26. Tutto il tempo del mondo

Ronzio, chiacchiericcio, battito del cuore, sonno, fame, buio.

Ronzio, chiacchiericcio, silenzio, tachicardia, aria, dolore, buio.

Ronzio, chiacchiericcio, confusione, nero, luce, freddo, buio.

Dove sono.

Cosa sto facendo.

Non riesco a svegliarmi.

Ogni parte del mio corpo era indolenzita e dolente.

Avevo sonno, Dio, quanto ne avevo.

Eppure volevo riuscire ad aprire gli occhi, a capire dove mi trovassi.

I ricordi vividi mi tornarono alla mente.
Lo fecero però in ordine sparso, confuso, caotico.
L'operazione di cattura di Overhaul, lo scontro con Rappa, il momento prima del buio.

Cosa diavolo era successo?

Forse sono morto?

È questo, quello che si prova, una volta finito tutto?

Beh, se non altro non ero all'inferno.

Non ancora, almeno.

L'odore nauseabondo dell'ospedale mi riempì le narici, ed io cominciai ad ipotizzare di trovarmi a tutti gli effetti in quella dannata struttura.

Quanto odiavo gli ospedali.
Dalla morte di mia nonna in poi rifiutai categoricamente di metterci piede.
Persino quando, all'età di 8 anni, caddi dalle scale, tagliandomi un braccio, evitai di andare, optando per una cucitura grezza e home-made, che mi lasciò una pessima cicatrice sulla pelle.

Inspirai a fondo, ma fallii miseramente.

Persino respirare faceva male.

Cercai così di muovere lentamente gli arti, riscontrando una risposta soltanto dalle dita delle mani. Il resto era completamente immobilizzato.

Gesso, forse?

Ero paralizzato?

Per un attimo fui assalito dal panico.

Iniziai a percepire un sapore amaro in bocca, amaro come il veleno.

Dovevo svegliarmi.

Apri gli occhi, Eijiro.

Lo sforzo fu immane.
La luce illuminò con prepotenza i miei occhi, che videro tutto, dannatamente sfocato.

Dovetti provare più volte prima di riuscire a mettere a fuoco almeno una delle tante figure.

Ebbi un tuffo al cuore quando ci riuscii.

Katsuki, Bakugo Katsuki, ad un palmo dal mio viso, con gli occhi arrossati e sgranati fissi sui miei.

"B-Baku?" balbettai flebilmente, riscontrando dolore estremo anche nel parlare.

Il biondo sembrò deglutire con forza. Indugiò prima di proferire parola.

"C-capelli di merda?"

Rimasi interdetto. Il resto del mondo sembrò non esistere più.
Lui era lì, davanti a me, a prestarmi tutte le sue attenzioni, con gli occhi lucidi ed il viso contorto in un'espressione rigida, quasi stesse cercando di trattenere le sue emozioni.

Stavo sognando?

"B-baku?"

"Cazzo! Porco Cazzo! Capelli di Merda!" esclamò balzando in aria e tuffandosi goffamente, e forse irresponsabilmente, su di me.

Fece un male fottuto.
Fece un bene fottuto.

Tutte le mie ossa urlarono di dolore sotto il suo peso.

Ma fu il dolore più dolce di tutta la mia esistenza.

Mi strinse forte in un abbraccio interminabile e stretto, nascondendo il viso nell'incavo della mia spalla.

Cosa sta succedendo?

Perché mi trovo qui?

La mia testa doleva in maniera inenarrabile.

Il respiro del biondo divenne irregolare.
Soltanto io mi accorsi che versò qualche lacrima, nascosto lì, all'insaputa di tutti.

Perché sta piangendo?

Ero ancora troppo confuso per realizzare tutto.

La sua mano si strinse leggera tra i miei capelli, aumentando l'intensità di quell'indimenticabile abbraccio, che tentai in tutti i modi di ricambiare, senza però riuscirci.

Chissà come cazzo erano combinati, i miei capelli.
Cercai di non pensarci, ed allontanai il pensiero proprio come feci con l'insopportabile dolore fisico che stavo provando.

Eravamo lì, stretti come mai prima di quel momento, talmente tanto che per un attimo dimenticai tutto, sentendomi irrimediabilmente a casa.

Proprio così, quell'abbraccio sapeva di casa.

"Sei qui, cazzo, sei qui..." sussurrò a tono impercettibile, permettendo soltanto a me di udirlo e muovendo la mano tra i miei capelli in quella che mi sembrò una genuina carezza.

Quando Katsuki alzò la testa, piantò il viso ad un palmo dal mio. Non lo avevo mai visto ridotto in quello stato. Le occhiaie, le pupille arrossate, il naso rosso.
Cosa gli era successo?
Chi gli aveva fatto del male?

Era comunque davvero bellissimo.

Fece per parlare, ma prima di farlo prese un profondo respiro.

Nitroglicerina.

"DANNATO PEZZO DI MERDA, COSA CAZZO HAI COMBINATO, ME LO SPIEGHI?! ADESSO TI FACCIO FUORI CON LE MIE MANI, FOTTUTISSIMO IRRESPONSABILE!"

Bakugo Vaniglia se l'era già filata a gambe.

Ma io ero troppo debole per controbattere, e mi sentivo ancora parecchio confuso.

"MA DICO IO, SEI TOTALMENTE SCEMO, BAKUGO?! PRENDETE QUEL MENTECATTO!"
Era una voce femminile.
Forse Yaoyorozu? Jirou?
Anche loro si trovavano lì?

Quello che sembrò il nastro adesivo di Sero avvolse la bocca di Bakugo, e lo allontanò di scatto da me, mentre si dimenava e agitava come un cavallo impazzito e furente.

Fu soltanto in quel momento che ebbi la totale visione della stanza.

C'erano tutti, e non si tratta di un'esagerazione.

La quantità di persone stipate là dentro rasentava l'impossibile, e dovetti sbattere più volte le palpebre per rendermi conto che non era un'allucinazione.

I miei compagni erano tutti lì a riempire fino all'orlo la stanza. Mina, Sero, e Denki erano seduti al mio fianco, con le dita della mia mano sinistra strette tra le loro.
C'era anche Tamaki-Senpai insieme a loro, accasciato su uno sgabello dall'aria davvero scomoda.
Il mio sguardo volò veloce all'angolo più lontano della stanza. Lì, seduto a braccia conserte, si trovava niente meno che Fat Gum. Al suo fianco, Aizawa Sensei, Present Mic, Midnight e persino All Might.
I miei genitori e Bakugo erano invece alla mia destra, ed alle loro spalle intravidi Tetsutetsu e Kendo.

Tutti gli occhi erano puntati su di me.
Mi sentii tremendamente a disagio.

Che cosa diamine ci fanno tutti qui?

Deglutii invano, sentendo la gola sempre più secca.

Il mio intero corpo supplicava pietà, ed ogni singolo lembo di pelle bruciava come l'inferno.

Avevo sonno, dannatamente sonno, ero confuso, e non compresi il perché di tutto quell'affollamento.

Il battito del mio cuore accelerò più del dovuto.
Cosa avrei dovuto dire?

