31. Tutta colpa delle ciliegie


Mi svegliai più tardi del solito quella mattina, e mi sentii infastidito dall'ammasso indistinto di peli e capelli che gravavano sul mio petto.
Sbattei più volte le palpebre prima di riuscire a mettere per bene a fuoco. Capelli di Merda era rannicchiato ad un lato del mio petto, mentre il cazzo di gatto della giardiniera appollaiato sull'altro.

Avevo la mano tra i capelli del Rosso e lo stavo stringendo, nonostante il cazzo di caldo maledetto, a me come un tesoro prezioso.
Ci misi poco a realizzare che entrambi eravamo avvinghiati l'uno all'altro, nudi come due scarafaggi e con soltanto la biancheria addosso. La cazzo di camera era un macello, con vestiti e bottoni sparsi ovunque e sabbia sul pavimento.
Avevo detto a quel bastardo di sciacquarsi i piedi, di ritorno dalla spiaggia, ma ovviamente non aveva ascoltato una sola fottuta parola.

Impiegai decisamente più tempo a realizzare invece tutto quello che avevamo combinato la notte prima.
Avvampai al solo pensiero, puntandomi un canino contro il labbro inferiore e torturandolo a dovere.

Che cosa cazzo hai fatto?

È così che hai intenzione di dimenticarti di lui, ah, Katsuki?

Rammentai in un baleno le parole che avevo pronunciato su quel cazzo di letto diverse ore prima, quando il rosso mi aveva chiesto di scegliere tra Tutto e Niente.

Tutto.

Senza nemmeno nemmeno pensarci, io avevo scelto Tutto.
E non lo avevo fatto perché preso dal maledetto momento, dall'eccitazione o da qualche altra puttanata.
Ero lucido, lucidissimo, e dissi semplicemente quello che realmente volevo.

E in quel momento stava sbavando beatamente sul mio petto, l'oggetto del mio desiderio, ignaro di tutti i fottuti pensieri che ingombravano la mia mente.

Durante la partita di poker aveva dichiarato la sua omosessualità, con le gote rosse e lo sguardo basso.
Io, che avevo sempre pensato avesse un debole per l'Aliena, ero rimasto di sasso per un attimo.

Gli piacevano i ragazzi.
E non riuscii a fare a meno di pensare che allora, forse, avrei davvero potuto avere una possibilità.

Avrei davvero potuto pensare di avere Capelli di Merda soltanto per me, per sempre, con il suo sorriso ad illuminare tutte le mie fottute paure.
Messo che ne avessi, di paure.
Ero il Re delle Esplosioni Mortali, e come disse l'idiota fulminato, facevo paura per 10.

Forse avrei potuto permettermi il lusso di rimanere al suo fianco e di pensare che tutti i baci, gli abbracci, tutto quello che avevamo passato insieme non era stato soltanto per puro divertimento.

Quello che stavo stringendo al mio petto come se fosse stato il maledetto sacro Graal, non era un dannato passatempo.
Era l'amore della mia vita.

Ma io forse non ero pronto ad accettarlo, o avevo semplicemente paura di farlo.

Come avrei fatto a diventare l'eroe numero uno, più forte persino di All Might, incatenandomi ad un sentimento pesante come quello dell'amore?

Non potevo farlo.
Volevo, ma non potevo.
O forse potevo, ma non volevo.
Ed io non seppi più che cazzo fare.

Incapace di staccarmi da Capelli di Merda, lo strinsi a me ancora più forte, scostandogli delicatamente i capelli appiccicati al viso ed ammirandolo in tutta la sua innocenza.

Dormiva beato come un bambino ed io avrei voluto soltanto baciarlo ancora e dirgli che sarebbe andato tutto bene, che in qualche modo ci saremmo arrangiati, come d'altra parte avevamo sempre fatto, noi due.

Sfiorai con la punta dell'indice tutto il suo viso, più bello di tutti quelli che avevo visto nell'arco della mia fottutissima vita.

Era lì soltanto per me.
Era lì perché ce lo avevo trascinato io in quel letto.
Ed era lì perché non gli avevo permesso di allontanarsi da me.

Ci aveva provato in tutti i modi, e solamente in quel momento lo realizzai.

Troppi pensieri ribollivano come disgustosa minestra nella mia mente ed io avrei soltanto voluto parlare con qualcuno per poter chiedere aiuto.

Chissà se il maledetto All Might ce l'aveva, una fidanzata, un marito, una famiglia, una persona alla quale dedicare il 100% insomma, nonostante l'impiego da eroe numero uno al modo.

Chissà se il maledetto All Might ce l'aveva, una persona con la quale confidarsi quando la testa gli si riempiva di merda.

I miei ricordi balzarono infidi all'ospedale, a Capelli di Merda immobile su quel cazzo di letto, ai sentimenti che provai di fronte a lui ridotto in quello stato.
Avrei rinunciato a tutto pur di rivederlo stare bene, a qualsiasi cosa in mio possesso.

E adesso, forse per maledetto miracolo, si era ripreso per davvero ed io non lo avevo perso.
C'ero andato davvero vicino, ma non lo avevo perso.

Avrei dovuto non lasciarlo andare via mai più.
Era la scelta più semplice, dopotutto.
Ma io ero Bakugo Katsuki e le cose semplici non facevano proprio per me.

Le mie ambizioni erano troppo grandi e difficilmente avrei lasciato che qualcuno si piazzasse in mezzo al mio cammino, impedendomi di raggiungere l'obiettivo.

L'idiota intanto continuava a russare beato, ignaro di tutto il baccano che stava montando come panna da dolci nella mia testa.

Sei entrato nella mia vita in punta di piedi.

Quasi non ti avevo notato.

E adesso sei qui, a fare un rumore pazzesco.

Ad occupare tutto lo spazio.

Ed io non sapevo se tutto quel bene, se tutta quella felicità, mi avrebbe fatto male prima o poi.
Se tutto il vortice di emozioni all'interno del quale mi aveva ficcato Capelli di Merda andasse bene o meno.

In quel preciso istante, mi accorsi di che cosa davvero mi mancasse.

Mi mancava il coraggio.

Quello per amare.
E quello per avere paura.

Non mi ero mai fidato delle persone felici. E nemmeno della felicità.
Perciò non potei fare altro che provare una punta di diffidenza nei confronti dei sentimenti che nutrivo per Capelli di Merda.

L'amore porta rogne.
E perché io, allora, mi sentivo semplicemente invincibile, con il Rosso rannicchiato sul mio petto?

Perché la felicità aveva un sapore così dolce?

Strinsi ancora a me il corpo di Eijiro, e le mie labbra andarono a posarsi leggere sulla sua fronte.

Mi concessi il lusso di accantonare quei pensieri suicidi ancora per un po'.

Avrei potuto prendere una decisione definitiva una volta ritornato a scuola.

Per il momento desideravo soltanto continuare a stringere quell'idiota ambulante tra le braccia, osservarlo mentre dormiva innocente e sereno, protetto da me, che non avrei mai più permesso a nessuno di fargli del male.

Aveva già sofferto abbastanza, Kirishima.

Giocai con le ciocche dei suoi capelli, arrotolandomele tra le dita.

Mi sorpresi in flagrante a sorridere come un emerito coglione.
Che cazzo fai, Katsuki, adesso sorridi pure?!

La sua voce mi risuonò in testa mentre dichiarava pubblicamente di essere gay.

Sbuffai infastidito, allontanando quel pensiero dalla mia mente.
Non mi erano mai andate a genio le fottute etichette e mai avrei iniziato a preoccuparmene.

Forse però per lui non ero stato soltanto un passatempo.

Forse davvero era pronto a prendersi Tutto, ad intendere quella frase che aveva lanciato la notte prima proprio come l'avevo fatto io.

L'avrei scoperto soltanto quando avrebbe aperto gli occhi.

