Capitolo 57
Emma
Un dolce risveglio è per me la scoperta di essere riuscita a parlare con Sergio. Felice sorrido prima ancora di aprire gli occhi. Mi stiracchio nelle lenzuola che sanno di noi e infine apro le palpebre al nuovo splendido giorno che risplende dalla persiana leggermente aperta.
Mi giro verso la metà del letto, dove penso abbia dormito lui, ma non trovo nessuno. Mi stiracchio pigramente godendomi ancora i ricordi.
Mi porto le mani al viso e vorrei urlare di gioia. Perché tutto è meraviglioso e non ho intenzione di provare nuove paure saprò affrontare tutto, ne sono certa. Con gli occhi spalancati guardo il soffitto e me ne sto lì, con la bocca aperta assolutamente entusiasta del mio futuro.
Scanso le lenzuola e sento il mio corpo rinvigorito e dolorante allo stesso tempo e un altro sorriso mi spunta allargando le mie labbra, non riesco a smettere di farlo. Nuda mi guardo in giro in cerca dei miei vestiti ma ciò che trovo è solo l'intimo, il resto è rimasto in salotto. Infilo gli slip e prendo la maglia bianca che Sergio ha lasciato sulla sedia. Il profumo di Sergio mi stuzzica tutti i sensi e quasi ballando raggiungo il bagno prima e la cucina dopo.
Ed eccolo lì. Sta preparando la colazione con il pantalone nero della tutta scivolato sui fianchi e una maglia azzurra a coprire lo splendido corpo che ho stretto tutta la notte.
Ne sento le forme nei palmi e mi sembra uno splendido segreto da raccontare a Luca, rosicherà.
Non si è ancora accorto di me, mi da le spalle ed è concentrato nella preparazione del caffè. La macchinetta si accende producendo il classico rumore prima e il profumo dell'aroma tostato poi.
Lo vedo passarsi le dita fra i capelli e non riesco a credere che fino a poche ore fa quella stessa mano ha toccato ogni parte di me. Sento un calore ripresentarsi fra le mie gambe ma non ne provo vergogna, anzi, mi sembra assolutamente normale.
Faccio gli ultimi passi e sono ormai alle spalle di Sergio. Coraggiosa insinuo le mani fra le sue braccia e le congiunco sul suo stomaco stringendolo a me.
«Buongiorno.» Bacio la spalla sinistra sbirciando la tazzina che poi afferro portandola alle labbra. Sergio si gira con un sopracciglio alzato e alla fine mi sorride, forse intenerito dalla mia espressione furba e felice.
«Com'è? È buono?» Si allontana un po' da me e allunga la mano per prendere una nuova cialda.
«Perfetto.» Esprimo tutto il mio piacere nella classica espressione di mugolio per qualcosa di eccezionale. Con soddisfazione vedo i suoi occhi scurirsi ed eccitata allungo una mano verso la sua guancia, per poi portarmi io stessa verso di lui. Guardo le sue labbra aprirsi e con audacia alzo gli occhi verso i suoi e poso la mia bocca sulla sua.
Le sue sopracciglia si alzano sorprese e io stringo il palmo e apro la bocca pronta ad accoglierlo in un bacio. Ho il desiderio di riassaporarlo che mi scorre nelle vene e rimango delusa quando lui mi sfiora appena e si scansa.
«Facciamo colazione?» Mi indica la tavola con biscotti, cereali e latte. «Non so cosa preferisci.» Si giustifica per aver messo a tavola di tutto. Cerco di dimenticare la sua strana reazione e lo accontento sedendomi davanti a una tazza gialla e lascio a lui quella verde.
Lo osservo passarsi le mani nei pantaloni e poi scostare la sedia e accomodarsi di fronte a me.
Non posso non notare il suo disagio e non ne capisco il motivo, non so se sia normale, io non lo conosco fino a questo punto, in fondo è la prima volta che ci svegliamo così.
«Mi passi la tazzina di caffè che ho lasciato dietro di te.» Sembra sussultare alle mie parole per poi annuire e fare come gli ho detto. «Grazie.» Aggiungo il resto del caffè al latte e immergo un biscotto che poi porto alle labbra.
Con la mano sinistra mi sposto i capelli sulla spalla e cerco di trovare qualcosa da dire, perché anche io ora sono a disagio.
Come un criceto nella sua gabbia in un deserto non trovo niente di interessante di cui parlare, mi scervello finendo a fatica il biscotto che avevo scelto, Sergio è già al suo terzo e a zero parole. Fissa la tazza ed è palese ora come vorrebbe che andassi via.
Sono senza fiato. Io non capisco come possa essere così freddo dopo, dopo... e la sensazione di essere trattata come una di quelle che si scopa e che lascia andare il mattino dopo mi fa sentire sporca.
