Capitolo 29
Enrico
«Non doveva finire così la serata.» Non resisto e le accarezzo una guancia, la sua pelle è morbida e resto a sentire il suo calore qualche attimo in più.
I suoi occhi si allargano al mio gesto, sono certo non si aspettasse questo desiderio di contatto da parte mia. È sempre sorpresa quando le dimostro la mia attrazione.
«Non fa niente. Sono stata bene.» Sorride leggermente inclinando la testa. I capelli scuri scivolano sulla sua spalla sinistra e io vorrei passarci dentro le dita, ma, soprattutto, vorrei entrare dentro con lei.
«Buonanotte!» La saluto con un lieve bacio. Poso le labbra proprio dove prima l'avevo accarezzata. Resisto contro la tentazione di andare oltre. Purtroppo non è più il momento.
Quando la sua porta si chiude resto fermo. Gli occhi immaginano ancora la sua figura davanti a quel legno ma, purtroppo, è andata.
La serata è finita.
Con fastidio sorseggio il caffè che mi sono preparato appena sveglio. Sono le sei del mattino e sono andato a letto alle due ed è meglio lasciare stare l'orario in cui mi sono addormentato. Ho dovuto aiutare Sergio a mettere quei due sulla sua auto in piena notte.
La luce pallida del sole entra dalla finestra davanti a me. Fisso quel liquido scuro con striature quasi dorate e tra i vari pensieri ovviamente spunta lei. Quel colore caldo mi fa pensare ai suoi capelli che profumano di fiori. È così dolce, simpatica e sexy, praticamente perfetta.
Porto la ceramica alle labbra il liquido amaro mi riscalda il palato e la gola. Amche lei ha questo effetto su di me. Sento serpeggiare sotto pelle il desiderio per lei ogni volta che le sto accanto. Non ho mai desiderato di possedere qualcosa come vorrei lei.
Sorrido al ricordo della nostra prima uscita. Sono stato benissimo e sono certo anche lei. Sento il corpo reagire al solo pensiero che ieri era a pochi centimetri da me sulla soglia di casa sua. La luce gialla illuminava i suoi occhi nocciola ed è piacevole immaginare che lei possa ripensare a quel bacio che non siamo riusciti a scambiarci proprio ora.
Sbuffo contrariato.
Una cazzo di serata perfetta rovinata prima dal terribile tempismo di quel vigile e poi da quell'idiota del mio coinquilino e dei suoi casini.
Come richiamato dal risentimento che provo verso di lui, sento i passi ovattati dal tappeto avvicinarsi nel corridoio. In poco tempo è proprio davanti a me con la maglia blu a maniche corte spiegazzata, i pantaloni grigi e i piedi nudi. Prende una tazzina e una cialda e senza dire niente mi da le spalle. I capelli scuri vengono attraversati dalla sua mano più volte lasciandoli disordinati.
«Almeno potresti spiegarmi cosa è successo?» Non riesco più a trattenermi e la mia voce esprime il mio fastidio. Le spalle si alzano prima del sospiro che lentamente rilascia, mantenendo quel silenzio che non sopporto. Batto le dita sul ripiano di marmo in attesa della sua spiegazione cercando di non sbottare.
«Enrì che vuoi che ti dica.» Come? «Mi sembra fosse ben chiaro ieri cosa fosse successo.» Il rumore del cucchiaino che sbatte contro la ceramica ha lo stesso ritmo del sangue che mi pulsa nelle vene.
«Ho visto solo come hai rovinato la mia cazzo di serata.» La mano con il palmo aperto colpisce il marmo davanti a me producendo un suono sordo che lo fa finalmente girare. Vedo le sue occhiaie scure intorno agli occhi che sembrano ora ancora più cupi.
«Non è andata bene?» non lo sopporto quando fa così. Sembra non interessargli niente, se ne sta con la sua faccia da schiaffi rilassato con il corpo appoggiato agli sportelli del mobile alle sue spalle.
«È andata alla grande, prima che tu e gli altri rovinavaste tutto.» Solo un leggero movimento della mascella precede il suo voltarmi le spalle.
«Mi spiace. Non volevo certo che la serata finisse così ne per te, ne per me, ma Luca aveva bisogno...» Posa la tazzina nel lavello ed è pronto ad andare via. «Quindi posso dire che anche la mia serata sia stata una merda.»
«Non sei arrivato a concludere?» questo mi fa sorridere. Il risentimento è andato. Sergio non sbaglia mai un colpo.
«Non mi piacciono le cose in tre e poi non scopo con le donne ubriache.» Ovvio che no. Non è un tipo costante ma sicuramente non è un pervertito.
«Quando ti ha chiamato Sergiuccio svenuta sul divano è stato divertente.» Sorrido. Non mi piace stare arrabbiato con lui e poi forse so bene che non è davvero colpa sua stavolta.
«Ah! Non sai quanto.» La mano torna al suo ciuffo e i suoi occhi guardano fuori verso la finestra seri, nonostante stia ridendo. «E tu?»
«Io?» Ecco nuovamente il volto di Emma nella mia mente. «Io bene.» Le sue guance rosate e le labbra a cuore erano una tentazione. «Mi piace molto.» Non mi rendo conto di avere lo sguardo perso fino a quando un suo movimento cattura la mia attenzione.
