Capitolo 15

Enrico

Lei chiude la porta e io temporeggio sul pianerottolo prima di incamminarmi. La sera è fredda e la notte è molto buia senza la luna a rischiararla.

«Ti avevo detto di andarci piano.» Sergio è alle mie spalle, stiamo salendo le scale dopo che la serata è finita. «Che cazzo ti prende?»

Mi fermo per il suo tono basso ma decisamente contrariato. «Non capisco che problema hai.» Lui prosegue nella sua camminata e si ferma solo quando deve aprire la porta. Lo vedo girare la chiave nella toppa con gesti nervosi.

«Io non ho problemi Enrico, sai che non ho mai problemi.» Si volta verso di me dopo aver posato le chiavi sul mobile dell'ingresso.

«Questo è discutibile.» Ora sono io a superarlo per sedermi sul divano. Le sue mani corrono ai capelli che portano indietro tirando la chioma scura.

«Io non ho problemi su ciò che fai.» Precisa stavolta. «Ma non mi piace questa storia.»

«Sè ma che cazzo dici, è passato un giorno da quando l'ho conosciuta. Non ho fatto niente.» Okay, mi piace. Okay, mi sono avvicinato.

«Ascolta, ti conosco. So che sei un tipo serio, però so anche come ti comporti. Sono certo tu ci abbia provato con lei nel mentre che siete rimasti soli.» Lo fisso senza ribattere. «E di questo sono certo perchè non appena ti piace una cosa, fai di tutto per averla e cazzo, Enrico, ora tu vuoi Emma.» Poggio il gomito sul bracciolo.

«Non è proprio così...»

«Cazzate, è proprio così, ma lei non è un giocattolo, okay? L'hai turbata.» I suoi occhi non mi mollano.

«E tu che ne sai?» non credevo la guardasse così attentamente, non lo ha fatto capire. Distoglie lo sguardo e mi sembra quasi imbarazzato ed è molto strano.

Qualche passo verso di me e infine si siede nella poltrona di fronte alla mia e io non posso fare a meno di chiedermi cosa c'entri lui. La luce della stanza è abbastanza tenue e disegna delle ombre sul volto del mio amico che sembra già abbastanza turbato.

«Era palese. Dovevi accorgertene anche tu.» La sua risposta sulla difensiva non mi convince.

«Non capisco perché ti scaldi così. È la seconda ramanzina che mi fai.» Cerco di capire qualcosa a questo mistero che lo fa agire così. «Per caso ti piace?» Non ci avevo pensato.

«Ho ben altro a cui pensare. Non mi interessano queste cazzate lo sai. Il piacersi. Lo stare insieme.» Mi scimmietta.

«È allora se non ti interessa perché te la prendi tanto?» ho bisogno di sapere che non ce niente fra loro, non mi metterei mai in mezzo.

«Non me la prendo. Ti ho spiegato che non voglio complicazioni.» Porta la testa indietro e io non posso credergli, non mi guarda neanche mentre lo dice. «Sai che mi bastano quelle che ho e poi lei è, come dire, di famiglia e non voglio altre rotture di coglioni da parte dei miei.» Questo è vero. Non voglio portargli altri pensieri.

«Ti prometto di non esagerare ma mi intriga.» Sospiro e parlo sinceramente. «Mi ha scatenato qualcosa e voglio scoprire cosa. Mi sembra perfetta per me.» è tornato a guardarmi e dopo un attimo di esitazione sono certo che mi manderà al diavolo.

«Fanculo, fai come ti pare, ma non mi mettere in mezzo.» Si alza dalla poltrona non aggiungendo altro. Non che ce ne sia bisogno è la seconda volta che mi manda a quel paese.

Mi prendo il volto fra le mani, non mi piace litigare con lui, ma ora ancor più che per la prima discussione sono convinto ad andare avanti.

Mi sono trovato bene con lei, mi da la speranza che possa essere quella persona: calma, sicura di sé e di quello che vuole che sto cercando.

Nonostante abbia dormito poco, decido comunque di fare la mia corsetta mattutina. Indosso la mia tuta grigia e infreddolito esco fuori dalla mia nuova casa.

Scendo le scale velocemente ma appena arrivato alla porta di Emma mi fermo un attimo. Ripenso alla bella serata di ieri che ho trascorso con lei e i suoi amici e con un sorriso che non riesco a trattenere inizio il mio esercizio giornaliero.