Non so se scoppiare a piangere o se tirargli addosso la sua colazione del cazzo. Il suono di un messaggio lo fa finalmente muovere. Si alza per prendere il suo telefono sul ripiano, il suo dito striscia sul vetro e io stringo le mie labbra perché mi sembra tutto un dannato cliché.
Furiosa lo guardo leggere e non posso non notare la sua espressione incupirsi e le sue labbra mimare un "cazzo" prima di iniziare a digitare qualcosa. Le dita della sua mano libera si intrufolano fra i suoi capelli, mentre l'espressione sempre più colpevole lo rende ancora più freddo. Sembra che la temperatura in stanza sia scesa di dieci gradi.
Alla suoneria del mio cellulare salto in aria sorpresa. Felice di avere un diversivo, vado alla ricerca dell'oggetto che non ricordo dove ho posato la sera prima. Alla fine è la sua mano che me lo allunga con la scritta verde che ci divide ancora e ancora.
Afferro il telefono e lo metto silenzioso, per poi girarmi fino a tornare al tavolo dove lo poso.
«Rispondigli almeno.» Il suono scostante, è la ciliegina che mi fa andare fuori di testa. Cerco di contare per recuperare la pace che provavo solo pochi minuti fa, perché ora sono piena solo di pentimento e rimorso, oltre a sentirmi una merda per Enrico. Il telefono riprende a suonare. «Ho detto rispondigli, cazzo!»
«Non ti permettere.» Mi siedo rimettendo il silenzioso a quel maledetto oggetto.
«Cazzo!» Chiudo gli occhi ferita.
«Non hai nessun diritto di parlarmi così, né a comportarti così, né a farmi sentire così.» Parlo lentamente anche se la voce vibra per tutto il dolore che cerco di trattenere dentro.
«Ho fatto una cazzata. Dobbiamo dimenticarci tutto.» Alzo il capo di scatto verso di lui. Cammina avanti indietro nella stanza come un leone in gabbia. Lunghe falcate dove si tira i capelli e impreca per tutto ciò che è stato e che ora ha un altro sapore.
«Hai... hai fatto una cazzata?» Sbatto le ciglia incredula.
«Sì, è ovvio.» Il suo braccio si apre e sembra indicarmi.
«Quindi sono una cazzata.» Si blocca a guardarmi per la prima volta questa mattina ed è orribile quello che vedo. Nessuna traccia della dolcezza di ieri, né dei sentimenti di ieri. Solo la pece nera che brucia e consuma. «Sei un codardo!» Constato tristemente. Lui non dice niente e riprende a muoversi ma sbirciando dalla mia parte stavolta. «Perchè?» Sento il mio corpo tremare e non è giusto che io mi senta così.
«Okay, te lo concedo e ora dimenticheremo tutto. Tu tornerai con Enrico e io... e io non ti disturberò più.» Annuisco ferita a ogni singola parola di quel misero discorso. «È così che deve andare.» Io non riesco più a guardarlo e mi perdo nell'osservare il nero del caffè che si confonde con il latte. «Non è successo niente, è stato niente. Lo dimenticherai.» Ecco il colpo di grazia. La paura più grande della mia vita torna a essere realtà: io sono niente.
«Come puoi dirlo.» Le mie parole sono un flebile lamento, nient'altro per lui. Alzo di nuovo gli occhi a guardarlo ma in realtà non vedo più niente. Non sto piangendo ma allo stesso tempo la mia vista è annebbiata.
«Dai Emma, ammettilo anche tu. Possiamo andare avanti.» Cerca di convincermi accondiscendente.
«Vaffanculo. Sei solo uno stronzo.» Mi alzo come una furia dalla sedia e mi piazzo davanti a quell'uomo che credevo essere dalla mia parte. «Non è stato niente e tu sei solo un bugiardo a dirlo.» Il mio indice colpisce il suo petto. «Non so quale orribile risveglio tu abbia avuto, ma il mio era stato dolce e ora, invece, sa solo di amaro.» Nonostante la rabbia, non riesco a rimanere indifferente al suo viso. «Perché lo hai fatto, perché? Io non ti ho chiesto niente. Non ti avrei messo in mezzo con il tuo amico avrei...» Un fremito mi fa vibrare la voce. «Avrei solo voluto godermi il mio risveglio con te e magari cercare di capire con calma cosa fare. Mi stai facendo sentire una poco di buono e io non lo merito.» Continuo a spingere su quel petto dove ho sospirato, forse nella speranza di far penetrare dentro ciò che ho detto. «Davvero non è stato niente per te?» Lo guardo in attesa di una risposta che non arriva. Aspetto, ma non dice niente, né mi mostra un po' di pentimento.
A disagio mi muovo sui piedi. Sono solo una stupida. «Sei uno stronzo. E forse hai ragione: non è stato niente.» Furiosa lo lascio lì e me ne vado via. Non merita altro.
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