Capitolo 21

Emma

Le dita di Enrico sono calde e sento scaldare non solo la mia mano, quel tepore cresce, si spande fino al viso, che sono certa si stia colorando di rosa. Lui lo fa così. Come se fosse normale la sua presa su di me. Come se non importasse o, forse, come se fosse inevitabile.

La mia attenzione e tutta su di lui e sul modo con cui le sue labbra si aprono e chiudono mentre parla. Io cerco di restare concentrata sull'insieme ma ricado su quel colore amaranto senza volerlo.

Gli occhi della mia amica si posano su di me e poi sul quel gesto di contatto, il loro movimento mi distrae. Rosi sembra tranquilla, commenta una frase dell'uomo che ci sta accanto e non potevo immaginare che nel momento in cui la vedo illuminarsi allusiva, mi avrebbe rifilato un simpatico calcio sotto il tavolo.

«Ahi!» ma si può essere così... così...

«Tutto bene?» Allarmato Enrico si gira completamente dalla mia parte sollevandosi anche dalla sedia. Dal silenzio in sala mi accorgo che anche Sergio e Luca aspettano la mia risposta.

Confusa guardo Rosi che da brava attrice finge di non essere la causa della mia uscita. E ora.

«Niente. Scusate. Ho ancora qualche dolore per la caduta.» Tanto Luca aveva già raccontato tutto a tutti.

«Quale caduta?» Forse a Enrico no.

«Ehm niente di grave. Sono scivolata venerdì, ma ora sto bene. Stavi dicendo sul film Babylon...» Cerco di riportare il discorso sul cinema e dopo qualche altro battito di ciglia, fortunatamente, mi va bene. Solo Luca mi guarda ancora interrogativo, scuoto leggermente il capo e lui ammicca un sorriso prima di tornare a parlare con Sergio. Che avranno quei due da dirsi così fittamente. Come faccio a non chiedermelo.

Ancora una volta li lascio stare e torno a godermi la mia compagnia. Purtroppo la mano di Enrico si è allontanata ma non avrebbe mai potuto rimetterla la dopo averla tolta, sarebbe stato forse troppo compromettente.

La conversazione è piacevole e sempre audace Enrico mi sfiora ancora e io sono in un constante stato di euforia. Le endorfine che mi agitano mi fanno stare anche bene.

Sempre più mi accorgo dei suoi pregi. È un uomo molto simpatico e questa sera sto scoprendo anche dei gusti comuni il che è un altro buon segno.

Stiamo scherzando sulle scene di un vecchio film quando Rosi ci fa notare l'ora. Enrico guarda l'orologio e dispiaciuto mi dice di dover andare via.

«Ho un'udienza domani mattina molto presto.» Si alza e io lo seguo fino all'ingresso dove gli porgo il cappotto. Lo indossa velocemente per poi restare fermo davanti a me.

La vista è celata dai ragazzi e diciamo che, finalmente, siamo soli. Non so cosa dire. Mi sembrano solo banalità quelle che mi passano per la testa e allora me ne sto zitta sperando che qualcosa mi venga per augurargli la buonanotte. E poi è lui a fare un gesto: la sua mano accarezza la mia treccia e sento una leggera pressione in quel gesto che mi sospinge leggermente verso di lui. Ovviamente, non contrasto quel gesto e così mi avvicino.

«Grazie della serata.» La distanza diminuisce ancora, non so chi dei due stavolta si sia avvicinato. L'aria è carica di tensione. «Sono stato bene.» Sorrido incantata dal suo sguardo e dal suo tono basso e intimo. «Mi spiace dover andare via.»

«Dispiace anche a me.» Non riesco proprio a fare la trattenuta. I nostri occhi viaggiano su e giù dalle pupille nere alle labbra rosse. La mano dalla treccia passa alla mia guancia, la circonda riempiendomi di brividi.

«Domani non potremo andare insieme a lavoro.» Non so se riesco a capire bene cosa mi dice,sono troppo concentrata sulle emozioni.

«Oh... eh... tranquillo, possiamo dopodomani.» Non posso che esserne delusa non ci avevo pensato, ma non ho il tempo di abituarmi a quello stato d'animo che il suo viso si abbassa verso il mio.

Il fiato mi si spezza e le labbra si schiudono desiderose di quel contatto. Si ferma a osservarmi quando ormai i nostri nasi si sfiorano. È talmente vicino che mi sento sovrastare dal suo corpo. Il cuore mi tamburella in petto. Vorrei alzare le mani per posarle su di lui ma mi freno timida.

