29. Morse

Quando aprii gli occhi quella cazzo di mattina, successe ciò che mai e poi mai mi sarei aspettato.

Io.
Il petto caldo di Capelli di Merda.
Le sue braccia forti strette su di me.
La sveglia sul comodino.

Ed entrambe le maledette lancette sul numero 8.

"PORCA TROIA, KIRISHIMA!" sbraitai schizzando fuori dal letto come un grillo impazzito.

Il Rosso, svegliato di soprassalto con i capelli arruffati ed il terrore dipinto negli occhi, mi imitò.

"DOV'È?! DOV'È IL RAGNO?" rispose più rincoglionito di un tubo.

Ero sveglio da nemmeno un fottuto minuto ed avevo già esaurito tutta la mia cazzo di pazienza.

"NON C'È NESSUN CAZZO DI RAGNO, TESTA DI MERDA, SIAMO IN RITARDO PER LE LEZIONI!" urlai al limite della sopportazione, ficcandomi addosso la divisa, noncurante dello sguardo spaesato e malizioso del Rosso puntato su di me.

Quel cretino stava ancora dormendo.

"Lezione? Quale lez.. Oh cazzo!"

Da quel momento in poi, fu il panico più totale.

Aizawa ci avrebbe sicuramente ammazzati.

Vidi Kirishima destreggiarsi abilmente in quella situazione, mentre io stavo annegando nel panico più totale.

Non era mai successo.
Non a me.

Io ero Katsuki Bakugo, e vivevo con un orologio svizzero piantato nel culo.

"COME CAZZO È POTUTO ACCADERE?!" urlai calciando con prepotenza l'anta mezza aperta dell'armadio per richiuderla.

Quando mi voltai, vidi il Rosso seduto con le chiappe sul mio letto, intento a contemplare il pavimento ad occhi chiusi.

Io ero già pronto, e quel mentecatto si stava riaddormentando in piedi.

Le mie corde vocali mi avrebbero abbandonato quel giorno, era una certezza più che un presentimento.

"DANNATO COGLIONE, COSA CAZZO STAI FACENDO?!"

Quello balzò in aria per la seconda volta, rivolgendomi un luminoso sorriso che spense parte della mia ira funesta.

Si passò una mano tra i capelli imbarazzato, aprendo la fogna per parlare ma tenendo gli occhi chiusi.

"Baku.. Se non mangio io non funziono!" esclamò con la bocca ancora impastata di sonno.

"DANNAZIONE!" urlai fuori dai gangheri, infilandomi le scarpe ed aprendo la porta.

"Hai quindici secondi per raggiungere la cucina. Ti aspetto lì. Se fai tardi ti ammazzo con le mie mani. E poi ti ammazzo di nuovo per sicurezza".

Pronunciate tali parole, mi fiondai incazzato come un cinghiale a preparare il caffè.

Perché non ero andato a lezione senza di lui?

Perché diamine mi ostinavo a vivere come se fossi stato la sua cazzo di madre?

Il fottuto ritardatario impiegò ben più di quindici secondi a portare le chiappe in cucina, ma me lo feci andar bene comunque.

Dopo che mangiò ed assunse le medicine, lo trascinai con la stessa foga di un maratoneta in aula, la cui cattedra era ovviamente nelle mani della mummia di merda.

Entrammo di soppiatto mentre il bastardo era intento a scrivere velocemente alla lavagna.
Parlò senza nemmeno voltarsi, sparando le sue parole fulminee come proiettili.

"Mi rincresce che la mia lezione abbia interrotto il vostro ciclo di sonno, Bakugo, Kirishima".

Non riuscii a trattenere la furia.

Mi voltai verso Capelli di Merda, intento a prendere posto, felice come un fastidioso bambino il giorno di Pasqua e sghignazzante come al solito.

"MALEDETTA TESTA DI MERDA!" sbraitai, puntandogli un dito rovente addosso.

In quel momento.
Proprio in quel preciso, dannato, maledetto momento.

La risata contagiosa del Rosso cominciò a risuonare per l'aula.

E, come per effetto domino, tutti i compagni cominciarono insieme a lui.

Rimasi per un attimo completamente senza fiato.

Soltanto allora realizzai che Capelli di Merda era tornato per davvero.

Come prima, come sempre.

Come aspettavo da quella che mi era sembrata una vita intera.

Niente tirocinio, niente ospedale. Era lì, in carne ed ossa, sulle sue gambe, ed aveva portato la sua allegria insieme a quel ciuffo uniforme di capelli rossi cremisi in classe.

Mai avrei pensato che proprio io sarei stato l'ultimo tassello di quel fastidiosissimo domino.

E, con la mano a coprirmi la bocca, anche io risi.

Era tornato tutto come prima.

Con la sola, impercettibile, minutissima differenza che seduto come un coglione nel banco di fianco al mio non c'era più Kirishima Capelli di Merda Eijiro.

C'era l'unica fottuta persona che avrei voluto al mio fianco.

In ogni caso, mai fui più felice di ricevere un turno in più di pulizie.

"Voi due teste calde vi siete perse l'avviso." farfugliò il Sensei, una volta recuperata la serietà.

"Che cosa cazzo c'è adesso?" domandai allarmato.

In quel fottutissimo zoo non c'era un attimo di maledetta pace.

"Il linguaggio, Bakugo." mi riprese la mummia. Poi continuò.
"Per questioni di sicurezza non potremo concedere vacanze estive. Se però i vostri genitori saranno d'accordo, il corpo docenti ha optato per una settimana in Italia. La gentilissima famiglia di Yaoyorozu ha messo a disposizione della scuola un alloggio".