Tentai di passarmi una mano imbarazzata dietro alla nuca, constatando di essere completamente fasciato ed immobilizzato dal collo in giù, come una ridicolissima mummia.

Abbozzai un sorrisetto, faticando molto a muovere i muscoli del viso e a fingere noncuranza.

Dove sono?

Che giorno è

Cosa è successo?

Optai però per un commento decisamente più leggero, ipotizzando che la presenza di tutta quella gente fosse dovuta ad un guaio combinato dal sottoscritto.

Pendevano tutti dalle mie labbra, fissandomi ad occhi spalancati in attesa forse di qualcosa.

"Mi sa proprio che l'ho fatta grossa, questa volta!" esclamai con voce flebile e gracchiante, sforzandomi al massimo per pronunciare quelle parole e sorridere.

"D-dannato stupido!" urlò Mina al mio fianco, scoppiando improvvisamente in un pianto liberatorio, immotivato ai miei occhi.
Fu stretta forte dalle braccia amiche di Sero, il cui viso subito dopo fu rigato da un mare di lacrime.

"ORA POSSIAMO INSULTARLO QUINDI, AH? LEVATEMI QUESTA MERDA APPICCICOSA DI DOSSO! DEVO STRANGOLARE QUEL COGLIONE!"
Katsuki si fece sentire di nuovo.

I miei genitori furono al mio fianco in un attimo. C'era persino papà. Il mio papà.

Fu come un effetto domino.
Mina fu la prima, e dopo di lei, chi prima e chi dopo, iniziarono tutti a versare qualche lacrima.

Non capii.
Che cosa avevo combinato?

Nella mia mente i pensieri erano annebbiati, ed io avevo soltanto sonno.

Soltanto sonno.

Stavano piangendo tutti.
In quella dannata valle di lacrime, cercai istintivamente lo sguardo della persona più razionale che mi venne in mente, convinto di trovare almeno in lui un po' di lucidità.

Fui sorpreso però di scoprire che anche gli occhi di Todoroki Shoto erano pieni di lacrime. Di fronte al mio sguardo spaesato abbassò il capo, nascondendosi lievemente dietro la chioma folta di un Deku, anche lui singhiozzante, sorretto da un paio di stampelle.

Perché piangono?

Soltanto Bakugo rimase esente dal pianto.
Era troppo occupato ad urlare e dimenarsi, attirando così in poco tempo l'attenzione dei medici.

Quando l'uomo in camice bianco si precipitò frettoloso all'interno della stanza, per poco non ebbe un mancamento.

"CHE COSA CI FANNO QUARANTA PERSONE QUI DENTRO?" urlò al limite della pazienza.

Non ricevette alcuna risposta.
Calò il silenzio assoluto. Persino Bakugo smise di agitarsi.

"Questo è un ospedale! L'ambiente deve rimanere sterile, soprattutto in terapia intensiva! Uscite tutti immediatamente!" sbraitò l'uomo, sobbalzando nuovamente una volta rendendosi conto della mia veglia e precipitandosi al mio fianco.

Fu Aizawa a parlare in quel momento, asciugando prima con l'indice la lacrima che gli stava rigando la guancia.
"Dovremmo rimanere all'interno della struttura, dottore. Il ragazzo è sotto la protezione della Lega dei Pro Heroes, ed al momento è in corso una guerra. Abbiamo bisogno di rimanere nei paraggi, per la vostra e la nostra stessa incolumità".

Lega dei Pro Heroes?
Guerra?

Che cosa diamine era successo mentre dormivo?

Soltanto poco tempo dopo scoprii che quella del Sensei fu una clamorosa balla.
Una balla che permise a tutti di rimanere al mio fianco.

Il dottore alzò le spalle rassegnato, recuperando immediatamente la lucidità. Rispose al sensei, ma tutte le sue attenzioni erano rivolte a me.

"Se è così allora non c'è altra scelta.
Cercate comunque di non fare troppo baccano e di rimanere sterili".

Decisi di intervenire, dal momento in cui, seppur confuso, dolorante, e ad un passo dalla perdita di coscienza, non volevo stare rinchiuso in quel posto di merda.

"Scusi, dottore, io invece potrei andare a casa mia?" domandai, tentando ancora una volta di muovermi ma ricordandomi delle bende.

Quello sorrise, e molti altri all'interno della stanza lo fecero insieme a lui.

"Adesso dormi ancora un po', Eijiro, ne riparleremo più tardi." sussurrò.

Stremato decisi così di ubbidire, e caddi nuovamente nel sonno e nell'incoscienza, risvegliandomi soltanto qualche ora dopo.

Fu un riposo tormentato. Ricordo vagamente il via vai dei medici, le flebo, la vista appannata, e l'eccessivo dolore.
Tutto sommato sarebbe potuta andare peggio.

Quando rinsavii la stanza non era più gremita di gente.
Al mio fianco ritrovai soltanto Bakugo, Mina, Sero, Denki, e Tamaki.

Fu Denki il primo ad accorgersi di me.
Mi rivolse un luminoso sorriso, il migliore di quella giornata, carico di dolcezza e apprensione.
Mosse la mano in segno di saluto, ed io ridacchiai in risposta, ricordandomi ancora una volta di essere immobilizzato.

Le attenzioni di tutti si spostarono verso di me.
Sguardi bui, stanchi. Quell'atmosfera mi fece quasi male.

Cominciai a recuperare sempre più lucidità, rendendomi finalmente conto, poco a poco, della situazione.

La mia testa doleva ancora, ma mi sentii sempre meno confuso.
Ebbi l'impulso di alzare il busto, ma persino quel movimento mi fu impossibile.

Avrei voluto chiedere un milione di cose. Scelsi però di cominciare dalla più importante, nel caso in cui mi fossi addormentato di nuovo.

Non esitai a parlare.

"Che cosa è successo?" domandai.

Fu Sero a rispondere per primo.
"È una settimana che sei qui, bro".

Ebbi un tuffo al cuore.
Soltanto in quel momento iniziai a realizzare.

"U-una settimana?"

Il nero annuì.

La mia voce uscì roca dalla mia bocca, e parlare mi costò immensa fatica.

Tutto il mio corpo era in preda ad un dolore incessante, continuo, e soltanto in quel momento realizzai la gravità della situazione.

Tamaki spiccicò parola soltanto in quel momento. Il suo tono fu più basso del solito.
"Se non ti fossi svegliato oggi avrebbero iniziato gli esami per certificare il coma irreversibile, Kiri.."

Coma irreversibile?

Mina appoggiò lentamente la fronte sulla mia mano. In poco tempo cadde nuovamente in preda ai singhiozzi.

Mi spezzò il cuore quella visione.

Era colpa mia.

Nemmeno lo sapevo, quello che era successo, ma era colpa mia.

Mossi lievemente le dita della mano, sfiorando il viso della ragazza lievemente.

"N-non piangere, dai.." farfugliai, sentendomi totalmente impotente, inerme su quello schifo di lettino.

Mina volse il viso rigato dalle lacrime verso di me.
Non l'avevo mai vista ridotta in quel modo.
"Eiji, coma irreversibile, lo capisci? Capisci che ti avremmo perso? Che saresti rimasto su questo lettino per sempre?"

