ossigeno. Io sono una rosa nera che nessuno tocca per paura di pungersi, senza capire che le spine fanno parte di me e per quanto possano pungere se sai come prendermi non puoi farti male, e che i petali sono in cima proprio per essere annusati.

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