L'espressione estasiata di Kirishima fu impagabile.

A me non fece né caldo né freddo.

Era soltanto un'ennesima rottura di coglioni.

Mentre le Comparse di Merda persero tempo a discutere degli eventuali dettagli, io mi persi come un coglione a rimuginare sul mio problema preferito, Capelli di Merda.

Non avevo ancora metabolizzato la sorpresa del giorno prima, e soltanto al pensiero mi si chiudeva la bocca del fottutissimo stomaco e la bile cominciava a solleticarmi la gola.

Come diavolo avevo fatto ad innamorarmi di lui?

E soprattutto, come diavolo avrei fatto a smettere?

Mi ero cacciato in un dannato casino. Ma sarei riuscito ad uscirne.

O almeno, così credevo.

In poco tempo Kirishima si riprese, e fu dimesso definitivamente dall'ospedale. Da quel momento in poi, il maledetto viaggio in Italia fu confermato in un battibaleno.
Secondo il parere di quel sorcio marcio del preside, dati gli ultimi stressanti avvenimenti, ci saremmo meritati tutti una settimana di puro svago.

E fu così che mi ritrovai una settimana dopo con il culo piantato su un cazzo di maledettissimo aereo, circondato dagli starnazzi eccitati delle ochette del cazzo e dalla voce tremante di Capelli di Merda, terrorizzato a morte dal volo.

Io e lui, dalla sera della macchina fotografica, che per inciso mi portai appresso, non passammo più alcuna notte insieme.

Tanto meglio.

Dormivo meglio da solo.

Quel Rosso maledetto lasciò cadere una silente barriera tra me e lui, ed io gliene fui grato. Non mi premurai nemmeno di indagare sulla questione.
Finalmente sarei riuscito a dimenticarmi di lui.

Lo guardai paralizzato sul sedile accanto al mio, mentre induriva periodicamente i capelli, non riuscendo a controllare il dannato quirk dalla strizza.

Gli strinsi involontariamente la mano, nel tentativo di farlo smettere di tremare come una foglia, disturbando il mio sacrosanto sonno.

Una settimana.

Esattamente una settimana.

Avevo sette dannatissimi giorni per cacciare fuori dalla mia mente Capelli di Merda e costruire qualcosa di nuovo.

Allora non immaginavo che li avrei usati per innamorarmi perdutamente di lui.

Per raggiungere il punto di non-ritorno.

E per distruggere tutto.

Quando atterrammo nella fottuta Sicilia il cielo blu cobalto e il sole accecante per poco non mi spaventarono.

Era legale una simile atmosfera?

Mi convinsi al secondo minuto che fosse il posto perfetto per me. Il sole bruciava sulla pelle ed io mi sentii irrimediabilmente a mio agio.

Certo, tutta quella gita parve ai miei occhi come una gigantesca perdita di tempo e rottura di cazzo, ma non ebbi altra scelta.

Ne avevo le palle piene, di non avere altra scelta.

Appena fuori dall'aeroporto, tre limousine che urlavano fottiti in culo alla povertà erano parcheggiate, ad attendere soltanto i nostri culi stanchi.
Brillavano nere e lucide, con la scritta Yaoyoricca Company sulla dannata portiera.

E mentre tutte le comparse di merda, compreso Kirishima, starnazzavano emozionate durante il viaggio lussuoso, io ne approfittai per accendere il telefono e scrivere alla vecchia befana ed al suo sottomesso di merda che l'aereo era precipitato e non era rimasto nessun superstite.

Impiegammo un paio d'ore a raggiungere la reggia della modesta e per niente esibizionista Yaoyorozu.

Era una villa immensa, ubicata proprio sulla riva del mare. Un mare che mai avevo visto in vita mia.

Ad accoglierci nella gigantesca hall fu una ragazza dall'aspetto composto e androgino, minuta e visibilmente a disagio, forse un po' fuori contesto se considerato l'intero stuolo di camerieri e governanti tirati a lucido nella loro divisa.

Le nostre valigie occuparono quasi tutto lo spazio disponibile, ed eravamo talmente stanchi dal volo che avremmo potuto collassare sul pavimento in marmo di lì a qualche secondo.

"U-Uhm.." bisbigliò la ragazza, scostandosi i capelli biondo cenere dal viso e sistemandoseli dietro alle orecchie. Le ricadevano lisci sulle spalle, chiare e pallide, in contrasto con tutte quelle abbronzate della maggior parte degli italiani.

Aveva indosso un paio di jeans scuri, la cui estremità scompariva morbida dentro un paio di anfibi neri, decisamente troppo caldi per il contesto.

La t-shirt rossa con il logo di spider man che aveva indosso era sporca di terra, ed io riuscii soltanto a pensare quanto quel dannato colore mi tormentasse continuamente.

"Benvenuti.." bisbigliò con un'enfasi tale che avrebbe fatto invidia a Tamaki del cazzo.

"Io, uhm, non sono molto brava in queste cose." mormorò fissandosi la punta degli stivali, per poi scuotere il capo e rialzarlo verso di noi.

Ad occhio e croce era una nostra coetanea. Il suo giapponese era impeccabile, proprio come quello di tutti coloro che lavoravano in quella villa. Ma noi lo avremmo scoperto soltanto di lì a poco.

"Mi chiamo Rosie. Non mi occupo di accoglienza, perciò spero passiate sopra all'abbigliamento poco idoneo".