Il suo dolore fece più male di una coltellata.
Mi sentii in colpa, tremendamente in colpa.

"Adesso finiscila, Occhi da Procione. Lo fai stare di merda così." intervenne Katsuki, fin troppo calmo, rimasto in religioso silenzio fino a quel momento.

La ragazza ammutolì nell'immediato, annuendo ed asciugandosi le lacrime con la punta dell'indice affusolato.

Il mondo doveva essersi capovolto in quel preciso istante.

"Scusa.." sussurrò, tornando a poggiare la fronte sulla mia mano, senza più singhiozzare.

"Ce la siamo proprio fatta sotto stavolta, Eiji.." farfugliò Denki, cercando di camuffare il dolore con un goffo sorriso.

Lentamente iniziò a salirmi il magone.
Avevo fatto soffrire così tante persone?

Le lacrime iniziarono a sgorgare lente dai miei occhi, e non riuscii a far nulla per impedirlo.

"Non piangere, Capelli di Merda." tuonò Bakugo imperativo dal lato opposto a quello degli altri 4.

Si avvicinò a me velocemente, rivolgendomi uno sguardo.

"Vuoi alzare il busto?" domandò comprendendo al volo il mio disagio.

Annuii con sicurezza, ed il biondo armeggiò lento con il lettino.

"Bakugo, i medici hanno detto che-"

Sero fu subito interrotto.

"So cosa stracazzo hanno detto i medici." asserì fulmineo Bakugo, per poi rivolgersi a me.

"Se senti dolore avvertimi. Hai capito, petardo?"

Annuii ancora, senza capire il motivo di quella premessa.

Lentamente Katsuki alzò lo schienale del lettino, ed io cominciai subito ad avvertire un profondo senso di sollievo.

Poco dopo provai però un dolore lancinante, ma mi morsi la lingua e mi trattenni dal parlare.
Ogni mia vertebra sembrò sul punto di prendere fuoco, ma andò bene anche così.
Ero bravo a sopportare il dolore.

Quando fui semiseduto, il biondo smise di alzare lo schienale, ed io riuscii finalmente a guardare tutti con chiarezza.

Le mie lacrime cominciarono a bagnarmi le guance, ma furono subito tamponate da un fazzoletto, stretto nella mano di niente meno che Katsuki.

"Ho detto che non devi piangere, hai capito, coglione? Noi stiamo tutti bene." mi ammonì ancora.

Aveva colto in pieno il motivo del mio dolore.

Incapace di proferire parola annuii ancora, in preda al dolore, alla confusione, e al senso di colpa.

"Cosa mi è successo?" farfugliai indicando le mie fasciature con un cenno del capo.

"Cosa ti ricordi?" intervenne Denki, portando le dita al mento pensieroso.

"Fino alla lotta con Rappa".

Kaminari abbozzò un sorrisetto.
"Beh, bro, lo hai spaccato. Però ti sei spaccato un po' anche tu, ecco".

Ridacchiai soddisfatto. Avevo compiuto il mio dovere allora, dopotutto.

"Non sono rotto. Mi sono solo un po' ammaccato!" esclamai sorridendo in risposta è tirando su con il naso.

La tensione nell'aria cominciò a sciogliersi.

"Ossa spappolate, emorragie interne, ti hanno operato un paio di volte.." sussurrò Mina.

"Per questo sono immobilizzato?" domandai curioso.

Gli altri annuirono.

Tutto sommato sarebbe potuta andare peggio.

"Ho ancora il mio quirk? Quando mi leveranno queste bende?"

Tamaki-Senpai soffocò una risatina sotto i baffi.
"Hai ancora il tuo quirk, ma non cercare di usarlo, peggioreresti le tue condizioni. Per i movimenti bisognerà vedere, Kirishima. Forse è meglio che tu chieda ai medici." farfugliò evitando il mio sguardo.

"Digli la verità, Senpai del cazzo." intervenne Bakugo. Il suo sguardo era fisso sul pavimento. Composto, serio più che mai. Katsuki fu l'unico a non dare cenni di sofferenza alcuna.

Tamaki trasalì.

Quale verità?

Nessuno spiccicò parola.

"Quale verità?" domandai poco dopo, dando direttamente voce ai miei pensieri.

"Insomma, Kiri, i medici non sono sicuri se potrai, ecco, tornare a fare quello che facevi prima, ecco."
Il tono e l'evidente difficoltà negli occhi di Denki mi allarmarono più del dovuto.

Mi rivolsi verso Bakugo, l'unico dal quale avrei potuto ottenere delle risposte.

Lui comprese al volo. Era attento ad ogni mio movimento, ad ogni singolo cenno, come mai prima di quel momento.

"C'è la possibilità che tu possa rimanere paralizzato, Capelli di Merda".

Per un attimo sentii il fiato mancarmi.
Fu solo però un dannato, veloce momento di panico.

"È una possibilità o una certezza?"

Il biondo ghignò soddisfatto, puntandomi addosso gli occhi color cremisi, quelli che amavo così tanto.

"Una possibilità".

La mia preoccupazione si dissolse in una frazione di secondo.
Sapevo che ce l'avrei fatta, ogni cellula del mio corpo lo sapeva.
E a quanto pare Katsuki credeva in me.

Sorrisi sollevato.
"C'è altro che devo sapere?"

"Beh, Bakubro si è fatto espellere dalla scuola." intervenì Sero ghignando.

"STAI ZITTO, COMPARSA DI MERDA!"

"Cosa?!"

"È Aizawa si è inventato un sacco di palle per far restare tutti qui".

"Ma cosa cazz.."

"La UA è totalmente ferma dal giorno dell'incidente."

Troppe informazioni tutte in una volta.

"Ah, Aizawa-Sensei ha anche adottato Eri-chan".

"E i pro Heroes ti hanno portato un sacco di regali. Credo di averne aperto qualcuno, volevo dare una sbirciatina.."

La mano di Mina si spiaccicò contro la guancia di Denki.
"Questo non dovevi dirglielo, tonto!"

Scoppiai in una fragorosa risata, che accese nuovamente in me un dolore profondo.

Restammo a chiacchierare per ancora qualche minuto, ed io cominciai sempre più a riprendere confidenza con il mio corpo.

Andava tutto bene.
È stato solo un pessimo incidente.

Soltanto un pessimo incidente.

Nessuno volle raccontarmi i dettagli dell'espulsione di Katsuki, ed io rimasi sconcertato di fronte alla sua totale accondiscendenza.

I ragazzi decisero di avvertire i miei genitori del mio risveglio e di concedermi un po' di tempo insieme a loro.
Da quel che avevo capito, erano tutti all'interno dell'ospedale, in attesa della mia ripresa.
Si davano il cambio ogni tre ore, in modo da non lasciarmi mai solo.

Non lo ero rimasto nemmeno per un fottuto minuto.

Tutte le persone che conoscevo erano restate al mio fianco.
Soltanto per me.

Solo e soltanto per me.

Prima che i ragazzi si allontanassero, Mina rimase in stanza con me ancora per un po'.

"Bakugo si è fatto espellere per venire qui." pronunciò non appena restammo soli.