La luce dei raggi del sole italiano illuminava il suo fottutossimo viso, già così abbronzato rispetto al mio.

Intanto Castagna ronfava beato sull'altro lato del mio petto, ed io resistetti all'impulso di svegliarlo con un dispetto e farlo schizzare via ridacchiando.

La bestiola pelosa si era affezionata a noi, o alle caramelle di Kirishima, ed oramai avremmo benissimo potuto considerarla come la nostra seconda ombra. A Capelli di Merda sembrava far piacere ed io immaginai, soltanto per un fottuto, misero momento, un futuro radioso, circondato da palle di pelo miagolanti, caramelle al limone, e Saliva di Kirishima.

Cosa cazzo ti dice il cervello, Katsuki?

Era carica d'ironia la sorte, e me lo sbatteva continuamente e violentemente in faccia il suo contrappasso.

Avevo promesso a me stesso di non pensare più al rosso.

E invece, come lessi in un post sdolcinato pubblicato da Faccia Tonda qualche giorno prima, se fosse sbocciato un fiore per ogni volta che la mia mente era corsa al viso di Capelli di Merda, avrei potuto camminare in un giardino fiorito per il resto della mia maledettissima vita.

L'immagine di Kirby mi si palesò in mente fulminea. E soltanto allora compresi il senso delle sue parole, quelle che pronunciò al ballo scolastico.

"L'amore è un treno che passa soltanto una volta nella vita. Se fossi in te salirei".

Maledizione a quella dannata puttanata.
Ero a tutti gli effetti salito sul cazzo di treno suicida e
mi stavo per sfracellare contro un muro a più di 600 chilometri orari.

Maledetta retorica.
Maledetta Faccia Tonda.
Maledetto Capelli di Merda.

Con il ronzio dell'ultimo pensiero, il Rosso schiuse gli occhi, rivolgendomi a primo impatto uno sguardo assonato e confuso, dolce come il cazzo di maledettissimo miele.

Mi persi nelle sue dannate pozze color cremisi, ed il mio pollice si mosse da solo, andando a sfiorare con delicatezza il naso del Rosso.

Ci mise un secondo ad assumere il colore dei suoi capelli.

Diglielo.

Non fuggire.

Basta con le cazzate.

Presi un respiro profondo.

"Buongiorno, piccolo idiota".

Ancora più rosso colorò le sue guance.
La mia mente volò inevitabilmente alla notte prima, e riuscii a pensare soltanto che avrei voluto ripetere tutto daccapo. Rewind.

Capelli di Merda rispose ficcando la testa nell'incavo della mia spalla, evitando in tutti i modi il mio sguardo, rendendomi moderatamente nervoso e toccando corde del mio subconscio che nemmeno sapevo di avere.

Era così innocente, così piccino.
Spesso mi chiedevo se il mondo sarebbe riuscito a tenere intatta la sua purezza, la sua anima bianca da eterno bambino.

"Che fai, ti nascondi, ah?" domandai punzecchiandolo.

Con la mia permanenza alla UA scoprii che fare i dispetti ed arrecare fastidio alle Comparse era una delle mie attività preferite.

Lo facevo talmente bene che, se la mia aspirazione non fosse stata quella di diventare l'eroe numero uno al mondo, avrebbe potuto diventare un mestiere.

Quello, stipato tra le mie 4 ossa, annuì con convinzione, ed io vidi sola la sua chioma rosso fuoco ondeggiare in su e in giù, e non potei fare a meno di sorridere, ancora.

Fortunatamente il coglione era nascosto.

"Prima mi sbavi sul petto tutta la notte, poi ci trascini sopra anche una palla di pelo cicciona e ingombrante, ti avvinghi nonostante il cazzo di caldo e alla fine nemmeno mi saluti, ah, Testa di Merda?"

Sentii un risolino uscire flebile dalle sue labbra e solleticarmi la pelle.

Il suo naso appuntito fece capolino, e finalmente Eijiro uscì allo scoperto, con tutto il suo imbarazzo, ed il sorriso sulle labbra.

E così, di botto, la mia cazzo di giornata aveva finalmente trovato senso d'esistere.

Non aveva più un cazzo di senso fingere che niente fosse accaduto.

Qualcosa era successo, e ci aveva cambiati per sempre.

Lo avevo baciato, lo avevo scelto, lo avevo spogliato e gli avevo stretto le mani.
A lui piacevano i ragazzi.
Eravamo in vacanza e senza altri pensieri per la testa.
Ed io ero follemente innamorato della sua testa rossa.

Non potevamo più fare finta di niente

Se la meritava, la fottuta autenticità.

Ed io non ero un maledetto codardo.

"Buongiorno, Baku!" sussurrò lui, mostrandomi i canini, immersi in un viso paonazzo e decisamente troppo allegro per i miei standard.

"Meh, così va meglio." grugnii stringendo tra due dita una ciocca dei suoi capelli e tirandola lievemente.

Quello si piegò al mio tocco, sorridendo genuino come se la mia fosse stata una tenera coccola e non un ulteriore dispetto.

"Chissà che si mangia stamattina." bisbigliò lui sorridendo ancora di più.

Non seppi che cosa diavolo mi prese, ma ricambiai quel sorriso.

Capelli di Merda mi stava totalmente rincoglionendo ed io stavo diventando mollo come un galuscio di merda, o peggio, come MerDeku.

Ostentavo sicurezza in quel mare di imbarazzo, ma lentamente le cose sembrarono tornare al loro maledetto posto.
Eravamo sempre noi.
Mezzi nudi ed avvinghiati l'uno all'altro, ma pur sempre noi.

"Che dici, andiamo a vedere, Capelli di Merda?" domandai mollando la presa su di lui e stiracchiandomi.

Quello sì illuminò ancora di più, alzando il busto e sgranando gli occhi.

"Sì, cazzo, ho una fame da lupi!" esclamò, portando il braccio al comodino ed agguantando il sacchetto con le caramelle.

Castagna, appollaiato sul mio petto, lo lasciò immediatamente sentendo il rumore della carta.

Regalò al Rosso un miagolio supplichevole, ed in men che non si dica l'idiota cedette, dandogliela vinta alla palla di pelo, ladra esperta in fatto di caramelle.

Alzarmi dal letto mi ricatapultò alla maledetta realtà.
La stanza era un disastro fottuto, inammissibile per un perfezionista come me.

"Prima puliamo questo macello." ringhiai rivolto al rosso, intento a cercare il suo telefonino sotto al cumulo di vestiti.

"Oh no, Baku! Lo sai, senza cibo non funziono, te l'ho già detto!"

La rabbia si accese in me come la luce rossa di un maledetto semaforo.
Non avrebbe trasformato in un casino la MIA camera.

"Vediamo se riesci a funzionare con le pedate, maledetto petardo. PULIAMO QUESTO SCHIFO PRIMA DI USCIRE, NON ESISTE LA SECONDA OPZIONE!"

Quello, di tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata, che riecheggiò spensierata per tutta la stanza.

"Parla a voce bassa, Baku, sveglierai tutti!"

Ma era troppo bello per smetterla.

"E PENSI CHE RIDENDO COSÌ NON SARAI TU A SVEGLIARLI, AH, RAZZA DI COGLIONCELLO? PULIAMO LA STALLA, PORCA TROIA!"

Le sue risa aumentarono, così come la mia soddisfazione.

Tre colpi ben assestati provenienti dal muro adiacente ad un'altra stanza misero fine temporaneamente al nostro teatrino.

"SE NON LA FINITE DI URLARE, VOI DUE CASINISTI, VI GIURO CHE MI ALZO E VI SCIOLGO NELL'ACIDO!"

Era la voce stridula di Gommarosa, nella camera a fianco.

"Mina, acciderboli, se urli in questo modo sarai tu a svegliare tutti!"