Un fottuto gattino striato fece la sua comparsa in quel momento, nascondendosi timido dietro le gambe della ragazza e facendo tintinnare il fastidiosissimo campanellino che portava al collo.

"Oh, e lui è Castagna. Mi aiuta a prendermi cura del giardino." aggiunse, indicando la palla di pelo. "Va pazzo per le caramelle, perciò cercate di non fargliele vedere, altrimenti non ve lo leverete più di torno".

Il mio sguardo cadde fulmineo su Capelli di Merda, con le mani irrimediabilmente nelle tasche, alla ricerca delle caramelle.

Dannato idiota.

"Beh, tornando alle cose serie, Giulia, la responsabile accoglienza, ha avuto un imprevisto stamattina, perciò eccomi qui al suo posto. Le vostre camere sono già pronte, si trovano al secondo piano." affermò passandosi imbarazzata una mano dietro la nuca.

"Sono stanze doppie, perciò dividetevi in gruppi da due ed attaccate alla vostra valigia il numero della camera che avete scelto. Al resto penserà lo staff." aggiunse, tirando fuori dalla tasca un ammasso informe di cartellini numerati.

"Ci penso io!" esclamò Iida, facendosi avanti energico e raccogliendo le targhette.

"Uhm, che altro dire... La signorina Momo conosce la strada, perciò potrà farvi lei da guida. Al regolamento e le comunicazioni penserà lo staff più tardi. Giulia, per essere più precisi, quando avrà la decenza di riportare qui il cu.. cchiaio, il cucchiaio per girare la cena".

Ghignai malizioso.

Aveva fegato, la Comparsa.

"Se avete bisogno di ulteriori informazioni prima dell'arrivo di Giulia, mi trovate in giardino. Vi auguro una serena permanenza!" esclamò tirando un sospiro di sollievo, forse felice del fatto di essersi in fretta liberata di noi e di quella situazione imbarazzante.

Mosse passi veloci verso il retro della gigantesca scalinata, voltandosi indietro soltanto una volta dopo essersi resa conto che il campanello della palla di pelo non le fece eco.

Il gatto era già appollaiato sul piede di Kirishima, con una cartaccia di caramella vuota in mano e i denti aguzzi in bella mostra.

Il rappresentante si parò di fronte al gruppo, passando due cartellini con lo stesso numero a Present Mic e Aizawa, i due accompagnatori.

"Dunque, formiamo le coppie!" esclamò tronfio, mettendo su un sorriso degno di una fracca di legnate sul naso.

Che gran rottura di cazzo.

Avrei voluto dividere la stanza con un bel cazzo di nessuno, ma a quanto pare sembrò essere una opzione non contemplata.

Alzai le spalle irritato e colmo di rabbia, sperando almeno di essere affiancato a MerDeku, in modo da poterlo far saltare in aria durante il sonno.

Rimasi fermo, nella quasi totale certezza che, forse, lui si sarebbe avvicinato a me.

Come sempre d'altro canto, come ogni dannatissimo giorno dal momento in cui gli aprii uno spiraglio per entrare a far parte della mia merdosissima vita.

Quel maledetto Rosso però non si avvicinò.
Mi regalò un'occhiata malinconica, per poi darmi le spalle ed avvicinarsi al Bastardo Diviso a Metà con passo un po' troppo spedito.

Che cazzo significa tutto questo?

Non seppi che mi prese.

Fui io, per la prima, fottutissima volta a raggiungerlo.

"Oi, Capelli di Merda." ringhiai infastidito.

Si voltò teso, con gli occhi colmi di qualcosa che per un attimo mi parve quasi gratitudine.

"Dimmi, Baku!" rispose fingendo un dannato sorriso.

"Vai a prendere due cazzo di cartellini".

E lui, con i denti da squalo ancora di fuori, ubbidì in silenzio, mostrandomi il pollice indurito in segno d'assenso.

Qualcosa non andava, ma supposi si trattasse soltanto di un mio presentimento.

Se c'è una cosa che ho imparato però, è che i maledetti presentimenti non sono mai soltanto presentimenti.

Le stanze erano luminose ed accoglienti, e quando io e Capelli di Merda entrammo, ci lanciammo subito in un intenso dibattito.

"Il letto vicino alla finestra è mio." ringhiai varcando per primo la soglia della camera e scrutandola attentamente.

"Te lo scordi!" rispose quello, catapultandosi sul MIO letto come un dannato bambino dispettoso.

Lo seguii a ruota, incazzato già alla prima iterazione.

"NON OSARE PRENDERMI PER IL CULO, DANNATO PETARDO!" sbraitai afferrandolo dalla canottiera nera e tirando su il suo busto.

Si stava sbellicando dalle risate.

Che cazzo ci trovava di così divertente nella mia rabbia?

Allungò una mano indurita sulla mia maglietta, tirandomi al suo fianco e lasciandomi di stucco.
Poggiò le dita sui miei fianchi, ondeggiandole lentamente in quello che sembrò, che cazzo era, solletico?

le mie labbra si mossero da sole, ed io cominciai involontariamente a ridere come un maledetto babbuino.

Dunque è questo il fottuto solletico?

"SMETTILA SUBITO, KIRISHIMA, ALTRIMENTI TI AMMAZZO!" sbraitai cercando di prendere fiato.

Le nostre risa riecheggiarono per la stanza.
Non riuscii a fermarmi, in nessun modo.

Forse perché, in fondo, non lo volevo davvero.

Imitai i suoi movimenti, scoprendo che il Rosso non riusciva, proprio come me, a reggere il solletico.