La guardai interrogativo, in attesa del continuo.

"Quando Aizawa ci ha dato la notizia del tuo incidente, è totalmente impazzito. Voleva venire qui a tutti i costi, ma la città non era ancora sicura, e il sensei ha tentato di impedirglielo. Lo ha minacciato d'espulsione, avvertendolo che senza il diploma non sarebbe mai potuto diventare un eroe".

Il racconto mi levò il fiato.

"E come è andata?" sussurrai esterrefatto.
Il mio cuore cominciò a scalpitare, ed io non seppi nemmeno come reagire.

"Bakugo non vuole che tu lo sappia, ma penso che sia giusto così. Si è levato la felpa della scuola e ha urlato che non gliene fregava un cazzo. Ha detto di non essere interessato a diventare un eroe, ed è schizzato via in una frazione di secondo".

Lo aveva fatto davvero?

Non era possibile.

Bakugo doveva diventare l'eroe numero uno, per niente al mondo avrebbe mai rinunciato a quel sogno.
Perché aveva reagito così?

Ero totalmente confuso.

Rimasi a bocca spalancata.
Iniziai a sentirmi in colpa ed estremamente agitato. Nella mia mente soltanto l'immagine di Katsuki che rinuncia al sogno di una vita per colpa mia.

"Ho combinato un enorme casino.." sussurrai.

Quella rise per la prima volta, scompigliandomi i capelli e rivolgendomi un sorriso.

"L'importante è che tu sia qui con noi, con me, Eiji. Al resto troveremo una soluzione, te lo prometto!"

Quella frase mi rasserenò.

"Mina.."

"Dimmi tutto."

"Puoi abbracciarmi?"

La Rosa non esitò, ed in un attimo mi strinse delicatamente tra le braccia, come se fossi stato un tesoro prezioso sul punto di frantumarsi.

"Rimedierò a questo casino." sussurrai in preda al rimorso.

"Non devi rimediare a un cazzo di niente, Kiri. Siamo noi in debito con te. Hai combattuto come un vero eroe. Il più virile di tutti!"

Se ne avessi avuto la possibilità, avrei stretto quella ragazza a me senza lasciarla andare mai più.

Trascorsi il resto della giornata tra il sonno e la veglia.
Tutti i compagni e i professori mi fecero visita, dandosi il cambio di tanto in tanto. Vidi numerosi medici i quali mi ripeterono sempre le stesse cose, e sopportai qualche iniezione, che tutto sommato non fece nemmeno troppo male.

Gli amici risollevarono il mio morale, nonostante mi sentissi ancora parecchio confuso e stanco.

Verso sera le cose migliorarono ulteriormente, tanto che chiesi il permesso di poter passare ancora un po' di tempo con i miei compagni.

Dal momento in cui le mie condizioni di salute iniziarono a stabilizzarsi, sarebbero tutti stati rimandati a casa e costretti, a partire dal giorno dopo, a farmi visita soltanto negli orari designati, in non più di due persone alla volta.

Nessuno avrebbe mai immaginato tutto quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

Mina e Bakugo furono i primi ad entrare nella stanza, ed io fui estremamente grato di averli al mio fianco.

Lentamente però, ad intervalli di cinque minuti le une dalle altre, cominciarono ad affollare la stanza sempre più coppie.

"Ci muoviamo due a due per non destare sospetti!" si giustificò Denki facendo schioccare la lingua sul palato.

Lo stupido piano funzionò egregiamente, tanto che in poco tempo tutta la sezione A era nuovamente stipata nello stanzino.

"Siamo troppi qui dentro!" esclamò Iida ammonendo tutta la classe in una sola frase.

"Non se tieni la fogna chiusa, razza di Quattrocchi di merda!" rispose prontamente Bakugo, sempre posizionato alla mia destra, attento ad ogni mio singolo movimento.

Mina diede stranamente corda al biondo, sfoggiando un sorriso sornione e malizioso.
"Kiri vuole passare la serata con noi, insomma, basterà non fare troppo baccano!"

Persino il rappresentate cedette, e Yaoyorozu fece in modo di fornire uno scomodissimo sgabello a tutti i presenti.

Mi venne quasi da ridere a vederli tutti ammassati lì, a pendere dalle mie labbra.

"Come ti senti, compare?" domandò Mineta, avvicinandosi con lo sgabello al lettino sempre di più.

L'impulso fu quello di grattarmi la nuca, ma ovviamente non riuscii a farlo.

"Non c'è male!" esclamai forzando un sorriso.

"Vorrei ringraziarvi per tutto questo, ragazzi." farfugliai subito dopo, sentendomi davvero in debito nei loro confronti.
Come avrei potuto ripagare tutto quell'affetto, tutta la loro cura?

"Nessuno qui ti ha fatto un favore, Kirishima.
Siamo rimasti perché lo volevamo, e perché ti vogliamo bene, kero!" ribatté Tsuyu velocemente.

Mi si scaldò il cuore. Avrei voluto abbracciarli tutti, uno per uno, e giurai a me stesso che, una volta recuperata la mobilità, lo avrei fatto.

Prima che potessi rispondere, Sero balzò in piedi euforico.
"Dunque, che possiamo fare?" domandò sfoggiando un sorriso.

"Che intendi?"

"Insomma, Kirishima si sarà un po' rotto le palle di visite e piagnistei. Facciamo qualcosa, chessò, un gioco!"

Acconsentirono tutti immediatamente.

Non potevo muovermi, ma evitai di ricordarlo ai presenti. Ero curioso di vedere che cosa sarebbero riusciti ad inventare.

"Facciamo il gioco della catena!" propose Uraraka.

Impiegammo circa un quarto d'ora a far capire le dinamiche del gioco a Denki, ma alla fine sembrò aver capito.

Sembrò.

"Quindi bisogna tipo dire una parola, e quello dopo deve tipo dirne un'altra che comincia con l'ultima parola?"

"NON HA CAPITO DI NUOVO UN CAZZO!" Esclamò a quel punto Bakugo, infiammandosi.

L'intervento di Jirou sembrò calmare tempestivamente le acque.
"Denki, sillabe, le SILLABE. Devi dire una parola che comincia con l'ultima sillaba della precedente. Non è difficile".

"Potresti farmi un esempio?" domandò quello grattandosi il mento.

"Cuculo, lombrico, coccodrillo, lontra, e così via."

Il biondo sembrò pensarci su.

"Quindi bisogna elencare le bestie?"

Katsuki si intromise prepotentemente di nuovo.
"NON CI CREDO, PORCA DI QUELLA TROIA!"

Ma Jirou salvò la situazione di nuovo.
"Ho un'idea! Perché non cominci tu, Denki? Forza, spara la prima parola che ti viene in mente, al resto pensiamo noi".

"Uh, okay, così è facile!"

"PARLA, FULMINATO DEL CAZZO, PARLA!"

"Va bene, va bene. Allora io dico POPPE!"

Da quel precisissimo istante cominciò il delirio.

"PETO!" sghignazzò Mineta passando il turno.

"Tornante." Farfugliò Yaoyorozu tentando di ristabilire l'ordine.

Fu tutto inutile.