Faccia Tonda, inequivocabilmente.

"TI STO ASPETTANDO, FOTTUTA
COMPARSA, VIENI QUI E VEDIAMO CHI NE ESCE VIVO!" risposi ghignando, vedendo il terrore farsi spazio sul viso di Kirishima, sempre più paonazzo.

"N-non può venire q-q-qua dentro B-Baku, non può!" esclamò facendo riferimento con l'indice ai vestiti sparsi per la stanza e a noi nudi come lombrichi al centro.

Ghignai ancora più sadico. Avevo trovato il mezzo, la chiave.

"Oh sì che può. La sto invitando." risposi allargando il mio ghigno ed ammirando con grande soddisfazione il Rosso infilarsi un razzo nel culo e cominciare finalmente a ripulire il macello.

"INSOMMA, RAGAZZI, LA PIANTATE DI STRILLARE COSÌ?!" si sentì riecheggiare in lontananza. Sembrò la voce della Secchiona.

"FACCIO IL CAZZO CHE MI PARE E TU NON MI DARAI ORDINI, VECCHIA MEGERA!" risposi tronfio, osservando con la coda dell'occhio il Rosso colmo di panico intento a raccogliere da terra tutti gli indumenti lanciati la notte prima.

"LASCIALI FARE, SORELLA, TANTO ORAMAI SIAMO GIÀ TUTTI SVEGLI!" intervenne il Fulminato da un'altra stanza ancora.

Rimasi sorpreso quando mi resi conto che, tutto sommato, mi stavo divertendo.

Divertendo, io, con le Comparse Fottute.

"POSSIAMO CHIEDERE AL CUOCO GLI SPAGHETTI AGLIO, OLIO E PEPERONCINO?" strillò il Bastardo Diviso a Metà, che sembrò aver trovato in Italia una droga alternativa alla soba.

Rispondere a quello stronzo non era più affare mio, perciò decisi di muovermi per aiutare il Rosso, che a quanto pare era riuscito a funzionare anche senza la colazione.

Il panico è carburante migliore, dopotutto.

"Abbiamo svegliato tutti!" esclamò Kirishima rivolgendomi un altro risolino e stringendo tra le braccia le camice appena piegate diligentemente.

Alzai le spalle, trattenendo un ghigno compiaciuto.
"Tsk. Niente di nuovo".

Impiegammo poco tempo a pulire il resto e a prepararci per la colazione.
Nella nostra stanza rimaneva soltanto il tappeto di sabbia lasciato dal Petardo il giorno prima.

"Ti prego, Baku, quello possiamo tirarlo su dopo?" mi supplicò, ed io giurai di aver sentito il suo stomaco fargli eco.

"Entro stasera deve sparire, altrimenti ti uccido." ringhiai indicando i granelli fastidiosi sparsi ovunque.

Quello annuì soddisfatto, regalandomi un ennesimo, appuntito, luminoso sorriso.

Inutile dire che quella sabbia rimase sul pavimento per tutta la durata della nostra permanenza.

Una volta di ritorno, ebbi un tuffo al cuore nel ritrovarne qualche granello anche sul fondo della mia valigia nera.

La lasciai lì per il resto della mia fottutissima vita.

Poco prima di uscire però, un sentimento impellente mi spinse a muovere un passo avanti.

Si stava infilando la scarpa sinistra, Capelli di Merda, ed io avrei dovuto dirgli tutto.

Senza codice morse, senza più scuse.
Dovevo sputarglielo in faccia che era semplicemente diventato il senso della mia esistenza.

Puoi farcela.

Presi un respiro profondo. La nitroglicerina iniziò a farsi sentire.

"Oi, Capelli di Merda." esordii fissandomi la punta dei piedi e stringendo il labbro inferiore tra due denti.

Quello sì bloccò, scrutandomi attentamente prima di rispondere.
Mi sorprese incredibilmente.

"Baku, possiamo rimandare questa chiacchierata?"

Ma cosa cazzo?

"Hai perso la favella, Capelli di Merda?"
Provocarlo fu l'unico modo che mi venne in mente per mascherare il mio sgomento.
D'altro canto era sempre stato lui a voler parlare di sentimenti ed io a fuggire. Non il contrario.

Eijiro si ficcò le mani nelle tasche dei pantaloncini di jeans, rosso in viso quasi come al risveglio.

"No, Blasty. Semplicemente, ecco... Adesso sono felice".

Quella risposta fu una secchiata di acqua gelida.
Mille domande iniziarono a ronzarmi per la testa.

E tu, sei felice, Katsuki?

E soltanto in quel momento realizzai che lo ero come mai prima di allora.

Sotto il sole cocente italiano, con il pavimento della stanza pieno di fastidiosissima sabbia, la pelle abbrustolita e Capelli di Merda rosso come un dannato peperone davanti a me.

Ero dannatamente felice.

E forse avrei dovuto smetterla di mentire a me stesso e agli altri.

Imitai il Rosso, ficcandomi le mani in tasca ed avvicinandomi alla porta.

"Anche io lo sono, piccolo idiota.."

Vidi un sorriso sereno disegnarsi sulle sue labbra rosse, e gli occhi illuminarsi di quella luce che mi piaceva tanto.

Mi raggiunse, pronto più che mai a riempirsi la pancia e ad una nuova, folle giornata.

"Al ritorno, Eijiro, ci siederemo nella tua stanza e parleremo. Mi hai capito bene? Non si fugge da nessuna parte, dannato petardo. Nessuna maledetta parte".

I suoi occhi si sgranarono ancora di più, per poi accettare con estrema allegria quel compromesso, quello che mai avevamo valutato prima di allora: il dialogo.

Non si oppose, ma decise di rigirare il dito fastidioso sulla scelta della location.

"Perché nella mia stanza?"

Dannato bambino.

"Perché mi rompo il cazzo a lavare ogni santa mattina la federa del cuscino che insozzi di gel, razza di deficiente".

Ridacchiò in risposta. Probabilmente se l'aspettava.

"Oh, okay allora. Agli ordini, capitano!"

Un fuoco si accese nel mio petto, illuminando con la sua luce ricordi non troppo lontani.

"Non ricominciamo con questa storia".

Kirishima ghignò malizioso, mostrandomi dispettoso la lingua ed uscendo finalmente dalla stanza.

Ne avremmo parlato al ritorno.
E noi avevamo tutta la vacanza per scavarci la merdosissima fossa.
Per sotterrarci in un cumulo di promesse infrante che avrebbero fatto soltanto male.

Soltanto male.

"Te la strapperei a morsi quella cazzo di lin-"

"Oh, buongiorno, BakuBro!" esclamò il fulminato, agganciandomi un braccio intorno alle spalle in un evidente slancio suicida.

Mi imbronciai infastidito, ma non dissi nulla e tentai di mantenere la calma.

Nelle ore precedenti avevo già urlato più del dovuto.

"Che cosa strapperesti a morsi, Blasty?" intervenne dispettoso Sero, sfoggiando con orgoglio i pantaloncini color verde lime.

"I tuoi pantaloni osceni, Comparsa di Merda".

Quello ridacchiò, accelerando il passo per stare dietro a Kirishima.

"Ma perché cazzo corre?" domandò il biondo rivolgendosi a me.

La mia risposta risuonò con le esatte parole pronunciate poco prima dal Rosso, molto più avanti di noi.

"Senza cibo non funziona".



"Quali sono i programmi di oggi?" domandò il Quattrocchi Bastardo spalmando abbondante il burro sulla sua fetta biscottata.

"Pic-nic sul promontorio!" rispose allegra Casper, facendo risuonare per l'intera sala la sua fastidiosissima voce.

"Uhm, giusto, allora mettetevi gli scarponi!" intervenne MomoSecchia, spuntando qualcosa dal suo inseparabile taccuino rosso che porta agganciato alle chiappe.