Ma non potevo dargliela vinta.
Quello era il mio cazzo di letto ed il tutto era oramai diventato una questione di stato.

Le sue dita si mossero impertinenti lungo tutto il mio busto, ed io risi come mai in vita mia, fino a sentire male alla bocca dello stomaco.

Fino a sentir male in un angolo remoto della mia coscienza, che stava gridando a squarciagola quanto avessi dannatamente sbagliato tutto.

Somigliò ad un fottuto incubo.

Il migliore della mia vita.

Fu Capelli di Merda a mettere un freno a quella pagliacciata, fermandosi ad un palmo dal mio viso, con gli occhi sgranati e lucidi, fissi sulla punta del mio naso.

La punta del suo indice indurito si posò sul mio viso, sfiorandolo lentamente.

Sentii la pelle andare completamente a fuoco e pregai di non arrossire bellamente proprio di fronte a lui.

Che cazzo gli era preso?

"Baku.." sussurrò serio, con una luce abbagliante che brillava nelle sue pozze rosse.

Rosse come il fuoco.

Come l'amore.

"Che c'è?"

"Hai le lentiggini.."

Le dita del rosso continuarono a sfiorare delicatamente la mia pelle, levandomi tutta la tranquillità.

"Ma che cazzo dici?!"

Quello sorrise, illuminando la mia fottuta giornata e facendomi domandare un altro paio di milioni di volte perché non stessi ancora divorando quelle labbra perfette.

Ma cosa cazzo vai a pensare?

"N-no, te lo giuro! Alla luce del sole si vedono.. sono bellissime!"

Il suo entusiasmo mi strappò via l'ossigeno dai polmoni, e tutta la meraviglia che riempì i suoi occhi grandi mi fece pensare che forse avrei potuto ringraziare la vecchia befana ed il sottomesso di merda per quelle lentiggini, che mai mi accorsi di avere.

Ad accorgersi di un po' troppe cose fu però il Rosso, che prontamente spalancò la fogna una seconda volta.

"Hai le guance rosse. Il solletico ti ha stancato troppo, Blasty?"

Maledetto stronzo.

Feci per scrollarmi di dosso quel maledetto seccatore, ma ci pensò il terzo nuovo inquilino della stanza a farlo balzare in aria al mio posto.

Un miagolio echeggiò squillante per la camera.

"Oh, Castagna!" esclamò Kirishima scattando fulmineo verso di lui.

"Piantala di dare caramelle a quel gatto, lo farai stare male." lo ammonii immediato, fissando la bestiolina intenta a fare le fusa ai piedi del Rosso.

Quello mi sorrise in risposta.
"Gliene ho data soltanto una, sciupafeste!"

Ancora quel dannato sorriso.

Approfittai del momento per ricominciare a respirare e per concedere al mio corpo un po' di ossigeno.

Mi sarei dovuto liberare di quel sentimento il prima possibile.

Il prima possibile.

Spendemmo il resto della giornata sistemando roba ed imparando ad orientarci ed erano tutti davvero troppo stanchi, me compreso, per poter pensare a qualcosa di diverso al di fuori del letto.

Il pranzo e la cena furono deliziosi, anche se dimenticai in fretta i nomi di tutte le pietanze che deliziarono il palato della classe.

A partire dal giorno dopo, tutte le Comparse avrebbero cominciato ad organizzare ogni sorta di attività, ma io mi tirai fuori da ciascuna di esse.

Ci pensò Capelli di Merda ad includermi, ed io gliel'avrei fatta pagare davvero cara.

Il Fulminato riuscì ad estrapolarsi l'idea di una partita a poker per la sera seguente, ed io non mi cimentai nemmeno ad immaginare il pollaio che sarebbe scaturito da quella notte. Il solo ideatore fu una garanzia sufficiente.

Con il trascorrere delle ore mi resi però sempre più conto che Kirishima mi stava lasciando indietro, concedendo la maggior parte del suo tempo e dei suoi sorrisi  alle altre Comparse, di cui non mi era mai fregato un cazzo di niente.

Fu così che, poco prima di andare a dormire, mi ritrovai seduto nella gigantesca sala al primo piano, con una tazza di pregiatissimo té fumante in mano, e la voglia di strangolare chiunque avesse osato avvicinarsi troppo al Rosso.

La serata più strana della mia vita era in procinto di cominciare.

A farmi compagnia c'erano, mio malgrado, MerDeku ed il Bastardo Diviso a Metà, seduti nella poltrona di fronte alla mia, intenti a starnazzare in merito a questioni che non mi interessavano per un cazzo di niente.

"Non lo so, Todoroki-kun, mi sembra di essere perseguitato dalla sfortuna!"

Trattenni un ghigno a stento.
Chi cazzo non avrebbe goduto nel perseguitare quel rammollito?

Non biasimai per niente la Sfortuna. Poverina, si stava soltanto divertendo con Dekummerda.

"Hm, che intendi?" rispose il Bastardo, decisamente più enfatico del solito.

"Intendo che ogni volta che provo a chiederle di uscire succede qualcosa! Prima l'allarme antincendio, poi la caduta dalle scale, i freni della bicicletta rotti, la mosca nel gelato, l'assalto delle ragazze della sezione di supporto, la tuta che si strappa, la saliva di traverso, il piccione ferito per strada, le-"

"Okay, okay, ho capito." lo fermò l'altro, interrompendo il piacevole elenco.