"TETTE!" incalzò Sero.

Io cominciai a ridere sempre di più, parola dopo parola.
Tutto il mio corpo doleva, ma non pensai nemmeno per un instante di fermarmi. Avevo bisogno di quel baccano, di ricordare a me stesso che ero ancora vivo, e che sarebbe andato tutto bene.

La faccia scandalizzata di Deku e Uraraka fu una delle parti più divertenti.
Motivo per il quale Bakugo rincarò la dose ghignando, dispettoso come un bambino.

"TESTICOLI." ringhiò fiero, lanciando la patata bollente ad una ben più lucida Hakagure.

"Limitrofi!" continuò, smorzando l'ilarità generale e voltandosi verso Koda.

Quel giorno, anche lui parlò. E non solo.
Decise di continuare con quell'infantile, bellissima pagliacciata.

Impiegò un po' prima di trovare il coraggio.
Dopodiché, davanti agli occhi increduli di tutti, lo fece.

"F-FIGA!" esclamò coprendosi il volto imbarazzato.

Un boato si levò dalla stanza.
Sero e Denki furono i primi a dare il via.

"HA PARLATO, RAGAZZI, HA PARLATO!" esclamò il biondo.

"DOVE CAZZO È LO SPUMANTE, DOVE, DOVE? DITEMI DOVE!"

Fu in quel momento che mi resi conto di avere un buco nello stomaco. Una voragine, a dirla tutta.

"Ragazzi, io avrei un po' fame." pronunciai a bassa voce, attirando l'attenzione di tutti, i quali si ammutolirono in un istante.

"Non puoi mangiare, Kiris-"

Bakugo intervenne nuovamente. Mai lo vidi così attivo e presente in compagnia degli altri prima di allora.

"Taci, MerDeku. Che cosa vorresti mangiare, Capelli di Merda?"

Ci pensai su.
Qualsiasi cosa sarebbe andata bene.

"È uguale." risposi ridacchiando, completamente spiazzato di fronte al suo comportamento da mamma apprensiva.

"Ordiniamo la soba." propose Todoroki, rimasto in silenzio prima di quel momento.

"Non possiamo ordinarla qui in ospedale, kero!" puntualizzò Tsuyu.

"Inoltre Kirishima non può mangiare, i medici si sono raccomandati." ribadì Momo, incrociando le braccia sul petto e fissando truce i presenti.

"I MEDICI POSSONO SUCCHIARMELO, CAPELLI DI MERDA VUOLE MANGIARE E MANGERÀ. DATEMI UN CAZZO DI TELEFONO".

Mi venne ancora da ridere, ma cercai con tutte le forze di trattenermi.

Nessuno osò più spiccicare parola, e in circa una manciata di secondi quel folle ordinò soba per tutta la classe.

"Come facciamo a portarla qui, genio?" domandò Mina in tono di sfida, rivolgendosi al biondo.

Quello ghignò fiero.

"Il corvo inutile farà da corriere." tuonò spostando le iridi verso Tokoyami, che trasalì immediatamente.

In una decina di minuti si ritrovarono tutti con un piatto di soba in mano, che rincuorò l'anima di ogni presente.

Rimasi per qualche minuto a fissare il mio piatto, poggiato sul comodino sterile, incapace di afferrarlo con le mie mani.
Per un attimo mi sentii perso, perso completamente. Sarebbe stata quella la mia vita, se fossi rimasto immobile per sempre?

La paura prese il sopravvento.
Fu Bakugo che, con fare stranamente disinvolto e calmo, allontanò tutti i cattivi pensieri.
Agguantò la ciotola ed avvicinò alle mie labbra un succulento boccone.

Mi sta imboccando?

"Non osare abituarti ad una cosa simile." ringhiò cupo, colmo di rabbia.
Sapevo che la sua era soltanto una maschera.

I battiti del mio cuore accelerarono in una frazione di secondo.
Sentii il viso prendere fuoco, ma cercai di accantonare le mie emozioni e di soffermarmi sul cibo.

Annuii ridacchiando, per poi accettare l'offerta del biondo, facendomi imboccare, sempre più compiaciuto, boccone dopo boccone.

Il fastidio stampato sul suo volto mi divertì sempre
di più, portandomi addirittura a momenti di indecisione assoluta, in cui non sapevo più se masticare o ridere prima.

Dopo poche cucchiaiate fui sazio, e bastarono per placare il mio appetito.

Non capii perché Bakugo avesse assunto un simile atteggiamento nei miei confronti.
So solo che valutai per un istante, uno solo, di farmi spaccare di botte ancora un altro paio di volte.

"NESSUNO DEVE SAPERE DI QUESTO PASTO, È CHIARO?!" tuonò Iida, pulendosi le labbra con un fazzoletto e rivolgendo ai ragazzi uni sguardo autoritario e terrorizzato allo stesso tempo.

Nessuno osò contraddirlo.

Il rappresentante aveva infranto volontariamente le regole quel giorno, e non solo.
Aveva anche pagato il conto per tutti.

"Adesso a cosa giochiamo?" intervenne Uraraka, più carica che mai, passando intanto tra gli sgabelli a raccogliere le ciotole vuote.

"GIOCO DEI MIMI A SQUADRE!" Propose qualcuno.

L'idea fu subito accolta. Denki decise però di aggiungere una regola.

"Alla fine di ogni turno, la squadra in svantaggio si leva i pantaloni".

Molti ignorarono quell'intervento, ignari del fatto che al biondo si sarebbe irrimediabilmente ritorto contro.

Cominciarono Tokoyami e Sato.

Il primo si spaparanzò per terra su un fianco, ammiccando con fare sensuale, mentre il compagno agitò una mano a mezz'aria, mimando forse una pennellata su una tela.

"OH, JACK, DISEGNAMI COME UNA DELLE TUE RAGAZZE FRANCESI!" mormorò il pennuto, evidentemente in imbarazzo.

Il pudore e il temperamento di tutti sembrò quel giorno essere completamente evaporato.

Non riuscii in ogni caso a trattenermi.
Scoppiai in una fragorosa risata, che fu interrotta soltanto da una voce estranea a quella dei miei compagni di classe.

"Cosa diamine state facendo?"

Di fronte all'entrata di All Might ammutolirono tutti.

L'eroe era lì, impalato di fronte alla scena, completamente impietrito, a corto di parole.
Avrei pagato oro per sapere cosa diavolo frullò nella sue mente quella sera.

Il silenzio fitto e imbarazzante fu spezzato dalla voce ferma di Iida.
La sua frase suonò quasi come un ordine, più serio che mai.

"Sensei! Lei oramai ha visto tutto, ed è un complice a tutti gli effetti. Non può più tornare indietro, lo capisce?! Adesso è costretto giocare anche lei. Si unisca alla squadra di Kaminari".

L'uomo, inaspettatamente, ubbidì in religioso silenzio, quasi spaventato di fronte all'autorità assoluta del capoclasse e carico di imbarazzo.

Non ricordo di preciso che cosa successe, né come arrivammo al punto di non ritorno.

So solo che risi fino allo sfinimento, e che quel buffissimo circo era stato messo in piedi solo e soltanto per me, per tirarmi su di morale.

