Capitolo 14

Emma

Può dirmi una cosa del genere nello stato in cui sono? La sua mano che stringe la mia, i nostri occhi uniti... uno splendido attimo sospeso al profumo di sfoglia e caffè. E, allora, è istintivo avvicinarsi. E, allora, è giusto desiderare un contatto maggiore.

Il pressione del suo pollice mi da il coraggio necessario a dimenticare le mie remore e a lasciarmi andare, ormai basta poco, davvero poco. Sento il calore del suo fiato...

«Emma. Cavolo! Emma, vuoi aprire questa dannata porta! Sta iniziando a piovere.» Sbatto le ciglia e tiro via il capo stupita da quelle parole e altrettanto fa Enrico, che mi guarda contrariato.

«Scusa.» Mormoro alzandomi. Mi avvio in corridoio ormai certa di finire in prigione perché: io lo ucciderò.

«Che cazzo ti urli.» Sibilo dopo aver aperto con forza la porta, afferro l'idiota dalla giacca e lo tiro dentro.

«Mi stavi facendo bagnare tutto. E non di piacere. Perché non muovevi quel culetto pri...» Poso il palmo sulla sua bocca per evitare che continui.

«Non sono sola, okay?» mi guardo alle spalle mentre parlo pregando che non ci senta. Aspetto fissandolo che annuisca e dopo aver visto i suoi occhi incupirsi, poi sgranarsi e infine esplodere di gioia levo la mano certa che abbia capito.

«Quale dei due?» Cerca di sbirciare e io gli tappo nuovamente la bocca.

«Ti prego, ti prego di non farmi fare la figura dell'idiota.» Porta l'indice e il medio sopra la sua bocca in un tentato giuramento. Con cautela tiro via la mano ma continuo a fissarlo non affatto convinta dal suo sguardo fintamente innocente.

Allargo il braccio invitandolo a entrare e lo seguo con il capo chino. Qualunque cosa stesse per accadere, è ormai andata.

«Ciao Enrico!» Il suo entusiasmo è ingiustificato ma sono certa che si stia davvero trattenendo. «Che piacere.» Leva il cappotto zuppo lasciandolo fra le mie braccia.

«Ciao Luca.» Enrico è ancora seduto dove l'ho lasciato e nonostante sia impegnata a maledire il mio amico per avermi bagnata con quella mossa, non posso che rammaricarmi per non poter tornare cinque minuti indietro.

«Qui, come immaginavo, è ancora un disastro. Per questo siamo qui. Ah, ma ci sono dei cornetti freschi.» Posso vederlo sbavare.

«Prendi pure. Ne ho portati in abbondanza.» Gli porge il sacchetto e mentre Luca è intento a scegliere i suoi occhi corrono a me. Alzo le spalle come a chiedergli ancora scusa e il suo sorriso caldo mi fa dimenticare la delusione. In quegli occhi verdi leggo che avremo presto un'altra occasione.

Allontano la giacca da me vedendo la chiazza bagnata sul mio petto. «Luca, hai detto siamo...»

«Ah, sì, fuori c'è Rosi.» La butta lì prima di iniziare una conversazione con Enrico sul suo gusto per i cornetti. La porta suona a conferma delle sue parole e io non posso fare altro che ripercorrere quel corridoio cercando di non pensare ai possibili omicidi che mi permetterebbero di scamparla.
In fondo sono giustificata. Ho un alibi. È solo legittima difesa.

Poso la giacca di Luca nell'attaccapanni e apro la porta rabbrividendo all'istante per la folata di vento che investe la mia maglia bagnata. Istintivamente porto le mani al petto che allontanano la stoffa da me. Lo scollo a v si allarga mostrando le curve generose del mio seno infreddolito.

«Quell'idiota del tuo amico mi ha bagnata tutta, per non parlare del tempismo del cavolo.» Sbotto alzando solo dopo gli occhi. E, aiuto, faccio caso che ad attendermi sulla soglia non c'è la dolce Rosi, in uno dei suoi parka, ma la mascella tesa del mio ex.

La mia bocca resta aperta perché quello che stavo per aggiungere mi muore in gola ed è il gesto più appropriato per la bellezza di quel ragazzo. Con i suoi, ormai credo, perenni capelli in disordine mi sta davanti. Una mano persa in quella massa scura e gli occhi fissi su di me.

Mi scrutano scendendo un po' più giù del mento e dalla luce che li accende non posso che sentire altri brividi che mi scuotono. Resto immobile davanti a lui incatenata da quelle iridi nere e quando penso che non riuscirò più a muovermi la sua voce rompe l'incanto.

Lo vedo deglutire e a fatica alzare lo sguardo fino a raggiungere il mio.

«Ciao Emma, scusa...» quel tono basso mi risveglia permettendomi di richiudere le labbra che, con il loro movimento, richiamano la sua attenzione. «Cercavo Enrico.» Vorrei sventolare una mano davanti al viso per il calore che mi assale. A quel pensiero mi ricordo della presa sulla mia maglia e abbasso gli occhi sulla scollatura che mostra decisamente troppo.