Non riuscii a trattenermi.
"Oh no, fallo continuare ancora un po'." ghignai, sinceramente divertito, sorseggiando il té con estrema noncuranza.

Il Bastardo mi rivolse un'occhiata fredda, quasi consigliandomi implicitamente di non rigirare il dito nella piaga, cosa che ovviamente feci più che di proposito.

Me ne battei bellamente il cazzo dei suoi consigli impliciti.

"Rassegnati, MerDeku. Stai sul cazzo anche al Creatore." aggiunsi ridacchiando sarcastico e nascondendo il viso nella tazza ancora una volta.

Quando riemersi, ritrovai il Broccolo con gli occhi bassi, fissi sul pavimento, proprio come quelli di Capelli di Merda quando rifiutavo i suoi inviti insensati.

Perché cazzo Kirishima s'insinuava in ogni mio dannato pensiero?

Quel coglione aveva tinto di rosso ogni parte del mio subconscio.

"M-mi sa che hai proprio ragione, Kacchan".

Una punta di senso di colpa mi pizzicò un fianco, ma fu solo per un fugace, veloce momento.

Todoroki mi rivolse un secondo sguardo severo, che fece immediatamente sparire il mio preludio di tenerezza, sostituendolo con del sano fastidio.

"È stata solo un po' di sfortuna, non prenderla male." provò a dire il Bastardo, ma la mia lingua biforcuta si mosse di nuovo, più avvelenata che mai.

"Macché fortuna e fortuna, sei un rammollito del cazzo e basta." grugnii, preparandomi divertito a ricevere una nuova occhiataccia.

Stavo facendo perdere la pazienza al Bastardo, l'attività migliore della fottuta giornata.

"Non mi sembra che tu, dall'alto della tua esperienza, possa parlare, Bakugo." affermò secco Todoroki, accendendo in me una rabbia che, a contatto però con i ricordi, si spense in un baleno.

"Tu non lo sai che cazzo ho combinato recentemente,  dunque tappati quella fogna, Comparsa di Merda".

La mia risposta accese in quei due deficienti qualcosa, ma non riuscii mai a spiegarmi di che cosa si fosse trattato.

"Stai uscendo con qualcuno, Kacchan?" rispose il Broccolo incuriosito, con un po' troppa merdosissima meraviglia nel tono.

"No e non sono cazzi tuoi".

Quel coglione e Faccia Tonda non sarebbero mai riusciti a combinare qualcosa. Non finché quel rammollito non si fosse dato una svegliata.

Non che mi interessassero le loro inutili diatribe, ma avevo un peso enorme che gravava sulle mie spalle, quello del debito. Sia nei suoi confronti, sia in quelli di Kirby.

"Chiudila in una fottuta pasticceria e butta la chiave. Si può sapere che diavolo aspetti?" ringhiai secco, ingoiando un altro sorso di té, colto da un impeto di bontà, mista a senso del dovere e fastidio.

Quello sgranò i cazzo di occhi in risposta. Fui però soddisfatto nel vedere in TodoMerda la stessa identica reazione.

"V-vorrei ma succede sempre di tutto, e le poche volte che penso sia il momento giusto m-mi blocco!"

Ghignai amaro, tirando fuori i consigli dal mio subconscio più nero.

O rosso, a seconda dei punti di vista.

"Datti una mossa prima che te la portino via, maledetto ritardato".

Il suo stupore aumentò sempre di più.

Io a far salotto con MerDeku e il Bastardo Diviso a Metà?
Dovevo essermi del tutto rincoglionito.

Feci per portare via il cazzo, ma il Verde balzò in aria entusiasta.

"H-hai ragione, Kacchan! Non voglio che me la portino via! Vado a prendere il q-quaderno dove ho scritto tutte le potenziali frasi di invito, così mi dici quale preferisci!"

E così sparì, senza nemmeno il tempo di dire col cazzo.

Rimasi da solo con il Bastardo, e nella stanza ricominciò a regnare il silenzio.

Io e quello lì non avremmo mai avuto niente da dirci.

Parlavamo lingue diverse, e supposi che mai saremmo riusciti a trovarne una in comune.

Ovviamente sbagliai.

Dopo qualche minuto infatti, un ticchettio sordo disturbò il mio rito del té.

Proveniva dalle dita affusolate di Todoroki, con lo sguardo fisso sul suo cazzo di libro, apparentemente immerso nella lettura.

Un tocco, poi un altro.

Tic.

Tac.

Pausa.

Poi ancora.

Tic.

Tic.

Conoscevo quella lingua, la conoscevo meglio di chiunque altro.
Mi fu davvero impossibile ignorarla.

Passai più di sei anni della mia vita a parlarla con MerDeku, ai tempi in cui il coglione era davvero convinto di poter diventare un eroe.

Per inciso ce l'ha anche fatta, ma non avrei scommesso su di lui nemmeno un capello.

Era un codice morse, ed io compresi al volo, fingendo comunque noncuranza ancora più di lui.

Lo decifrai in silenzio, prestando attenzione ad ogni segnale, che arrivava lento e straripante di flemma.

D  O  V  R  E  S  T  I

Pausa.

I  N  V  I  T  A R L O

Pausa.

A D

Pausa.

U  S  C  I  R E.

Mi si gelò il sangue.

A chi cazzo si stava riferendo?

Come diavolo aveva fatto a capire?

Per un momento rimasi senza fiato, ricevendo dal Bastardo lo stesso merdoso consiglio che avevo dato a quel rammollito di Deku.

Risposi al messaggio battendo i segnali con rabbia, con il piede, sul merdoso pavimento in marmo.