Ma le sorprese per quella sera non erano ancora terminate.

La squadra di Sero si rivelò la più scarsa, e fu proprio Jirou ad aggiungere impavida del pepe alla sfida, ricordandosi della clausola aggiunta da Kaminari poco prima.

"Siete in svantaggio. GIÙ I PANTALONI!"

E così, il trio Denki, Hanta, e niente meno che All Might in persona, si ritrovò in pochi secondi con i boxer in bella vista, uno più ridicolo dell'altro, a dare il via alla loro ultima performance, quella definitiva.

Il pro heroes salì in piedi su uno degli sgabelli, rosso in viso, sollevando in aria Kaminari, inerme e divertito più che mai.

Il ragazzo dai capelli neri diede il via al canto, schiarendosi la voce prima di cominciare.

"NAAAAAAA ZVEGNAAAAAAA!"

Per un momento credetti di essere sul punto di soffocare dalle troppe risate.

E, esattamente allora, puntuale come non mai, eccola in arrivo.
La seconda, clamorosa, interruzione.

Proprio mentre Rafiki-Might stava sollevando in aria Simba-Denki, un ciuffo di capelli rossi fece capolinea dall'uscio, portandomi via almeno un centinaio di anni di vita.

I battiti del mio cuore accelerarono sempre più di fronte alla vista di quell'uomo.

Un'allucinazione?

Mi mancò l'aria nei polmoni.

Davanti a me, il solo ed unico Crimson Riot.

E davanti a lui, in déshabillé, Kaminari, Sero, e All Might intenti a dare il loro spettacolo.

"Ho.. ehm.. Interrotto qualcosa?"

Calarono silenzio e stupore sulla stanza.

Mina, fulminea come mai prima di quel momento,
calciò le ciotole impilate e vuote di soba sotto al lettino, eliminando tutte le prove in una frazione di secondo.

L'eroe biondo sobbalzò vistosamente, lasciando rovinosamente cadere a terra il povero Denki e scendendo dallo sgabello.

"O-oh! E-ehilà ragazzone, da quanto tempo!" Esclamò infilandosi in fretta i pantaloni al contrario e circondando le spalle del mio idolo con un braccio.

Non riuscii a credere ai miei occhi.

Crimson Riot a due passi da me.
Ed io non riuscivo nemmeno a muovermi per l'occasione.

Dannazione.

Era esattamente come lo avevo immaginato per tutta  una vita.

Alto, muscoloso, rosso, virile.

Avrei dato qualunque cosa per poter diventare come lui, un giorno.

Volsi istintivamente lo sguardo esterrefatto verso Bakugo.

"È Crimson Riot! Bakugo, è Crimson Riot!" sussurrai completamente in preda all'emozione.

Non sentii più alcun dolore.
Nessuna fitta, nessun sonno.
Niente di niente. Soltanto adrenalina allo stato puro.

I due parlarono come amici di vecchia data.
"Che diavolo stavi combinando, Toshinori?"

"Lunga storia.." tagliò corto quello, ridacchiando isterico e gesticolando nervosamente.
"Invece che ci fai tu qui? Ti credevo dall'altra parte del mondo!"

L'uomo sorrise divertito.
"In effetti è così. Sono volato qui all'ultimo minuto per far visita ad un eroe. È qui Red Riot?"

Gli sguardi di tutti i compagni si spostarono su di me.

Rimasi senza fiato.
Stracolmo di emozione, mi rivolsi nuovamente a Katsuki, ancora al mio fianco.

"Sono io Red Riot, Baku, sono proprio io!"

Quello rispose con un velato, lieve sorriso, più dolce del miele.

"Sì, sei proprio tu, Capelli di Merda".

All Might indicò il mio lettino al collega, che si voltò di scatto.

"Oh, ehilà, ragazzo!" esclamò deciso, muovendo la mano in segno di saluto, per poi rivolgersi ai miei compagni.

"Buonasera a tutti".

I ragazzi cominciarono a porre all'uomo qualsiasi tipo di domanda, ed io mi persi ad ascoltarlo, ancora  completamente incredulo.

Fu Bakugo in quel momento a prendere le redini della situazione in mano, sbraitando come al solito.

"FORZA, COMPARSE DI MERDA, È L'ORA DI SLOGGIARE. VUOLE PARLARE CON RED RIOT, NOI NON C'ENTRIAMO UN CAZZO!"

I miei compagni, strano ma vero, diedero retta al biondo, ed uno dopo l'altro cominciarono a congedarsi, promettendo di tornare il giorno dopo, soltanto durante l'orario di visita.

Avrei dovuto ringraziare adeguatamente quei ragazzi, che mi avevano mostrato tutto il supporto ed il bene che mai avrei creduto di meritare.

Bakugo fu l'ultimo studente ad uscire dalla stanza, seguito da All Might, comandato a bacchetta sempre da Iida.

Avrei voluto fermarlo e chiedergli di rimanere al mio fianco ancora per un po', ma non ci riuscii.

Fuggì lontano da me un'altra volta.
Ma io oramai avevo imparato a lasciarlo andare, anche nei momenti in cui l'avrei voluto tenere al mio fianco.

Non avevo ancora spiccicato parola a causa della troppa emozione.

Crimson Riot si avvicinò lentamente a me, ed io credetti di essere davvero sul punto di prendere completamente fuoco.

L'uomo esibì un sorriso smagliante, parlando nuovamente.

"Non ho mai visto così tanta gente in una stanza d'ospedale!" esclamò con voce roca e profonda.

Eijiro, parla.

Non osare rimanere in silenzio.

Tutto il mio stomaco era in completo subbuglio.
Spiccicare parola fu quasi impossibile, ma mi costrinsi a farlo, nonostante l'emozione.

"N-nemmeno io, mi creda!" risposi ridacchiando.

L'hero si sedette ai piedi del mio lettino, ricambiando la risatina.

"Dammi pure del tu, ragazzo. Red Riot, giusto? È un nome bellissimo!"

Quella frase mi lanciò direttamente nell'iperspazio.

"G-grazie! In realtà.. è un omaggio a lei, cioè a t-te. Aspetto questo momento da tutta la vita!"

Sa bene che è un omaggio, razza di cretino!

Piantala di balbettare.

L'uomo rise ancora. Si comportava proprio come me.

"Così mi lusinghi! Sai, non mi è nuovo come nome. Diversi anni fa avevo un piccolo fan che si firmava proprio come Red Riot. Mi spediva una montagna di disegni!" esclamò fiero.

Oh cazzo.

Non riuscii a trattenermi.

"Oh cielo! Quindi li hai ricevuti? Li hai visti davvero?"
L'emozione crebbe in me sempre più.

Quello rimase sorpreso nel constatare che il piccolo artista ero davvero io.
Tirò fuori dal costume il portafogli con un po' troppa foga, facendolo goffamente cadere per terra e precipitandosi a raccoglierlo.

"Puoi dirlo forte! Ho ritagliato il mio preferito e lo porto sempre con me!" esclamò, aprendo il portafogli e sventolando davanti al mio viso la sezione trasparente, all'interno della quale intravidi un disegno fin troppo familiare.

