Capitolo 95

Emma

Ho accettato di preparare io da mangiare, perché Enrico non è mai stato un bravo cuoco. Abbiamo parlato un po' di altro in quell'insolito pranzo e quando ormai anche i piatti sono al loro posto sono pronta ad andare.

Non ho trovato niente di male a rimanere.

Prendo la borsa dal divano dove l'avevo abbandonata e mi volto verso il ragazzo che ha già raggiunto la porta.

«Grazie, Enrico, per avermi ascoltata.» Presa dai pensieri positivi finisco per abbracciarlo. Lui ricambia la mia stretta. Lo sento inalare il mio profumo e trattenermi forse quell'attimo in più del necessario ma sono certa che le cose ora andranno bene.

«Grazie a te. Hai ragione: io ho bisogno di chiarire con il mio amico.» Mi allontano e lo guardo con gli occhi lucidi.

«Sì, ne sono felice.» Quando la sua porta si chiude praticamente corro per le scale. Il cielo è già buio. Il mio telefono, che prendo subito dalla borsa, non ha smesso di suonare e sono le chiamate di Sergio quelle più numerose.

Tiro fuori la chiave dal vaso, certa che Luca l'abbia nascosta lì. Mi ha mandato un messaggio dicendo di non potermi più aspettare almeno due ore fa.

Richiuso il legno alle spalle compongo subito il numero del mio ragazzo. Non so ancora se gli racconterò ciò che ho fatto oggi. In realtà anche lui mi aveva chiesto di restarne fuori.

Cammino per casa con il telefono fra viso e spalla, lancio via le scarpe e mi sfilo anche i pantaloni. Ho decisamente bisogno di una doccia rilassante. Ho sudato nell'attesa che lui mi ascoltasse e anche mentre finalmente mi permetteva di chiarire.

Niente. La chiamata stacca fino alla fine. Rifaccio il numero mettendolo stavolta in vivavoce mentre finisco di spogliarmi.

Anche questa volta nessuna risposta. Entro in doccia e lascio che lo stress scivoli via con le goccioline di acqua. Il profumo del mio shampoo fa la magia finale e quando sono avvolta nel mio accappatoio non riesco a smettere di sorridere. È andata bene. Ne sono così convinta che lo scrivo anche a Luca prima di richiamare Sergio.

«Ma dove diavolo sei?» Odio quando non mi risponde.

Forse non gli dirò niente. Potrei considerarlo un regalo di Natale. Ammicco alla mia me che mi guarda dallo specchio e salto in aria quando sento suonare il mio telefono.

Il nome del mio amore lampeggia di giallo. «Ma dov'eri?» Inizio subito un po' preoccupata.

«Potrei chiederti la stessa cosa.» Il tono serio non mi convince affatto.

«È successo qualcosa?» Smetto di guardarmi allo specchio, perché il mio viso preoccupato mi mette ansia e vado verso il salotto. Riesco ad arrivare al divano e Sergio non ha ancora detto niente. Il suo fiato è pesante come se avesse corso e ora sono davvero allarmata. «Ti prego, amore, dimmi cosa c'è?» Mi siedo con la gamba sinistra piegata sotto di me e fisso la finestra di fuori come se potessi scorgere nel buio della notte la risposta.

Un tuono riempie quel silenzio di maggior apprensione e ben presto anche le piccole goccioline che si infrangono sul vetro rendono malinconica l'aria.

«Sergio?» Io non capisco. Alla fine cedo alla forza che mi attira verso la finestra e guardo il mio quartiere fino alla strada. Ed ecco il motivo che mi spingeva a guardare. «Ma tu sei... Tu sei qui.» In poco tempo spalanco la porta e nonostante la luce fioca, i nostri occhi sono già allacciati fra loro. «Sergio!» Urlo nella sera.

Il suo viso si alza verso il mio e la sua mano depone il telefono nella tasca dei jeans.

La sua sagoma mi è ora più nitida e non capisco cosa stia accadendo ma sento la necessità di correre subito da lui e stringerlo forte, e lo faccio.

Non mi preoccupo dell'acqua che mi bagna né che sono mezza nuda. Non mi importa se ho i piedi scalzi in quella corsa. Devo assolutamente raggiungere lui.

Mi butto sul suo corpo allacciando le braccia al suo collo. Il mio viso si nasconde nel suo collo e quasi immediatamente inizio a tremare.

«Che è successo? Ti prego.» Il suo petto si gonfia e alla fine le sue mani cedono e si posano senza premere sulla mia schiena. Alzo il viso verso di lui e poi vi poggio sopra una mano.