F  A  T  T  I

Pausa.

I

Pausa.

C  A  Z  Z  I

Pausa.

T  U  O  I.

Il Bastardo rimase impassibile, riprendendo a picchiettare con il dito.

O  K.

Quella risposta mi fece incazzare ancora di più.

Che cazzo significa ok?!

Sapeva sempre come farmi infuriare.

Forse avrei dovuto davvero chiedere di uscire a Capelli di Merda.

Altrimenti, avrei finito per perderlo.

O forse stava già succedendo.

Allontanai però quel pensiero e ripresi a concentrarmi sulle questioni più urgenti, ovvero insultare il Bastardo diviso a metà in codice morse.

F  O  T  T  I  T  I.

La risposta non tardò ad arrivare.

O  K.

Prima di infuriarmi ulteriormente e far saltare in aria la villa che non avrei potuto risarcire a Yaoyoricca nemmeno prostituendomi per il resto della mia fottutissima vita, pensai a dove cazzo si fosse cacciato MerDeku, alla ricerca del maledetto quaderno da tempo oramai indefinito.

"Si stanno studiando, secondo voi?"

"Stanno comunicando, Bro! Con la fottuta telepatia!"

Mi voltai istintivamente fulmineo verso l'entrata, scoprendo con non poca sorpresa tutte le fottute Comparse, Deku compreso, sulla soglia, con gli occhi sgranati e colmi di meraviglia, puntati su me e Todoroki.

"Che cazzo, Denki, Sero, vi avevo detto di stare zitti!"

Mi andò la merda al cervello.

"CHE CAZZO AVETE DA SPIARE VOI, AH?!"

Ed in un attimo si dileguarono tutti, sghignazzando come fottutissime scimmie.

Rimase solo Dekummerda, col maledetto quaderno in mano.

"Ecco, K-Kacchan, queste sono le frasi c-che ho pensato di usare!"

Glielo strappai di mano, aprendolo controvoglia giusto per farmi quattro risate.

Il mio occhio cadde su una frase, ridicola e imbarazzante. Quasi quanto l'autore.

"Il cielo splende stasera, oh Angelo, e forse dovremmo andare a raccogliere delle conchiglie sulla riva del mare?!"

Faticai molto per non scoppiargli a ridere in faccia mentre gli sbattevo in addosso la sua pessima capacità relazionale.

Il Verde alzò lo sguardo speranzoso, luminoso come un raggio di sole.

"D-dici che dovrei usare questa?"

Trattenni un altro ghigno.

"COME CAZZO SEI RIUSCITO A PARTORIRE UN SIMILE SCEMPIO, AH, MERDEKU?"

Il rammollito tornò a fissarsi la punta delle scarpe.

"Con una frase così azzeri tutte le probabilità, idiota." aggiunsi secco.

Deku si voltò verso Todoroki, in cerca di consolazione.

Rimasi soddisfatto nel sentire la risposta di quell'ameba.

"Ha ragione".

Un po' di rassegnazione attraversò gli occhi di Midoriya.

"Dunque come dovrei chiederglielo?"

Alzai gli occhi e il culo dalla poltrona, pronto a portare via il cazzo da quella stanza e finalmente riposarmi, dal momento in cui ero ancora rincoglionito dal lungo volo.

"Adesso ascoltami bene." Ringhiai serio.

"Sì, Kacchan!"

"Prendi dei fottutissimi appunti."

"Sì, Kacchan!"

"Studia a memoria questa maledetta frase e usala. E non osare mai più rompermi i coglioni per simili puttanate."

"Okay, Kacchan!"

"VUOI."

"Okay. Vuoi."

"USCIRE."

"Uscire, sì, posso farcela".

"CON ME?"

"Con me, bene, l'ho scritto".

Interminabili secondi trascorsero prima che il Verde riprese la parola.

"Poi?"

Per un attimo mi si offuscò la vista.

"POI BASTA, DEFICIENTE!"

"Ah".

Alzai i tacchi, stufo di perdere tempo con quelle due Comparse.

"G-grazie, Kacchan!"

Fanculo, fottuto MerDeku.

Ci pensai un attimo.
Perché mi stavo contenendo?

"Fanculo, fottuto MerDeku".

Quando raggiunsi la mia stanza, Capelli di Merda era già in pigiama, seduto sul letto ed intento a smanettare con lo smartphone.
Anche lui sembrava stanco, il volo non fu di certo una passeggiata, soprattutto per lui, che si era cagato nelle mutande per circa 13 ore consecutive.

Nel momento in cui entrai mi rivolse un caldo sorriso, e nulla più.
Aveva perso la maledetta favella, ed io non compresi che cazzo gli stesse passando per la testa.

Sembrava non essere più Capelli di Merda.

Cominciai addirittura a credere di aver commesso un torto nei suoi confronti, un abominio tenendo conto del fatto che il Re delle Esplosioni Mortali non conosce morale né senso di colpa.

Mi cambiai nel bagno e raggiunsi a passo spedito il mio letto, quello attaccato alla finestra, che alla fine Kirishima mi aveva galantemente ceduto, perendo di fronte alla suprema forza del Re delle Esplosioni Mortali.

Mi coricai in silenzio, senza saper bene che cosa dire o cosa fare.

Maledetto Rosso. Riusciva sempre a mettermi in maledetta difficoltà.

I miei occhi corsero fulminei da un lato all'altro del soffitto, scrutandolo attentamente, minuto dopo minuto.