Ebbi un tuffo al cuore.

Lo avevo fatto io.

Quello era davvero il mio disegno.

"Lo hai davvero tenuto per tutto questo tempo?"

Crimson Riot rispose con ancora più euforia di me.
"Certo! Non immaginavo fossi tu quel ragazzino! Che magnifica coincidenza!"

Ero oramai tutto un fremito. Avrei voluto restare a parlare con l'eroe tutta la notte.

"Perché sei qui? Come fai a sapere della mia esistenza?"

L'uomo tornò serio, riponendo il portafogli e schiarendosi la gola.
"Beh, qualcuno mi ha chiamato e mi ha chiesto di venire qui. A grandi linee mi hanno raccontato della tua avventura, e mi sono detto che mai e poi mai avrei potuto perdere l'occasione di conoscere un simile studente!"

Sorrisi imbarazzato.

"In verità, come puoi vedere, sono stato solo d'impiccio. Guarda come mi hanno ridotto." farfugliai mortificato, accennando con il capo alle bende che rivestivano il mio corpo.

Quello rise di gusto in risposta, battendo una mano sul lettino e piantandomi gli occhi scuri addosso.

"Ti sbagli, ragazzo mio! Sei stato un vero e proprio eroe! Questi incidenti sono all'ordine del giorno,
tra noi Pro Heroes. Qualche viaggetto in ospedale è di routine, non preoccuparti".

Quelle parole mi rincuorarono come non mai.

"Ho sempre paura, in realtà. Sono insicuro, mi metto costantemente in discussione. A volte penso di non essere all'altezza dei miei sogni".

Crimson Riot smise di ridere, avvicinandosi ancora un po' a me e tirando un lungo, profondo sospiro prima di parlare.

"Mi ricordi proprio me alla tua età, sai?"

Un altro tuffo al cuore.

"Dici sul serio?"

"Altroché. Mi sono interrogato un sacco di volte su me stesso e sui miei comportamenti. Nella vita, spesso, sono fuggito da doveri, responsabilità, e chi più ne ha più ne metta. Lo facciamo tutti, in realtà, ragazzo. Tu semplicemente accusi il colpo due volte".

"In che senso?"
Non riuscii a seguire bene quel discorso, a primo impatto.

"Che sei sensibile. E la sensibilità è un dono ed un castigo, il contrappasso più lampante sulla faccia della terra. Qualsiasi sentimento è amplificato, vale esattamente il doppio".

Annuii silenzioso, iniziando a cogliere il filo logico nelle sue parole.

Mi ritrovai in quel discorso. Eccome se mi ritrovai.
Sapevo esattamente di cosa stava parlando.

L'uomo continuò, più fiero che mai. Una luce di speranza brillò nei suoi occhi, e in qualche modo accese irrimediabilmente anche i miei.

"Gli eroi più virili hanno bisogno di essere sensibili, Kirishima. Io l'ho imparato soltanto dopo tanti anni di esperienza. Perciò mettiti in dubbio sempre, contraddici tutto ciò che puoi, ragazzo, abbattiti nel modo peggiore che conosci".

Rimasi rapito dalle sue parole. Non mi persi nessuna sillaba, nessuna singola lettera pronunciata dall'uomo.
Mi feci cullare dai suoi discorsi magici, tornando, per una manciata di minuti, un bambino frignone dai capelli neri, pieno di insicurezze e voragini da colmare, seduto sul letto della sua stanza stretta, ad immaginare come sarebbe stato incontrare per davvero Crimson Riot. L'eroe più virile di tutti i tempi.

"Poi però prendi un respiro profondo, rialzati, e combatti. Per gli altri e per te stesso. Fai pace con i tuoi demoni, con le tue paure, con le tue ombre.
Nella vita crederai sempre di essere un passo indietro agli altri, Red Riot.

Ma lo farai semplicemente perché, in realtà, sei un passo avanti a tutti".

Quel discorso mi lasciò completamente brasato e muto come una torta di fiume.

Fu lì, sul lettino marcio di un ospedale in un'afosa serata di inizio agosto che io, Kirishima Eijiro, realizzai di valere davvero qualcosa.

Per la prima volta al mondo, la primissima volta, io capii di valerne davvero la pena.

Mi sentii pieno, saturo completamente.

Sentii tutte le energie scorrere all'interno del mio corpo ammaccato.

Avevo la forza necessaria per affrontare ogni cosa.

Avevo la forza necessaria per realizzare i miei sogni.

Non ero un pezzo di stoffa da buttare via.

Faticai molto per non versare qualche lacrima, ma tutto sommato riuscii nel mio intento.

Crimson Riot molto probabilmente notò il mio cambio di espressione, e se ne compiacque silenziosamente e profondamente.

"Sei il giovane eroe migliore che io abbia mai incontrato, Red Riot, lasciatelo dire".

La mia emozione continuò a crescere, ed io credetti di non riuscirne a reggere così tanta in una sera soltanto.

Le lacrime mi pizzicarono gli angoli degli occhi, ma io non le lasciai cadere.

"Io voglio essere come te, Crimson Riot!"

Quello rise di gusto alla mia platonica dichiarazione d'amore.

"Oh no, ragazzo. Tu sarai mille volte migliore di me, te lo assicuro".

Quelle parole rimasero impresse nella mia mente per sempre.

"Questo è il giorno più bello della mia vita." sussurrai a basso tono, sperando di non essere sentito dall'eroe.

Quello però sorrise ancora, scattando in piedi come una molla.

"Ho più poco tempo, ragazzo, il dovere mi chiama. Purtroppo tra qualche ora dovrò riprendere l'aereo e far ritorno in America. Mi dispiace averti dedicato così poco, ma spero che verrai presto a farmi visita, giusto?" domandò, allungandomi con fierezza un pezzetto di carta con su scritto un numero di telefono e mettendomelo tra le dita.

Oh cazzo.

Per poco non ebbi un mancamento.

Il numero di telefono di Crimson Riot. Tutto per me. Solo per me.

Iniziai a credere si fosse trattato di un sogno. Il più bello di sempre.

"C-certo!" esclamai euforico piegando il capo quando l'eroe posò la sua mano tra i miei capelli, scompigliandoli.
"Sarebbe un sogno!"

L'eroe rimase al mio fianco, sorridendo fiero.
"Per il momento pensa a riprenderti al 100%, Kirishima. Quando sarai di nuovo in forma e con il diploma in mano, valuta attentamente la mia proposta".

"Quale proposta?"

"Quella di raggiungermi in America. Potrei allenarti, ragazzo, tutto il tempo che vorrai".

L'aria smise di arrivare ai miei polmoni.
I miei occhi sgranati rimasero spalancati per un po'.

Giurai di aver addirittura sentito il mio cuore scalciare come gli zoccoli di uno stallone imbizzarrito.

"N-ne sei sicuro, Crimson Riot?" domandai esterrefatto.

Quello si avvicinò lentamente alla porta, sventolando un pollice in aria ed afferrando in seguito la maniglia cromata.

"Lo prometto. Ed io mantengo sempre le mie promesse".

Quanto cazzo è virile.