"Non penserete di salire a piedi sul promontorio, vero?" intervenne scocciata Orecchie di Buddha.

Ottimo punto.

"Non abbiamo molte alternative, kero!" le rispose la cazzo di Rana.

"Una in realtà ci sarebbe".
La giardiniera incuriosì tutti con le sue parole.

Quella folle era riuscita a farsi convincere dai soliti 4 decerebrati a chiedere il resto della settimana di ferie, in modo da poter rimanere con noi.

"Spara, Rosie-chan!" la esortò Occhi da Procione.

"Uhm, noleggiamo le Vespe!"

"Le che?"

"Le Vespe. Sono motorini. Qui vicino c'è un vecchietto che le affitta".

L'idea sembrò allettare tutti.

Tutti tranne uno.

"Assolutamente escluso. Aizawa-Sensei si è raccomandato su questo, non possiamo metterci alla guida. Non abbiamo nemmeno la patente, come vi può sembrare una buona idea?"

Mi sentii in dovere di intervenire.

"Io non vedo la cazzo di mummia nelle vicinanze." ghignai menefreghista.

Occhio non vede, cuore non duole, dopotutto.

"Nemmeno io." mi fece eco Faccia Tonda, prendendo così inaspettatamente posizione.

"Non se ne parla, ragazzi, ne va della vostra incolumità. E anche di quella altrui".

Sbuffai seccato, ficcandomi le mani in tasca e rivolgendomi a Capelli di Merda.

"Oi. A te frega un cazzo dell'incolumità?"

La risposta allegra del Rosso arrivò fulminea.

"Nah".

"Bene. Qualcun altro qua dentro ha cara la pelle?"

Le altre rispose non si fecero attendere.

"Decisamente no".

"Più no che sì".

"Direi di di no".

"Non più di tanto".

"Ho rinunciato al futuro nel momento in cui ho messo piede alla UA."

"Ben detto, Kacchan, fanculo alla pelle!"

Mi rivolsi tronfio al rappresentante, con un ghigno forse troppo evidente disegnato sulle labbra.
"Sei in svantaggio, Quattrocchi".

"Aizawa ci taglierà a fette e ci darà in pasto ai suoi procioni." sussurrò il rappresentante mimando con il pollice sul collo la ghigliottina.

"Procioni?" domandò YaoyoSecchia inclinando il capo.

"STA FARNETICANDO, QUESTO IDIOTA, VERO QUATTROCCHI?!" intervenni io, deciso a non fare uscire dal vaso quella maledetta storia all'interno della quale ero stato coinvolto contro la mia volontà.

"Ma Aizawa non lo saprà". concluse Gommarosa ammiccando e spalancando gli occhi grandi.

Il Quattrocchi fece spallucce rassegnato.
Ci tengo a specificare che nessuno lo aveva costretto a diventare rappresentante.

"Come si noleggiano le Vespe, Rosie-chan?" domandò passandosi imbarazzato una mano sulla nuca.

"Bisogna andare in anticipo, così le prepara. Gli lasci i nominativi, un acconto, e poi te le fa trovare nel luogo prestabilito all'ora prestabilita. Dista circa a un paio di chilometri da qui. Esci dall'entrata, svolti a destra e cammini finché non vedi sbucare la carrozzeria. Ha un'insegna rossa".

Quel maledetto colore mi dava il tormento.

Quattrocchi sospirò rassegnato.
"Bene, chi viene con me?"

MerDeku si alzò di scatto, mettendo su il maledetto sorriso che detestavo da sempre.
"Vengo io con te, Iida-kun!"

In quel momento però, non so che cosa mi prese.
Agii di impulso, come la maggior parte delle volte, ed aprii la mia cazzo di fogna.

"Andiamo io e MerDeku." ringhiai ficcandomi le mani in tasca ed incamminandomi.

Il Verde sorrise spaesato, come se gli avessi appena regalato un assegno da un miliardo di yen senza nessun apparente motivo.

"D-dici sul serio, Kacchan?" domandò euforico, ed io cominciai già a pentirmi della mia decisione.

Lo sguardo apprensivo di Kirishima mi stava ustionando la schiena, ma, almeno per quella volta, non avrebbe dovuto preoccuparsi.

Non avrei fatto scherzi.

Forse uno o due, ma niente di pericoloso.

"È stato bello conoscerti, Deku-kun!" urlò il Fulminato in lontananza, agitando una mano lenta in segno di saluto.

"Zitto, coglione, altrimenti lo farà fuori prima del tempo!" lo rimproverò Orecchie Lunghe, piazzando sul collo del ragazzo uno scappellotto.

E noi eravamo già troppo lontani per ascoltare il resto.

Dal canto suo, il Broccolo sembrò non essere per nulla preoccupato, il che mi regalò un pizzico di fastidio sulla punta della lingua, che mi spinse ad esordire con la prima frase del tragitto.

"Mi stai sul cazzo, MerDeku".

Quello aggrottò le sopracciglia imbarazzato.

"È successo qualcosa, Kacchan?"

E di nuovo, maledetta impulsività, aprii la fogna.

"Sì".

A quel punto sì che il rammollito si preoccupò. Non nel modo in cui avrei voluto che facesse, ma me lo feci andare bene comunque.

"Oh. Vuoi parlarne?"

Oramai la dignità l'avevo persa.
Mi ero ficcato in quel tragitto per esigenza, e stavo continuando a farneticare per lo stesso identico motivo.
Avevo bisogno di vuotare il sacco con qualcuno, ma chi mai avrebbe potuto ascoltarmi?

L'unico idiota che mi doveva un favore.
Il maledetto MerDeku.

"Seh".

Quello accelerò il passo per raggiungermi.
"Uh, okay. Allora parlamene".

Rinsavii solo in quel momento.

"No".

Un risolino imbarazzato volò dalle sue labbra.
"È davvero difficile ragionare con te, Kacchan".

La risposta arrivò fulminea.
"Anche non farti saltare in aria lo è, eppure sei ancora qui sulle tue gambe".

Quello ignorò beatamente i miei insulti, andando dritto al sodo e squadrandomi  sconcertato.

"Hai combinato qualche guaio?"

"Meh".

I nostri passi sull'asfalto rovente ci fecero eco.

"C'entra con il crimine e l'illegalità?"

"Nah".

"Menomale, accipicchia".

Alzai gli occhi al cielo seccato.
"Passi troppo tempo con Faccia Tonda".

"N-non stiamo parlando di lei, adesso! Riguarda soltanto te o coinvolge qualcun altro?"

"Meh".

"È un nostro compagno di classe?"

"Meh".

"C-che diavolo hai combinato, Kacchan? Non riesco ad arrivarci!" esclamò esasperato, sfregiandosi una mano sui capelli arruffati nel tentativo di stimolare i pensieri.

"Escludendo l'omicidio, il furto aggravato e l'aggressione non mi viene in mente nient'altro che tu possa aver fatto!"

Non osare raccontarglielo.

Ma io avevo bisogno di farlo.
Avevo bisogno di farlo di fronte ad una delle poche persone che davvero mi conosceva.

Anche se non lo sopportavo.
Anche se non lo potevo vedere.
Anche se lo avevo scassato di botte più e più volte.
Anche se non avevo mai ammesso, e mai lo avrei fatto, che fosse uno dei miei amici più cari.

"Ho fatto cose con qualcuno, MerDeku, ho fatto delle dannatissime cose e adesso ho il cervello fottuto!"

Ecco, l'ho detto.

Ma lui, ovviamente, non aveva capito.
Fu compito assai arduo macchiare con prepotenza l'innocenza di quel decerebrato.

Il volto del Broccolo divenne paonazzo.
"Alcool? D-droga? Fumo? C-che cose hai fatto, Kacchan? C-chi hai trascinato con te?"