Faceva un caldo insopportabile ma ero abituato alle temperature infernali.

Capelli di Merda forse un po' meno, ma dovevo piantarla di preoccuparmi per lui.

Ci pensai e ripensai, arrovellandomi nel suo silenzio che faceva decisamente troppo rumore.

Di' qualcosa.

Allontanai quel pensiero, tirandomi un doloroso schiaffo morale.

L'odore di nitroglicerina si sparse per la stanza ed io stavo nuovamente perdendo il dannato controllo.

Di' qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Non mi venne in mente un cazzo di niente.

Che cosa avrei potuto dirgli?

Con quali parole avrei potuto spiegare tutto il maledetto casino che avevo in testa?

Come avrei potuto spiegargli che era l'altra metà della mela, della mia mela?

A me non era mai mancata nessuna metà.
Prima di incontrare le sue labbra.

Mi scervellai per minuti interi, giungendo alla conclusione che non avrei detto un cazzo di niente, per il bene della mia salute mentale e della villa, decisamente sul punto di saltare in aria.

Non avrei detto proprio un cazzo di niente.

Nemmeno una parola.

Nemmeno una.

...

"Il cielo splende stasera, oh Angelo, e noi forse dovremmo andare a raccogliere delle conchiglie sulla riva del mare".

Cosa cazzo hai appena detto, Katsuki?

Per un attimo avvertii il selvaggio impulso di prendermi a martellate la lingua, strapparla via e darla in pasto ai sorci di fogna.

Poi rinsavii, ricordando che la colpa era soltanto, come sempre, di quel bastardo di MerDeku, e che avrebbe scontato la mia ira non appena fossi riuscito a riemergere dal mare di merda e imbarazzo in cui mi ero ficcato a causa sua.

Il rosso inclinò il capo di lato, evidentemente confuso, lasciando sfuggire dalle labbra una sonora risata.

"Che hai detto, bro? Vuoi andare a raccogliere le conchiglie in spiaggia?"

Non avevo altra scelta. Oramai il dado era tratto ed io avevo soltanto voglia di riprenderlo e spaccarlo in faccia a Dekummerda.

"Seh".

"Uhm, ma non sei stanco?"

"Seh".

"E vuoi andare a raccogliere le conchiglie?"

"Seh".

"In spiaggia".

"Seh".

"A mezzanotte passata".

"Seh".

Molto probabilmente mi aveva preso per pazzo.

Eppure lui, evidentemente più rincoglionito di me, balzò in piedi.

"Allora andiamo!"

Forse Deku sarebbe sopravvissuto alla mia ira.

Il deficiente agguantò il telefono e la maniglia della porta, rivolgendomi uno sguardo.
"Che fai ancora seduto?"

"Sei in pigiama."

Quello alzò le spalle e ridacchiò.

"È buio e non ci vede nessuno, Baku, andiamo!"

E mi lasciai trascinare.
Dal rosso, dalla mia linguaccia di merda, e dalle idee di MerDeku del cazzo.

Sgattaiolammo silenziosi sul retro della villa, affacciata sulla lunga, deserta spiaggia sabbiosa.

Nessun regolamento andava contro quell'uscita, eppure, forse per abitudine, ci muovemmo silenziosi, temendo che qualcuno ci sorprendesse.

Quando cominciammo ad affondare i piedi nella sabbia, Capelli di Merda si liberò delle scarpe, lasciandole abbandonate sul bagnasciuga.
Io, un po' controvoglia lo imitai, seguendolo poi verso la riva.

Si precipitò come un bambino a bagnare i piedi, ed io sorrisi nel guardarlo, perché anche quando mi incasinava il cervello era fottutamente bellissimo.

Cosa cazzo vai a pensare?

Mi avvicinai ancora, lasciando che l'acqua del mare bagnasse le dita dei miei piedi, e soffermandomi sul cielo immenso e colmo di stelle, che mai avevo visto così grande.

"Non è bellissimo, Baku?" domandò il Rosso voltandosi verso di me, illuminato soltanto dai raggi della luna.

Sì, come te.

Annuii secco, abbozzando un sorrisetto e rimanendo ad ammirare quella maledetta testa di cazzo.

"Come facciamo a cercare le conchiglie? Non si vede molto!" esclamò fissando per terra e muovendo un po' di sabbia con i piedi.

Chi cazzo se ne fotte delle conchiglie?!

Alzai le spalle con noncuranza.
"Le raccoglieremo domani allora".

Quello annuì in risposta, muovendosi sempre di più verso il mare, arrivando ad immergersi fino alle ginocchia, con l'acqua che bagnava la punta dei suoi pantaloncini rossi di Crimson Riot.

Inspirai.

Decisi di prendere il merdoso toro per le corna e di affrontare i problemi a muso duro.

Posso farcela.

I battiti del mio cuore accelerarono al solo pensiero.

"Oi, Capelli di Merda, ti ho fatto qualcosa?"

Lui sembrò non capire.

"Mh?"

"Intendo, ho detto qualcosa che ti ha.. uhm.. infastidito?"

Quello inclinò il capo da un lato, evidentemente colpito dalle mie parole, che pronunciai con estrema fatica, fissando la sabbia bianca e sottile.

Non negò.
Per un attimo ragionò bene prima di parlare.

"No, Baku. Perché questa domanda?"

Fui il mio turno per pensare.

Non riuscii a dirgli tutta la verità, e forse anche lui si trovò nella medesima situazione.

Eravamo soltanto due bambini con i piedi bagnati dall'acqua salata, in un'afosa notte d'Agosto, circondati da mezze verità e paure.