L'odore della brina che rende tutto il paesaggio lucido mi fa bruciare i polmoni. Fa davvero freddo, nonostante, non sia ancora dicembre.

A passo svelto decido di girovagare per i dintorni così da conoscere il quartiere e mi immagino a passeggiare per quelle vie con una ragazza in particolare.

I suoi tratti mi fanno battere il cuore ma quello che mi ha veramente catturato, anzi, ipnotizzato sono quegli occhi nocciola che sembrano contenere un nuovo mondo solo per me.

Quando l'odore dolciastro di cornetti appena sfornati stuzzica il mio palato decido che questa possa essere una buona scusa per vederla già questa mattina.

Non dovrei accelerare così le cose fra noi, lo so. Non dovrei seguire il mio istinto che mi riporta a quella porta già dal primo incontro. Forse ha ragione Sergio, non è il caso di iniziare qualcosa con una donna che ci vive sotto ma non riesco a farlo capire alla mia anima, da quando siamo stati seduti vicini la sera prima, non posso fare altro che cercare un contatto.

Ed è così anche questa mattina. Ed è nuovamente così vicina. Il suo sorriso è un invito e le sue labbra che si schiudono per assaggiare il mio dolce sembrano altrettanto morbide e saporite.

Il desiderio di toccarla è irresistibile e alla fine cedo prendendole la mano. Poco importano le parole che pronuncio. Forse sono sdolcinate o, ancora peggio, tentativi disperati di ottenere la sua attenzione ma poi i suoi occhi si posano su di me ed è quella l'unica cosa che conta.

Sembra così trasparente questa donna. Mi sembra già di saperla leggere perfettamente e mi rendo conto che non le sono affatto indifferente. Sembra indecisa se lasciarsi andare o no e mentre inesorabilmente mi avvicino la vedo perdere la sua lotta interiore.

Le sue labbra rosse si schiudono dopo essere state torturate dai suoi denti bianchi. Vedo il suo viso inclinarsi verso il mio e sento già in bocca il sapore di miele che sono certo che lei abbia.

Solo un altro movimento e potrò finalmente assaporarla... ma il fato non è dalla nostra parte e il campanello suona la fine di quel momento quasi perfetto.

Quando guardo l'orologio e mi rendo conto dell'appuntamento che mi segnala il telefono sarei tentato di darmi un colpo in testa.

Questa sera ho un appuntamento con Sara. È anche lei un avvocato e abbiamo avuto una causa in comune questa settimana ed è stata in quella occasione che le ho chiesto di uscire. Ho aspettato un mese per poterlo fare e ora sono tentato di disdire.

Emma e Luca stanno spostando il divano e la cosa sembra molto divertente dalle espressioni della loro faccia e io voglio rimanere a scoprire cosa ci sia di divertente. Sbuffo infastidito.

«Che c'è?» Sergio mi si avvicina e indica il tavolo alle mie spalle che dobbiamo spostare.

«Sara.» Non è necessario aggiungere altro.

«Ah, è stasera.» Lo vedo riflettere e poi sedersi sulla seduta che abbiamo appena spostato. «Ti servirà a capire.» Non aggiunge altro girandosi anche lui verso Emma e Luca ma io non ho capito.

«Cosa, scusa.» Non distoglie lo sguardo dai due anzi tre si è aggiunta anche Rosi che anziché posare i cuscini sul divano li tira praticamente addosso ai suoi amici.

«A cosa ti ha preso da ieri mattina.» Annuisco a vuoto perché non mi guarda nessuno, ma ha comunque ragione il mio amico.

«Allora vado.» Lo colpisco alla spalla e a malincuore mi avvicino a Emma.

«Io devo andare.» Ci spostiamo leggermente per un minimo di privacy. Lei sembra stranita.

«Come mai?» forse addirittura è dispiaciuta e io esulto mentalmente.

«Ho un appuntamento stasera, ma...» Vorrei aggiungere qualcosa ma non so cosa. Ma non vorrei andare? Ma vorrei restare con te?

«Tranquillo, va pure. Abbiamo finito e grazie.» Sembra quasi liquidarmi.

Le bacio una guancia e vado a prepararmi. Lo faccio lentamente e svogliatamente e quando la sera sono con Sara forse ho davvero le idee più chiare.

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