«Sono contento.» Vorrei raccontargli il perché lei mi abbia colpito ma non ne ho il tempo, è già andato via.
«Aspetta, visto che sono sveglio vengo con te in palestra.» Gli urlo mentre mi alzo per raggiungere la mia stanza e fare presto.
La sessione di allenamento è piuttosto pesante. Sento i muscoli tirare e non vedo l'ora di una bella doccia calda.
Saluto qualche altro ragazzo che si è attardato per fare stretching e poi Sergio che se ne sta a parlare con la ragazza della reception.
«Bell'allenamento.» Mi piace quando torno a casa stanco, vuol dire che ha funzionato.
«Sì, è vero. Ci vediamo a pranzo?» Non credo. Guardo Jessica scrivere qualcosa su un foglio. Ha i capelli a caschetto neri ed è una bella ragazza oltre che molto simpatica.
«No, preferisco restare a casa ho del lavoro da sbrigare.» Lo colpisco alla spalla per salutarlo. «Vabbè io vado.»
«Okay, ci sentiamo allora.» Annuisco.
«Ciao Jessica.» Lei alza il capo, le labbra sottili si stendono.
«Ciao Enrico, mi spiace tu debba già andare.» Inclina la testa di lato.
«Sarà per la prossima.» Alzo la borsa in spalla e mi avvio verso l'apertura automatica.
Guardo l'orologio prima di entrare in auto, sono le otto e mezza potrei prendere i cornetti per fare colazione con Emma. Mi ricordo la sua espressione sorpresa della volta scorsa e non mi dispiacerebbe stupirla ancora.
Accendo per partire ma mi rendo conto di dover ancora fare la doccia, non posso certo presentarmi in queste condizioni. Maledico il fatto che avrei potuto prendere un cambio e fare tutto in palestra mentre ingrano la seconda e mi avvio a casa.
La suoneria del mio cellulare riempie l'abitacolo, rispondo premendo il tasto dallo sterzo. «Ciao Rachele.»
«Ciao fratellino.» È mia sorella minore. «Come stai?» Il suo tono allegro mi fa sempre rilassare.
«Bene. E tu?» Metto la freccia e guardo a destra e sinistra per svoltare al primo incrocio.
«Benissimo, tra due settimane vengo a casa. Roma è bellissima ma ho bisogno della cucina di mamma.» Ovviamente, rido.
«Bruci ancora tutto, immagino.» Mi fa il verso.
«Che colpa mento io se ho preso da papà e da te, se non sbaglio?» sempre impertinente. Mi fermo al semaforo e attraversa la strada una signora ben vestita con un barboncino.
«Colpito. Comunque, sono contento che vieni.» Non vedo l'ora di abbracciarla, le mie sorelle mi mancano molto.
«Anche io e... e Sergio come sta?» Quasi investo un tipo in bici.
«Dai Rachele, hai ancora una cotta per lui?» E da più di un anno che mi tormenta con questa storia. Per fortuna Sergio non sembra vederla in quel senso, o almeno spero.
«Non è una stupida cotta, come la intendi tu.» Si lamenta, ma non mi convince ha solo ventidue anni che sarà mai. «La smetti di rimuginare in silenzio. Vedo la tua faccia da idiota fin da qua.»
«Ehi, datti una calmata. Rachele, devi capire che non è fatto per te.» Spero che lo capisca presto.
«Lo dici sempre, ma non sono d'accordo. Appena arrivo vengo a trovarti.» Storco la bocca.
«Fai come vuoi.» So bene che se le dicessi di no farebbe di peggio. Come dormire a casa nostra.
«Va bene dai, ti saluto. Poi mi racconti di quella ragazza di cui hai accennato a Chiara.» Ovviamente, non mi potevo certo aspettare che mantenesse il segreto.
«Se non sarai troppo impegnata a tormentare Sergio.» Sorrido in attesa della sua risposta tagliente.
«Bada bene, che non hai idea di cosa potrei fare.» E invece purtroppo si, è sempre stata la più testarda e imprevedibile di noi tre. «Bacetto.»
«Ciao.» Posteggio sotto casa e noto subito che la cinquecento non c'è. Il tempo di spegnere e prendo il telefono dal sedile e le mando subito un messaggio.
"Non sei a casa? Ci vediamo per cena?" Attendo sperando che mi risponda subito, ma in realtà faccio in tempo anche a farmi una doccia e a mangiare prima di sentire il suono del messaggio.
"Sono da Luca, scusa." Non mi soddisfa molto la sua risposta.
"Okay, magari ci sentiamo dopo per stasera." Sono seduto davanti al pc con il telefono in mano in attesa come un quindicenne.
"Ho un appuntamento con Rosi per una pizza. Vuoi venire?" Indeciso muovo la bocca. Ovviamente voglio vederla ma avrei preferito da soli.
"Okay." Alla fine accetto, meglio di niente.
"Perfetto ti dico dopo orario e posto." Magari potrei proporgli di andare insieme.
"Va bene. Ciao." Di buonumore concludo la conversazione.
Magari questa sera sarà la volta buona.
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