"Perché mi è sembrato che tu.. insomma, che ti sia un po' rotto il cazzo di me".

Kirishima sobbalzò visibilmente, avvicinandosi a me sempre più, colmo di stupore ed incredulità

"N-no! No, bro, come caspita ti viene in mente! È il contrario, Katsuki. Ho sempre paura di darti fastidio e vorrei farlo il meno possibile..." sussurrò a denti stretti.

In quel momento non mi sorrise.

In effetti rompeva il cazzo, quel Rosso. Me lo rompeva continuamente.

Ma io, nella vita, non avrei più saputo cosa fare, senza quel perenne fastidio.

Senza il suo ciuffo rosso.

Senza i canini da squalo che prendevano a morsi tutte le mie certezze, riducendole a brandelli.

Capelli di Merda era la luce.

Ed io vissi nel buio, fino a quando non lo incontrai.

"Nel momento in cui mi infastidisci troppo, ti ammazzo. Dunque se sei ancora in vita, insomma, vuol dire che è tollerabile." farfugliai sconnessamente, cercando di dirgli di non smettere mai di infastidirmi. Di continuare per sempre.

Quello mi fissò per qualche secondo, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

Eccola di nuovo, la mia luce.

"Stasera sei proprio strano bro, lasciatelo dire!" esclamò sghignazzando, ed immergendo le fottute manacce nell'acqua, schizzandomi addosso come un bambino dispettoso.

Ricambiai infastidito, ricevendo nuovamente lo stesso identico scherzo.

Le sue risa crebbero con il rumore dell'acqua e la nostra conversazione si concluse così, annegando nell'acqua salata.

"MI BAGNI IL PIGIAMA, RAZZA DI MENTECATTO!"

"PAZIENZA, DORMIRAI NUDO!"

La rabbia ricominciò a prendere possesso di me e delle mie azioni mentre cercavo di vincere con prepotenza la gara di schizzi senza bagnarmi.

"ADESSO TI AMMAZZO, CAPELLI DI MERDA!"

Ma lui rise ancora e ancora, portandosi un indice indurito sulle labbra.

"Ssssh! Parla a voce bassa, sveglierai tutti!"

Quanto cazzo mi era mancata quella frase.
Mi arrivò diritta al cervello, regalandomi una scossa lungo la spina dorsale.

Faceva un fottio di caldo quella sera.
Ed io ricordo i brividi di freddo.

A quel punto allora bisbigliai, in modo tale che soltanto lui mi riuscisse a sentire.

"Ti ammazzo, coglione".

Ed in quel momento, soltanto allora, la mia coscienza ammise la mia totale ed incondizionata resa.

Mi piaci dannatamente, coglione.

Fradici e zuppi come due stracci, al termine della lotta, optammo per restare qualche minuto sul bagnasciuga, evitando di rientrare e bagnare i pavimenti pregiati della villa della Riccona.

Kirishima passeggiava lungo la spiaggia, ed io lo seguivo lento, camminando al suo fianco, con l'animo più leggero ma sempre più colmo di dubbi.

Ad un certo punto si bloccò. Con la mano sinistra indicò il cielo, ed un sorriso caldo gli si disegnò sulle labbra.

Avrei voluto baciarle ancora, soltanto per una volta.
Divorarle voracemente fino a consumarle, per un ultimo, dannatissimo secondo.

"Quelle tre stelle, le vedi?"

Io annuii secco, evitando di dirgli che ne stavano brillando a centinaia nel cielo, e che difficilmente avrei saputo riconoscere quelle che stava indicando.

"Somigliano alle tue lentiggini".

Per un attimo mi parve di essere sul punto di prendere fuoco.

Non seppi cosa rispondere, né cosa fare.

D'istinto, mosso da non so ancora quale cazzo di motivo, avvicinai la mano alla sua, stringendola titubante.

Lui, sempre con il viso spigoloso rivolto al cielo e quel sorriso disegnato, ricambiò la stretta, aggiungendo altro calore, altre scosse al mio povero corpo, decisamente già sotto stress.

Ricominciamo a camminare, ed i nostri passi erano scanditi dal rumore dei piedi che affondavano sulla sabbia.

E da quello dei battiti del mio cuore, maledetto stronzo, che non ne volle sapere di rallentare.

Camminammo per minuti interi, senza dire una parola.

Soltanto io e lui, il mare, le stelle, e quella mano intrecciata alla mia.

Non avrei voluto lasciarla mai più.

Con la punta dell'indice, nel silenzio dei nostri casini, avvinghiati gli uni agli altri, battei silenzioso l'indice sulla mano di Eijiro.

Era un codice morse.

M I.

Pausa.

P I A C I.

Lui ridacchiò di fronte al mio tocco, con le guance e la punta del naso più rossi del solito, completamente all'oscuro del mio messaggio.

Non aveva capito un beato cazzo, quel deficiente.

Ma a me andava bene così.

Quando tornammo in camera i vestiti erano oramai quasi asciutti, ma le nostre dita ancora avvinghiate.

Per evitare di separarle, scelsi di riservare un posto nel mio letto, quello proprio sotto la finestra, a Capelli di Merda.

Lo avevamo capito entrambi, sin dal primo momento.

Nel letto accanto alla porta non avrebbe dormito un cazzo di nessuno.
Forse soltanto Castagna.

Ed io maledii in silenzio il fottuto quaderno di MerDeku.

La mano ruvida e calda di Kirishima.

Ed il merdosissimo codice morse.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top