La sua stupidaggine mi innervosì.

"DANNAZIONE, MERDEKU! PARLO DI ALTRE COSE, ALTRE COSE, CAZZO!"

Il suo viso prese inevitabilmente il colore dei capelli di Kirishima.

"Oh.. OH! K-Kacchan, era c-consenziente, v-vero?"

"Certo che lo era, razza di rincoglionito! Ha cominciato lui, porca troia!"

"È-è un r-ragazzo?"

Porca troia.

"MALEDETTA BOCCACCIA, CAZZO!"

Vidi il verde rilassarsi visibilmente e lasciarsi sfuggire una risatina.

"Se era consenziente qual è il problema, Kacchan? Non ti è piaciuto?"

"IL PROBLEMA È CHE IO SONO IL RE DELLE ESPLOSIONI MORTALI, LO CAPISCI QUESTO, DANNATO IMBECILLE?"

Mi fermai in mezzo al tragitto, assalito dal panico.

Che cosa avevo combinato?

Prima ero stato a letto con Capelli di Merda, e come se non bastasse lo avevo appena spiattellato a MerDeku.

"CHE CAZZO MI PRENDE!" aggiunsi sbattendo furioso un piede per terra.

La sua voce, come quella di un irritante grillo parlante, si insinuò nei miei pensieri, mettendoli a tacere.

"U-uhm, ti è piaciuto, Kacchan?"

"AH?"

"C-cioè, ti è piaciuto? Sei stato bene?"

Non riuscii a mentire.

"Meh".

Il Broccolo riprese a camminare, sorridendo nuovamente e lasciando sfumare il rossore.

"Allora di c-che ti preoccupi?"

"Della mia maledetta integrità, dei miei obiettivi. Non posso perdermi in cazzate simili".

Vidi le sue sopracciglia aggrottarsi.
"L'amore non è una cazzata, Kacchan".

Alzai le spalle, tornando a camminare e ficcandomi di nuovo le mani in tasca.
Se non altro l'idiota si era risparmiato i commenti.

"Io voglio starne alla larga, dannato idiota. Non sarò mai un rammollito".

L'insegna rossa della carrozzeria luccicò in lontananza, e noi rallentammo il passo.

"P-per come la vedo io, tutte le storie sono storie d'amore, Kacchan. È il principio dell'esistenza".

Non compresi.
E ci misi tanto prima di afferrare quel concetto.

"Che cazzo significa, squilibrato?"

"Significa che c'è amore d-dietro a tutte le cose.
Dietro alla tua dedizione per perseguire i tuoi obiettivi, d-dietro all'impegno che ci metti, alla cura dei dettagli. Siamo fatti d'amore, perciò rifiutarlo è da rammolliti, Kacchan!"

Non seppi se incazzarmi o pensarci su.
Nel dubbio, feci entrambe le cose.

"Fanculo, MerDeku. Tu e tutte le tue stronzate".

Quello sorrise ancora, continuando a camminare al mio fianco.

"P-provare non ti costa nulla".

"Non accetto dannati consigli da chi non riesce a dichiarare i propri sentimenti a Faccia Tonda".

Quello sobbalzò visibilmente, ed io ghignai soddisfatto di fronte alla mia opera.

"C-come lo sai?"

"Io so tutto, dannato rammollito".

Lo vidi allarmarsi ancora di più.

"C-che altro sai?"

Mi bloccai per un momento, utilizzando parole che mai mi sarei aspettato di pronunciare.

"So che se la fai soffrire ti ammazzo, MerDeku. Mi hai capito?"

Quello deglutì a vuoto, tirando fuori un risolino nervoso, che mi piacque dannatamente.

"R-ricevuto, K-Kacchan!"

Il Verde aggiunse però una frase, prima di entrare nella carrozzeria.
"Non potrei mai farla soffrire, però. È il tesoro più prezioso che ho, e la proteggerò a costo della vita".

Forse ci eravamo ficcato nel medesimo, maledetto pasticcio.

E forse l'amore, a quel punto, non era più una cosa così tanto da rammolliti.

Ed io ero in debito nei confronti del Verde.

"U-uhm, secondo te dovrei mettere 'Iida-kun' o soltanto 'Iida' nel foglio di prenotazione, Kacchan?"

Di fronte al banco della carrozzeria, MerDeku decise di farmi incazzare ancora.

"Insomma, razza di idiota, io sto cercando di venirti incontro, di non massacrarti di botte, di parlare con te civilmente." ringhiai a denti stretti.

"C-che intendi, K-Kacchan?"

"Intendo che quello che non si impegna per andare d'accordo con me sei tu, fottuta Comparsa inutile".

Quello sobbalzò immediatamente, sgranando gli occhi sorpreso.

"O-oh diavolo! Hai ragione, Kacchan! C-cosa dovrei scrivere, allora?"

Un altro ghigno mi si disegnò fiero sulle labbra.

"Scoreggione con gli occhiali".

"K-Kacchan, questa non mi sembra la migliore delle id-"
Aggrottai un sopracciglio, in deciso disappunto.

Quello, fagocitato dal senso di colpa, si arrese immediatamente.

"V-va bene, mettiamo Scoreggione con gli occhiali".

Ed il bello doveva ancora venire.

Quando facemmo ritorno nella sala grande, tutti gli occhi furono su di noi.

"Deku-kun, stai bene, kero?" domandò apprensiva la Rana.

"Certo, Tsuyu-chan, a meraviglia!"

"Non hai subito alcun tipo di molestia?" intervenne preoccupato il fulminato.

"Ve l'ho riportato vivo, che cazzo volete di più." risposi secco, andando con nonchalance a sedermi di fianco a Capelli di Merda e puntando lo sguardo sul suo bicchiere colmo di granita alla fragola, rossa come l'inferno.

Senza domandare il permesso, adagiai le labbra sulla sua cannuccia, rubando qualche sorso di quell'afrodisiaco nettare italiano.

Ricevetti in risposta un sorriso divertito e caldo, e nessuna obiezione.
Me la cedette senza far parola alcuna.

"Quando arriveranno i motorini?" domandò Yaoyoricca, che aveva per inciso finanziato tutto il noleggio.

"Circa un'ora e saranno qui!" rispose MerDeku.

"Il tempo di un torneo di carte!"

Maledette Comparse.
Non esaurivano mai la voglia di rompere il cazzo.

Il suono del cellulare del Broccolo sancì l'arrivo delle Vespe fuori dalla villa, e noi andammo a ritirarle tutti insieme.
Appiccicati come viscide processionarie, senza né privacy né tempo per i propri spazi.

In quel momento iniziò il divertimento.
Dal momento in cui i veicoli non sarebbero stati sufficienti per l'intera classe, io e MerDeku optammo  per affidare un motorino a chi saremmo stati sicuri avrebbe guidato. Poi si sarebbero portati dietro qualcuno a scelta.

Il vecchio cominciò a chiamare i nomi degli affittuari per consegnar loro le chiavi.

Io sorrisi, pronto a godermi lo spettacolo.

"Scoreggione con gli occhiali!" urlò l'uomo con le chiavi in mano.

Il Quattrocchi cambiò letteralmente espressione, mentre i compagni cominciarono a sghignazzare divertiti.

"Uhm.. Sarei io?" domandò aggiustandosi gli occhiali e rivolgendomi un'occhiataccia.

Io ghignai ancora più malizioso, ficcandomi le mani in tasca e alzando le spalle.

"Non guardare me, Quattrocchi del Cazzo, stavolta non è opera mia".

In parte lo era, ma non effettivamente. Io la cazzo di penna manco l'avevo toccata, dopotutto.
O meglio, lo avevo fatto, ma per scrivere un solo cazzo di nome.

Il rappresentante si voltò incredulo verso Deku.
"È opera tua, Midoriya-kun?"

