Capitolo 87

Sergio

Il suo corpo si stringe al mio che non reagisce al contatto. Le mani stringono sulla mia nuca e mi spingono verso di lei desiderosa di una mia reazione. La bocca umida cerca la mia e quando pur di liberarmi sbattiamo contro il comò il tonfo di qualcosa che cade e si frantuma in mille pezzi decreta la mia condanna.

Senza che me ne renda conto sono già steso a terra. Il pugno di Enrico mi ha spaccato il labbro ed è ancora su di me che minaccia di infierire ancora.

«Enrico, no!» Rachele grida e nel gesto repentino di suo fratello cade a terra accanto a me. La spallina nuovamente scesa e il viso già pieno di lacrime.

«Che cazzo fai con mia sorella!» I suoi occhi sono in fiamme, non vede altro che me e lo capisco bene.

«Enrico...» Mi zittisce strattonandomi. Io non reagisco, tengo una mano su quella che mi stringe la maglietta sotto il mento e l'altra leggermente alzata nella speranza di risvegliarlo dalla sua furia.

«Non pronunciare il mio nome, cazzo.» Sembra sempre più furioso. «E tu rivestiti. Che cazzo ci fai in questa stanza?» Urla pure contro la sorella ma i suoi occhi pieni di odio sono piantati nei miei.

Ormai non siamo più soli nella stanza. Luca cerca di avvicinarsi a Enrico mentre Rosi ricopre Rachele che continua a piangere e tremare.

«Ti prego lascialo.» Lo supplica, ma sono certo che quello che lo anima non è solo questo, siamo arrivati alla fine dei giochi.

«Cos'altro vuoi prendermi?» Mi colpisce il suo dolore. «Lei è mia sorella.»

«Lo so, non avrei mai osato sfiorarla, lo sai.» Stavolta mi permette di parlare anche se la presa si stringe pizzicandomi il collo. «È tua sorella, non potrei mai toccare tua sorella.» E poi commetto un errore. Il terrore che lei possa anche solo pensare che io abbia davvero potuto toccare Rachele porta i miei occhi a cercarla. Avrei voluto resistere, ci ho provato, ma non potevo aspettare, dovevo vedere la sua espressione.

Il suo viso è tirato e i suoi occhi sembrano più grandi mentre incredula guarda prima me e poi Rachele al mio fianco. Sono certo dell'attimo in cui ci osserva entrambi perché è il momento in cui il suo labbro si mette a tremare e gli occhi le si riempiono di lacrime e allora basta.

Non mi importa di me, della violenza di Enrico o dell'assurdità di quel momento in cui il mio migliore amico diventa il mio carnefice, io ho bisogno che lei sappia la verità. Mi sento esplodere dentro i sentimenti che la riguardano, non mi fanno neanche sentire dolore e quando Enrico mi colpisce nuovamente allo zigomo per essermi rivolto verso di lei non lo sento neanche.

«E la mia donna Sè, quella l'hai presa?» A fatica mi tiro su posando i gomiti sul pavimento. Sento la guancia pulsare come anche il labbro e controvoglia sono costretto a portare il mio sguardo su di lui.

«Basta!» Stavolta è Emma a urlare, si precipita al mio fianco e le sue braccia cercano di proteggermi. Enrico ci guarda dall'alto. Luca si mette subito in mezzo ma io e il mio amico dobbiamo chiudere il conto, lo sappiamo entrambi.

«Sì.» Confesso quello che da giorni volevo dirgli. Potrei giustificarmi, dire che è stata lei a insistere ma non la metterei mai in mezzo. «Sì, l'ho fatto.» Il suo sguardo si fa più duro, ho appena dato conferma ai suoi sospetti. «Perchè io la amo.»

«Non sai cosa cazzo significa l'amore. Noi eravamo amici Sè, fratelli, come hai potuto. Cazzo!» Si porta la mano alla testa e mi guarda con sempre maggior rabbia.

«Pensi che sia felice di questa situazione, ovvio non lo sono...»

«E allora perché? Cazzo. Sai che io l'amo.» Confessa anche lui.

«Sì, ma anche io Enrì e lei è la mia Emma, quella Emma.» I suoi occhi sembrano ricordare i nostri discorsi passati ma poi tornano seri al presente.

«È passata una vita. Non dovevi farlo. Ora lei è mia.» Si batte la mano sul petto e io alla fine mi tiro su e poi faccio cenno a Luca di levarsi.

«Non ho potuto impedire a me stesso di farlo, di innamorarmi.» Muovo un passo verso di lui che sembra sempre più lontano. «Perché io non ce la faccio, non ce la faccio a fare a meno di lei.» Parlo con lui, ma alla fine torno a cercare lei. Mi giro verso la fonte dei miei sentimenti. «Ti amo, Emma.» Lei titubante mi guarda negli occhi. Cerco di mostrarle che è la verità. Che è quello che sento.

Non avrei immaginato di ritrovarmi a confessare i miei sentimenti in questo modo. E neanche lei. Mi fa male vederla restia, non sa cosa credere e il mio passato non mi aiuta.