Sono ormai arresa, vivrò tutto così come viene perché è troppo forte il calore che cresce nel mio stomaco e anche sotto.

Vedo il riflesso di ciò che mi scombussola dentro i suoi occhi verdi. La pausa ne è un esempio. È assolutamente chiaro che non opporrò resistenza ma nonostante ciò che urli il mio corpo lui è lì che riflette, lo percepisco.

Chiudo gli occhi pronta ad accoglierlo svelandogli con quell'ultimo gesto che voglio che lui lo faccia. Sento le mie gambe tremare quando percepisco il suo alito caldo ancora più vicino e poi... e poi le sue labbra sono su di me. Calde, morbide, invitanti.

Strizzo gli occhi prima di riaprirli velocemente. Non posso credere che mi abbia dato un bacio sulla guancia. Il suo pollice accarezza per l'ultima volta la mia mascella e poi scivola via nella tasca del suo cappotto.

«Buonanotte, Emma.» Fa un passo indietro.

«Buonanotte, Enrico.» Vorrei sospirare delusa e invece faccio un passo avanti tornandogli vicino e facendolo sussultare.

Almeno di questo posso sentirmi soddisfatta non ho immaginato quello che entrambi abbiamo provato.

Allungo la mano verso la maniglia e apro la porta permettendo al vento gelido di raffreddare l'aria troppo calda del mio ingresso.

Lui lascia uscire il fiato come sollevato che io sia rimasta al mio posto, il che mi fa venire la voglia di stupirlo, ma prima che la parte poco razionale in me abbia il sopravvento lui è già fuori da casa mia. Un ultimo gesto con il capo e non mi resta che fissare la sua schiena che si allontana su per le scale esterne.

«Notte.» Mormoro fra me e me e richiudo la porta trovandomi poi alle mie spalle Rosi e Luca.

«Noi dobbiamo andare pure.» Entrambi mi salutano con un abbraccio e con un bacio.

«Ma quanto è stato romantico il modo in cui ti ha preso la mano.» Il bisbiglio di Rosi si perde in un gemito di invidia. «Notte, ci sentiamo domani.»

«Buonanotte.» Ricambio la stretta e la lascio andare. Ora è Luca ad avvicinarsi e anche lui parla piano solo per me.

«Il tuo Sergio è davvero speciale.» Mi guarda negli occhi serio e io resto senza parole. A parte che non è il mio Sergio. «Peccato non sia gay.» Alza le spalle dispiaciuto e anche lui si allontana per uscire nella notte con Rosi.

Quando entrambi sono ormai giunti alla strada chiudo la porta e mi trovo alle spalle Sergio. Se ne sta con la spalla appoggiato all'angolo del muro all'inizio del corridoio.

«Dai, forza, ti aiuto a sistemare e vado anche io.» Lo guardo con l'eco delle parole di Luca e la curiosità di cosa si siano detti mi serpeggia in corpo fino a fermarsi sulla punta della lingua. Vuole uscire, lo sento e allora stringo il labbro fra i denti avanzando verso di lui.

Come suo solito, potrei dire, Sergio indossa una tuta nera e mi osserva con una mano in tasca e con l'altra mi indica il mio tavolo sporco. Quell'abbigliamento gli sta bene, gli da quell'aria di trascuratezza tremendamente sexy, il tutto accompagnato dal suo fisico possente e dai capelli sempre scompigliati.

Davvero speciale.

«Non è necessario.» Riprendo l'uso della parola. Lo sorpasso e mi fermo davanti al tavolo come a fargli schermo da quell'uomo gentile che mi sta davvero proponendo di aiutarmi.

«Certo che si, tu hai cucinato per tutti.» Si stacca dalla parete e si avvicina al tavolo sfiorandomi la spalla. Il suo profumo mi arriva dritto ai sensi, è così buono, mi rilassa all'istante. «Vai in cucina, sparecchio io.» Afferra i miei piatti e mi strizza l'occhio.

Io mi crogiolo ancora nel suo aroma speziato e lui ha già iniziato a fare la spola dal tavolo al lavello e ogni volta che mi passa accanto mi fa qualche smorfia oppure una battuta. Sorrido alla sua presenza che mi solletica e certa di non riuscire a fargli cambiare idea faccio come mi ha detto e inizio a lavare.

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