E quello, paonazzo in viso, annuì rassegnato.
"S-sì, Iida-kun, m-mea culpa.."

Non riuscii a sentire il resto delle giustificazioni del deficiente. Le risate di Kirishima e Denki stavano coprendo tutto il silenzio.

Il vecchio interruppe però il momento, continuando con l'elenco.

"Busta di piscio rosa".

"Questa è Mina, sono sicuro che è Mina!" intervenne il Fulminato tra una risata e l'altra, continuando a sghignazzare come un bambino insieme a Capelli di Merda.

"Midoriya, questo non me lo sarei mai aspettato da te!" bonfinchiò la ragazza sghignazzando sotto i baffi e andando a ritirare il suo mazzo.

MerDeku si stava sentendo sempre più in colpa.
"L-lo so, Ashido-San, n-nemmeno io.."

Il vecchietto continuò con il suo elenco.
"Rutto di Dio".

A quel nome, Eijiro esplose dalle risate.
"Chi diavolo sarebbe Rutto di Dio?" domandò a corto di fiato, rivolto verso di me.

"Meh, non me lo ricordo più".

La verità è che, a un certo punto, avevo indotto MerDeku a scrivere semplicemente degli insulti a caso.

Fu davvero divertente infatti vedere le Comparse contendersi il titolo di Rutto di Dio.

"Beh, se non si fa avanti nessuno, io mi sento un po' rutto oggi, perciò le prendo io!" esclamò Denki,
lasciando così procedere il vecchietto con il suo lavoro.

"Orca Infame".

Le comparse si erano oramai rassegnate all'idea, e si spartirono i nomignoli con una certa nonchalance.

Fu YaoyoRicca ad aggiudicarsi l'Orca.

Il vecchio proseguì indisturbato.

Il resto del teatrino mi interessò poco, perchè tutte le mie attenzioni furono catturate dalle risate del Rosso.

E forse soltanto allora realizzai che avevo messo in scena quella pagliacciata solo e soltanto per lui.

Soltanto per lui.

L'unico nome che scrissi io venne fuori tra gli ultimi, e fu un unico, ultimo, e solitario tributo, banconota finale di un debito che avevo ripagato più che adeguatamente.

"Occhi Dolci".

I compagni rimasti ancora senza chiavi si guardarono spaesati.

Il Verde, completamente terrorizzato, si voltò verso di me, pallido come un cencio.
Mi supplicò con gli occhi di non farlo, ma io, oramai, lo avevo già fatto.

"Credo proprio stia parlando di te, Faccia Tonda." sbuffai in un misto tra un ghigno e la scocciatura.

Il panico negli occhi di MerDeku mi diede sempre più soddisfazione.

Kirby, dal canto suo, paonazza come mai l'avevo vista, si precipitò a prendere le chiavi, senza dire una parola.

Più tardi, quei due idioti, mi avrebbero ringraziato.

"Che c'è, Blasty, ti sei messo a giocare a far Cupido?" commentò il Rosso, appoggiando un gomito sulla mia spalla ed incamminandosi insieme a me verso il
vecchio per ritirare le chiavi.

Aveva dato per scontato che saremmo andati insieme.

"Meh. Ho solo restituito un cazzo di favore".

Una volta agguantate le chiavi, le consegnai per direttissima a Eijiro.

"Guida tu, Capelli di Merda. Io devo incenerire chi ci sorpassa."

Inutile dire che a quel pic.nic arrivammo per primi e che il contatto con la sua pelle accese in me pensieri tutt'altro che casti.

Il resto della giornata fu tutto sommato piacevole ed io riuscii forse per la prima volta nella vita a godermi una vacanza.

Pranzammo all'ombra di un gigantesco ciliegio, e soltanto io e Capelli di Merda ci adoperammo per raccogliere i frutti rossi e distribuirli alle altre comparse.

"Adofo le ciliefie!" esclamò Eijiro a bocca piena, sorridendo goffo.

Per un momento, un velo di rossore si sostituì alla mia espressione seccata.

Quel ragazzo muoveva in me anche i massi più pesanti.

"Sono rosse, deliziose, e irresistibili!"

Rosse, deliziose, e irresistibili.

Che stronzata.

Quando ritornammo in camera era quasi ora di cena, ed io ero stanco morto. Le Comparse di Merda sfiancavano più dei maledetti allenamenti di Aizawa.

Un bagno caldo, bollente come l'inferno, avrebbe fatto al caso mio. Approfittai dei pochi attimi di pace per cominciare a riempire la vasca, in quello che era il lussuosissimo bagno della nostra camera.

Oltre alla vasca immensa ed il mosaico rosso scarlatto, come tutti i miei cazzo di tormenti, ricordo un vaso in ceramica, contenente un'orgogliosa orchidea bianca.
Era adagiato su una mensola in marmo, adiacente all'idromassaggio, e catturò stranamente la mia attenzione. Talmente tanto che, poco dopo il nostro arrivo, decisi di scattargli una foto, che conservai gelosamente soltanto per me.

"Hey, Katsuki, potresti per caso riportare il telo da pic-nic a Mina?" domandò a un certo punto Capelli di Merda rivolgendosi a me, sbucando allegro dalla porta del bagno e porgendomi la tovaglia a scacchi gigantesca sulla quale mezza classe aveva tenuto sopra le chiappe.

Lo fissai scazzato.
"Non puoi riportargliela tu, culo pesante?"

Quello mise su un broncio momentaneo.
"Io porto i panni in lavanderia!" rispose.

Parcondicio.

Accettai sommessamente, tirandogli via dalle mani lo smaccato telo rosa shock ed avviandomi verso la stanza di fianco.

"Se torni prima di me, CHIUDI il rubinetto della vasca. Mi hai sentito bene?"

Il Rosso annuì, sbattendomi un pollice indurito di fronte alla faccia, ed io dovetti appellarmi a tutte le mie forze per non strapparglielo a morsi con prepotenza.

Bussai una sola, secchissima volta alla porta di Occhi da Procione e Faccia Tonda, e la loro risposta giunse immediata.

"Entra-entra!" strillò una delle due oche.

Appena misi piede nella stanza, un profumo dolciastro e nauseabondo mi assalì. Ma il peggio doveva ancora arrivare.

Le facce di entrambe le Comparse erano letteralmente cosparse di ogni tipo di cosmetico. Erano sedute sul tappeto della stanza, circondate da sacchetti e robaccia di cui non mi era mai importato un cazzo di niente.

I nostri sguardi si incontrarono. Loro incredule ed io disgustato.

"Ah, ma non sei Momo-chan!" esclamò Gommarosa alzando gli occhi.

"E tu che ne hai fatto di Kirby e di Occhi da Procione, fenomeno da baraccone?" risposi ironico.

Quella sbuffò sonoramente, ignorando la mia provocazione.

"Abbiamo comprato i trucchi italiani, Bakugo-kun, e li stavamo provando! Guarda!"

"Sì, sì, belli, Faccia Tonda. Ti ho riportato il fottuto telo, Gommarosa." asserii secco, senza prestare troppa attenzione alla montagna di prodotti che occupavano la stanza.

L'Aliena mi si avvicinò, prendendo il gigantesco telo e lanciandolo sul suo letto.
Con fare decisamente troppo malizioso e molta voglia di essere abbrustolita, mi arpionò il braccio,
trascinandomi al centro del pollaio e strattonandomi a terra, tra lei e l'altra svampita".

"Resta un po' con noi, Blasty, abbiamo un sacco di cose da farti vedere!"

Mi venne da sboccare al solo pensiero.

"Preferirei ficcarmi un piede di porco nel culo." ringhiai infastidito, senza però alzarmi da quel maledetto tappeto.

Da quando mantieni la calma, eh, Blasty?

"Guarda, guarda, Bakugo-kun, abbiamo preso la cipria!" enfatizzò Uraraka, sempre più emozionata.