Tutti i miei muscoli tentarono di scaraventare il mio corpo fuori da quel lettino, ma non riuscii a muovermi di un solo millimetro.

"Aspetta!" gridai in preda all'ansia.

Avevo troppe cose da dirgli, troppe.

Cercai di dare la priorità assoluta alla domanda più importante.

"Dimmi tutto".

"Chi ti ha chiesto di venire qui?"

L'uomo aggrottò le spesse sopracciglia, per poi sghignazzare al solo pensiero.

"Un ragazzo un po' fuori dalle righe. Mi ha chiamato con il telefono di All Might e mi ha chiesto di venire qui. Non mi ha dato molte spiegazioni, ma in ogni caso ha parlato bene di te. È stato il mio istinto a suggerirmi di venire".

Chi era stato?

Avevo bisogno di sapere quel nome.

"Ti ricordi come si chiama?"

Quello rise ancora. La sua voce riecheggiò per la stanza.

"Si è presentato come il Fottuto Re delle Esplosioni Mortali. Non so quale fosse il suo vero nome".

Katsuki.

Il mio cuore smise per un secondo di battere.

Era stato tutto merito suo.

Cercai di allontanare momentaneamente quel pensiero e di scambiare le ultime parole con l'eroe prima che se ne andasse.

"Non ti dimenticherai di me, vero?"

Quello sorrise, poggiandosi una mano in corrispondenza del cuore.

"Ti aspetto, Red Riot. Non potrei mai dimenticarmi del mio successore".

Aveva appena pronunciato quella parola.

S u c c e s s o r e.

La felicità invase ogni millimetro della mia epidermide, scorrendo da una parte all'altra della mia testa leggera, leggerissima, e lanciandomi in alto, fin sopra le nuvole.

"Verrò di sicuro." asserii determinato più che mai, cercando di trattenere le lacrime.

"Allora a presto, ragazzo! Prenditi cura di te! Aspetto tue notizie, chiaro?"

Annuii felice. Entrambi sapevamo che, se avessi potuto muovermi, avrei fatto salti di gioia fino al soffitto.

Così, Crimson Riot, il più virile degli eroi, con un cenno di saluto e gli occhi lucidi, proprio come i miei, si congedò lentamente, ed io riuscii soltanto a pronunciare una catena infinita di grazie, uno più accesso e luminoso dell'altro.

Ero la persona più felice e fortunata sulla faccia del pianeta.

Per un po' rimasi da solo a fare i conti con le mie emozioni quella sera, fino a quando i miei genitori non si presentarono per augurarmi la buonanotte e i medici per somministrarmi tutte le medicine.

Dopodiché le luci si spensero, ed io mi trovai immobile, steso sul lettino, a navigare nel fiume di pensieri che scaturirono da quella giornata.

L'adrenalina presente nel mio corpo cominciò a scemare, lasciando posto al dolore.
Non mi era mancato per niente.

Nonostante tutto lo accolsi con gioia, ancora completamente elettrizzato dalla conversazione con Crimson Riot.

Il suo successore.

Io, Kirishima Eijiro, il successore di Crimson Riot.
Stentai ancora a crederci.

Non vedevo l'ora di raccontare tutto a Katsuki.

La mia mente volò fulminea a lui, ed il mio stomaco ricominciò ad ingarbugliarsi.

Era tutto merito suo.

Lo aveva fatto per me. Soltanto per me.

Bakugo era l'anima più gentile di tutto il pianeta.

Ed io lo amavo.

Lo amavo più di quanto non avrei mai amato me stesso.

E prima o poi glielo avrei urlato diritto in faccia, e lo avrei ringraziato per avermi reso una persona migliore.
Una persona felice.

Un rumore improvviso proveniente dalla finestra mi destò però velocemente dai miei pensieri.

Parli del diavolo.

Impiegai un po' a riconoscere la figura del biondo mentre scavalcava con strafottenza la finestra, e si catapultava dentro la stanza, di nuovo.

"Che cazzo, Bakugo, che ci fai qui?!" domandai allarmato, incapace di muovermi.

Quello si poggiò l'indice sulle labbra, chiedendomi implicitamente di fare silenzio.

"Taci, Capelli di Merda. Ho finito l'evidenziatore giallo. Ne hai uno da prestarmi?"

Usò la stessa scusa che inventai io, non molto tempo prima, catapultandomi senza invito nella sua stanza.

Scoppiai in una fragorosa risata, mentre le lacrime cominciarono a sgorgare copiose dai miei occhi.

Troppe emozioni in un solo giorno.

Tutto quello che era successo mi avevo sconvolto e non poco, ed io non seppi più come reagire.

"Oh, Baku, non lo sai quante cose devo raccontarti!"

Il biondo si avvicinò al lettino, sedendosi sullo sgabello e poggiando il mento sul palmo della mano.

Per un momento mi parve di scorgere un tenero sorriso far capolino sulle sue labbra.

"Comincia pure, Testa di Merda." ordinò lui, posando l'indice delicato sulle mie guance, asciugando una lacrima dopo l'altra.

Quel contatto mi regalò un fascio di brividi lungo
la spina dorsale.

Era evidente che quel ragazzo fosse lì contro ogni regola impostagli, ma feci finta di niente.

Noi due e le regole non eravamo mai andati troppo d'accordo.

"Baku sono troppe cose, troppe! È successo di tutto!"

Quello continuò a sfiorare lento le mie guance con le dita, ed io mi sentii quasi in soggezione di fronte al suo sguardo serio, intenso più che mai.

Nei suoi occhi vidi brillare un sentimento che non riconobbi.

Ero stanco, stremato, ma avrei resistito il più possibile per far durare quel momento.

"Ho tutto il tempo del mondo, Eijiro. Tutto il tempo di questo mondo".

Il respiro mi si bloccò in gola.

Che cosa significa?

Lui continuò, senza lasciar spazio alle mie domande.
"Non scappo più, Testa di Merda".

Rimasi allibito dalle sue parole. Per un momento faticai a credere che fu proprio lui a pronunciarle.

"Non scappo più, mi hai sentito?"

Ridacchiai di fronte alla sua escandescenza, godendomi il tocco leggero delle sue dita sul mio viso per qualche altro secondo.

Non seppi come interpretare quelle parole.
O forse, feci solo finta di non saperlo.

Non avremmo più parlato dell'incidente, quel giorno, né di sentimenti. E, molto probabilmente, non lo avremmo mai fatto.

O almeno, così credevo.

"D'accordo, Katsuki. Non scappiamo più".

Quel tacito accordo fu suggellato quella sera, quando compresi che Bakugo era davvero affezionato a me.

Non mi avrebbe mai amato, ma l'avrei avuto per sempre al mio fianco.

Era un nuovo inizio.

L'inizio di qualcosa che avrebbe fatto dannatamente male.
E dannatamente bene.

Come sale sulle ferite aperte.

Come pioggia sui marciapiedi ghiacciati.

"Ohi, Eijiro".

"Dimmi".

"Sei un dannato, fottuto incosciente del cazzo".

Sorrisi mentre il biondo mi asciugò con delicatezza un'altra calda lacrima.

"Ti voglio bene anche io, Baku".

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