«Dove sei stata oggi?» Sento il proposito di fargli quella bella sorpresa tornare a rallegrare il mio umore.

«A casa, scusa se non ti ho risposto ma poi...» I suoi occhi si chiudono. Quel gesto mi riempie di paura. Le labbra mi tremano, sto congelando e senza il suo sguardo mi sento perduta.

«E poi, Emma?.» È così strano il modo con cui pronuncia il mio nome, come se fosse pieno di delusione. Un campanello di allarme suona nella mia testa.

Cerca di allontanarmi e alla fine cedo. Le sue spalle sono piegate. Le sue dita corrono ai capelli bagnati.

«Possiamo entrare?» Lo supplico, ma lui scansa le mie mani e resta a guardarmi con le mani nelle tasche.

«E poi?» Non capisco la sua insistenza.

I nostri vestiti sono ormai zuppi. «Finisci la frase, Emma.» Il suo tono sempre più gelido e il mio nome sempre più accusatorio.

Il campanello diventa un'orchestra. E se mi avesse vista?

«E poi ho parlato con Enrico.» Confesso subito. La sua faccia cambia ancora. Non è più arrabbiato è solo... spaventato. «Ehi...» gli prendo il mento fra le dita e cerco di fare incrociare i nostri occhi. «Sergio.» Alla fine cede. «Io non potrei mai, mai farti quello che credi.»

«Che fate sotto la pioggia?» Come richiamato dalla mia rivelazione, il moro arriva vestito elegante e con l'ombrello a ripararlo dalla pioggia. Le sue sopracciglia mi guardano dubbiose.

«Stiamo per entrare.» Gli dico subito. Non voglio che si intrometta al momento.

«Okay.» E per la prima volta da un mese a questa parte i due amici si guardano. «Potrei giocare con i tuoi sentimenti in questo momento. Potrei mentire e confermare quello che il tuo viso mi chiede.» Tremo, mentre trattengo le lacrime appena. «Ma non lo farò. Ho solo parlato con Emma, oggi.» Sergio alza il viso stupito perché non pensava potesse rivolgergli la parola. «Non te l'ha detto, eh?» Sorride e mi guarda. Si ho fatto un casino. Abbasso gli occhi. «Tranquillo, mi ha solo convinto a parlare con te e credo che abbia ragione.» Sembra ora imbarazzato. «Ci sentiamo.»

Sergio non ha aperto bocca, alla fine gli ha solo fatto un cenno con il capo e non appena Enrico è giunto alla strada mi ha guardata furente. «Dovevi dirmelo prima.»

«Ma che fate sotto la pioggia?» Mancava solo lui. Luca si ferma al centro fra noi. «Ho visto anche Enrico.» Si rivolge a me.

«Quindi tu lo sapevi?» Spalanca gli occhi ma non può sfuggirgli.

«Okay, credo non sia un buon momento.» La mano scompiglia i suoi capelli schizzandoci di ulteriori gocce. Alza la mano e cerca di sfuggire, il codardo, poi però ci ripensa. «Aspetta, ma siamo tipo nella scena di Darcy e Bridget Jones? No perché se così fosse resto fino al bacio.» Alzo gli occhi al cielo.

«Sparisci Luca.» Stavolta Sergio non usa mezze misure e contemporaneamente mi trascina a casa mia.

Entrando formiamo delle piccole pozzanghere ai nostri piedi. Guardo i miei leggermente neri per il freddo e poi risalgo dai suoi blu jeans fino al suo viso.

I tratti sono tirati e gli occhi spazientiti.

«Mi farai impazzire sempre?» Chiudo la bocca perché credo non sia il momento di parlare. «No, perché è pesante questa continua situazione di tensione in cui mi fai mettere in dubbio i tuoi sentimenti per me.» Mi indica per poi puntare il dito verso di sé. «Ho rischiato di mandare tutto al diavolo quando ti ho sentita parlare con lui.» Faccio subito un passo verso di lui, ma poi mi fermo, forse ha bisogno di sfogarsi ancora. «Vieni qua, ti prego.» Le braccia si aprono e io posso finalmente assaporare nuovamente la meravigliosa sensazione di essere stretta da lui fino quasi a perdere il respiro. «Non nascondermi niente.»

«Ti amo.» Mormoro sul suo collo. «E questo devi scrivertelo bene in mente.» I nostri occhi si legano e lentamente le sue labbra scendono su di me.

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