Non avevo firmato da nessuna parte per essere un cazzo di baby sitter, e a quella ragazza avevo già fatto un enorme favore quel giorno, costringendo MerDeku con l'inganno a fare la prima, fottuta, mossa.

Eppure non riuscivo ad essere troppo duro con quella maledetta oca.
Forse perché la sua innocenza mi ricordava vagamente quella di Capelli di Merda, o forse perché era stata l'unica a tenermi la fronte quando avevo ficcato la testa nel cesso di casa con l'intenzione di non rialzarla mai più.

"Uhm...Sì.. Davvero bella.."

Quante dannate merdate sono riuscite a comprare in un pomeriggio solo?

Io, dall'alto della mia tirchiaggine, sentii la tasca destra dei pantaloni ribollire di fronte a un simile spreco di denaro.

La iena, invece, partì subito all'attacco, ammiccando fastidiosa.

"Cosa ci racconti, Bakugo? Come stai passando la vacanza?"

Perché non le sto incenerendo?

"Meh".

Rincarò la dose.
"Qualcosa di interessante da raccontare? Che ti passa ultimamente per la testa?"

Ma io che cazzo ci faccio qui?

"Non resterò qui un fottuto secondo di più." grugnii secco, alzandomi in piedi e deciso ad evadere dal fottuto pollaio.

Faccia Tonda ridacchiò, per poi frugare alla svelta in uno dei sacchetti.

"Aspetta, Bakugo-kun! Ti abbiamo preso una cosa!" esclamò.

"Ah?"

Una volta individuato il piccolo oggetto, me lo lanciò con grazia, ed io lo presi al volo.

La scritta 'Labello' mi colpì immediatamente.

"Che roba è?"

Rispose L'Aliena.
"Un burro di cacao".

"E che stracazzo dovrei farci?"

"Lo metti sulle labbra, Bakugo-kun!"

Storsi il naso rigirandomi l'affare, ovviamente rosso, tra le mani.

Questo maledetto colore è ovunque.

"È un maledetto rossetto?"

Gommarosa alzò gli occhi.
"No, Blasty, quello non colora. Al massimo scurisce un po', ma non colora, puoi star tranquillo".

Inarcai un sopracciglio, lievemente incuriosito.
"E allora a che cazzo serve?"

Occhi da Procione assottigliò lo sguardo.
"Ammorbidisce le labbra. E gli dà anche un buon sapore!"

Sapore?

"Quale sapore?" domandai carico di sconcerto.

"Uhm, a che gusto lo abbiamo preso, Ochako? Ah, già, alla ciliegia!"

La maledetta, fottuta ciliegia.

Rimasi impalato con quell'affare in mano, indeciso se incazzarmi o rimanere in silenzio.

Fu quella vipera di Faccia Tonda a darmi la mazzata finale, facendomi pentire di essere entrato in quella stanza e di aver pensato che fosse una creatura innocente e smaliziata.

"Sì, proprio alla ciliegia! Così avrai le labbra rosse, deliziose e irresistibili!"

Maledetta Kirby.

"Fanculo a queste stronzate." ringhiai, voltandomi e uscendo a passo spedito dalla stanza.

"A cena vi ridarò i soldi per questa pagliacciata. Non voglio debiti con voi due megere".

Varcando la soglia, mi ritrovai faccia a faccia con MomoSecchia.

"Bakugo-kun?"

Misi su un broncio seccato, puntando un pollice alle mie spalle.

"Due fenomeni da baraccone ti aspettano, Orca Infame. Si sono fagocitati Kirby e quell'altra".

Se non altro mi ero divertito.

Quando tornai in camera, Capelli di Merda non era ancora rientrato, ed io ne approfittai per ficcarmi nella vasca da bagno in totale serenità e per giocherellare con l'oggetto che le due Comparse di Merda mi comprarono.

Le parole del Rosso cominciarono a risuonarmi in testa.

Rosse, deliziose, e irresistibili!

Respirai profondamente.

Non osare farlo.

E invece, preso da un impeto di curiosità, lo feci.
Il sapore di ciliegia inebriò le mie papille gustative.

Non era mica male, quell'affare.

Mi persi poi ad osservare il gigantesco vaso che mi piaceva tanto, ad un palmo dal mio viso.

Avevano un non so che di interessante, le orchidee.

Poco tempo dopo sentii la porta della stanza richiudersi.

"Bakubro, sei già tornato?" domandò Kirishima, sbattendo chissà che cosa nella camera.

La porta del bagno era socchiusa, ed io riuscii ad udire tutto il baccano che fece quell'idiota.

Mi innervosiva terribilmente.

"Seh".

"Ascolta Baku, non per metterti fretta, ma cerca di uscire almeno cinque minuti prima della cena, così riesco a lavarmi anche io!"

La voce dei miei pensieri tornò a farsi sentire.

Rosse, deliziose, ed irresistibili.

E, come tutte le cazzo di volte, il mio cervello si dimenticò di filtrare i pensieri suicidi.

"Non dirmi quello che cazzo devo fare. Se ci tieni porta qui il culo e vieni a lavarti, Capelli di Merda".

Maledetta lingua.

Katsuki, sei un maledetto coglione.

Seguirono attimi di silenzio.

"A-adesso intendi?"

Sbuffai.
Oramai avevo parlato, e non potevo rimangiarmi la parola data.

D'altra parte, avrei avuto tutto il tempo per farlo una volta tornati alla UA, giusto?

"Quando cazzo ti pare. La porta è aperta".

Pochi secondi dopo vidi la testa dello screanzato fare capolino dalla porta del bagno.
Guardava basso, colmo di imbarazzo.

"E-ehm, sicuro che non ti metta a disagio?" domandò con il viso velato di rosso.

Rosso, rosso, maledetto rosso ovunque.

Finsi indifferenza.
"Ah? Che cazzo dici, Capelli di Merda, ti ho visto nudo milioni di volte. Ti ricordo che il Quattrocchi ci trascina alle terme tutte le cazzo di settimane".

Kirishima ridacchiò, passandosi una mano dietro la nuca e iniziando a sfilarsi i vestiti.

Non guardare.

Distolsi lo sguardo, fissando ancora quella maledetta orchidea bianca.

Rosse, deliziose, e irresistibili.

Al pensiero del burro di cacao rimpolpai le labbra, sperando nell'angolo più remoto della mia mente che Capelli di Merda le notasse.

Quando entrò nella vasca di fronte a me usò più delicatezza del solito.

Continuai a fingere indifferenza, evitando di osservare il suo corpo scolpito, che non faceva altro che riportarmi alla mente gli eventi della sera prima.

Quando fu immerso, soltanto allora, ricominciai a guardarlo.

"B-Baku, è bollente quest'acqua!" esclamò il decerebrato.

Io alzai le spalle, fottendomene beatamente e senza degnarlo di una risposta.
Qualche mese prima si era fatto bellamente bollire nella piscina della scuola, un po' di acqua calda non gli avrebbe torto un capello.

Il fottuto gatto della giardiniera fece la sua comparsa in quel momento, iniziando a passeggiare beato sul bordo dell'idromassaggio.

"Quella palla di pelo ti segue ovunque." bofonchiai.

Lui ridacchiò, illuminando la stanza più del dovuto.

"Si è affezionato!"

Gliene avrei comprati mille, duemila di gatti, in cambio di un solo altro sorriso.

Che cazzo vai a pensare, deficiente?

Lo fissai attentamente.

Le sue braccia, il suo petto erano pieni di cicatrici.
Involontariamente il mio pollice si mosse da solo, andandole a sfiorare curioso.

Erano dannatamente sexy.

"Ognuna ha la sua storia." sussurrò lui, rabbuiandosi un po'.
Quel suo cambiamento di umore mi regalò una punta di amarezza.
Forse avrei fatto bene a tenere le cazzo di mani a posto.