Con gesto contrario stringo la stoffa al mio sterno con il palmo aperto e rialzando gli occhi incrocio i suoi proprio in quel punto.

«È... è...» Imbarazzata faccio un passo indietro. «È qui. Accomodati.» Mi spingo a muro per non toccarlo ma nonostante questo il suo braccio mi sfiora il braccio ancora attaccato al mio busto. Vorrei sospirare a quel lieve contatto e mi sento, mi sento, cielo! Sono un caso disperato.

Lui è ormai andato e io poggio la testa al legno freddo che spingo fin quasi a chiuderlo se un urlo disperato non me lo rifacesse aprire.

«Aspetta! Arrivo!» Rosi mi investe con altre gocce bagnate.

«Ma vedi come piove? E io non ho l'ombrello, che sfiga.» La sua energia mi investe e non ho neanche il tempo di risponderle che è già andata via lungo il corridoio fino al salotto.

«Ciao Rosi.» Pronuncio alterata, ormai stufa di tutte quelle persone in casa mia. Era iniziata come una giornata perfetta quella assurda mattinata.

«Emma, Emma!» torna indietro eccitata. «Ci sono Enrico e Sergio.» Sbatte le ciglia con la stessa emozione del suo amico Luca.

«Rosi. Rosi.» Cerco di calmarla mentre mi balla praticamente davanti. Chiudo definitivamente l'uscio di casa, penso che siamo ormai al completo. «Rosi. Lo so.» La sorpasso è indisturbata me ne vado in camera a cambiarmi.

Ho la testa appoggiata alla spalla di Luca e Rosi se ne sta rannicchiata sulla poltrona davanti a noi sulla nostra destra mentre Sergio è seduto su quella sinistra. Stanno parlando fra loro ormai da un po' e io li osservo mentre Rosi si accarezza i capelli e lui la guarda con totale attenzione. Enrico è dovuto andar via per un appuntamente a cena e io non ho potuto trattenere la delusione. Chissà con chi l'avesse?

Sulla porta di casa mentre lo salutavo non potevo non chiedermi con chi stesse per uscire. Forse una donna. La sua mano mi accarezzava una guancia e io mi rimproveravo per quella sensazione di fastidio, di gelosia per la persona che avrebbe goduto ora della sua compagna e forse non solo di quella.

«Sono simpatici.» Alzo il viso verso Luca per poi tornare a posarlo su di loro.

«Direi di sì.» Forse troppo.

«E gentili. Hanno aiutato a rimettere tutto in ordine.» Continua a parlare mentre guardiamo entrambi davanti a noi.

«Mi sembra che una persona abbia un particolare interesse per te.» Alza la spalla facendomi sobbalzare.

Resto in silenzio.

«Enrico è molto affascinante.» Sorrido leggermente. «E galante. Ti ronza sempre attorno.»

«Non credi sia presto?» Sono titubante di fronte a quello che stavamo per fare. «Lo conosco appena.»

«Io non credo sia importante. Tu rifletti sempre troppo. Quando le cose belle accadono dobbiamo lasciarci andare.» Mi spingo verso di lui. «Tutto bene?» Le labbra di Luca si avvicina al mio capo per parlare solo con me.

«Sì.» Sospiro.

«Non mi sembra.» Mi cinge con il braccio attirando lo sguardo di Sergio che si posa un attimo su quella mano posato sul mio braccio. Il suo sguardo torna su Rosi e io sospiro ancora.

«Mi sento confusa.» Confesso in un bisbiglio, non voglio certo farmi sentire da lui.

«Da cosa?» Rifletto sul mio stato d'animo. È come se si fosse aperto il mio vaso di pandora ieri alla vista dei due ed era pieno di emozioni, sensazioni, che non provavo da tanto.

«Dal fatto che sono tentata di cedere.» Gli confesso la verità perché mi fido del giudizio di Luca.

«Forse perché è giusto così.» Forse. «Per una volta lascia che le cose ti accadano. Se ti piace, non scappare via prima di aver provato. Okay?» Mi alza il volto per guardarmi negli occhi e infondermi tutto il coraggio di cui io sembro sempre priva.

«Okay.» Il volto di Enrico mi appare. «Ci proverò.» Un movimento di Sergio mi fa tirare su. Sta andando via e mi alzo per accompagnarlo.

«Vuoi rimanere per cena?» da quando sono arrivati siamo stati praticamente sempre insieme ed è stato più semplice di quanto pensassi.

«No, grazie. Ti lascio con i tuoi amici.» Fa un passo verso fuori. «E grazie. Sopra è perfetto.» Alza l'indice indicando la sua nuova casa.

«Mia madre mi avrebbe uccisa altrimenti.» Il suo sorriso ha il calore di un fuoco.

«A domani.» Infila le mani nelle tasche dei pantaloni e si volta per andare.

«A domani.» Resto un attimo sulla soglia a guardare fuori il cielo ormai tinto di nero. Non piove più ma fa ancora freddo. Non so cosa sto cercando di preciso in quella notte.

Forse sto cercando il coraggio.
Forse sto cercando me stessa.

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