Vorrei già prenderla fra le braccia per ripeterle che l'amo, che l'amo nonostante il mio amico furente mi guardi con odio, nonostante i nostri amici imbarazzati non sanno cosa fare, nonostante le leggo in viso il desiderio di cancellare tutto.

Stringo le labbra e il dolore mi fa fare una smorfia.

«Basta! Non mi importa.» Enrico riporta l'attenzione su di lui. Si passa la mano sul viso prima di continuare. «Sei solo uno stronzo.» Disgustato fa un passo indietro. Le braccia lungo i fianchi esprimono la sua disfatta. «E tu Emma...» Si volta verso di lei. Le sue iridi luccicano, le vedo sfiorare ogni parte di lei per poi fermarsi sul suo viso. Istintivamente mi metto fra i due e questo lo fa sorridere tristemente. Scuote la testa, chiude un attimo gli occhi che subito riapre. «Pensavo fossi quella giusta. Una donna seria e invece...» Alza la mano indicando me e infine, detto questo, esce dalla stanza.

Restiamo tutti immobili, come a darci il tempo di capire cosa è realmente accaduto. I singhiozzi di Rachele sono l'unico suono della stanza e poi ecco il rumore della porta di casa che si chiude.

Guardo il pavimento e stringo i palmi. Purtroppo è andata come pensavo che sarebbe andata. Non poteva accettarlo.

Ma aimé ho un altro problema ora, lancio un'occhiata a Rachele che Rosi sta portando via dalla stanza e a Luca che mi porge un fazzoletto.

«Grazie.» Mormoro e poi cerco nuovamente lei.

Ci guardiamo come increduli di tutto ciò che è appena accaduto. La follia di Rachele, il dolore di Enrico, la confessione dei miei sentimenti, la realtà che ormai non è più intrisa di bugia ma che ora sembra forse troppo reale respingendoci ai lati opposti della stanza così come altre volte è accaduto.
Non siamo altro che i lati uguali di una calamita e questo mi terrorizza.

Il desiderio di stringerla a me diventa un bisogno impellente. Odio tutto questo perché non mi ha permesso di confessarle i miei sentimenti così come sarebbe stato giusto, solo noi due.

Vorrei che non mi guardasse così, ma ho paura a fare un passo avanti perché non potrei sopportare di vederla tirarsi indietro.

Senza sapere che fare spingo il fazzoletto sulla ferita che non sanguina più ma pulsa dolorosamente e poi lei si muove.

Il sangue si gela nelle vene allo sguardo che precede il suo primo passo e poi ecco l'altro e in breve tempo è fuori dalla mia stanza.

Il cuore sembra essersi arrestato o forse è semplicemente andato via con lei. E ora sì che sento il dolore ed è forte nel petto, talmente intenso da togliere il fiato.

Non credevo potesse finire così. Ma poi perché?

Sono rimasto solo e non me ne ero neanche reso conto.

Senza forze mi siedo sul letto, con lo sguardo perso nel tappeto sotto ai miei piedi.

Forse dovrei fare qualcosa. Forse dovrei rincorrerla. Forse sbaglio sempre tutto con le persone che amo.

Gli occhi si chiudono per proteggermi da quel vuoto che sento dentro.

Finita. È finita.

Una forza mi fa alzare. Io non posso arrendermi. Non voglio.

Deciso a riprenderla getto via il fazzoletto sporco e mi dirigo verso la porta. La troverò e la costringerò a credermi.

Per mia sorpresa, non faccio neanche un passo fuori dalla porta che lei è davanti a me. Tiene in una mano la sacca con il ghiaccio dentro e nell'altra, una paletta e la scopa.

«Devi mettere il ghiaccio sull'ematoma.» Preme delicatamente, per poi invitarmi a continuare io.

Torno a sedermi sul letto e la osservo raccogliere i resti del vaso che rompendosi ha dato inizio a tutto questo. Non so da dove iniziare.

«Ti fa molto male?» Mette tutto in un angolo e chiude la porta. E io mi ritrovo a respirare nuovamente e quasi tossisco, come quando un sub torna a galla dopo una lunga apnea.

Seguo la sua sagoma fermarsi ai miei piedi e alzo il viso per guardare il suo che ora è proprio sopra il mio.

«Forse è andata peggio di come mi aspettassi.» Mi confessa e sono d'accordo con lei mentre stringo il pantalone con la mano libera che vorrebbe stringerla a me, ma forse è presto.

«Lo credo anche io.» Sono d'accordo.

«Ma anche meglio.» Non capisco e resto in attesa di altre spiegazioni, a cosa può riferirsi se non è ancora fra le mie braccia. «Perché anche io ti amo.» Fa un gesto con le spalle, come se fosse ovvio.

Spalanco gli occhi incredulo. È questo che si prova quando si è ricambiati. È meravigliosa questa felicità intesa che ti stringe lo stomaco e anche il desiderio urgente di unirsi all'altro per non lasciarlo mai più.

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