"Perché quella cazzo di faccia?"

Lui storse il naso appuntito.
"A volte penso che siano orrende".

Continuai a sfiorarle con delicatezza, denigrando nella mia mente nell'immediato il pensiero che potessero essere brutte.

"Io le trovo davvero virili."

Il suo viso tornò in un batter d'occhio a splendere più del fottuto sole.

So qual è la parola d'ordine, Capelli di Merda.

"Dici davvero?"

"Meh".

"Allora ti racconterò ogni storia!" esclamò euforico, ed io mai nella vita mi sentii così pronto e sereno ad ascoltare qualcuno parlare.

Però per i suoi racconti avrei dovuto aspettare ancora un po'.

"Ehi, Baku, che hai fatto alle labbra? Sono più rosse del solito!"

Avvampai nell'immediato.

"P-puttanate".

"Puttanate?"

Che cazzo fai, balbetti, Katsuki?
Mi stavo lentamente trasformando in MerDeku, decisamente il peggiore dei miei incubi.

Puttanate.

Rosse, deliziose, irresistibili.

"Seh, Puttanate. Ci ho messo sopra un cazzo di coso".

"Un cazzo di coso?"

"Seh".

Lui ammiccò più volte, fissandomi con gli occhi colmi di vuoto, come quelli del Fulminato nei suoi momenti migliori. O peggiori, a seconda dei punti di vista.

Non stava capendo un cazzo.

"Assaggiale, dannazione!" esclamai irritato, notando la sua espressione passare dal confuso, all'incredulo, all'imbarazzo.

"C-cosa?"

Strinsi i pugni infastidito.

"Ho detto assaggiale, maledetto Petardo! Sono rosse, deliziose, ed irresistibili!"

Non lo hai detto davvero.

E invece lo avevo appena fatto.

Il Rosso non pose altre domande.
Lo vidi sorridere caldo, ed avvicinarsi lentamente a me, con la mano indurita salda sul bancone di marmo al fianco della vasca.

Era ad un palmo del mio viso, ed io riuscii ad avvertire soltanto il mio maledetto cuore accelerare e la nitroglicerina sopprimere tutti gli altri sensi.

Stava per baciarmi, di nuovo.
Stava per farlo lui, di sua iniziativa, per la prima volta.

Sentii il sapore del suo dannato respiro, e la mia mente volò di nuovo alla sera prima, ed io riuscii soltanto a capire che volevo ripetere tutto daccapo.

Ti voglio dannatamente.

Tutto daccapo.

Accadde in quel momento.

In quel preciso momento.

Un tonfo sordo ed improvviso ci fece sobbalzare.

Impiegai davvero tanto a realizzare l'entità del danno.

Il gigantesco vaso stava galleggiando sul pelo dell'acqua, che lentamente iniziò ad assumere il colore della terra.

L'orchidea bianca sbucava dai cumuli di schiuma senza alcuna possibilità di salvezza.

Quel beota distratto e disattento aveva appena rovesciato il vaso nella vasca.

La mia rabbia si accese come un maledetto semaforo.
Non riuscii a trattenermi in nessun modo.

"AH! PORCA TROIA, CHE CAZZO È SUCCESSO?!" sbraitai schizzando in piedi, oramai coperto di acqua e terra dai capelli agli alluci.

Il Rosso, pallido in viso, mi imitò, sbattendosi due mani indurite sulla faccia altrettanto indurita. L'Urlo di Munch gli avrebbe fatto soltanto una sega.
"OH CAZZO, BAKU! SIAMO FOTTUTI! STAVOLTA SIAMO FOTTUTI!"

La terra aveva preso possesso anche del suo corpo.

"NO, TU SEI FOTTUTO, DANNATO PETARDO, E SE NON RIMEDI A TUTTO QUESTO TI AMMAZZO!"

Quello sì chinò nuovamente sulle ginocchia, raccogliendo con le mani più terra possibile.

"OH CAZZO, SI È INTASATO LO SCARICO, BAKU, SIAMO MORTI, SIAMO MORTI PER DAVVERO!"

In quel momento il panico prese il sopravvento.

"CHE CAZZO FACCIAMO?! COSA CAZZO FACCIAMO?!"

Fu soltanto allora che compresi che, anche nelle situazioni di difficoltà, Capelli di Merda si spaccava in due dalle risate.

Le sue risa cominciarono a risuonare per la stanza, eppure glielo lessi in faccia, il mio stesso sentimento di panico.

"CORRI BAKU, CORRI! VAI A PRENDERE NELLO SGABUZZINO DEI SECCHI, DEGLI STRACCI, DEI ROSARI, QUELLO CHE TI PARE!" esclamò tra una risata e l'altra.

Io, completamente assalito dalla maledetta irrazionalità, e dalla paura di dover risarcire a YaoyoRicca anche solo la metà delle cose che avevamo appena guastato, mi legai in vita un'asciugamano e corsi nel ripostiglio, per grazia divina ubicato proprio di fronte alla nostra camera.

"QUI NON C'È UN CAZZO, CAPELLI DI MERDA, NON C'È UN MALEDETTO CAZZO DI NIENTE!" sbraitai al culmine della pazienza.

Non mi resi conto del danno che avevo appena combinato.

Mi bastò voltarmi per trovare tutte le dannate comparse alle mie spalle.

"Oh cazzo, stavolta lo abbiamo perso definitivamente." ghignò il Fulminato, grattandosi il mento come una cazzo di scimmia.

"Che diavolo stai combinando, bro?" domandò qualcun altro.

"LEVATEVI DAL CAZZO!" urlai al limite della sopportazione, trovando finalmente il secchio e correndo di nuovo in camera, con tutti i fottuti ficcanaso dietro.

Fui sollevato nel ritrovare Capelli di Merda con un paio di pantaloni addosso, infilato nuovamente nella vasca, colmo di terra, vergogna, imbarazzo, divertimento e chi più ne ha più ne metta.

Le Comparse ci raggiunsero, rimanendo completamente di sasso di fronte alla scena.

Soltanto il Fulminato e Scotch cominciarono a ridere insieme a Capelli di Merda, che stava ancora tentando di recuperare invano la terra caduta nella vasca.

"Come cazzo avete fatto a combinare un casino simile?"

Nessuno dei due rispose.

"Kirishima, perché hai una bruciatura a forma di mano sul fianco?" domandò il Quattrocchi colmo di apprensione.

Gliel'avevo fatta io la notte prima.

Vidi con la coda dell'occhio MerDeku avvampare.

Lui aveva capito tutto. Il peccato ed il peccatore.
Per me era la fine.

Non mi restava altra scelta che ucciderlo.
Sapeva troppo.

Ma ci avrei pensato più tardi.
Un problema alla volta.

"HO FATTO INCAZZARE KATSUKI IERI!" si giustificò lui nel panico, continuando a cercare di salvare l'irrecuperabile.

La sua puttanata suonò stranamente credibile.

"Povero martire.. Siamo con te, Fratello." asserì il Nano Bastardo.

"IO TI UCCIDO, KIRISHIMA!" urlai al limite della sopportazione.

"E AMMAZZO ANCHE VOI SE NON USCITE DA QUESTA MALEDETTA STANZA!"

Fu in quel momento che la maledetta proprietaria fece capolino, sbucando tra tutte le altre Comparse.

"Insomma, ma di chi è la colpa di tutto questo macello?"

Alzai gli occhi al cielo, colmo di veleno e stringendo tra le mani il fottuto vaso, che avevo appena recuperato dall'acqua stantia.

Se non mi fossi trattenuto l'avrei fatto esplodere con tutta la maledetta Villa.

"È TUTTA COLPA DELLE CILIEGIE. DELLE MALEDETTE, FOTTUTE CILIEGIE!"

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